Giovanni Pascoli

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« Io mi definisco il poeta delle piccole cose »
(Giovanni Pascoli mentre si osserva nudo davanti allo specchio)
« Ah, ma allora è vero che è il fanciullino! »
(Chiunque passi davanti casa Pascoli in quanto Giovanni ha piazzato lo specchio all'esterno dell'edificio)
« Dio è morto »
(Nietsche dopo esser passato di fronte casa Pascoli)
« Il fanciullino... bah...! Che guarda la natura e attribuisce nomi alle cose usando criteri alogici e tutto il resto... Bah! Si vede che ancora dovevamo inventare la Playstation »
(Proprietario della Sony mentre commenta la poetica di Pascoli)


Giovanni Pascoli è stato il simbolo italiano dell'inutilità sociale, spesso preso in considerazione come promotore di masse di sfigati segafondai, ha reso evidente la sua debolezza mediante la poesia ma è anche conosciuto come grasso "patriota" Italiano di fine ottocento.

Biografia

L'infanzia nel "nido" familiare

Nasce in Emilia Romagna all'età di 3 anni, nel 1860erotti.

Ha passato la maggior parte dell'infanzia ad essere sfruttato dalla sua famiglia:

Alla madre (Filippa Gianfilippa) piaceva molto pulire la casa ma, non avevando denaro e voglia di andare a comperare uno straccio, era d'uopo ad usare il debole corpo del giovane Giovanni come straccio e/o pezza;

Il padre (Don Vito Pascoli Corleone) era un accanito fumatore ma, come la moglie, dannatamente pigro, per cui usava la testa del figlio come posacenere (Giovanni diventò calvo all'età di 8 anni);

La sorella minore (di nome Fabio) era una appassionata di scultura con martello e scalpello, ma ignorando che quest'arte si applicava a blocchi di pietra o cemento, si allenava direttamente sul corpo del fratello;

La sorella maggiore (Orazia, soprannominata "Ninfomane" a causa della sua passione per le ninfee della mitologia greca) usava il corpo di Giovanni come base per piantare ombrelloni e le sue mani per grattarle la schiena (esigeva che le due funzioni dovevano essere svolte contemporaneamente, ciò complicò ulteriolmente la sessualità futura del bambino)

Gli altri tre fratelli (Qui, Quo e Qua) usavano il suo stomaco come salvadanaio, ed ogni tanto strappavano ciocche dei suoi capelli (sempre più diradati anche a causa del vizio del padre) per costruire i loro famosi copricapi da Giovane Marmotta, successivamente strappavano a freddo le pelliccie delle marmotte e le incollavano con metodi convenzionali alla testa del fratello (per questo Giovanni comparve sempre con tutti i capelli benchè li perse da molto giovane);

Inoltre alla famiglia si aggiungevano altre 5 sorelle, 2 fratelli, 5 nonni, 7 bisnonni, 12 zii, 24 cugini, 2 madrigne, 2 padri (la madre naturale era di facili costumi), 3 cani, 4 gatti, 2 uccelli, ed altri 5 elementi di cui si sconosce sia nome che sesso che razza che aspetto.

La famiglia allargata di casa Pascoli abitava in un edificio largo solo 12 metri quadrati, privo di tv satellitare e connessione ADSL. Nonostante tutti questi fattori (specialmente l'ultimo) il Pascoli sviluppò ben presto un legame molto particolare con la sua famiglia che fu in seguito nominato "nido familiare" (Probabilmente è stato scelto il termine "nido" in quanto il Pascoli era consepevole dell'essere una testa di cazzo, e i cazzi vengono soprannominati "uccelli", che si rifugiano nel proprio nido), non a caso si parla di "legame" e non di "affezzione" in quanto Giovanni veniva letteralmente "legato" con delle corde al caminetto di casa per evitare che fuggisse. Il bambino infatti conobbe soltanto le persone dentro casa sua, ma non imparò il nome di molti dei membri del nucleo familiare (non imparò nemmeno il suo stesso nome) in quanto molti dei suoi parenti, vedendo come veniva trattato, lo scambiarono per un oggetto e lo trattarono come tale, nel dettaglio gli animali di casa lo scambiarono come albero.

I rapporti col padre

L'unica persona della quale riuscì a memorizzare sia nome che aspetto e riuscì in ogni occasione ad attribuirli biunivocamente alla stessa entità fù il padre naturale: Don Vito Pascoli Corleone.

Quest'uomo, di origine Siciliana, era un grosso capo-mafia locale internazionale: fra i suoi traffici illegali ci furono quelli di droga (della quale gli altri decadentisti andavono ghiotti); armi da fuoco (molto richieste dalle autorità delle prime associazioni multinazionali pacifiste); lamette (destinate a buona parte dell'ambiente decadentista); album dei Tokio Hotel (anch'essi prediletti SOLO dai decadentisti come fornitori di stati abnormi della coscienza); video del primo singolo dei dARI (stavolta erano i governi dei maggiori imperi che cercavano armi da distruzione di massa con la quale affrontare la futura Prima Guerra Mondiale); materiale pedopornografico (del quale il figlio Giovanni era unico protagonista); ed organi (precisamente quelli del figlio Giovanni Pascoli).

A causa delle sue attitudini mafiose Don Vito Pascoli si fece parecchi nemici, che tentarono più volte di assassinarlo, ma riuscì sempre a restare illeso grazie all'assidua presenza del figlioletto che si prestava spontaneamente (o meno) da scudo umano per le pallottole dei sicari. Infatti accompagnare il padre nei viaggi d'affari mafiosi era l'unico svago che veniva concesso al piccolo, anche se l'unico a ritenerlo tale era lui stesso visto che per il padre era solo un giubbotto antiproiettili, un posacenere portatile, un caprio espiatorio per i rivali e, se disposto nell'oportuna posizione, anche una comoda poltrona da viaggio, ovviamente però non veniva mai slegato dalla casa: semplicemente sostituivano la "corda casalinga" (lungua quanto un pene comune) alla "corda da viaggio" (lunga quanto il pene di Rocco Siffredi).

La traumatica morte del padre

Quattro anni dopo esser diventato totalmente calvo, accompagnò il padre in un ennesimo scambio mafioso in cui doveva essere scambiata una bomba atomica, destinata al governo USA, con un carico di chupa chups al tamarindo (ancora non era stato scoperta l'energia nucleare quindi non si conosceva il reale valore di quell'arma, altrimenti li avrebbero scelti alla fragola). Arrivati in prossimità del luogo dello scambio Giovanni chiese al padre se poteva allontanarsi per urinare, dato che questa richiesta veniva avanzata da 3 giorni di seguito e i reni del ragazzino sarebbero potuti tornare utili ai suoi scopi mercantili, acconsentì questa richiesta e aspettò nella stessa posizione il figlio che si era allontanato per urinare in un piccolo agglomerato di acqua poco distante da lì (attualmente il fiume Po). Nel frattempo Don Vito, rimasto solo, venne preso di mira da un folto gruppo di terroristi russi negri islamici nazisti delle brigate porpora, che si trovava nei paraggi coinvolto in una gara a chi raccoglieva più funghi.

Gli uomini di questo squadrone armato riempirono di proiettili il corpo della vittima, spararono circa 580.700.000 colpi, nel raggio di 50 metri non c'era millimetro quadrato di terra che non fosse coperto da interiora, Don Vito aveva perso completamente forma: la pelle era tutta saltata; metà dell'intestino era fuori dal corpo e rigettava in continuazione i liquidi verdogiallastri acidi in esso contenuti; il pancreas era sbriciolato e sparso sulla carrozza che lo aveva accompagnato; una delle due gambe era staccata, i suoi brandelli erano sparsi per terra; l'occhio destro era uscito dall'orbita e pendeva dalla testa retto dal nervo ottico, lesionato per giunta; una buona superfice del cranio era saltata mostrando il cervello; l'avambraccio sinistro era completamente scoppiato, lasciando però sporgenti le ossa dell'articolazione; la gabbia toracica era letteralmente frantumata, lascando scivolare tutti gli organi in essa contenuti; la mandibola era mezza staccata pendente e mezza frantumata; e le unghie della mano destra erano tutte scheggiate. Nonostante questo Don Vito era ancora in vita, Giovanni, ancora con i pantaloni abbassati, era appena giunto sul posto (ma giusto in tempo per osservare e memorizzare indelebilmente senza reagire tutto lo spappolamento del padre, che durò circa 47 minuti) e corse per soccorrere il padre. Una volta tenuto in braccio il corpo informe grondande di sangue come fosse pieno di geyser sanguignei di 2 metri ricevette questa richiesta: "Figliolo, guardami negli occhi!". Giovanni obbeddì e fissò nelle pupille il corpo, che sputando sangue e pus disse le sue ultime parole: "Io ti voglio be-", mentre completava la frase arrivò un missile sulla nuca del Don. La testa saltò in mille pezzi eccetto la colonna cervicale e qualche brandello di cervelletto attaccato ad essa che rimasero sporgenti.

Giovanni scoppiò in un urlo di terrore mentre gli piovevano addosso i pochi resti del padre, per qualche strana ragione questo avvenimento fu considerato il trauma principale che condizionò la mentalità del futuro poeta