In epoca romana Pompei era la città delle pompe (pumpa, in latino significa Enteroclisma, in quanto il liquido, che, in origine, era solitamente una soluzione di soda caustica ed acqua bollente, veniva pompato a forza nel paziente ). Successivamente si passò al succo di pompelmo, da qui il nome.

Vita pompeiana

(5 pompe al giorno levano il medico di torno)

La terapia delle pompe venne introdotta in Pompei (prima che prendesse questo nome, quando si chiamava ancora Castrum Prostatorium), da alcuni medici egizi rifugiatisi a Pompei per sfuggire alla cattura da parte dei soldati del Faraone che non aveva gradito le loro cure.

Le loro terapie consistevano nel praticare al paziente, ad fortiori, 5 pompe al giorno, a giorni alterni, al fine di disintossicare l'organismo e ristabilire la salute. Questa terapia fu però in seguito utilizzata come pratica dilettevole, nonchè tecnica preparatoria all'introduzione di altre medicine, o oggetti, per la medesima via.

(a questi principi della medicina antica si ispirò poi anche il grande scienziato Wilhiem Franz Scarthz)

Commerci e lupanari nella Pompei antica

(pompe, pompature, pompaggi, pompini)

La moda delle pompe fece di Pompei una città ricchissima. Il Console Pomponio, marito di Augusta Pompella, cugina dell'Imperatore Tito, detto il pomposo,o anche il pompato, autorizzarono l'importazione di pompelmi dalla Siria e di pompanti dalla Fenicia. Ciò portò allo sviluppo di lupanari specializzati: ve ne erano alcuni specializzati nel boccheggio al pompelmo, una pratica che restistuiva lucentezza ai denti; altri era specializzati nella tecnica ad tergum, una cura a base di supposte costituite da un pompelmo intero, altri ancora erano adibiti al maneggio immergemdo il tutto nel succo di pompelmo, ed altri ancora offrivano bagni nel succo di pompelmo con strofinatura delle parti intime con scorza di pompelmo. Pompei era sempre affolata di turisti e nei lupanari bisognava penotarsi mesi prima per ricevere i 'trattamenti'. La prestazione più richiesta era però la pompa al succo di pompelmo ed i pazienti, per essere curati, venivano persino dalle Gallie e dalla Sarmazia.

Tito imperatore visita Pompei

(Mosconi ante litteram)

Incuriosito dal fervore di Pompei e dai racconti di sua cugina Pompella, Tito volle visitare Pompei, per vedere se lì fossero in grado di curargli le emorroidi che lo tormentavano. Fece tutto il viaggio seduto su un carro, invocando Giove, Bacco ed altri Dei e le virtù delle loro genitrici, a causa dei bruciori delle emorroidi che neppure i cuscini e gli unguenti riuscivano ad attenuare (*). La cura, fatta a base di succo acido bollente di pompelmo, non ebbe buon esito e Tito, andandosene, disse: " Perversa città ! Che tu possa bruciare in un enteroclisma di fuoco come quello che è stato fatto a me da tuoi cerusici(**)!!!", infatti......


(*)Possiamo dire che certamente fu allora che cominciò lo studio della bestemmia che porterà, secoli dopo, alla suprema elaborazione mosconiana.

(**)medici e curatori

Plinio il Vecchio e l'Enteroclisma al Vesuvio

(perchè avvenne l'eruttazione)

I cittadini di Pompei scaricavano i residui delle attività pompatorie nel cratere del Vesuvio. Plinio il Vecchio, comandante della flotta romana, ma anche grande scienziato, li aveva da tempo avvertiti che "anus Vesuvii est irritandum" e che era pericoloso. I Pompeiani pensarono allora di rimediare pompizzando il Vesuvio, ma al vecchio modo (acqua bollente e soda caustica), e ciò fece precipitare la situazione. Si udì dapprima un rutto tremendo, che fece crollare tutte le case, poi un diluvio di fuoco che sorprese molti popeiani ancora con la sonda nel culo (ed è così che furono ritrovati negli scavi, anche se in un primo tempo si pensava che avessero la coda). Di Pompei non rimase nulla e si perdette tutta l'esperienza pompatoria acquisita; l'umanità dovrà attendere per molti secoli che un filosofo, il Bondi, riscoprisse il potere delle pompe e le utilizzasse per magnificare il suo méntore, il Silvio.