Poesia ippica: differenze tra le versioni

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Tuttavia per fortuna alle volte l'ingegno umano è soggetto a intuizioni geniali, destinate ad aver un luminoso avvenire per gli eoni a venire: tra questi colpi d'ingegno viene normalmente collocata anche l'invenzione della poesia ippica. Ma procediamo con ordine.
 
C'è chi dice che il mestiere dello [[scrittore]] oggigiorno sia difficoltoso e irto di complicazioni, mentre un tempo il letterato era stimato e ammirato, riceveva incentivi statali (o dal [[re]], o dal capovillaggio, a seconda dei casi), era ricco come un pappone ed era considerato una specie di vate della comunità. Quelli che dicono però queste cose non sanno che stanno ripetendo balle messe in giro dalla [[lobby]] degli scrittori per darsi un tono. La verità è che essi sono sempre stati giudicati una feccia di sfaticati, che piuttosto di lavorare addirittura perdono il tempo a scrivere e poi fanno i supponenti sulle cose della vita (giustamente, d'altronde, perché lo sono). Per questo motivo sono sempre stati emarginati e discriminati, più di un [[ebreo]] [[negroAfrica|africano]] [[gay]], malato di [[peste]], [[HIV|sieropositivo]] e convertitosi ai [[Testimoni di Geova]]. Ed essendo emarginati, erano pure poveri e senza cibo, e per guadagnarsi la pagnotta quotidiana dovevano inventarsi gli espedienti più variegati.
 
A questo proposito si racconta che un giorno il poeta [[Greci|greco]] Ippomandracheo, disperato per essere stato cacciato in una sola ora da tre regge di tre diverse città stato ([[Atene]], [[Megara]] e [[Rovigo]]) a causa della noia profonda che generava negli astanti con le sue poesie, dovendo per forza mangiare, ebbe un'idea geniale per guadagnare un po' di soldi. ''Rubare'' direte voi: e invece no, anche perché il [[PSI]] non era ancora nato. Decise, per farla breve, di scommettere sui cavalli, ché gli avevan detto ch'era un modo sicurissimo per fare una fortuna.