Nonno Fiorucci: differenze tra le versioni

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===Il Nonno affetta il prosciutto===
E'È sicuramente l'opera che di maggior interesse scientifico in quanto ci permette di capire il meccanismo mentale-psicologico del Maestro.
Difficile definire se quest'opera sia il preambolo o il seguito alla precedente, o semplicemente un episodio simile. fatto sta che qui, anche se un po' attenuati (almeno nell'apparenza) da una sorta di stanchezza emotivo-fisica probabilmente dettata dall'età, ricorrono vari aspetti della predicazione Fiorucciana, aspetti di non poco conto. uno splendido incipit: ''"lèveno la corrente, dio maiale della madonna... ma mica io li cavo, dio cane!... eh, loré'' (è presente come sempre anche il nipote, a infastidire il nonno, come vedremo più avanti)'', dio cane, nunn'inventà tante cose!"'' subito dopo il proemio, il nipote afferra le orecchie del nonno, farfugliando qualcosa, e il Maestro prorompe in '' "sta fermo, là! mannaggia tutti i santi... del paradiso ( pausa rafforzativa)... dio cane Lorè, e fermete!!"'' "mannaggia tutti i santi del paradiso" riecheggia splendidamente della pluralità di soggetti cooperanti già citata in altre opere, come a delineare un iter ricorrente nella predicazione del grandissimo Nonno Fiorucci. il nipote incalza subito, afferrando i pochi capelli sopra la fronte del nonno ''"te strappo l'riportino, eh?"'' a cui segue la replica ''"ah, là.. fermete, mannaggia la puttana della madonna!( da notare la doppia imprecazione per amplificare l'effetto della maledizione) fermete, lorè, so' annoiato, là"''.
Ma è da questo momento che la scientificità dell'opera emerge in tutta la sua pienezza e permette allo studioso di carpire la logica dei meccanismi mentali del nonno.
In questa fase infatti, il nonno si accorge di essere ripreso con la telecamera e si fa protagonista di una bestemmia non compiuta (caso, diremmo, unico, nelle opere pervenuteci): rivolgendosi a lorenzo: ''"tu n'te re...'' (forse voleva dire ''"tu n'te rendi conto..."'') ''...madonna...!"'' ecco la bestemmia interrotta: fa notare subito la cosa al nipote indicando la telecamera e dicendogli ''smettela Lorè, smettela cocco là''..a cui il nipote risponde biecamente che è spenta. Ma è qui che incredibilmente, inspiegabilmente il nonno , pur sapendo di essere ripreso segue con con ''"mannaggia la madonna, sta' maiala, smettela lorè che mo è anche vergogna"'' e con ''"dio maiale el porc del signore, allora!"'' già citata sopra, pronunciata con un'arrendevolezza quasi scevra da rabbia a cui segue di nuovo ''mo è vergogna no cocco!''.
E'È qui tutta l'essenza dell'opera e del meccanismo mentale del nonno: La contrapposizione tra la bestemmia ripetuta e il fatto che è vergogna; questo sta evidetemente a significare che per il nonno la bestemmia rappresenta solo un modo di colorare e rendere più fortew il discorso, senza alcun significato di blasfemia ad essa collegato. Si può notare infatti, che vedendo di essere ripreso la sua immediata reazione è solo quella di abbassare il tono della voce e parlare in modo più tranquillo, appunto perché , nella sua mente, il motivo di vergogna non è la bestemmia, che continua ad essere presente, ma è solo il fatto di alzare al voce o essere protagonista delle riprese del nipote. E in questo la contrapposizione e la dissociazione tra bestemmia/vergogna è emblematico del nonno-pensiero, privo tra l'altro quasi totalmente di rabbia. Rabbia che sparisce quasi completamente nel finire dell'opera, appena punteggiata dall'ultima frase del maestro: ''"dio beschia della madonna... allora!"'' anche qui l'"allora" finale ha funzione di ribadimento, un po' stemperata dalla fiacchezza complessiva che mina il nonno in questa sua opera, presumibilmente tarda, ma di importanza comunque eccezionale. l'uso duplice del complemento di specificazione "dio maiale della madonna" e "dio bestia della madonna" (certamente non a caso posti dal Maestro rispettivamente come ''ouverture'' e come epilogo dell'opera) apre inevitabilmente un'immagine forte: dio sembra essere inteso come animale appartenente alla madonna (e quindi la beffa verso la divinità è fortissima: immaginiamoci un dio razzolante nel fango del cortile o semplicemente, nel caso del più generico "bestia", tenuto al guinzaglio o rinchiuso in una stia).
 
===La cena===
Da vari studiosi è indicata come ultima opera del Nonno, forse per un certo velo di tristezza che la avvolge, probabilmente per il fatto che in essa si fa riferimento ad un qualche misterioso male che affliggerebbe il Sommo... il quadro generale dell'opera è semplice: la famiglia è riunita a tavola, la luce è fioca, l'atmosfera silenziosa e permeata di una certa rassegnazione all'inevitabile che sembra aleggiare.
il nonno viene dapprima stuzzicato con una ditata sulla punta del naso, a cui egli risponde come meglio sa: ''"mannaggia la madonna bestiona della madonna... e sta fermo dio serpente..."'' subito dopo gli viene posta una mano sulla testa, e il Maestro reagisce: ''"sta fermo na' mulichina ("na' mulichina" è una tipica espressione umbra: "una mollichina", significa "un pochino"), sta fermo!"'' altra mano sulla testa, e il Nonno sbotta: ''te dico nun me toccà che si me tocchi... è lo stesso che.. el diavolo el metti a' la messaccia, puttana madonna...'' frase di non immediata comprensione, visto che probabilmente viene pronunciata a bocca piena, ma splendida portatrice sana di grottesche visioni contenenti angeli caduti che, forcone alla mano, ascoltano pazienti un surreale sermone domenicale comodamente seduti accanto ai fedeli... impagabile. Seguono alcune parole pronunciate da altre commensali, tra cui la moglie del Sommo, parole che presumibilmente fanno riferimento ad un qualche morbo che mina la di lui salute; nel frattempo sembra tornata la quiete a tavola, con alcune frasi di non facile comprensione pronunciate dagli astanti. Ma la quiete è destinata a durare poco. Cioè fin quando la (presumibilmente) moglie del Sommo ha l'ardire di pronunciare le seguenti parole "(trad.)bestemmie ne ho sentite, ma bestemmiare così mai". E'È decisamente troppo. Il Sommo, colpito nella sua immensa statura di filosofo della blasfemia, deve rispondere. Decide allora di salire in cattedra prorompendo in un potentissimo: "si nunn l'hè sentite dio cane le sentirè!!! porca puttana maiala troia della madonna ...sta sifilitica! ....dio maiale dio cane... dio bestia!". -Ora si che le ha sentite-, avrà pensato con rinnovato orgoglio il Vate. Da notare l'ottimo ''climax'' condito col dualismo di soggetti cooperanti (dio e madonna) che riporta per pochi istanti la figura del Grande ai livelli più alti mai toccati dal Suo spontaneo ingegno bestemmiatorio. Rimarchevole anche come alla madonna vengano affibbiati epiteti di significato piuttosto simile, mentre a dio siano associati termini che partono dal particolare (maiale e cane) e chiudono nell'astratto "bestia", termine che sembra virtualmente racchiuderli entrambi. non è certo cosa da poco, a ben vedere. nulla sembra essere lasciato al caso.
l'opera è chiusa un po' tristemente dalle parole della (forse) moglie, che gli dice: "Si te ste' male veramente.. de una malattia sul serio seria.... che faresti? no, dimme quel che fè?!?" parole che il nonno interrompe con nonchalance con un flebile "vaffa..." bofonchiato a mezza voce, conscio della superiorità di cui si fa portavoce e che nulla, neppure la morte, sarebbe mai riuscita a sgretolare.
In ultimo non bisogna sottovalutare il carattere profetico di quest'opera che, oltre a portare una terribile sfiga al Maestro, ci fornisce una massima, un comandamento che un buon bestemmiatore non dovrebbe mai dimenticare: se non le hai mai sentite le sentirai.
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