Nonsource:Inferno scolastico: differenze tra le versioni

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Sovente accade che gli alunni, giunti al confine che divide ciò ch'è stato da ciò ch'ancora hassi a venir, i discepoli de la dottrina abbiano l'impulso di cinguettar con aurea voce l'anno che, ultimo, de la terra e del ciel a separar fu fatto.
#REDIRECT [[Scuola]]
 
== Canto I ==
Nel mezzo del cammin dell’ultim [[anno]]
 
nacque in me desio di folle prova:
 
porre in versi li pensier che verranno.
 
 
Allor spiegando stava cosa nuova
 
lo Margite dal cul fonte di dramma
 
che fa sopir quel che intorno trova
 
 
…e piatto abbiamo l’encefalogramma!
 
Ecco che l’occhio vitreo diviene
 
e s’apre la bocca tipo a sen di mamma.
 
 
La tuke col vento le foglie tiene;
 
così lo mio perverso pensier sagace
 
a posarsi andò sul del Befti pene
 
 
E sulla di lui destra man [[vivace]],
 
mossa da un’araba [[discinta]] Musa;
 
e in bocca il grido mio tremando tace.
 
 
Ripartì la mente mia confusa
 
creando un sogno che mai nessuno fece
 
del cui volgar gergo chiedo scusa.
 
 
Il mio genio fu gabbian intro pece
 
credendo, ingannati li sensi matti,
 
di star dinnanzi a scuola, e invece
 
 
Scendean le scale per lunghi tratti
 
intro un’immensa grotta sì oscura
 
che a tutt’oggi per descrivere i fatti
 
 
Lo spirto mio s’empie di paura.
 
Viene dall’antro un esser trafelato
 
farfugliando dell’avventur futura.
 
 
“Le tue parole non ho afferrato”
 
E quel mosse la man gesticolante
 
“Perché devi dire?!” disse turbato
 
 
“Lungo iter mi vedrà con te viandante
 
e così volle chi più in alto siede!”
 
Mai guida di lui fu men prestante…
 
 
Entrammo ove il peccato risiede.
 
== Canto II ==
Non appena il mio maestro audace
 
Varcò la soglia con sicuro piede
 
Una focosa ci urlò rapace:
 
 
“Chi di passare si crede?”
 
e il buon filosofo: “Taci puttana!
 
Di qui muove chi deve trovar fede!”
 
 
“C’è troppo sindacalismo in questa tana,
 
passate se ciò in alto si vuole…”
 
e procedemmo verso gente più ‘sana’
 
 
poi il maestro m’invitò a parole
 
a mirar sull’entrata attentamente
 
per legger la scritta ch’oscura il Sole:
 
 
“PER ME SI VA TRA LA BOCCIATA GENTE,
 
PER ME SI VA PER IL DOLORE ETERNO.
 
IVI OGNI RICREAZIONE E’ ASSENTE
 
 
IVI S’ENTRA NEL SCOLASTICO [[INFERNO]]”.
 
Allor nel buio entrammo prudenti
 
Verso il più profondo del suol interno.
 
 
Ed ecco i primi dannati lamenti
 
giungerci dai due in strana posa
 
pei quali stomaco ancor dà stenti.
 
 
Entrambi fecero una vita oziosa
 
E il lor gran peccato fu la pesca,
 
che gli impedì la scelta su ogni cosa.
 
 
Ora qui stanno in sodomica tresca
 
l’autor della ‘Diarrea’ e il fin Mori
 
ch’all’Asta solea portar aria fresca.
 
 
La vita non provocò lor timori
 
ed ora per legge del contrappasso
 
soffriranno per sempre anal dolori;
 
 
proseguimmo per più profondo passo…
 
== Canto III ==
Tra fitte nebbie apparve lo fatal rio
 
cinto dallo peccaminoso ammasso;
 
vedendomi sì scosso disse Del Rio:
 
 
“Cur il tuo cor è in simile sconquasso?
 
Laggiù v’è una bestia intenta a vietare
 
del fiume per altra via lo trapasso”.
 
 
Ei già una volta fu nel mio sognare,
 
il mio ingegno le gesta ne plagia,
 
com di Germano lui il bestemmiare!
 
 
Ed ecco Bertin con occhi di bragia
 
a chieder ciucciaesputa per pedaggio
 
e a batter col rem chiunque s’adagia;
 
 
Tra quei ch’avean sì tal coraggio
 
vi vidi la Mezzani col cicchetto
 
impegnata a guadagnar il passaggio.
 
 
Giunse della belva l’unico [[affetto]];
 
la Gorra - Angelo a noi si mostrava
 
giungendo del calzin destro in difetto.
 
 
Per la perdita irata lacrimava
 
e alle sconce richieste del nochhiero
 
uno scandalizzato “Mpf!” pronunciava.
 
 
Fu con lei il mio coso lusinghiero:
 
“Tu Elena, inutile mongola in vita
 
portaci, sì d’avanzar nel sentiero!”
 
 
Volevo vederla più inveita
 
ma già ci aveva accolto sulle ali
 
lei vergine dell’Ade più ambita.
 
 
Com nel fango si girano i maiali
 
in modo ugual volava la demente
 
e infine Franco abbisognò di sali.
 
E in spalla portai lo maestro assente…
 
== Canto IV ==
Quando a continuar ci venne [[coraggio]]
 
Trovammo un luogo d’impunita gente
 
e chiesi di ciò la causa al mio saggio:
 
 
“Questo è il primo cerchio e v’è presente
 
chiunque prima del Salvator nacque
 
ch’è su di lor l’acqua santa assente”
 
 
Allora m’indicò un anima e tacque…
 
v’era ragazza assai trasandata
 
con la testa sopra salutari acque
 
 
A far fumenti per gola malata;
 
voce nasale a me venne da quella
 
ché anche lì era la Fiordi raffreddata:
 
 
“Per il battesim ebbi varicella!”
 
Indi s’andò verso maggiori stenti…
 
Incontrammo un’irata Pascarella
 
 
Intenta a giudicar li penitenti
 
riguardo vita loro e verbi greci
 
“punzano!” urlò a digrignati denti.
 
 
“[[puttana]].ehm.....mmh...” feci
 
“Barbaro! Non hai dimensioni!
 
Và in ginocchio sui ceci!!!
 
 
La polis decadrà per voi coglioni!
 
Quanto vorreste? Un due vi meritate!...” …
 
e fin a sera furon solo indistinti suoni.
 
 
Alla fin, esausto, a lei disse il mio Vate:
 
“Or che con parole la minchia c’hai ferita
 
Come nuvola squarcia ciel d’estate
 
 
Lascia continuar la via nostra rdita”
 
Spegnendo così i suoi animi irosi
 
Andammo ov’ormai non v’era risalita
 
 
Nell’empio giron dei [[lussuriosi]]…
 
Ivi tra figuri in ogni uman posizione
 
== Canto V ==
stavan due ancor più focosi:
 
lui del [[doppio senso]] il gran campione
 
 
Lei soave Biagia dai peli setosi;
 
ma a quello l’Asta tagliar fu fatta
 
perciò eran fintamente goduriosi!
 
 
Era quindi la camionista insoddisfatta
 
da colui che in terra coniglio pareva
 
e che qui subiva inevitabil disfatta.
 
 
Più gran troia lei fu sin da Eva
 
E così Frizzo come Adam fu rifiutato
 
e lei per mela il pen d Caronte chiedeva.
 
 
Mentre lo mio maestro era spensierato
 
come pesce non vede l’am fatale
 
così non paventò un lussurioso deviato
 
 
Che trovò nel Vate, penetrazione anale…
 
Ahi quant’a dir era cosa dura
 
est’Asta aspra forte e infernale!
 
 
Lo maestro ebbe sguardo di paura
 
e sbattendo i piedi la fuga trovava
 
per evitar altri punti di sutura.
 
 
Lo duce colmo d’ira moccolava
 
e inveendo a morte lo stupratore
 
svariati litri perdette di bava…
 
 
L’addolorato chiese a me un favore,
 
di vendicarlo con verga in terra trovata
 
e penetrarlo come stantuffo a vapore.
 
 
Ma poiché larga tana avea abituata
 
anziché il cul gli spaccai la testa.
 
E pur essendo per vate ardua camminata
 
 
Continuammo per terra d’altra gente infesta…
 
== Canto VI ==
Arrivam dunque ove è punito il grasso
 
di chi mai al ventre negò festa.
 
A fatica scorsi nel ciccioso ammasso
 
 
Una cinghia lotta per lo digiuno assai mesta
 
e colei che non poté indigestion non fare
 
di snack e della cioccolatosa fiesta…
 
 
Come sommergibil esce dal mare
 
così con tre teste e petto a mongolfiera
 
ecco Persia-Cerbero dalla ciccia affiorare!
 
 
Atterrito dallo schifo di codesta fiera
 
cercai nel duce mio sicuro ospizio
 
ma quello alquanto occupato era
 
 
A protegger lo spanato orifizio:
 
“Eh? Ah si scusa, orrenda bestia levati dal cazzo!
 
Così che procediam per più profondo spazio.
 
 
Ma simil a toro che rifiuta il lazzo
 
rabbiosa aprì le tre gole sbavose
 
cessando così l’abitual sollazzo;
 
 
lo Genio nell’ampia tasca la man pose
 
ed estratto l’autor più amato,
 
Huitzinga dalle pagine assai gravose,
 
 
Tre copie delle tante di cui era armato
 
gettò nelle profonde gole con preciso tiro.
 
Dopo che i mattoni ebbe ingurgitato
 
 
Per la cagnaccia fu affannoso il respiro.
 
Lasciandola agonizzante tra gli obesi,
 
il cinghio su di lei golosa non miro
 
 
Ché troppi minuti lì avei speso.
 
Allor andai in più profondo loco
 
per, come poco dopo appresi,
 
 
Di un brufoloso amico prendermi gioco…
 
== Canto VII ==
 
 
Nuovi dannati a noi vennero incontro
 
ch’avean sulle labbra insulto mai fioco:
 
continua è tra lor ragion di scontro.
 
 
Un era il più cesso e non di poco,
 
il pendente labbro e il crin ondulato
 
aumentavan la voglia di dargli fuoco.
 
 
Anche laggiù egli era il più odiato
 
e tutti nell’astio eran concordi
 
anziché l’un contro l’altro armato.
 
 
Poiché io volli saper dei suoi ricordi
 
fermò Franco l’abitual pestaggio
 
spingendolo a narrar della Fiordi:
 
 
“Della nostra relazione ti farò [[saggio]]!
 
Sempre a letto ammalata stava
 
ed ogn’esperienza era per lei miraggio.
 
 
Essendo io l’unico ‘om’ che mirava
 
nacque tra noi giovanil amore.
 
Ma proprio quand’io sfoggiai la fava
 
 
e si sdraiò per concedermi ogni favore…
 
Porco dio! Per caso accese la televisione!
 
Galeotto fu il bel viso dell’attore.
 
 
Scoprendo così ch’io non ero un adone
 
sfoggiò di Rocky il miglior diretto
 
e rifilandomi sì gran siffone
 
 
Maciullò il labbro sin allor perfetto”
 
Poi lisciò il capello e si rese muto,
 
ripresero così gli irosi lor diletto.
 
 
“Sfigato, duro fu subir quel rifiuto;
 
egli infatti da allor divenne iroso
 
contrario a me che da lei molto ho avuto!”…
 
 
Indi proseguii col mio stallon maestoso…
 
 
== Canto VIII ==
 
Passate valli di dannati spoglie
 
di nuovo trovammo qualcun di famoso
 
che in vita ebbe le più ambigue voglie;
 
Con quei era il mio Sir timoroso
 
ma lo timor suo divenne men palese
 
quando da terra raccolse bramoso,
 
 
Scambiando così per infantil arnese
 
ciò che laggiù era mirabil trstulo…
 
Avendo al collo collana cinese
 
 
Curiosi vennero a noi i piglianculo
 
e tra quei il Migno cercai invano:
 
“Tu che seghi come un mulo
 
 
Lo vicin con instancabil mano
 
all’impegno tuo dà un po’ di pace
 
e dì ove sta l’amico mio più insano”.
 
 
“Colui che cerchi or qui non giace:
 
ei è alla caccia del buco prediletto
 
di quel cinico che assai gli piace”.
 
 
Si scese allor in diverso [[ghetto]]
 
ove Diogene con la sua botte
 
avea a fianco il fidato Auletto.
 
 
Ei fuggiva dalle consuete lotte
 
(che lui avea su duplice fronte)
 
atterrito da differenti botte:
 
 
men [[verga]] di negro bisonte
 
de vergate di sardo pastore.
 
Lor alleato fu invalicabil monte
 
 
E preso lo cinico fuggitore
 
diedero inizio a massimo scempio
 
recando a me sì gran orrore
 
Che svenni pria di maggior esempio…
 
 
== Canto IX ==
 
Ahi! Troppo poco durò tal’assenza
 
ch’era per me il più tranquillo tempio!
 
Ancora non avea terminabil sentenza
 
 
Lo schifo di cui ancor son empio:
 
brandelli di seme coperti di seme
 
pendean d’ogni suo foro ormai ampio
 
 
Sì che nel misero non v’ea più speme.
 
Ecco final tremenda cappellata
 
ridurre “l’uom” pianta che non geme.
 
 
Sì tal bolgia addietro lasciata,
 
ancor ci calammo pel violento varco,
 
ove mia mente ormai depravata.
 
 
Novelle frecce per lo mio arco
 
già pregustava di trovar numerose.
 
Ma v’ea sol un cupo e deserto parco.
 
 
In cui unico spirto sé stesso ripose,
 
a me disse tal decrepito depresso:
 
“Non saran le mie labbra noiose…”
 
 
Maledetto! Parlò tre ore in eccesso…
 
Infine capii che li colleghi suoi tutti
 
all’assalto eran del giron perplesso
 
 
Per addurre loro infiniti lutti…
 
Ecco, anche qui la mente mia fu vaga
 
assai oltre andò a montagne e flutti
 
 
Fin a rimembrarmi la triste saga
 
di colei ch’ha l’dea del dubbio in “seno”
 
la Simon, del quesito la gran maga.
 
 
Rinsavito vidi boschivo terreno…
 
 
== Canto X ==
 
Lo barbon dinnanzi a [[mille]] leccornie
 
non è per la scelta affatto sereno:
 
le sue incertezze son qui le mie!
 
 
Infatti d’anime a me note è pieno
 
lo selvoso loco che laggiù m’accolse
 
ch’era forse il giron men osceno
 
 
Poiché ivi giace chi a sé stesso dolse.
 
Scorsi da lontano celebre canala
 
di lei che vistomi in pianto si sciolse.
 
 
“Sempre a me fu la sorte mala:
 
pria fallì il sogno d'esser porno attrice
 
sì che non potei più far la maiala,
 
 
Perì l’amata fotocopiatrice
 
e non avendo la vita mia più spunti
 
morìì dissanguata da una pinzatrice.
 
 
Scosso dai suoi travagli congiunti
 
andai incontro a un trio dannato
 
che un dì, dimentico dal prendere appunti,
 
 
Non sopportando l’onta di tal peccato
 
s’infilzò con le stesse penne
 
che il proprio compito avean mancato!
 
 
Sopra stan in flagello perenne
 
le tre aripe dagli aguzzi artigli,
 
e selvatico trio non lasciano indenne
 
 
I rami dannati rendendo vermigli.
 
Una di quelle drogato corvo parea
 
e alberi e rocce eran per lei perigli
 
 
Chè contro essi sovente sbatteva.
 
Altra rozza e dalle rosse piume
 
era della terza miglior cicisbea.
 
 
Indi proseguii verso massimo lume
 
 
== Canto XI ==
 
Sotto m’accoglie agli occhi bruciore:
 
mai vidi in vita simil barlume
 
e, volte le spalle a sì tal bagliore,
 
 
come gnu su greto di fiume
 
era l’animo mio pien di spavento
 
chè dinnanzi a brestia d’esser presume.
 
 
Toh! Avea smarrito lo mio talento
 
il ricordo dell’inutil duce,
 
ma proseguii senz’alcun tormento
 
 
Verso la fonte dell’eterna luce:
 
lo maggior corno dell’antica fiamma
 
il Frenk che mai scuse per tacer adduce:
 
 
“Maestro d’epillio, d’ode e d’epigramma
 
io misi me e compagni su legno
 
per scire del mondo estremo gamma
 
 
Ed estender segni del mio ingegno.
 
Due su tutti eran con me per mare
 
l’uno, negro, spesso cagion di sdegno
 
 
L’altro di Bocca il gran giullare.
 
Mangiaron essi del dio sacre vacche
 
lasciandomi solo nel mio vagare.
 
 
Dopo lunga via per acque fiacche
 
giunsi al monte di purghe mai privo
 
ove d’un tratto le onde e le risacche
 
 
Tremende divenner per lo mio arrivo.
 
Così io mi spensi colando a picco!”
 
Sommesso rumore a volte sentivo
 
 
Da quel fuoco di lingue men ricco
 
che di imporre sé andava cercando
 
ed io, che per sarcasmo su voi spicco,
 
 
Vi vidi la Bertina e feci: “Quando?
 
… No scusa, ma quando te l’ho chiesto?!”
 
Prim ch’essa rispondesse blaterando
 
 
M’avviai verso lo giron più mesto…
 
 
== Canto XII ==
Entra mia nave nell’ultim porto
 
ove lo scudiero ch’ormai detesto
 
a me regala uno final conforto
 
 
E il suo agir perverso è manifesto.
 
Ivi stava lo poetazzo chino
 
che di prender l’aureola fa gesto
 
 
E, confusolo Franco pel meschino
 
che lo suo fior da tergo colse
 
cercò vendetta col suo belino.
 
 
Se lo fece e in gran risa si sciolse
 
ma irosa un’orda di diavoletti
 
giunse e volle, sì che lo pen tolse!
 
 
La Piccio dagli artigli perfetti
 
guidava tra gli altri la Befana
 
e lo Pierma dai molto affetti
 
 
E anonimo dalla gamba non sana
 
che il petto solea mostrar villoso.
 
“Idiota! Or ti affetto la banana!
 
 
E tu, non ti curar dello schifoso
 
ma va che la Profe attende te solo!”
 
“Sebben sia ben poco prezioso
 
 
mio è l’oggetto, come il suo volo!”
 
Mentre lo piede va verso il Male
 
con mente mia invan in cor consolo;
 
 
In me difatti quel senso sale
 
(che voi, mortal, capir non potete!)
 
di chi percorre più alto canale
 
 
E molto turba più di fame e sete
 
chè, sì, coglie il limite e la grandezza
 
e vede l’uom pesce intro rete.
 
 
Vò così verso final prodezza…
 
 
== Canto XIII ==
 
Ecco! Son quel grande albatro
 
che vola cosciente all’ultima brezza.
 
Così pensando entrai nel baratro…
 
 
Là siede colei che ogni certezza spezza,
 
colei che mai l’aria frigge
 
e che gli altri prof rende monnezza.
 
 
Baby demonetti molto affligge
 
con lezioni d’arte cristiana
 
in cui nemica imago crocifigge;
 
 
Toni fu in terra, quaggiù è [[Satana]]!
 
“Io volli lo percorso tuo tutto
 
io già stimo l’arte tua umana
 
 
Di cui i tuoi versi son frutto.
 
Un tempo era tal la mia potenza
 
che pari era un mio singolo [[rutto]]
 
 
A più urli di divina provenienza.
 
Stavo preparando un celeste golpe
 
ma quello capì e con gran veggenza
 
 
Mi scagliò sotto a peggior colpe.
 
Stolto! Ancor comando il tuo mondo
 
perché di te son maggior [[volpe]]!”
 
 
Sì tanto mi pungolò nel profondo
 
che una fatal idea in me sorse:
 
“Io potrei portar fin in fondo
 
 
Lo piano tuo ch’è altrimenti in forse”
 
Lo stolto: “Ma sei tutto impazzito…?”
 
La mente mia a lei muta corse
 
 
E volendo quello incenerito,
 
fu fatto novello Giordano Bruno!
 
Avendomi ciò reso ancor più ardito
 
Decisi in terra di portar a ognuno
 
sue sataniche e giuste favelle
 
sì che di gloria non sia a digiuno
 
 
Colei che movrà il cielo e l’altre stelle!
 
[[Categoria:Biblioteca]]