Utente:Furbone/Sandbox

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File:IlPadrino.jpg
Marlon Brando durante il film. Come potete vedere le riprese vengono fatte in luoghi chiusi e in penombra, per mascherare la sua prominente ciccia.

Il Padrino

« Ti farò un offerta che non potrai rifiutare »
(Macellaio a don Vito Corleone)

Il Padrino è un film di Francis Ford Coppola, con Bernardo Provenzano, Totò Riina, e Luciano Moggi, primo di una trilogia di due film, tratti dall'omonimo romanzo di Mario Pizzo.[1]

Il film è considerato un vero cult movie, nonostante ciò che rappresenti sia pura fantasia. Perché la mafia non esiste, ricorda.

"Il padrino" è stato premiato con il premio Oscar una serie infinita di volte, il che ha spinto il regista a girare il sequel: "Il padrino parte II", l'ennesimo successo ha permesso la regia anche di un terzo film: "Il padrino parte III". Nonostante il film sia stato una cagata, Coppola ha deciso di girare anche un "padrino parte IV", dove don Vito resuscita (ooops! forse non dovevo dire che è morto), e che vedrà la partecipazione del cast di Harry Potter (insomma, bisogna incassare. È lo showbusiness).

Trama

Attenzione, da qui in poi questo articolo contiene spoiler.

Ti ricordi quella volta che per sbaglio hai toccato la vagina a tua madre? Ecco, se continui a leggere te ne pentirai allo stesso modo.

New York, 1946. Vito Corleone è un immigrato siciliano, che, dopo anni di discriminazioni, è finalmente diventato, grazie a giochi clandestini e racket di lavavetri, "il padrino", ovvero il capo della mafia della Grande Mela. La sua azienda, chiamata Famiglia Corleone in un attacco di fantasia, coinvolge il figlio Sonny[2], vero mariuolo e degno erede del padre, e Fredo, che, al contrario del fratello, è un nerd mammone che a trent'anni vive ancora con i genitori. Ma la vera pecora nera della famigghia è Michael, il quale non solo non fa parte dell'azienda è addirittura fidanzato con una ragazza non siciliana!

Note

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  1. ^ In realtà il vero nome era Mario Puzo, ma doveva farsi un po' di pubblicità...
  2. ^ Il vero nome era Santino, ma si preferisce far chiamare Sonny, a causa delle continue prese per il culo che gli riservavano i suoi compagni di liceo («Santino? E dov'è finito il presepe?», questa tralaltro detta dalla sua professoressa).



VAN BASTEN

Osvaldo Bagnoli (Bovisa, mica pirla - 3 luglio 1935) è un allenatore di calcio italiano.
Dimenticato da Dio (per il fatto di aver sempre allenato delle provinciali) fu l'allenatore dell'Hellas Verona vincitore dello scudetto dell'85, e per questo ha ricevuto la benedizione da San Germano Mosconi. Da allenatore dell'Inter invece non ebbe molte soddisfazioni, a causa di una squadra di bidoni spacciati come campioni, come Bergkamp, Pancev e Schillaci.
Fu anche calciatore, ma sicuramente era una pippa.

Carriera

Nato da una famiglia povera, il padre operaio e la madre casalinga, Osvaldo aveva un futuro già segnato: in fabbrica. Da piccolo, giocava a pallone per le strade della Bovisa, a piedi nudi, con i sanpietrini a fare da palla. Era quella la sua passione: il calcio. Un giorno fu notato da un osservatore del Milan, che gli propose di entrare nelle giovanili rossonere.

Calciatore

Quando fu in macchina con l'osservatore, questi gli chiese:

- Osservatore: “A che scuola vai?”
- Bagnoli: “Ho finito la scuola”
- Osservatore: “Quindi sei diplomato”
- Bagnoli: “Si, dopo la seconda elementare mi hanno dato un diplomino. Poi sono andato a lavorare”
- Osservatore: “E le scarpe dove le hai messe?”
- Bagnoli: “Scarpe? Cosa sono le "scarpe"?”
Come vedete, su Wikipedia le informazioni su Bagnoli sono abbondantissime.

Nonostante le difficoltà dovute alla povertà della sua famiglia, Bagnoli riuscì ad entrare nel Milan, dove fu provato come difensore. Il ruolo tuttavia non si adattava a lui così lo provarono come punta, poi come mediano, poi come mezz'ala, poi come libero, e infine, dopo averlo provato anche come portiere, portaborracce, portapacchi e porta, decisero di metterlo in panchina e farlo entrare qualora mancassero i giocatori necessari.
Seguirono alcune stagioni al Verona, all'Udinese, al Catanzaro, ed infine alla Spal. A proposito di quest'ultima, ci rimangono alcune parole dette dallo stesso Bagnoli a proposito della Spal:

« Ricordo benissimo quando passai allo Spal, sono stato 3 ore sull'autostrada del sole a cercare la città di Spal! »

Così dopo due esaltanti stagioni nella formazione spallese, tornò all'Udinese. Così, perché gli andava.

Allenatore

Si sa, la pazienza ha un limite. E così quando ormai nessun team lo voleva tra le sue schiere, Osvaldo decise: avrebbe fatto l'allenatore. Fu un ingenuo figuro, un certo Carlo Pedroli, a convincerlo.
La prima formazione allenata dal "mago della Bovisa", è la Solbiatese, pluriblasonata formazione della serie C. L'avventura tuttavia si interruppe all'ottava di ritorno, quando mandò fuori dagli spogliatoi il presidente entrato nell'intervallo per consigliargli una mossa tattica:

- Presidente: “Ma che cazzo fai! Si può sapere che formazione hai fatto scendere in campo?”
- Bagnoli: “Senta, se il mio schema, lo 0-0-11, non le piace, non mi interessa. Ora, se permette, è pregato di uscire”
- Presidente: “Ma questo è matto... (esce imprecando)”

Fu così che Bagnoli provò l'emozione dell'esonero. "È come vedere l'Inter vincere", dirà.
Tuttavia Osvaldo di amici ne aveva, e anche molto scemi. A consigliarlo sulla panchina del Como è Pippo Marchioro, un suo vecchio compagno dei tempi del Catanzaro. Marchioro, come il Pedroli sopracitato, è tuttora ricercato in 6 regioni italiane.
L'avventura sulla panchina del Como, tuttavia, non si rivelerà un fiasco. Con un sesto posto, infatti, la squadra lombarda era promossa in serie A. Però si sa, non era un pirla[citazione necessaria], amava le sfide, e così rinunciò a una panchina nella massima serie per allenare il Rimini, in serie B, con il quale ottenne una salvezza. Quando si dice fare un salto di qualità.
Ma il vero salto di qualità lo fece allenando il Fano, squadra semi (anzi leviamoci questo semi) sconosciuta, che militava in serie C2. Osvaldo non ritenne di dover fare troppo il difficile. In fondo, il mestiere gli piaceva e non c'era bisogno di coltivare esagerate ambizioni per farlo bene. Del resto il Fano veniva da ben █ anni in serie █. Con la formazione fanese[1] Bagnoli ottenne subito una promozione in serie C1, grazie all'apporto dello stopper Nessuno, il mediano Qualcuno e gli attaccanti Caio e Sempronio, con i quali ottenne l'anno dopo anche la promozione nella serie cadetta.
Lasciato il Fano, Bagnoli raggiunse la promozione in serie A col Cesena. Sembrava tutto fatto per il suo esordio nella massima serie, e invece, una chiamata dell'Hellas Verona rovinò i piani della squadra emiliana, che sperava di portarsi il "mago" in serie A.
Bastarono tuttavia solo due anni a Bagnoli per allenare finalmente nella massima serie. Dopo la promozione ottenuta con la squadra gialloblù, infatti, Bagnoli decise di rimanere nel team veneto, e di seguire la sua avventura tra le grandi.

Note

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  1. ^ Non saprei come chiamarla.