Psichiatra: differenze tra le versioni

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[[File:Paolo_Migone.jpg‎ |right|thumb|300px|Il più famoso psichiatra italiano: {{citnec|siamo in buone mani!}}]]
 
L'uomo medio sano di mente non nasce con la vocazione di diventare psichiatra. [[La ballerina girevole|Ballerina]], forse...o magari cantante neo melodico. Ma non psichiatra. Com'è possibile quindi l'avvento di tali specialisti in numero superiore di quanto sarebbe normale aspettarsi? La risposta è semplice e spesso riconducibile ad un unico evento traumatico scatenante: l'ingresso all'università.
 
Dopo aver passato gli anni delle scuole superiori nel mito mai morto del "{{citnec|se divento dottore potrò far spogliare tutte le mie amiche}}", frutto di una errata interpretazione del fanciullesco [[gioco del dottore]], uno studente ''quasi normale'' si trova davanti ad un bivio: entrare subito nel mondo della [[disoccupazione]] oppure rallentare questo processo entrando in un'accademia dove svernare per una ventina di anni buoni. È dunque ovvio come la scelta sia quasi obbligata: entrare nella facoltà di [[medicina]]<ref>il cosiddetto '''punto di non ritorno'''</ref>. Chiunque decida di compiere questo passo acquisirà di default due delle [[settordici]] malattie mentali tipiche dello status di psichiatra: per prima cosa, in base ad uno stranissimo processo psicologico, egli perderà di colpo ogni nozione di carattere scientifico-matematico. Infatti grazie a questo meccanismo di difesa auto-innescante, il futuro psichiatra perde la capacità di compiere una qualsiasi operazione algebrica e sarà incapace di effettuare una semplice sommatoria di tutti gli anni di studio da affrontare prima di poter raggiungere l'agognato scopo<ref>ovviamente si parla di un percorso universitario regolare, escludendo nell'operazione gli eventuali anni di letargo a gratis in università, come studente universitario fuoricorso</ref>.
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