Cinque giornate di Milano: differenze tra le versioni

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[[File:Barricata delle cinque giornate piena di altra roba schifosa.jpg|right|thumb|250px|La roba inutile fu usata per le barricate.]]
* '''[[18 marzo]]''' - Al grido di ''"Dagli al crucco!"'' si apre la caccia agli austriaci. Indossare qualcosa che somigli ad una divisa è molto pericoloso, quasi come sedersi in [[Tifoso della Roma|curva sud]] con la sciarpa della [[S.S. Lazio]] durante un derby. Qualche soldato ha la doppia giberna incrociata sul petto e capisce subito, a sue spese, che avvantaggia i rivoltosi dotati di scarsa mira. La maggior parte di loro evita di sparare alla folla, ricaricare il fucile sarebbe impossibile, non avrebbero né il tempo né le braccia per farlo. Radetzky e i suoi uomini ripiegano nel Castello Sforzesco, all'epoca privato in gran parte delle mura a causa della demolizione voluta da [[Napoleone]]. Riesce comunque a chiamare i rinforzi, che si attestano fuori Milano isolando la città dall'esterno.
* '''[[19 marzo]]''' - Durante la notte gli abitanti hanno eretto barricate ovunque, si è creato quello che in gergo militare viene chiamato "assedio Matrioska": gli austriaci assediano i milanesi che assediano gli austriaci. Questi ultimi, convinti che agli altri manchino le armi, pensano che una carica di cavalleria possa ricondurli alla ragione. L'arte di arrangiarsi è però una delle principali doti dell'[[italiano medio]], alla quale si aggiunge una [[Paraculata|paraculaggine]] saldamente ancorata al suo [[DNA]]. Le strade vengono dissestate e cosparse di ferri e vetri; i musei predati di qualsiasi arma, dalle spingarde medievali alle daghe romane. Alla prima carica della cavalleria sono subito chiare due cose: anche un semplice [[maleppeggio]] può diventare letale se buttato dal terzo piano; la [[ManualiNonbooks:Organizzare una grigliata|grigliata di equino]] può dare delle belle soddisfazioni, se non sei il [[cavallo]].
[[File:episodio delle cinque giornate di Milano.jpg|right|thumb|250px|Un drammatico momento della rivolta.]]
* '''[[20 marzo]]''' - Per fiaccare gli insorti, Radetzky ha piazzato i suoi migliori ''[[Sniper|Jäger]]'' in cima al Duomo, con l'ordine di sparare a chiunque capitasse nella loro area di tiro. Questo corpo speciale è assolutamente devoto agli ordini, tanto da accoppare anche un paio di austriaci che attraversano il piazzale correndo, inseguiti dalla gente. Carlo Cattaneo, uno dei rappresentanti del consiglio di guerra eletto dai cittadini, vuole assolutamente stanarli. Conquistare l'importante simbolo della città sarebbe un grosso smacco per i crucchi, senza contare l'effetto morale che avrebbe sugli insorti. Dopo aver scartato tutti i piani che prevedevano la frase "ci saranno perdite accettabili", ha lui stesso l'idea vincente: calare da un palazzo di fronte uno lenzuolo con sopra scritto "Se scendete subito non vi scuoiamo vivi". Dieci minuti dopo il tricolore sventola sulla guglia della ''Madonnina''.
* '''[[21 marzo]]''' - I milanesi iniziano ad essere a corto di rifornimenti, ma si sono organizzati al meglio: [[ingegneri]] ed impiegati del catasto consigliano come [[ManualiNonbooks:Vivere nelle fogne|muoversi per arrivare agli edifici strategici]]; gli [[Astronomia|astronomi]] sorvegliano il nemico da torri e campanili; i maghi fanno il [[malocchio]] a Radetzky; i [[barboni]] insegnano come [[ManualiNonbooks:Diventare un barbone|sopravvivere con poco]]; le [[puttane]] la danno gratis. Si è creata una situazione di stallo e nessuno a voglia di forzare la mano. Nel frattempo, Carlo Alberto ha radunato il suo esercito a [[Novara]], pronto a [[Opportunesimo|difendere gli ideali di libertà in cambio di un {{s|picc...}} certo tornaconto personale]]. I capi della rivolta discutono a lungo dell'eventuale alleanza col Re di Sardegna, che ha inviato un documento con le sue richieste. Alla fine prevale la linea dell'indipendenza, la proposta del sovrano viene declinata a firma di un certo Sticazzi. I milanesi tornano a combattere da soli.
* '''[[22 marzo]]''' - La voce della rivolta ha raggiunto le campagne, mobilitando migliaia di persone che accerchiano gli accerchiatori dei milanesi che assediano Radetzky. La situazione rischia di degenerare, spargersi a macchia d'[[olio]] e [[ManualiNonbooks:Perdere il filo del discorso|mandare in vacca il filo narrativo]]. Radetzky capisce che può fare "la fine del sorcio", bloccato tra milanesi e piemontesi. La caduta di Porta Tosa, in seguito chiamata Porta Vittoria per questo motivo, rischia di tagliarlo fuori dall'unica via di fuga verso le fortezze del ''Quadrilatero''. Col favore delle tenebre la riconquista temporaneamente, giusto il tempo di darsela a gambe levate. Mentre i cittadini festeggiano la vittoria, il ''[[Nuovo governo|Governo provvisorio milanese]]'' si vende il loro [[culo]] firmando una petizione che richiede a Carlo Alberto di entrare in [[Lombardia]].
Il giorno dopo le truppe piemontesi passano il Ticino, dando così inizio alla prima guerra d'indipendenza.