Mario Scelba: differenze tra le versioni

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Scelba strillò, urlò e ruppe la scatole finché [[Washington]] non gli varò un piano Marshall personale per organizzare il suo corpo di polizia. Così, mentre il paese arrancava nella fame, i suoi uomini ebbero divise lucenti, caschi, manganelli, gas, jeep, armi e tutto l'allegro armamentario che negli anni successivi si sarebbe mostrato cool su tutte le principali piazze d'Italia.
 
Completarono l'opera due importanti riforme: la modifica delle norme dell'ordine pubblico, con la quale veniva definita adunata sediziosa da sciogliere con la forza qualsiasi riunione di più di dieci persone (di più di due se indossanti indumenti rossi), venivano abbassate le pene per gli eccessi di repressione (il massimo previsto era la sgridata della [[mamma]]) e venivano leggermente inasprite quelle per i manifestanti violenti (l'ultimo arrestato per le sommosse del 1950 è stato liberato l'altro [[ieri]]) e le schedature in massa di tutti i socialcomunisti del paese e dei loro amici, parenti, gatti, canarini. Tali schedature passarono inavvertitamente dalle mani di Scelba a quelle degli imprenditori i quali, per protestare contro questo trattamento antidemocratico, licenziarono i suddetti socialcomunisti loro dipendenti.
[[File:Manifesto sindacale contro Mario Scelba.jpg|left|thumb|300px|I movimenti di protesta passarono alle sommosse di strada dopo un'infruttuosa strategia incentrata sulle [[domanda retorica|domande retoriche]].]]
Così inizarono i fantastici anni cinquanta, dove andare in piazza a protestare contro il governo era sicuro come combattere sul Carso e il lamento dei cortei funebri degli operai copriva il rumore delle sirene delle jeep della Celere (immagine questa che sarebbe piaciuta molto a [[Cossiga]]). Erano gli anni dei proiettili che sparati in [[aria]] cadevano, sparati a [[terra]] rimbalzavano, sparati indietro curvavano, insomma si muovevano di vita propria, fino a piantarsi da soli nelle ossa di chi protestava.
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