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Leopardi come ben tutti sapete passò la sua vita a studiare nella biblioteca di famiglia, ma recenti studi hanno dimostrato che lui non studiava affatto lì, ma bensì si eccittava manualmente leggendo la grande collezione di giornalini e libri porno della famiglia, contenuti appunto in biblioteca. Ecco il perchè della sua gobba. Ma all'età matura si rese conto che aveva sbagliato del tutto: si rese conto dello sbaglio ormai fatto e irrecuperabile: aveva sprecato tutta la sua giovinezza a farsi seghe (di questo fatto parlerà nella poesia "il passero solitario") invece che usufruire della donzelletta battona che veniva dalla montagna, altro non è che Silvia dalla man veloce a cui Leopardi dedica la poesia "A Silvia" quando questa morì di AIDS. Ne "Il sabato nel villaggio" Leopardi esprime tutto il suo disprezzo per i villani dediti a feste immorali e per i giorni festivi quali il sabato e la domenica, in quanto una volta passate le giornate d'ozio si torna a lavorare. Interessante il commento a proposito dell'opera espresso da Giovannino Maniscalchi (artigiano della bassa bresciana): "ma vai a dirlo a un metalmeccanico sta storia del sabato poi ne riparliamo"
Altri particolari della vita del poeta sono deducibili da un altra sua grande opera: "L'infinito"
Nel poema Leopardi, con disprezzo per le abitudini di una qualsiasi persona normale, invece di guardare il mare da un colle decide di rimirarlo da dietro una siepe e immaginare l'infinito. Interrogativo diffuso tra i critici è: "di che cosa era fatta la siepe del Leopardi?" mentre invece i fattoni si domandano "Ne sarà rimasta un
Data allora per certa la sua completa inutilità nel panorama letterario italiano, la sua maniacale pratica dell'autoerotismo e della sua infinita apatia (non "apaticità", imbecille) abbiamo la possibilità di analizzare la figura di Silvia: una inserviente brutta come la fame e stonata come una campana che puliva i cessi di casa Leopardi.
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