Piemonte: differenze tra le versioni

Da Nonciclopedia, l'enciclopedia di cui nessuno sentiva il bisogno.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Contenuto aggiunto Contenuto cancellato
Riga 51: Riga 51:
{{Cit2|Allora andiamo direttamente al Luna Rossa.}}
{{Cit2|Allora andiamo direttamente al Luna Rossa.}}
{{Cit2|No, costa un [[casino]]. E poi è pieno di [[Bimbominchia|banotti]].}}
{{Cit2|No, costa un [[casino]]. E poi è pieno di [[Bimbominchia|banotti]].}}

== Storia ==
[[File:Sorgenti del Po.jpg|thumb|250px|right|Il Piemonte nel mesozoico, al tempo del passaggio di Annibale]]
L’origine del Piemonte risale a circa 65 milioni di anni fa, quando i [[dinosauri]] finalmente se ne andarono e lasciarono il posto a strane creature metà lupi e metà [[Gianni Agnelli|agnelli]] che andavano in giro a piedi per i monti. Da qui il nome che, non essendo ancora in grado questi [[bastardo|ibridi]] di articolare parole di senso compiuto, venne dato alla regione circa 64.997.800 anni dopo da [[Annibale]], condottiero africano che parlava appunto [[arabo]]. In realtà l’etimo dei lupi-agnelli era ''Uuuhbeeeh'', divenuto poi col tempo ''Beeehuuuh'' quando gli agnelli presero il sopravvento, quindi ''Liguria'' durante la breve dominazione ligure, ''Francia'' durante la breve dominazione celto-gallica, ''Al As Rab Hac Zebi Piemonti'' durante, come accennato, il passaggio di Annibale, e trasformato infine in ''Piemonte'' dai romani che, seguendo la loro tradizionale politica di tolleranza verso i popoli oppressi, dopo aver sconfitto i cartaginesi e sterminato tutti i [[celti]] rimasti conservarono il nome che loro avevano dato al posto, rendendolo solamente un po’ meno odioso. Durante la dominazione sabauda invece il Piemonte si chiamò Savoia.
[[File:Forte di Fenestrelle.jpg|thumb|250px|left|La muraglia cinese di Fenestrelle, costruita dai romani per impedire la fuga di capitali e l’ingresso di cervelli]]

Comunque, passato Annibale con i suoi cazzo di [[elefante|elefanti]] che ruppero tutto il vasellame della zona e riempirono di merda l’intera regione, arrivarono appunto i [[romani]] che timidamente ararono tutta la pianura e penetrarono nelle spaventose valli alpine accolti a colpi di massi erratici dai tremendi ''Salassi'' – antico popolo non indo e nemmeno europeo bensì valdostano dedito alla tassazione senza regole né limiti – che per essere ridotti alla ragione e al dialogo dovettero essere chiusi a tradimento in una cantina, lapidati ad uno ad uno, [[crocifisso|crocifissi]] per le strade di Aosta e infine uccisi fino alla quarta generazione, tanto che in giro non si trovò più un esattore delle [[tasse]] e per i salassi si dovette ricorrere da allora in poi alle sanguisughe.

I romani vittoriosi divisero così la regione in due, secondo il sempre valido principio ''divide et massacra'', per mettere una parte contro l’altra e poterle di conseguenza controllare meglio: a nord, compresa la Valle d’Aosta, la Regio [[11 settembre 2001|XI Settembre]]; a sud, compresa la [[Liguria]], la Regio IX Novembre<ref>resa della [[Germania]] nella [[Prima guerra mondiale]], Notte dei Cristalli, Caduta del Muro di Berlino e sconfitta del [[Bayern Monaco]] con il Maccabi Tel Aviv in coppa</ref>; la Regio X era un’[[X|incognita]].
[[File:Battaglia ottocentesca.jpg|thumb|250px|right|Longobardi e franchi si contendono una ragazza piemontese riempiendosi di botte sul suo corpo]]

Il nord era ricco di industrie e di banche private, il sud ricco di contadini e di capre pubbliche, come in tutti i nord e sud che si rispettino. Non solo, una volta sottomessi tutti i piemontesi recalcitranti ancora vivi, prima [[Cesare]] e poi [[Augusto]] fondarono una miriade di città a pianta quadrata, senza piante e senza sole, abitate da agricoltori e operai con la testa appunto quadra. Città che presero il nome di Augusta Terronorum (Torino), Augusta Petoria ([[Aosta]], ma qui siamo in [[Valle d’Aosta]]), Dertoma (Tortona), Testona (Moncalieri), Acari e Tarme (Acqui Terme), Alba Corta (Alba), Ranatta Vermicellae (Vercelli), Er Astice (Asti), Vecchiara (Novara), Emorredia (Ivrea), Susate (Susa) e Chivasso. Come si può notare, sono tutte città lontane dalle montagne, a parte Augusta Petoria, e questo proprio perché i romani aborrivano le montagne ritenendole abitate da [[sardi|spiriti malvagi con la testa dura]] e [[valdostani|mostri antropomorfi dall’alito di toma]], cioè i piemontesi.
[[File:Selezione miss Italia.jpg|250px|thumb|left|Razza piemontese selezionata.]]
[[File:Cinque vacche.jpg|250px|thumb|left|Razza piementose comune (alimentata a coca)]]

Andò avanti così per circa settecento anni, senza nessuna nuova fondazione di città (i [[Tito Flavio Vespasiano|vespasiani]] ormai erano già abbastanza) finché un giorno dalla [[Germania]] non scesero gli insopportabili Longobardi che si piazzarono ognuno in una [[cesso|latrina]] diversa e da lì iniziarono a comandare e a fottere in modo fastidioso, rendendo il Piemonte una landa desolata piena di duchi, picciotti e [[pappone|papponi]] e appestando l’aria di crauti bolliti.

Ma più o meno nell’VIII secolo dalla [[Francia|Gallia]] arrivò un tizio che si faceva chiamare [[Carlo Magno|Carlo Tomagno]] intenzionato a prendersi tutto il formaggio, a mangiarsi tutte le rane del vercellese e a riportare il Piemonte in Francia. Allora i [[Longobardi]], terrorizzati dalla paura che questo fetentissimo pecoraio arrivasse fino a [[Pavia]] ([[Berlino]]) e li rinchiudesse tutti nel lager di [[Auschwitz|Chivauschwitz]] (Chivasso), escogitarono l’idea tutta longobarda di erigere un lunghissimo muro di bardotti<ref>incrocio tra un barotto e un'asina</ref> morti da Emorredia a Chivasso, così da impedire il dilagare delle sudice armate franche nelle fertili risaie piemontesi. Ma il furbo Carlo Tomagno in spregio a tutte le leggi sui maltrattamenti e ai trattati internazionali prima riempì di sberle presso Susate il minorenne principe [[Alessandro Manzoni|Adelchi]], poi passò con il suo esercito di franchi tiratori attraverso la neutrale Liguria, colse i Longobardi alle spalle, li schiacciò senza ritegno contro il muro di carcasse equine che loro stessi avevano innalzato facendone [[wurstel]] e strudel da portare in Gallia, conquistò Pavia esaudendo il desiderio di re Desiderio di finire i suoi giorni in un convento di suore, prese a calci in culo Adelchi fino a [[Istanbul]] e liberò così per almeno milleduecento anni il Piemonte dall’odore di crauti. Nei pressi del [[lago di Viverone]] comunque, lungo l’odierna Via Francigena, si possono ancora ammirare i resti di brevi tratti del muro longobardo, anche se un po’ in putrefazione.

Quindi, alla dissoluzione dell'[[Unione Europea|Unione Europea Franca e Affini]] ([[UEFA]]) circa duecentocinquant’anni dopo, gli italiani ne approfittarono come al solito per fare un po’ come cacchio volevano, e tra tutti venne fuori un certo ''Arduino d'Ivrea'', pastore di origine franca e marchese di Torino, che faceva la voce grossa perché forte del cognome che portava, del [[vino]] che tracannava e della crapula cui si abbandonava, tanto da autoproclamarsi re d’[[Italia]] e imperatore di Chivasso con l’appoggio di tutti i suoi servi contro il volere dell’imperatore tedesco ''Enricchio II'' e di tutti i preti ricchi e [[gay|ricchioni]]. Allora, intorno al [[1000]], essere re d’Italia significava [[Umberto Bossi|governare il paese più o meno dalle Alpi all’Umbria]] ma essere comunque sottomessi a [[Berlusconi|uno più in alto e più stronzo]], cioè l’imperatore di ruolo.
[[File:Fritto misto alla piemontese.jpg|thumb|250px|right|Fritto misto cucinato dagli imperiali con gli avanzi dei piemontesi]]

Ma poteva Arduino, ovvero il piccolo [[Re Artù|Ardù]], accettare di stare sotto a qualcuno, fosse questo anche il culo della [[Ginevra|Bella Ginevra]]? Così mandò al diavolo Enricchio, pose la capitale a Ivrea e ubriaco di barbera incominciò a spadroneggiare come niente fosse su tutto il nord d’Italia, tanto che passò la maggior parte del suo regno a bere, gozzovigliare e a menarsi con i [[bullo|bulli]] dell’imperatore, finché questo non gli tagliò i rifornimenti di vino impedendogli così di combattere, lo prese a legnate e lo rinchiuse in un monastero a pane e acqua.

Il Piemonte fu così di nuovo sottoposto al giogo straniero, finché una poco pulita nipote di Arduino, la Bella Adelaida, la cui famiglia tiranneggiava ancora sulla maggior parte della Regio XI, nel 1045 non sposò il conte ''Oddore di Savoia'' consegnando così per sempre il Piemonte ai [[Casa Savoia|Savoia]], ai quali si rimanda per la sua storia da questo momento fino a [[oggi]].


== Dialetto piemontese ==
== Dialetto piemontese ==

Versione delle 14:28, 14 ago 2013

La bandiera del Piemonte, ovvero la bandiera della Svizzera in una camera a gas
« Sugnu piemunteis, sugnu faus e curteis. »
(Piemontesi falsi e cortesi)
« Neh neh neh - neh neh neh - neh neh neh »
(Suoneria piemontese)
« La cucina migliore è quella piemontese »
(Nietzsche (Ecce homo) durante il suo soggiorno a Torino, appena prima di ingerire il porro pucciato nella bagna cauda che lo avrebbe reso folle per sempre)
Il Piemonte

L'Italia è un allargamento del Piemonte, quindi, esattamente come la Prussia, il Piemonte è a tutti gli effetti uno stato indipendente che non riconosce l'Italia come paese e soprattutto l'italiano come lingua.

Province

Il Piemonte è suddiviso in 8 province.

Vercelli

Vercelli

Vercelli è detta “la dotta” perché dispone dell’unica università della sua provincia, ma anche “città nuclearizzata” perché dotata della sola centrale termonucleare ancora in funzione in Italia, indispensabile per arrostire le zanzare in estate. Isola pedonale in mezzo alle risaie, è la capitale europea del riso e come accennato la capitale mondiale delle zanzare, che qui vengono a svernare anche dal Bangladesh. A lungo contesa tra Visconti e Savoia, che volevano disfarsene entrambi, alla fine è stata consegnata appunto alle zanzare, che ne hanno fatto un luogo di riproduzione indiscriminata e un habitat ideale per le rane, cioè i vercellesi, chiamati “ranat” dai vicini biellesi.

Biella

Centro industriale di primaria importanza per la lavorazione della lana, i suoi marchi più conosciuti sono Menalebrea (birra al malto di lana) Saltalafila (scarpe di lana) Sella la Banca (prestiti di lana e interessi di lama, pagati a sputi) e Aiazzone (mobili di compensato). L’armena città ai piedi del Caucaso piemontese è detta anche “pisciatoio del Piemonte”, vale a dire pisciatoio d’Italia, non si capisce ancora se per via delle frequenti piogge o per via dell’aspetto della città stessa, che conferisce agli abitanti quella caratteristica espressione da puzza sotto il naso. Comunque i biellesi sono considerati tra gli esseri col braccino più corto e la lingua più lunga del pianeta.

Dialogo tra due biellesi

« Mi presti un euro? »
« Al tasso del 35 %. »
« Ma sei un rabbino! »
« E tu no? »

Novara

La Mole Antonelliana a Novara

Novara è la più lombarda tra le città piemontesi e la più piemontese tra le città romene. Nel 2004 un referendum popolare indetto dal sindaco chiese alla cittadinanza di scegliere tra Milano e Torino e i novaresi scelsero Bucarest. Poi non se ne fece nulla perché venne scoperto il petrolio. Questo pozzo solitario circondato dalle risaie e infestato dalle zanzare tigre della Esso è il più profondo della terra, tanto che pesca nei giacimenti della Libia, e per distribuire il petrolio a più cittadini possibili la giunta comunale ha fatto di Novara la maggiore produttrice di rubinetti a gettone del mondo. Novara, città dei record, possiede anche la più grande copia della Mole Antonelliana di Torino, scala 1:1, e la più brutta copia dello stadio del subbuteo.

Verbania (WCO, Werbano-Cusio-Ossola)

Verbania non esiste. Verbania è un nome di comodo dato a due villaggi di catapecchie, Intra e Pallanza, per farli arrivare ad almeno quindicimila abitanti e poterli così trasformare in provincia ai danni di Novara, e sottrarsi quindi al pericolo di finire a Bucarest. Considerato il territorio, gli abitanti di questa provincia hanno quattro possibilità di sopravvivenza: pescare nel Lago Maggiore, spaccare pietre in montagna, contrabbandare pesci e sassi in Svizzera, emigrare in Romania.

Asti

Alessandrini che rubano l’uva agli astigiani

Asti in realtà non è una città, ma un vino che ha dato il nome a una cantina a cielo aperto conosciuta solo per una irritante stazione sulla Torino-Genova, due caselli autostradali incustoditi e il Palio di Asti, corso da cavalli ubriachi. Il cavallo che taglia per primo il traguardo vince una magnum di spumante. Ad Asti non si festeggia l’unità d’Italia. I confini della provincia invece seguono un po’ a cazzo di cane i frastagliati confini delle migliaia di vigneti in modo da tenere dentro tutti i DOC e lasciare fuori solo le vigne di Tavernello e Trebbiano, soprattutto verso Alessandria.

Alessandria

Alessandria prima dell’ultima alluvione

Forse la più brutta città dell’Europa meridionale, è popolata da una via di mezzo tra il leghista e la bestemmia che viene chiamato eufemisticamente “mandrogno”, cioè “mani di rogna”, dovute alla cattiva abitudine degli alessandrini di mettere sempre le mani ovunque pur di non doverle mettere sul portafoglio e al fatto di avere la puzza non solo sotto il naso ma pure sotto le mani. Le uniche industrie della provincia si trovano a Casale Monferrato, città amata in tutto il resto della provincia, dove si producono cemento, amianto, eternit (cemento con amianto) e crumiri.

Dialogo tra due alessandrini

« Andiamo a prendere l’aperitivo in Piazza della Lega? »
« No, costa troppo. E poi è pieno di barotti. »
« Allora andiamo direttamente al Luna Rossa. »
« No, costa un casino. E poi è pieno di banotti. »

Dialetto piemontese

Individuo affetto da progerie, invecchiamento precoce dei tessuti dovuto alla cucina piemontese (in realtà questo barotto ha ventisei anni)

È una via di mezzo tra il Frociese e l'Itagliano, con l'aggiunta di fonemi arcani tra i quali il più caratteristico e abusato è la vocale Ü. Qui sotto il discorso tra un calzolaio e un cliente:

Calzolaio : Ti ch' tachi nen i tac, tac i tac a mi che tac i tac?
Cliente : Mi can'tac i tac, tac i tac a ti, che tac'i tac? Tach'te ti i to tac

La pronuncia delle vocali varia da città a città, per cui a Cuneo tutte le A vanno sostituite con Ü.

Prodotti piemontesi

Si annoverano tra i prodotti piemontesi di punta:

Roba ca's mangia (roba che si mangia)

La famigerata bagna cauda

Il cibo piemontese è composto perlopiù di robetta leggera adatta a una dieta sana e bilanciata stile Paris Hilton e utile all'occorrenza per bilanciare una gru. Tra le più importanti aberrazioni ricordiamo:

  • La Nutella: impasto di cacao, nocciole, burro, burrocacao e aromi naturali piemontesi utilizzato nelle Langhe come malta per l'edilizia. La sua ricetta è segreta per finta come quella della Coca-cola, perché lo sanno tutti che dentro la nutella ci sono la calce e la Coca-cola, e dentro la Coca-cola la nutella e la soda caustica.
  • La polenta: il cibo dei poveri, ingiustamente svalutata e snobbata, contiene un numero di calorie direttamente proporzionale al numero di ore passate sul cesso per smaltirla. Ha lo stesso colore del sole e di conseguenza deve essere ingerita alla stessa temperatura, altrimenti diventa un ottimo collante industriale. Indicata prima delle gare di triathlon e delle scommesse piemontesi, che sono di solito del tipo "dato che siamo a Venezia, che ne dici di vedere chi torna per primo a Torino a nuoto?". Tra le combinazioni più brutali troviamo quella con peperonata e salsiccia, quella concia con burro fuso e fontina e quella ai diciotto formaggi, a base di toma.
  • Il fritto misto alla piemontese: indicibile congrega di bombe molotov al colesterolo, questo piatto letale annovera, oltre alle parti più inconsuete di qualsiasi tipo di animale e invertebrato, quali cervello, budella e scroti, impanate e fritte, anche dolci e frutti impanati e fritti allo stesso modo, quali l'amaretto di Saronno, i mandarini e le prugne.
  • Il bollito misto alla piemontese: origami di almeno sette parti diverse di bovino bollito quali testina di vitello, occhio di bue, mozzarella di bufala, muschio di bisonte, steroidi di manzo, balle di toro e figli di vacca dal colore grigiastro e dal sapore simile al liquame di un pozzo settico.
Agnolotti guarniti di merda
  • Gli agnolotti: ravioli piemontesi con ripieno di bollito misto alla piemontese più l’aggiunta di pancetta di maiale e conditi con ragù di trippa e lardo.
  • I gianduiotti: i tipici cioccolatini torinesi a forma di lingotto, dal profumo di mirafiori, dal sapore di paraurti, dal colore marrone metallizzato e dalla consistenza di merda.
  • La finanziera: strano incrocio tra bollito e minestra, richiede due settimane di preparazione e contiene al suo interno verdure e carni che necessitano di due mesi per la digestione e di due agenti della Finanza per essere sdoganati dall'intestino. Una cucchiaiata può sfamare anche Galeazzi.
  • La panissa: il classico risotto vercellese farcito di fagioli, cotica e frattaglie di rane, usato anche come combustibile fissile per la centrale atomica.
  • La bagna cauda: leggera salsa di acciughe salate fatte sciogliere in burro, panna, margarina, olio, cadaverina e abbondante quantità di teste d'aglio (a volte cotta nel latte per renderla più "soft"). È considerata un'arma di distruzione di massa dall'ONU.

Roba ca's bèiv (cose che si bevono)

« A l'è nen posibil ch'aj sia 'd l'eva ant la gamba. A deuv ese Quaidun 'd bastard cha l'ha meis-ciame 'l vin »
(Inintelligibile imprecazione di un piemontese dal medico)
« Non è possibile che ci sia dell'acqua nella gamba. Deve esserci qualche bastardo che mi ha corretto il vino »
(Traduzione della citazione)
Le particelle elementari dei piemontesi: il vino e la toma

Come si evince, il vero piemontese assume esclusivamente vino. Questo ha favorito la diffusione della sottocultura dello stesso, che si è evoluta in tragicomiche versioni. Tra le più celebri riportiamo:

  • il barbera (alcol puro non denaturato).
  • il grignolino: probabilmente uno dei nomi piemontesi dell'acqua, questo vino a bassa gradazione viene assunto solo in mancanza d'altro. Noto anche come "l'ultima spiaggia del piemontese".
  • il moscato: per accompagnare la légère cuisine piemontese si è giustamente pensato di inserire nel carnet dei vini un vinello dolce a base di metanolo, zucchero, miele, romanzi rosa e storie d'amore. Si pensa che la cifra scritta sulla bottiglia non sia la gradazione alcolica ma la percentuale di non zucchero presente nella mortale bevanda.
La fine del Piemonte
  • Martini: molto richiesto dai piloti, dai camionisti e da chi sta per partire per le vacanze per via della minaccia "No Martini, non parti".
  • Cinzano: vino tipico dell'astigiano, ma se lo bevono tutto gli alessandrini.
  • il vin brulè: bevanda di origine francese inventata al tempo degli incendi di Catari e perfezionata dagli inquisitori al tempo dei roghi di Ugonotti, consiste nel far bollire un pentolone di barbera insieme con zucchero, buccia di arance, bacche di gin, chiodi di garofano della croce e cannella di fiamma ossidrica e poi dargli fuoco recitando quattro ave marie e due padre nostri finché l’anima dei fottuti eretici non se ne va all’inferno. Va consumato a temperatura ustione.

Piemontesi famosi

Note