Vittorio Alfieri: differenze tra le versioni

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[[File:Alfieri pubblicità1.jpg|thumb|340px|Vittorio Alfieri testimonial d'[[eccezione]] per la pubblicità della [[Barilla]].]]
Quindi a te piace veder bannare gli innocenti! Vigliacco! Eeeeee e Pfenner, ma anche Big Jack stanno commettendo degli ABUSI! basta con questi leccaculo come Big jack! egli lecca il culo agli amministratori segnalando utenti innocenti! vergogna!
 
{{cit2|Volle, e volle sempre, e fortissimamente volle, sto rompicoglioni!|Il [[cameriere]] di Vittorio Alfieri}}
{{cit2|Polli, sempre polli, fortissimamente polli !!|Vittorio Alfieri guardando la solita cena.}}
 
'''Vittorio Amedeo Alfieri''', Victor Bishops per gli [[amico|amici]] ([[Asti]], presso Tasti, citofonare ore pasti, [[16 gennaio]] [[1749]] – [[Cinzano]], [[8 ottobre]] [[1803]]) è stato un drammaturgo, ma anche un commediurgo, [[medico|chirurgo]] e un demiurgo amico di [[Licurgo]].
 
Nato nella città di Asti, nel pieno dei suoi fasti, nell’estate del [[1749]] (giorno [[15 dicembre]]) Vittorio Alfieri – il maggiore poeta tragico [[italiano]], il [[Marco Masini]] del settecento – presenta se stesso nel libro autobiografico ''“Autobiografia”'' con queste parole:
 
{{quote|Salve. Sono io.|}}
 
 
== I primi anni tristi ==
Vittorio Alfieri nacque dal savoiardo conte Antonio Amedeo Alfieri (per gli amici A.A.A.) e dal wafer Monica Maillard de Tournon (già vedova Sparpagliazzi).<br/>
Il [[padre]] morì nel primo anno di [[vita]] di Vittorio e la [[madre]] per non dare un dolore al figlio gli nascose la notizia. Un'atmosfera molto allegra si respirava nelle stanze del palazzo, con la [[madre]] che per non turbare il figlioletto fingeva che il conte Alfieri fosse ancora vivo muovendogli le braccia con dei fili quando il piccolo Vittorio lo salutava.<br/>
La commedia durò fino all’età di 27 anni quando mentre erano a tavola un filo si spezzò e la testa del conte Antonio cadde nella zuppa di fave. Il giovane Vittorio ebbe un trauma 6 volte superiore a quello che avrebbe avuto se la [[madre]] gli avesse detto da subito la [[verità]]. Il ragazzo era evidentemente scosso dalla nuova situazione che si era configurata:
*suo [[padre]] era [[morte|morto]]
*sua [[madre]] era una [[stronzo|stronza]]
*la zuppa di fave era schizzata dappertutto
In seguito a questa farsa vergognosa il ragazzo maturerà quel carattere chiuso, solitario e da asociale che gli resterà accanto anche dopo la [[morte]] (al suo [[funerale]] non venne neanche il [[prete|parroco]]).
 
A palazzo Alfieri, Alfieri visse con un precettore, senza alcuna compagnia. A [[Natale]] faceva il cenone col [[cane]], sulla rubrica aveva un solo numero di telefono e quando lo faceva per parlare un po' lo trovava sempre occupato: era il suo. Strano che quest'[[uomo]] non sia diventato un cabarettista.
 
== I secondi anni, ancora più tristi ==
Nel [[1758]], per volere dello zio Pellegrino Alfieri, governatore di [[Cuneo]], viceré di [[Sardegna]] e vicesindaco di Chitignano, il giovane Vittorio fu iscritto all'Accademia Reale di [[Torino]].
Alfieri frequentò l'Accademia dove studiò [[grammatica]], [[filosofia]], [[gastronomia]] e merengue.<br/>
Venne a contatto con molti studenti stranieri e i loro racconti e le loro esperienze lo stimolarono facendolo partire per l’[[Erasmus]].[[File:Stemma3.jpg|thumb|250px|Lo stemma del casato degli Alfieri.]]
 
Tra il 1766 e il 1772, Alfieri cominciò un lungo vagabondare in vari stati dell'[[Europa]] spostandosi con l’[[autostop]]. Visitò l'[[Italia]] da [[Milano]] a Gallarate (sempre in diagonale come tutti gli Alfieri) e nel 1767 giunse a [[Parigi]] dove conobbe Luigi XV e suo fratello, Luigi XV secondo estratto, che insieme facevano un Luigi XXX.<br/>
Fermatosi in [[Olanda]] a fumare tulipani conobbe il suo primo [[amore]] in un coffee shop.
Alfieri le inviò poesie bellissime, ma la [[ragazza]] era analfabeta e non apprezzò mai i suoi sforzi.
Alfieri prendendo la cosa con filosofia tentò il [[suicidio]], dandosi fuoco mentre si faceva la [[doccia]]. Il tentativo stranamente fallì.
 
Rientrò a [[Torino]] dove alloggiò in casa di sua sorella Giulia che nel frattempo era diventata [[suora]] ma viveva con un [[prete]], padre Gisello Paternostro di Corpodicristo. Spesso i due si chiudevano in stanza a pregare e Alfieri fu sempre molto stupito dal loro peculiare modo di dire messa, sempre ad alta voce e ponendosi nei confronti della [[Dio|divinità]] in modo propositivo:
 
{{quote|Oh, Dio! Oh Dio, sì! Sì! Sì! Vieni! Vieni!|}}
 
Lì vi rimase fino al compimento del ventesimo anno di età, quando venne cacciato dalla [[sorella]] in un modo crudele: una sera di luglio venne mandato a comprare i gelati per tutti e al ritorno non gli aprirono il portone. Capita l’antifona, l’Alfieri si ritrovò senza una meta e con una busta di gelati che si stavano sciogliendo.
Tra il 1769 e il 1772, in compagnia del fidato servitore Elia (che tutti i ragazzacci canzonavano chiamandolo ''Elia, Elia à sora rà [[coglione|palla]] mia'') l’Alfieri compì il secondo viaggio in [[Europa]]: partendo da [[Vienna]] passò per [[Berlino]], toccò la [[Svezia]], sfiorò la [[Finlandia]] e prese in pieno un tir per essere passato col [[rosso]].<br/>
Giunto in [[Russia]], aderì al [[comunismo|partito comunista]] e ben presto si fece conoscere negli ambienti dei [[sindacato|sindacati]] come il compagno Vittorino.
 
== Alfieri il mandrillo ==
Con i soldi vinti a un video [[poker]] l’Alfieri raggiunse [[Londra]] e nell'inverno del 1771 conobbe Penelope Pitt, moglie del visconte Edward Ligonier, detto il “Cervo Nobile”, poi vi spiegheremo il perché.
Il cerv... ehm il visconte, scoperta la tresca, sfidò a duello l'Alfieri. La sfida ebbe luogo alle 5 del mattino; il visconte non aveva specificato la scelta delle armi ed Alfieri vinse senza problemi dopo che si presentò con un bazooka.<br/>
La dipartita di Penelope Pitt resta avvolta nel mistero. Un giorno la videro allontanarsi col fratello Francis a bordo di un’enorme supposta gialla con le ali, questo almeno è quanto affermano i degenti dell’[[ospedale]] psichiatrico S. Souci che dicono di averla vista per ultima.<br/>
Che ne fu di Penelope Pitt?<br/>
E di Francis Pitt?<br/>
E di [[Brad Pitt]]?<br/>
[[File:Alfieri2.gif|thumb|370px|Alfieri caccia la sua [[lingua]] lasciva davanti alla [[donna]] [[matrimonio|sposata]] di turno: era l'approccio che gli riusciva meglio.]]
Il ventiquattrenne Alfieri rientrò a Torino nel 1773, giusto in tempo per assistere alla finale della [[Champions League]] tra la [[Juventus]] e l’[[Arsenal]].<br/>
Si dedicò allo studio della [[letteratura]], della retorica e della biancheria intima femminile, rinnegando in tal modo, secondo le sue stesse parole, «anni di cazzeggio inutile»; ritrovò i suoi vecchi compagni di Accademia militare e di gioventù. Con loro istituì una piccola società che si riuniva settimanalmente in casa sua per «banchettare, ragionare di filosofia e guardare [[porno|film porno]]», la ''"Societé des allupatòn"''.
In questo periodo scrisse cose di alto livello culturale come ''l'Esquisse de Jugement Universél'' e ''“Cento modi per masturbarsi con un braccio ingessato”'', destinato a diventare poi un cult tra gli adolescenti di ogni epoca.<br/>
Ad Alfieri le donne single facevano proprio schifo, preferiva di gran lunga cornificare i [[marito|mariti]] delle altre, tant’è che ebbe anche una relazione con la marchesa Gabriella Bella di Villacoppàsajtella, [[moglie]] di Giangiovanni Antonio Bazzichi, marchese de’ Mieistivali.<br/>
Tra il 1774 e il 1775 portò a compimento la tragedia ''Antonio e Cleopatra'', trasformandola in una commedia sexy: nella versione inedita proposta dall’Alfieri [[Cleopatra]] non si fa mordere da un [[serpente]], ma si fa mettere incinta da un rottweiler.
 
Nell'aprile dell'anno seguente fino al successivo, si recò a [[Pisa]] e a [[Firenze]] dove iniziò la stesura dell'''Antigone'' e del ''Don Garzia'', a cui seguì l’altrettanto celebre ''Don Garzia e l'onorevole Peppone''.
 
Tornò in [[Toscana]] nel 1777 dove si accostò alle opere di [[Niccolò Machiavelli]] che essendo morto da circa 2 secoli non ebbe nulla da ridire. Da queste nuove ispirazioni nacquero ''La congiura de' Pazzi'', ''Il complotto dei lazzi'', ''L'inciucio e gli intrallazzi'' e il trattato ''Come mettere i chiodi a testate'', pubblicato in cinque puntate sulla rivista ''“Bricolage per cerebrolesi”''.
 
{{Cit|Un dolce fuoco negli occhi nerissimi accoppiato a candidissima pelle e biondi capelli danno alla di lei bellezza un risalto da cui è difficile non rimanere colpito o conquisto. E che [[tette]]!|Vittorio Alfieri sulla Contessa d’Albany.}}
 
Nell'ottobre del 1777, Alfieri che tra una tragedia e l’altra era sempre a caccia di [[donna|donne]] sposate, conobbe la [[donna]] che lo tenne a sé legato per tutto il resto della [[vita]], forse per amore forse perché lo portava in giro col guinzaglio: Luisa Stoltberg d'Albany, moglie di Charles Edward Scannapieco, pretendente al trono d'[[Inghilterra]] e vicesindaco di [[Afragola]]. Nello stesso periodo l'Alfieri si dedicò alle opere di [[Virgilio]] e Virgilio si dedicò alle sue.<br/>
Terminò il trattato ''Documento di [[Word]] 1'' (non gli venne in mente nessun titolo) e il poema in ottave ispirato alla vita quotidiana ''“Dove sono le mie mutande?”''
[[File:Misogallo2.jpg|left|thumb|200px|La copertina del celebre ''Risogallo''.]]
 
Nel 1780, con l'avallo del governo granducale e col cavallo di suo zio, la contessa d'Albany riuscì ad abbandonare il [[marito]] rifugiandosi a [[Roma]] presso il convento delle Orsoline. È come se un [[nazismo|nazista]] volesse chiedere asilo in un covo di partigiani tuttavia la peccaminosa contessa venne accettata ugualmente, le Orsoline avevano giusto bisogno di un’anima pia che lavasse i piatti al posto loro in modo pio.<br />
Dopo qualche tempo l'Alfieri, che nel frattempo aveva donato tutti i beni e le proprietà feudali ai poveri, che intanto erano diventati ricchi dopo quella donazione, ebbe modo di iscriversi alla [[Massoneria|loggia massonica]] ''"Propaganda 1”'', antesignana della futura [[P2]] e guidata dal Conte Gianpetronio Gelli, pro-prozio di... [[Licio Gelli|non diciamo quel nome]].
 
Tornò a [[Roma]] stabilendosi a Villa Strozzi con la contessa d'Albany, che nel frattempo ottenne una dispensa papale che papale papale diceva che poteva lasciare il monastero. Nei due anni successivi di soggiorno romano lo scrittore portò a compimento la tragedia ''Merope e Saul alla conquista di Miami'', un incrocio tra una tragedia di [[Sofocle]] e un [[film]] dei [[fratelli Vanzina]].<br/>
 
Nel 1783, Alfieri fu accolto all'Accademia dell'Arcadia col nome di ''Filacrio Emorroidario''. Nello stesso anno terminò anche l'''”Abele bastardo”''; anche in questo caso lo spirito dannosamente creativo dell’Alfieri interviene per dare originalità alla [[storia]] e così in questa tragedia vediamo Abele bucare le gomme dell’auto di [[Caino & Abele|Caino]] nell’euforia dei festeggiamenti di fine [[anno]].<br/>
 
Tra il 1783 e il 1785 Alfieri pubblicò in tre volumi la prima edizione delle sue tragedie stampate con l’inchiostro simpatico e con il pretesto di far conoscere le proprie tragedie cominciò a fare marchette praticamente dappertutto, facendosi vedere in tutti i salotti letterari d’Italia e in tutte le trasmissioni televisive, talvolta anche nello stesso momento. Ma le tragedie raccolsero per la maggior parte giudizi negativi. Solamente il critico Ranieri dé Calzabighi, cieco e analfabeta, si complimentò con lo scrittore che con le sue opere aveva posto il [[teatro]] [[italiano]] sullo stesso piano di quello afghano.<br/>
Nell'aprile del 1784, venne rappresentata per la prima (e ultima volta) la tragedia ''“Panegirico di Plinio e Traiano”'', tre ore e mezza di spettacolo in cui Plinio e Traiano si scambiano numeri di telefono seduti su una panchina in attesa dell’[[autobus]]. Stranamente il pubblico non gradì e dagli spalti volò praticamente di tutto, dai cavolfiori alle scorze d’anguria passando anche per una stufa a gas che colpì Traiano in pieno volto.<br/>
 
La convivenza con la contessa d’Albany frattanto si era fatta impossibile: Alfieri infatti era messo sotto le fatiche e puliva, rassettava, cucinava, stirava, faceva la [[lavastoviglie]], portava a spasso il [[cane]]. Insomma sembrava il fratello sfigato di [[Cenerentola]].<br/>
Nel tempo libero (di notte) trova comunque il [[tempo]] di scrivere la ''Sofonisba'', un’opera dedicata a una sua [[amico|amica]] dal nome orrendo.<br/>
Nel 1785 portò a termine la tragedia ''Bruto'' che l’Alfieri trasformò in un agghiacciante musical: nel terzo atto infatti [[Giulio Cesare]] una volta caduto a terra dopo le pugnalate si rialza e con [[Bruto]] e [[Cassio]] sottobraccio inizia a cantare:
 
''Non han mai fatto male''<br/>
''tre colpi di pugnale''<br/>
''di là c’è un bel vinello''<br/>
''pensiamo solo a quello!''<br/>
 
I critici usarono il libretto dell’opera per scriverci dietro la nota della spesa: un segnale chiaro per sottolineare che lo spettacolo non era piaciuto.
[[File:Musical1.jpg|thumb|360px|Rappresentazione teatrale di una tragedia di Alfieri.]]
 
== Alfieri il gigante ==
 
Alcune leggende non confermate proferiscono che Vittorio Alfieri sia un lontano parente di Eren Jaegah dati i molti fattori che li accumunano: voglia sgravata di libertà e titanismo. Inoltre la storia non lo riporta ma alcuni testimoni un giorno l'hanno visto alcolizzato male accasciato a terra e subito dopo in piedi come se qualcuno gli avesse sussurrato all'orecchio di alzarsi e lottare.<br/>
Dopo questo avvenimento di data sconosciuta vengono riportate nelle cronache varie opere che fanno pensare al fatto che sia un avo del signorino Jaeger, prima su tutte "Della Tirannide" dove vengono trattati argomenti di carattere sadico-dittatoriale.
 
== Alfieri e la rivoluzione ==
 
{{Cit|Questi francesi vogliono fare la rivoluzione per conquistare i propri diritti. Non otterranno nulla, il re li farà decapitare tutti.|Vittorio Alfieri che aveva capito tutto sulla [[rivoluzione francese]]}}
 
Nel [[1789]], Alfieri e la sua compagna capitarono a [[Parigi]] in un momento di incredibile importanza per la storia della [[Francia]] e dell’intera umanità: la sagra del fagiano con le cipolle. E poi c’era anche la [[rivoluzione francese]].<br/>
Per le strade si sparava, si lanciavano molotov, si giocava a [[tennis]], insomma c’era l’atmosfera della [[guerriglia]] urbana.<br/>
Alfieri rimase coinvolto nei tumulti per circa 2 ore a causa di un corteo dei [[disoccupato|disoccupati]], ma la sorpresa maggiore la ebbe quando andò a recuperare l’[[auto]], che aveva parcheggiato sotto la [[Bastiglia]].<br/>
Stravolto e incazzato per l’accaduto, Alfieri tornò il [[Italia]] dove scrisse Il ''Misogallo'', un’opera talmente xenofoba che al confronto il ''Mein Kampf'' sembra il diario di [[Madre Teresa di Calcutta]].<br/>
 
Rimasto a corto di [[soldi]] spesi tutti nella sua preziosa collezione di tazzine di [[porcellana]] decorate a piede, Alfieri per poter pubblicare il suo manoscritto dovette chiedere un finanziamento a un potente signorotto locale, il Conte Patrizio Blond, già allora leader incontrastato dell’industria del riso, che accettò di pagare tutte le spese a patto però che l’opera si fosse chiamata il ''Risogallo''.<br/>
 
Uscito col titolo ''Il Risogallo'', il libro sbagliò completamente il target di mercato e fu acquistato da tutte le [[casalinga|casalinghe]] dello stivale, convinte che si trattasse di un libro di ricette. Aperta l’opera invece le massaie italiane si trovarono di fronte un elenco infinito di incazzature, imprecazioni e bestemmie varie e tutto questo solo nell’introduzione. Il comune denominatore di tutto il libro era l’odio verso i [[francesi]], accusati di cose come:
 
*la rivoluzione francese
*l’ascesa di [[Luigi XVI]]
*la fame nel [[mondo]]
*i temporali
*l’[[olocausto]]
*la [[strage di Ustica]]
*la [[guerra in Iraq]]
 
Per Alfieri, i [[francesi]] non possono essere liberi, ma potranno esserlo gli italiani, mitizzando così un'ipotetica [[Italia]] futura, governata da persone virtuose, magnanime e oneste. Quest’[[uomo]] aveva capito tutto.<br/>
Intanto nel 1792 la [[Francia]] che a detta di Alfieri non poteva essere libera era diventata appunto libera, segando la testa al proprio [[re]] e abolendo la [[monarchia]], ma il drammaturgo era troppo preso dal dispiacere per l’entrata dei [[francesi]] che conquistavano parte della sua [[Italia]] “libera”.<br/>
Stanco, sfiduciato e con l’[[alito]] puzzolente Alfieri non poteva nemmeno più dedicarsi al suo [[sport]] preferito, quello di sedurre donne sposate, visto il rigido controllo attuato dalla contessa che controllava la sua corrispondenza e le chiamate sul suo [[cellulare]].<br/>
Lo scrittore allora si immerse totalmente nello studio dei classici greci traducendo [[Euripide]], [[Sofocle]], [[Eschilo]] e Nicola di Bari. Proprio da queste ispirazioni nel 1798 nacque l'ultima tragedia alfieriana: l'''Alceste di Barletta''.<br/>
 
Vittorio Alfieri si spense l'[[8 ottobre]] 1803, mezz’ora dopo che qualcuno gli diede [[fuoco]].<br/>
Le sue ultime parole furono: ''aiuto!''<br/>
Le autorità volevano seppellirlo nella basilica di Santa Croce, ma siccome non c’era posto venne tumulato sotto Via del fico, che sta vicino a Santa Croce.<br/>
A sua memoria rimane una struggente lastra commemorativa in similmarmo che recita così:
{{quote|Qui sotto giace Vittorio Alfieri. Non fateci cagare il vostro cane.|}}
 
== Opere ==
Alfieri ha scritto per la maggior parte in lingua [[francese]], ma anche in [[italiano]], ungherese, [[latino]] e [[barese]]. Qui di seguito sono elencate solo le opere degne di nessun rilievo.
 
=== Le tragedie ===
Vittorio Alfieri stava sempre male.
Cercava di compensare questo suo malessere facendosi consolare dalle donne (degli altri) ma stava comunque male. E rifletteva questo malessere malevolo nelle sue tragedie, opere pesanti come un piatto di crauti con le [[cozza|cozze]].<br />
Le sue tragedie furono rappresentate quando il [[poeta]] era ancora in [[vita]] così poté sempre assistere ai [[pernacchio|pernacchi]] che il pubblico gli tributava al termine della rappresentazione.
 
A [[Bologna]] vennero rappresentate tra il 1796 e il 1798 ben quattro tragedie (''Bruto II'', ''Saul'', ''Virginia'', ''Lo zappatore'').
Le tragedie sono ventidue, compresa la ''Cleopatra'' che però faceva talmente schifo che l’Alfieri stesso negò di averla mai scritta dicendo che si era scritta da sola. L'Alfieri scriveva in endecasillabi sciolti, in settenari spuri e in settenani sbronzi. Ricordiamo:
[[File:Pubblico dorme.jpg|thumb|250px|Le opere di Alfieri riscuotono sempre un gran successo di pubblico tra quelli che soffrono di [[insonnia]].]]
*'''Saul''': tragedia in 3 atti in cui si narrano le difficoltà di una giovane promessa del calcio brasiliano (Joào Iniacio Manuel Cabello Portorotondo, detto ''Saul'') per avere il permesso di soggiorno per giocare in Italia.<br />
*'''Bruto''': la morte di Giulio Cesare secondo Vittorio Alfieri: 5 atti per raccontare un evento che si svolge in 30 secondi. È stato di recente rappresentato alla [[La Scala di Milano|Scala di Milano]]: Giulio Cesare sembrava vestito da [[Dolce e Gabbana]] e uno dei congiurati aveva la maschera da [[Klingon]].<br/>
*'''[[Agamennone]]''': il re degli achei torna da [[Troia]] per trovarne un’altra (Clitennestra) a letto col suo migliore amico Egisto. Agamennone viene ucciso da Egisto dopo una colluttazione a colpi di asciugamani bagnati. Egisto vorrebbe uccidere anche Oreste, [[figlio]] di Clitennestra e di un [[benzinaio]] di [[Atene]] ovest ma il ragazzo riesce a sfuggire alla cattura travestendosi da pianta grassa.
 
=== Gli scritti politici ===
*'''[[Nonbooks:Diventare un dittatore|Della tirannide]]''': ovvero 52 modi per prendere il potere facendo credere a tutti che si tratti di un [[pesce d’aprile]]. Opera fondamentale per tutti i dittatori della storia, era custodita gelosamente da [[Benito Mussolini]] nella sua [[biblioteca]] accanto agli album da colorare.
 
*'''Del principe e delle lettere''': dove Alfieri giunge alla conclusione che il binomio monarchia e lettere sia dannoso, così dà deliberatamente del leccaculo a mostri sacri della letteratura come [[Virgilio]], [[Orazio]], [[Ariosto]] e [[Vincent Van Gogh|Van Gogh]]. E [[Dante Alighieri|Dante]]? Dante per Alfieri era brutto, nasone, ma non si vergognava ad uscire per strada con una tuta rossa e un cappello a punta: ecco un pensatore libero.<br/>
 
*'''L'America libera''': un componimento di cinque odi, in cui Alfieri esalta l’[[America]] come nuova nazione che porterà serenità e pace nel [[mondo]] nei secoli a seguire. È incredibile come sia riuscito sempre a indovinare.
 
=== Le commedie ===
Alfieri nonostante non ridesse neanche se gli facevano il [[solletico]], cercò di cimentarsi perfino nella [[commedia]] pur di avere un briciolo di successo. Ecco ciò che ne tirò fuori:
 
*''L'antidoto''
*''Il divorzio''
*''Natale al granducato di Toscana''
*''[[Vacanze di Natale]] 1795''
 
=== Autobiografia ===
Alfieri cominciò a scrivere la propria biografia a cinque anni, appena imparò a scrivere le vocali, cosicché le primissime pagine del manoscritto sono tutte così:
 
{{quote|Aaaeeeuuuoooiiii, auoi, aeiuooo, oooouoiou.|}}
 
Una volta imparate le consonanti il discorso acquista un filo logico ma bisogna aspettare fino a pagina 516.<br/>
La fine dell’opera coincide con la morte del protagonista, un colpo di scena che vale l’intero libro.
La lettura è sconsigliata ai cani e alle donne incinte.
[[File:Operai fogne.jpg|thumb|300px|Un gruppo di intrepidi turisti si appresta a visitare la tomba di Vittorio Alfieri.]]
 
== Nato per lamentarsi ==
Alfieri è considerato dalla [[critica]] letteraria come l'anello di congiunzione tra [[Giacomo Leopardi|Leopardi]] e [[Marco Masini]]. Il suo interesse per le tragedie umane, il suo soffermarsi sempre sul patetismo delle situazioni infierendo sui drammi delle persone, proprio come [[Nerone]] nell’''Ottavia'' o [[Bruno Vespa]] in ''[[Porta a Porta]]'', collegano Alfieri alle correnti dell’[[Illuminismo|Illuminismo spento]] e del ''Megatristismo'', che troverà la sua massima espressione con i testi di [[Michele Zarrillo]] e di [[Mariottide]].<br/>
A questa [[tristezza]] cronica l’Alfieri contrappone il ''“titanismo”'' ovvero il bisogno di affermazione dell'[[io]], desideroso di spezzare ogni limite. Questa ricerca di forti passioni, quest'ansia di infinita grandezza e di illimitato è stata interpretata da [[Sigmund Freud|Freud]] come un chiaro segno di [[gay|omosessualità latente]].
 
== L'eredità spirituale ==
Fu scritta su un testamento spirituale, ma nessuno sa dove sia. Resta comunque il fatto che Alfieri è semplicemente Alfieri, così oggi come ieri. Sì, così oggi come [[ieri]].
 
== Alfieri e l'arte ==
Il poeta torinese, che se vedeva un pastorello col piffero ci scriveva sopra un poema di 9 libri e mezzo, davanti alle opere artistiche manifestava una certa “ottusità d'intelletto”: non ne capiva un [[cazzo]], così è più chiaro.
 
*A [[Firenze]], per la prima volta nel 1766, dichiarò che gli Uffizi erano noiosi e guardando il David di [[Michelangelo]] disse: ''bravo, l'ha sbagliato di poco!''
 
*A [[Parigi]] vedendo la [[Venere di Milo]] disse: ''guarda questo! Manco le braccia gli ha scolpito!''
 
*A [[Roma]] visitando il [[Foro]] disse:'' ma è possibile che questi romani costruissero solo rovine?''
 
Questo spiega perché Alfieri acquistasse i suoi quadri da [[Telemarket]].
 
== Voci correlate ==
*[[Giacomo Leopardi]]
*[[Marco Masini]]
*[[Michele Zarrillo]]
 
{{scrittori}}
{{Latrina|giorno=21|mese=06|anno=2009|votifavorevoli=7|votitotali=7|argomento=letteratura}}
 
[[Categoria:Poeti]]
[[Categoria:Piemonte]]
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