Tragedia di Superga: differenze tra le versioni

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(Creata pagina con '{{Cit|... ed ecco che Mazzola si invola sulla fascia mentre dei tizi in tuta bianca gli spruzzano addosso della schiuma antiradiazioni! Mai visto niente di simile su un campo da ...')
 
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Il [[4 maggio]] 1949, mezz'ora prima dell'inizio della partita Torino - Rosticceria da Piero valevole per l'assegnazione del Trofeo Ti piace vincere facile, i giocatori del Torino trovarono negli spogliatoi una cassa di legno con sopra un messaggio:
 
{{quote|Questa cassa contiene undici paia di scarpini [[Superga]]. Firmato, un tifoso granata|}}[[File:Superga.JPG|thumb|left|220px|La causa del disastro.]]
Il messaggio era in realtà superfluo perchè, nonostante la cassa fosse chiusa, le Superga emettevano una luminescenza che le rendeva visibili dall'esterno. Urbano Cairo, da imprenditore attento ai costi, accettò di buon grado il regalo e ordinò ai giocatori di indossare gli scarpini.<br />Le squadre scesero in campo. Dopo cinque minuti il Torino conduceva già 2-0 grazie a due conclusioni dalla lunga distanza di Romeo Menti, che tirò da [[Novara]]. Al 12' il primo campanello d'allarme: la mezzala Ezio Loik cadde in area e iniziò a secernere da occhi e orecchie un liquido verdognolo e corrosivo. L'arbitro lo ammonì per [[simulazione]].<br />Al 23' la Rosticceria da Piero ottenne un [[rigore]]: l'attaccante tirò a destra, il [[portiere]] Bacigalupo si tuffò dalla parte sbagliata ma grazie al braccio extra che gli era spuntato sulla spalla sinistra riuscì comunque a bloccare il pallone. Il pubblico si alzò in piedi per rendere onore alla prodezza.
[[File:Cairo.jpg|thumb|250px|Urbano Cairo riportò tremende ustioni e rimase sfigurato, come testimonia questa foto recente. Subì tredici trapianti di [[cervello]] ma li rigettò tutti.]]
In chiusura di tempo Mazzola prese palla, scartò quindici giocatori tra cui otto suoi compagni di squadra, fece un sombrero al portiere e a porta completamente sguarnita calciò fuori. In compenso la sua gamba destra, tranciata all'altezza del ginocchio, si infilò in rete. L'arbitro, dopo aver consultato il regolamento, convalidò il gol. Urbano Cairo capì che la situazione era grave (non era normale che Mazzola sbagliasse a porta vuota) e chiamò il [[SUEM]], i [[vigili del fuoco]], la [[Protezione Civile]], i [[NAS]] e l'[[ONU]].
 
In chiusura di tempo Mazzola prese palla, scartò quindici giocatori tra cui otto suoi compagni di squadra, fece un sombrero al portiere e a porta completamente sguarnita calciò fuori. In compenso la sua gamba destra, tranciata all'altezza del ginocchio, si infilò in rete. L'arbitro, dopo aver consultato il regolamento, convalidò il gol. Urbano Cairo capì che la situazione era grave (non era normale che Mazzola sbagliasse a porta vuota) e chiamò il [[SUEM]], i [[vigili del fuoco]], la [[Protezione Civile]], i [[NAS]] e l'[[ONU]].
[[File:Cairo.jpg|thumb|250px240px|Urbano Cairo riportò tremende ustioni e rimase sfigurato, come testimonia questa foto recente. Subì tredici trapianti di [[cervello]] ma li rigettò tutti.]]
Nel secondo tempo le condizioni dei giocatori peggiorarono: Ossola perse denti e capelli, Gabetto prese [[autocombustione|fuoco spontaneamente]], a Rigamonti spuntarono scaglie da [[iguana]] su tutto il corpo. Arrivarono sul posto i tecnici nucleari, i quali appurarono, grazie alle loro sofisticate strumentazioni e al fatto che sulla cassa fosse scritto a lettere cubitali ''MADE IN CHERNOBYL'', che gli scarpini venivano da [[Chernobyl]]. Per scongiurare il pericolo di fissione nucleare fu deciso di rinchiudere i giocatori nello spogliatoio e di sigillarli sotto una gettata di ventitremila tonnellate di [[cemento]].<br />In quel momento Valentino Mazzola, che era rimasto in campo perché il regolamento dell'epoca non prevedeva sostituzioni, provò a involarsi saltellando verso la porta per l'ultima volta, ma subì un fallo da tergo e detonò. Le esplosioni a catena che ne seguirono uccisero sul colpo tutti i giocatori, l'arbitro, i guardalinee, un panzone a petto nudo sugli spalti e [[Fabrizio Failla]] a bordocampo.
 
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