Utente:Retorico/sandbox/1

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La linea del cambio di data, secondo la definizione dell'Istituto Geografico Mondiale, è quella linea che corre dal Polo Nord al Polo Sud seguendo la curvatura terrestre e intersecando il paralleli fondamentali con un angolo pari alla metà del raggio di curvatura diviso per Pi greco.
Come però fece notare il cartografo .... già nel XVII secolo, questa definizione è imprecisa perché il Pi greco varia a seconda della latitudine e dell'umidità nell'aria per cui la linea non sarebbe più una retta seppur curva, ma una specie di zigzag semovente.
È irrilevante che il cartografo ... fosse stato rinchiuso in manicomio fin dalla nascita.

Com'era il mondo prima della sua istituzione

Fino al 1612, anno dell'istituzione della Linea del cambio di data, era tutto allo scatafascio: circumnavigando il globo


immaginaria che suddivide il globo tra domenica e lunedì.
Magellano, barbiere,


:

« Cesareeeee, Lucreziaaaaaaa, non fate chiasso che il papà sta scrivendo un’enciclica. »
(L’amante di Papa Alessandro VI redarguisce i figliuoli che giocano a palla in Vaticano)

Lucrezia Borgia (Subiaco 1480 – Giubiaco 1519), è stata una delle figure femminili più controverse del Rinascimento . Alcuni storici la bollano come una semplice puttana, altri le riconoscono anche una certa troiaggine. È comunque innegabile che dietro il suo aprir le cosce a chicchessia ci sia stato un preciso disegno politico dettato dal principio della Ragion di Stato e da quello della Marmotta che Confeziona la Cioccolata. Il De Sanctis sostiene che per Lucrezia, giacere con cani e porci, non fosse frutto della sua volontà, ma dell’esigenza di provare i prodotti della fabbrichetta di materassi di famiglia.


La vita

Prima parte 1480 - 1512

Figlia di Papa Alessandro VI e di Vannozza Vanvitelli Viendalmare, pur essendo stata riconosciuta da Alessandro, rifiutò sempre di portarne il cognome

« Potrei mai chiamarmi Lucrezia Sesto? »

Della sua infanzia non si sa molto, se non che fu violentata dal padre, dal fratello Cesare e da una torma di pellegrini che si recavano a Roma per comprare un po’ di indulgenze di scorta per il periodo invernale.

Alle prime mestruazioni il padre la diede in sposa a Giovanni Sforza, così chiamato perché stitico. Giovanni era Signore di Pesaro, ma visto che Lucrezia voleva sposare un calciatore, il padre la convinse che era lo Sforza che giocava nell'Inter.
La vita matrimoniale a Pesaro cominciò da subito a star stretta a Lucrezia che era abituata a quella in Vaticano dove, quando si faceva messa si faceva messa, ma quando papà si levava i paramenti era bisboccia per tutti: orge, banchetti, bevute, musica a tutto volume e veleno a gogo. Oltretutto il marito conosceva solo la posizione del missionario e non sapeva declamare i versi del Bembo ruttando come faceva Cesare. Appena trovò una scusa valida, Lucrezia lasciò il marito per tornare a casa.
« Vado un attimo a portare questo pentolino di minestrone alla vicina e torno subito. »
(Lucrezia Borgia mette in atto uno dei suoi più acuti espedienti)

Come il padre biblico festeggiò il figliol prodigo arrostendo l'agnello grasso[citazione sbagliata necessaria], così Alessandro e Cesare, per restare in tema di ovini, festeggiarono il ritorno a casa di Lucrezia mettendola a pecorina e facendola belare fino al mattino, quando la informarono che a causa di un cambio di strategia politica, sarebbe dovuta andare in sposa ad Alfonso d'Aragorn della Terra di Gondor.
Il matrimonio fu celebrato in pompa magna e questa cosa della pompa fu l'unica ad avere il gradimento di Lucrezia, soprattutto perché Magna. Il resto del menage matrimoniale fu noioso quanto il primo: certo Alfonso era un po' più fantasioso di Giovanni a letto, ma sempre uno rimaneva, e lei non era tipa da accontentarsene.

Breve intermezzo nel quale si dà conto della famiglia Borgia in generale e di Cesare in particolare

Intanto Cesare, che era divenuto Duca di Valentino e Marchese di Versace, proseguiva la sua inarrestabile carriera politica così mirabilmente descritta dal Machiavelli ne Il Principe e da Rettore ne Il cobra non è un serpente. Per lui la Ragion di Stato stava sopra ogni cosa, eccetto che sui jeans, dove stava meglio una T shirt col volto di Goffredo da Buglione e la bandiera della pace.
E se per far valere la Ragion di Stato occorreva uccidere gli amici, poco male, c'era anche il vantaggio di risparmiare sui regali di Natale e gli si potevano ciulare le mogli senza paura che tornassero a casa in anticipo. Il cliché era sempre quello: invito a cena e avvelenamento.
Ci volle un po' prima che le celeberrime tecniche di avvelenamento escogitate dalla famiglia Borgia si affinassero: inizialmente si limitavano a cercare di convincere i commensali a ingoiare i fichi d'India senza sbucciarli, uccidendoli poi a badilate sulla testa se si rifiutavano. Poi, constatato che i saloni si sporcavano di sangue lasciando tracce che la scientifica avrebbe potuto far risalire a loro, modificarono le loro tecniche fino ad arrivare all'avvelenamento perfetto ottenuto offrendo manicaretti preparati da Beppe Bigazzi.

Seconda parte 1512 - 1519

Il vero volto di Lucrezia Borgia

A dispetto di tutta la letteratura fiorita intorno al personaggio di Lucrezia Borgia, il suo vero volte ci è a tutt'oggi ignoto. Il Pinturicchio la dipinge tale e quale alla Gioconda, ma con i baffi mentre il Capparella ne offre una versione stilizzata tipo quelle dei bambini delle Elementari, ma c'è da dire che il Capparella non sapeva disegnare. Per informazioni più precise dobbiamo ancora una volta ricorrere al De Sanctis, che sta alla storia come Venditti sta alla musica:


Note

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