Il deserto dei Tartari: differenze tra le versioni

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== Accoglienza ==
[[Immagine:Bossrai.jpg|thumb|Giovanni Drogo mentre scruta fervidamente l'orizzonte alla ricerca dei Tartari.]]
 
Il romanzo fin dalla prima edizione si è rivelato un costante successo editoriale, tanto che la casa editrice [[Tre minuti con Media Shopping]] ha recentemente tradotto l'opera di Buzzati in svariate lingue fra cui afgano, assiro-babilonese e [[terrone]]. I suoi punti di forza in effetti sono molteplici:<br />
- I lettori di ogni generazione restano solitamente affascinati dal ritmo incalzante della narrazione e si sentono rappresentati nelle tematiche affrontate (l'attesa, la solitudine, la vecchiaia, i matrimoni [[gay]], l'aumento vertiginoso del costo di frutta e verdura).<br />- Il libro offre il vantaggio di trasformarsi in un comodo strumento per grattarsi in caso di [[prurito]] grazie alla copertina molto spigolosa.<br />- Il libro contiene degli enzimi (detti in linguaggio comune '''ortografia corretta''' e '''sintassi appropiataappropriata''') che sono altamente tossici per [[truzzi]], [[emo]] e [[bimbiminkia]]. Anche il minimo assaggio sarebbe per loro fatale. Cosa aspetti a comprarne una copia?
 
Poche persone sono a conoscenza del fatto che Dino Buzzati fu costretto dalla [[fascismo|Democratica e Liberale Repubblica fascista]] a dare al romanzo il titolo che noi oggi conosciamo. Lo scrittore voleva infatti intitolarlo "'''Mi sono dato la zappa sui piedi da solo e ora bestemmio in compagnia'''". A quei tempi però l'[[Italia]] era appena entrata in [[Seconda guerra mondiale|guerra]] e i fascisti temevano che un titolo simile potesse far venir voglia di disertare ai milioni di volontari che loro avevano infinocchiato con la scusa della guerra-lampo, pertanto utilizzando i soliti [[violenza|metodi pacati]] persuasero Buzzati a cambiarlo con il titolo attuale.<br />Da "Il deserto dei Tartari" il regista Valerio Zurlino (fratello minore del ben più noto [[Mago Zurlì]]) ha tratto nel 1976 un omonimo film, con Giuliano Gemma nella parte del tenente Drogo e Jack Nicholson nella parte del deserto.
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[[Immagine:Uganda.jpg‎ |left|thumb|300px|Particolare del lussureggiante e variopinto deserto dei Tartari.]]
 
Il romanzo ha ottenuto subito la notorietà ma ha suscitato anche alcune polemiche, molte delle quali alimentate da gente invidiosa del genio e del talento narrativo di Buzzati.<br />
[[Category:Libri]]
Nel 1941 un certo [[Amadeus]] denunciò Buzzati affermando che lo scrittore aveva copiato la trama dal suo romanzo "[[1 contro 100]]". Buzzati negò sempre il plagio tuttavia fu costretto dall'[[Onu]] a pagare 44 milioni di dollari di risarcimento ad Amadeus.<br />
Lo stesso Buzzati entrò in forte contrapposizione con il noto intellettuale [[Federico Moccia]], dopo che quest'ultimo affermò "Il deserto dei Tartari è un libraccio senza il minimo contenuto artistici. È buono solo per bambini stupidi che attaccano lucchetti sui lampioni." La sdegnata reazione di Buzzati (che a sua volta definì Moccia "patetico scherzo della natura") diede vita a una diatriba di carattere nazionale. I due arrivarono anche ad azzuffarsi durante una puntata di [[Porta a porta]] che aveva come argomento principale di discussione la rottura del menisco di [[Ronaldo]].
Dino Buzzati è rimasto suo malgrado legato al "Deserto dei tartari", considerato non a torto il suo capolavoro: nelle opere successive (il romanzo '''Un fetore''' e la raccolta di racconti '''Sessanta frattaglie''') il giornalista non riesce più a raggiungere livelli artistici simili e viene infatti bocciato senza pietà da critica e pubblico.[[Category:Libri]]
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