Fontana di Trevi: differenze tra le versioni

 
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== L'opera viene ultimata ==
[[File:Stemma Berna con Orso Yoghi.png|left|thumb|320px180px|Lo stemma araldico dei Corsini, famiglia di [[Clemente XII]] detto "il vendicativo".]]
Tocca a papa [[Clemente XII]], nel [[1731]], il compito di riprendere in mano le sorti della piazza e della fontana. I Corsini, famiglia del pontefice, covavano un grande rancore verso i Poli, forse a causa dello [[Pedofilia|spulzellamento prematuro]] della tredicenne contessina Mafalda Corsini Potta, vittima degli insani appetiti del duca Antimonio Poli, all'epoca ottantenne.<br /> L'idea di coprire una facciata di palazzo Poli, e metterci sopra il proprio stemma araldico, rendeva Clemente XII euforico, più o meno come quando, ancora [[Prete|parroco]], amava "[[correre la cavallina]]" con tutti i giovani virgulti di Civitaluparella ([[Chieti|CH]]).<br /> Di tutti i progetti, quello che deturpava in modo significativo la facciata di palazzo Poli era dell'architetto [[Nicolò Salvi]]. I lavori furono finanziati con circa [[millemila]] scudi, raccolti grazie alla reintroduzione del [[Il lotto alle otto|gioco del lotto]] a Roma, esattamente quello che succede oggi con i [[gratta e vinci]].<br />La fontana ebbe lunghissimi tempi di realizzazione, da una parte per l’indubbia grandiosità dell’opera, dall'altra per le liti frequenti tra il Salvi e Giovanni Battista Maini, lo scultore incaricato dell’esecuzione. La cosa che li divideva profondamente era l'invaghimento di entrambi per una popolana, Rosalba Maritozzi, definita dal primo: ''"una leggiadra creatura di mirabili fattezze"'', dall'altro: ''"una con le chiappe de marmo"'' (e dicendolo, batteva una sonora
pacca sulla pietra che stava scolpendo). A causa di un'epidemia di morte, che colpì il Maini, Salvi e lo stesso pontefice, nessuno di loro vedrà la fontana finita.<br /> Dopo trent’anni di cantiere e un altro papa defunto (Benedetto XIV), il [[22 maggio]] [[1762]], durante il pontificato di [[Clemente XIII]], l’opera fu finalmente mostrata al pubblico in tutta la sua maestosità. {{s|Era ora cazzo!}}
{{cit2|Per quanto ci abbiano lavorato una dozzina di scultori diversi, ognuno col proprio stile, l'opera mostra una cristallina coerenza espressiva, un costante dinamismo lineare nello sviluppo del tema, una elegante armonia dei gruppi scultorei e poi, acchiappa 'na cifra!|Aurelio Panzaunta, ''Trovati due cazzate da dire e soprattutto chi le ascolta'' (Guida al mestiere di critico d'arte), collana "i Pratici", Ed. Bricofer [[1983]].}}
 
 
== Tema e scenografia ==
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