Casa Savoia: differenze tra le versioni

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Il consiglio dei quattro saggi ''Protettori Innominabili Con Incontinenza Urgente'' (i quat P.I.C.I.U.) della Savoia iniziò in effetti a preoccuparsi per questa palese carenza di fantasia dei nomi dei regnanti, oltreché di colori, e, nel bene della dinastia, stabilì che il successore doveva chiamarsi Ludovico e che un eventuale prossimo Amedeo doveva essere l’ultimo, anche perché Amedeo X sarebbe risultato troppo anonimo come nome. Così il Conte Arancio, alias Amedeo VIII, alias il Pacifico per distinguerlo dall’Atlantico, circa nel XV secolo, approfittando del fatto che la Francia era momentaneamente impegnata da cent’anni nella [[Guerra dei cent'anni]], conquistò [[Vercelli]], riportando in patria prodotti sconosciuti come il fritto misto alla piemontese e le [[zanzara|zanzare]], ottenne l’agognato titolo di duca, tramite il ''Daecreta ducalia sabaudiae'' (DDS sulla Gazzetta Ufficiale di Moriana) iniziando a bullarsene al bar e soprattutto, a un certo punto della sua vita, essendosi svegliato male a causa di un incubo in cui quattordici bambini elvetici con i canini sporgenti e delle mele sulla testa lo inseguivano per le strade di Chambery brandendo delle picche e dei quadri e gridandogli ''“Ridacci gli orologi, ridacci gli orologi!”'', cosa di cui lui naturalmente non aveva alcuna responsabilità, essendo colpa dello Spaccamarroni citato, venne improvvisamente eletto [[antipapa]] col nome di ''Felice V'' o ''W Felice''. Difatti, mirando i Savoia ad ottenere tutte le cariche possibili dell’universo per una questione di prestigio internazionale – già nel Quattrocento sapevano che prima o poi avrebbero conquistato l’Abissinia, glielo disse il Cabaretto, e quindi il titolo imperiale – e non essendo per l’appunto riusciti ad impadronirsi del soglio pontificio, dovettero accontentarsi di un antipapa, anzi, questo titolo se lo inventarono loro, forse su suggerimento del Cabaretto stesso.
 
Cabaretto che fu incaricato dallo stesso Pacifico di tracciare una [[genealogia]] con i controcazzi della dinastia, pensando che a quel punto se la meritassero di diritto. Il buon cronista di corte pensò allora di far discendere i Savoia da [[Carlo Magno]], [[Giulio Cesare]], [[Alessandro Magno|Alessandro il Grande]], [[Serse|Serse I]], [[Assurbanipal]], [[Ramsete II]], [[Ra]] e [[Dio]]. Ma Amedeo VIII, che era sì ambizioso ma non coglione, gli disse che forse era troppo, così che il Cabaretto fu costretto a dire la verità e ammettere che i Savoia discendevano dai merovingi, dalla [[Maddalena]] e quindi da [[Gesù]] di [[Nazareth]]. Dopotutto erano loro a possedere il [[Sacro Graal]], oltre che la [[Sindone]] e l’Arca - ragione per cui qualcuno incominciò a pensare che i Savoia in realtà fossero ebrei.
 
== Il ducato ==
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''“All’inferno tutti li crucchi, madonna buhaiola!”''<br />
''“Sochme, crauto busone di un buso-ne”busone”''<br />
''“Mo’ ie conciamo er buscio der culo come ’na capanna a ’sti fii d’una mignotta”''<br />
''“Ci rumpimm’e corn a ’sti piezz e mmerd’i tedesch”''<br />
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e anche la voce di qualche schifosilandiano:
 
''“Scrfut bfyngkf fvkv hntj trrubsftrubsf gfjn yl!”''
 
 
Nell’attesa che anche l’ultimo obice da ottocento filiberti (circa settanta tonnellate) fosse pronto, Vinuele continuò a passare le giornate con le sue occupazioni preferite, sia nei fienili che a tavola. Si diceva che i suoi pasti durassero fino a sei ore, ma che, quando finalmente si alzava da tavola, Cavour stesse ancora mangiando l’ultimo cinghiale.
 
L’ultima provocazione di Cavour fu davvero irritante. Fingendo di stare organizzando una parata militare in onore di Carlo Felice, il primo ministro fece schierare e manovrare ottantamila soldati in assetto dadi guerra, trentamila cavalli corazzati, cinquemila cani da caccia e duemila cannoni nuovi di zecca lungo il confine del [[Ticino]], tutti puntati contro gli austriaci. Questi, che ormai avevano capito di essere i bersagli dei Savoia, chiesero cortesemente di andare a manovrare un po’ più in là. Cavour rispose che quell’anno – era circa il 1859 d.c. – la parata sarebbe stata più coreografica del solito, che ci sarebbero stati parecchi ospiti stranieri e quindi le esercitazioni richiedevano grandi spazi e più tempo. Gli austriaci rifiutarono di accettare queste spiegazioni e intimarono di nuovo ai piemontesi di allontanarsi dal confine. Ma Cavour insistette nel dire che la tradizione andava rispettata ad ogni costo, pena la caduta della monarchia e il rischio di nuove rivoluzioni europee, e lasciò lì l’esercito. A questo punto gli strudel non ci videro più e inviarono un ultimatum. Era mattina, e diedero tempo fino a mezzogiorno per iniziare il ritiro, altrimenti era guerra, sanguinosa, tremenda, fottutissima guerra. Cavour, che aveva appena finito di fare colazione con due anatre arrosto e un panino col cinghiale, disse allora le gloriose parole: {{quote|Alea iacta est. Abbiamo fatto la storia, e adesso ce ne possiamo andare a tavola.}}
E con il suo governo, un Vinuele chiaramente preoccupato per il culo e due diplomatici francesi nani andarono tutti a pranzo come niente fosse. Era guerra, la [[Seconda guerra d’indipendenza|II Guerra d’indipendenza]], o ''LXVI Guerra di espansione sabauda''.
 
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Sapendo quanto erano stronzi gli austriaci, i sabaudi pensarono bene di allagare tutte le risaie tra [[Novara]] e [[Vercelli]], così che gli strudel finirono infangati fino alle ascelle e massacrati dalle zanzare, incapaci anche di fumarsi una sigaretta, mentre i cannoni sprofondavano lentamente e i cavalli si rifiutavano giustamente di proseguire per paura delle nutrie. Nel frattempo, al segnale prestabilito, Napoleone e i suoi francesi da combattimento arrivarono da Genova con il treno, scesero, si unirono ai piemontesi di Vittorio Emanuele e [[Garibaldi]] – Cavour rimase a Torino a finire di mangiare – e tutti insieme incominciarono a menare come pazzi. Si disse poi che al momento dell’attacco Vinuele, visibilmente eccitato – visto che aveva insistito come un bambino per avere a tutti i costi il comando dell’esercito, ragione per cui Cavour, stremato da quella lagna, infine glielo concesse, ma solo a patto che fosse in prima linea – nell’alzarsi da sella per dare la carica scivolò con lo stivale fuori dalla staffa e udito da tutto l’esercito gridò ''“Diu d’na madona!”'' Al che tutti credettero che quello fosse il segnale di carica e gridando tutti, anche i francesi, ''“Diu d’na madona!”'' si misero ad attaccare, prendendo a schiaffi calci e pugni tutti gli strudel fino al [[Lago di Garda]]. “Diu d’na madona” diventerà la nuova carica dei Savoia e lo resterà almeno fino al 1943.
[[File:Formazione_savoiarda.jpg|thumb|270px|Formazione savoiarda a quadrato con al centro artiglieria di cera a forma di lettere giganti.]]
La guerra fu vinta in poco tempo, anche perché quando i sabaudi avrebbero voluto prendere gli austriaci a scarpate fino al [[Brennero]] e levarseli dal cazzo per sempre, il sacco di merda di Napoleone, che aveva il comando dell’armata, per paura che nel frattempo in Italia scoppiassero delle rivoluzioni concesse unilateralmente agli austriaci checche l’armistizio, contravvenendo al punto f). E le checche, non volendola dare a Vinuele perché dicevano ch’era un [[macellaio]] e ne sarebbe andato del loro [[prestigio]], gli offrirono in cambio la Lombardia. Cavour si incazzò come una [[iena]] e si dimise per due giorni, e ancora più incazzato era Vinuele, che però non poteva dimettersi perché avrebbe dovuto abdicare. Allora, visto che Camillo minacciava di non mantenere gli impegni a sua volta, Napoleone, di nuovo preoccupato soprattutto per il punto g), gli passò subito la Lombardia e lasciò alla Savoia mano libera in Italia, tranne che a [[Roma]]. Finì che, come da accordi, Nizza e la Savoia originale vennero consegnate alla Francia e la [[puttana]] a Napoleone. Allora Vinuele scoprì che lo avevano fottuto e mancò poco che incominciasse a macellare Cavour.
[[Immagine:donna.jpg|left|thumb|250px|La puttana consegnata a Napoleone.]]
 
La nuova Savoia arrivava fino a [[Gardaland]]. Alla faccia di Cattaneo, una serie di plebisciti abilmente pilotati decisero l’annessione sabauda degli staterelli ex-austriaci-emiliani e della Toscana, tutti ansiosi di mangiare il [[bollito]] misto alla piemontese, ema si erano perse due antiche province. Qualsiasi individuo dotato di [[buon senso]] a questo punto si sarebbe fermato, a maggior ragione un sabaudo, ma non Garibaldi che, essendo nato a Nizza ed essendosi un po’ risentito per la cessione della sua città, a tutti gli effetti non era più un sabaudo. Questo grande generale ma mediocre e miope coglione politico, decise di andare a conquistare da solo il [[Regno delle Due Sicilie|regno borbonico delle Due Sicilie]] che già una volta i Savoia avevano smollato, non valutando cosa ciò avrebbe comportato. Cavour non lo avrebbe mai fatto e, questo divenne il tormentone dell’estate a Torino. Cavour avrebbe voluto far diventare Garibaldi l’eroe dei tre mondi (il vecchio continente, l’America e l’altro) o almeno farlo suicidare, ma non ci riuscì. Per lui il Risarcimento finiva in Toscana, e come già detto anche la Toscana gli faceva un po’ ribrezzo. A questo punto difatti il Cabaretto smette di essere il cronista ufficiale morto dei Savoia, rifiutandosi di narrare la storia di un paese estero, per cui le nostre fonti sono quelle conosciute da tutti e quindi molto meno attendibili.
 
Per fermare Garibaldi prima che facesse altre vaccate, Vinuele II, su ordine di Cavour, invase lo [[Chiesa|Stato della Chiesa]] prima che lo facessero i francesi – perché Napoleone aveva giurato di difendere il [[papa]], si dice perché fosse interessato a un’assoluzione e a un attico ai [[Parioli]]. Batté prendendoli a sputi e schiaffi i soldati già morti del papa, il cui illegale territorio era ridotto ormai a Roma e al [[Lazio]], e andò a bloccare Garibaldi in [[Terronia]] prima che la trasformasse in una repubblica (''LXVII Guerra d’espansione sabauda''). Cavour dovette infine farsene una ragione di diventare il primo presidente del consiglio italiano – già questa carica gli puzzava di clientelismi e favoritismi, di baci in bocca tra uomini, di stragi di stato, di corruzione di grandi editori, per cui la sua prima reazione fu vomitare sul giuramento ancor prima di firmare l’incarico.
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== Il regno d’Italia ==
 
Vittorio Emanuele II divenne il primo re d’Italia, se si esclude re Arduino, e mantenne giustamente la numerazione sabauda; tutta la penisola, tranne appunto la provincia di Roma, il [[Triveneto]] e [[San Marino]] erano sotto i Savoia, ma non era più Savoia – anche se, per comodità, continuerò a chiamare il Regno d’Italia Savoia. Difatti Cavour morì di lì a poco – si dice soffocato da un ossicino di cinghiale o avvelenato da Napoleone per avergli rifilato una puttana con la sifilide – senza essere mai andato più a sud di [[Firenze]]. Con lui moriva un grandissimo e ormai grassissimo [[statista]], la cittadina di Cavour in suo onore fu ribattezzata Cavour Ca-vourCavour, gli furono dedicate migliaia di vie, piazze e rotonde in tutto il regno, un premio letterario truccato e una portaerei giocattolo. Intanto Garibaldi tentava per l’ennesima volta di prendere Roma per i cazzi suoi, così che, per evitare di litigare con quel malmostoso di Napoleone, Vinuele si vide costretto a sparargli, cosa che nemmeno Cavour era arrivato a fare.
 
La capitale fu spostata appunto da Torino a Firenze qualche anno dopo, e con essa si spostarono Vinuele, la Bela Rusin sua amante, che non era poi questo ben di dio ma faceva pompini eccezionali, tutta la corte e tutto il governo e il parlamento e i porta-borse. E quando i torinesi protestarono gli spararono con i cannoni del ’59. I tempi cambiavano, nubi scure cariche di merda si profilavano all’orizzonte. Data l’arretratezza del resto del paese in qualsiasi campo dello scibile umano, il re si vide costretto a piemontesizzare l’Italia, e questa parola dava un po’ fastidio ai siciliani e agli abruzzesi, ma soprattutto ai piemontesi, gelosi delle loro tradizioni.
[[Immagine:Arbeit macht frei.jpeg|right|thumb|250px|L'ingresso del campo di Bergen-Fenestrelle.]]
L’accusa peggiore che veniva rivolta ai piemontesi era quella di voler far mangiare a tutti la bagna cauda, per questa ragione molti uomini e donne del sud si dettero alla macchia e diventarono briganti, costringendo l’esercito a compiere il primo [[genocidio]] della storia italiana e a imprigionare i rivoltosi in fortezze delle Alpi dai pittoreschi nomi di ''Bergen-Fenestrelle'' ed ''Exilles 2-[[Birkenau]]'', dove già da qualche anno gli irriducibili borbonici erano costretti a bere dolcetto d’Alba e mangiare polenta concia e, sotto la direzione del Lombroso, a sottostare a pseudoscientifici esperimenti di eugenetica, dove (si tentava di trapiantargli la testa).
 
=== La [[Terza guerra d'indipendenza]] e la presa di Roma ===
 
Quindi scoppiò la III Guerra d’indipendenza o, ormai solo per gli annalisti puri, ''LXVIII Guerra di espansione sabauda'', che, grazie all’inedita e innaturale alleanza con la [[Prussia]] di [[Bismarck]], le cui ''panzersturmabteilungdivisionen'' avevano letteralmente scherzato gli austriaci in [[Germania]], mentre gli italiani pigliavano boccali di birra e pesci in faccia – a parte il solito [[Garibaldi]] che fu fermato quando, ormai a [[Bolzano]], già aveva fondato il südtirolervolkspartei e si stava mangiando una sacher torte, per cui, richiamato da Vinuele disse il noto ''“Obbedisco, però vaffanculo”'' – fruttò alla Savoia il [[Veneto]], il [[Friuli]] e una quantità assurda di [[grappa]].
 
[[File:Folla inferocita2.jpg|thumb|left|300px|La folla acclama il passaggio del Re in una foto del 1885.]]
Quindi, qualche anno dopo, approfittando di un [[Bismarck]] che aveva deciso di picchiare tutti perché qualsiasi altro essere umano vivo gli ricordava un bambino che da piccolo gli tirava le [[caccole]] e che prese a [[wurstel]] in faccia il povero Napoleone III fatto prima prigioniero, poi esiliato e quindi morto in Inghilterra di sifilide, gli italiani occuparono all’improvviso Roma – lasciata indifesa dai francesi impegnati a casa loro (''I pugnalata alla schiena alla Francia'') e aiutati, non si sa bene perché, da Garibaldi, al quale avevano fottuto Nizza e il quale fu l’unico a prendere a botte i prussiani – grazie allo sfondamento a ginocchiate e gomitate di un muro da parte dei bersaglieri che, correndo, non lo avevano visto, e allo stupro di massa di una tizia che si trovava nella casa dietro il muro a fare la guardia. L’episodio fu sempre affettuosamente ricordato come ''Lo sfondamento di Pia'', dal nome della dolce fanciulla. Poi, per ragioni di [[privacy]], fu cambiato in [[Breccia di Porta Pia]] (''LXIX Guerra di espansione sabauda''). Ciò comportò il secondo, ennesimo, fastidiosoodioso spostamento di capitale, da Firenze a Roma, ovvero sempre più a sud, ormai in prossimità del [[tropico del Cancro]], sempre col seguito di politici, cortigiane e altri [[animale da compagnia|animali da compagnia]].
 
Finalmente Vittorio Emanuele II si era insediato sul trono di Roma, come un [[cesare]], finalmente si era fatto l’Italia, gli italiani invece continuavano a farsi da soli. Di qui in avanti non c’è più molto da raccontare, per i Savoia, se non che una volta morto il re galantuomo (non si chiarì mai il perché di questo appellativosoprannome, ma si ritiene glielo abbia dato sua sorella, l’unica donna, non necessariamente vivente, che non si fosse scopato, e non perché fosse sua sorella) salì al trono il figlio ''Umberto I'', chiamato così per distinguerlo da Un Berto I.
 
Umberto fu conosciuto e ricordato per l’espressione lievemente idiota e mummificata del volto, per aver sposato sua cugina Margherita, che prese il nome dalla pizza che le avevano tirato una sera a Napoli, per aver attaccato e invaso l’[[Eritrea]] (''LXX Guerra di espansione sabauda'') e la [[Somalia]] (''LXXI Guerra di espansione sabauda'') per aver preso botte da degli africani nel primo tentativo di invasione dell’[[Abissinia]], che doveva necessariamente essere conquistata perché così era scritto, per aver stipulato un’alleanza con Germania e Austria (sempre più innaturale) in tempo di [[pace]], ma tanto non era lui a decidere bensì [[Francesco Crispi|Crispi]] – lui non c’entrava mai niente, ma tentavano di ammazzare sempre lui – per non aver avuto nessuna responsabilità quando il generale ''Sbava Sbeccaris'' fece fuoco con l’artiglieria da guerra su quattro scioperanti socialisti solo perché lo sciopero non era stato preventivamente autorizzato e per questo aver subito appunto quattordici attentati (sventati grazie alla sua prontezza sabauda di riflessi, quello buono fu il quindicesimo), per essere morto in un attentato e per aver generato un Vittorio Emanuele III, figlio di consanguinei e quindi non venuto fuori molto bene.
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''Vinuele III'' fu un’altra strana figura nell’immenso panorama sabaudo. Alto circa centoquaranta amedei, il suo peso specifico politico era inversamente proporzionale a quello in filiberti, a sua volta inversamente proporzionale a quello di [[Giovanni Giolitti|Giolitti]].
[[File:Vittorio_emanuele_iii.jpg|thumb|Al centro Vittorio Emanuele III. Non è una caricatura, è proprio così.]]
Difatti Vinuele, detto il Nano italiano, dichiarò guerra all’impero turco (''LXXII Guerra di espansione sabauda'') perché dai tempi del Conte Verde i turchi gli stavano sulle palle, conquistò quindi la [[Libia]] e il [[Dodecaneso]], fu il primo Savoia a utilizzare l’[[aviazione]] e il [[bombardamento]] [[aereo]] con sacchi di pere, firmò il [[trattato di Londra|trattato segreto di Londra]] per ficcare la Savoia in guerra durante la [[Prima guerra mondiale|I Guerra mondiale]], o ''IV Guerra d’indipendenza'', o ''LXXIII Guerra di espansione sabauda'', sciolse la [[Triplice Alleanza]] suddetta perché ormai, finalmente, si era in guerra e quindi risultava inutile, vinse tale guerra utilizzando nuove armi come il [[gas]], i [[lanciafiamme]] e i lanciacaldarroste, spaccando i chiodi degli elmetti austriaci e ripiantandoglieli nel culo (al costo di qualche migliaio di soldati sabaudi e qualche centinaio di migliaia di ausiliari italiani) sposò una principessa straniera, la clandestina Elena dell’Amaro [[Montenegro]], al contrario dello Zar sedò la [[rivoluzione d'Ottobre|rivoluzione bolscevica di Ottobre]] affidando il governo a un certo [[duce]] che si faceva chiamare [[Mussolini]], autorizzò la sua [[dittatura]] accettando di esserne il monarca e l’uom. di pagl., in previsione di future guerre d’espansione e di futuri titoli, come lup. mannarr., per vendicare suo padre benedisse l’invasione dell’Abissinia con carri armati di alluminio e bombardamenti aerei al [[fosforo bianco]] che nessun bianco aveva mai visto prima in un conflitto coloniale, giustificando tale guerra con il lungimirante motto ''“Invadiamo l’Africa prima che l’[[Africa]] invada noi”'', conflitto (''LXXIV Guerra di espansione sabauda'', ''Abissiniae capta'' sulle monete di Vinuele) che gli valse il titolo di Imperatore d’Etiopia (''Daecreta imperialis sabaudiae'', DIS sulla Gazzetta Ufficiale di Moriana, e ora anche su quella italiana) oltre a quello di re di [[Cipro]], di [[Gerusalemme]] e d’[[Armenia]] che i Savoia si portavano dietro, non sapendo nemmeno per quale motivo, dal medioevo, titolo cui aggiunse poi quello orrendo di re d’[[Albania]], giusto perché non avevano conquistato abbastanza territori che facevano cagare.
[[Immagine:Soldato austriaco.jpg|left|thumb|180px|Vittorio Emanuele vestito da austriaco a carnevale.]]
 
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Infine, dopo tutti questi appoggi, dopo tutte le penetrazioni e tutte le sistematiche inculate che l’Italia subì da ogni parte, tanto che le conquiste e l’espansione duravano il tempo di una pisciata, decise di mettere fine a questa fastidiosa altalena di emozioni arrestando lo stesso Duce Mussolini e imprigionandolo dove le SS tedesche, molto più cazzute di quelle sabaude, potessero facilmente liberarlo e portarselo via.
 
Vinuele allora firmò l’[[armistizio]], anche perché ormai si era ritrovato con un sedere nazista sulla faccia e un cazzo angloamericano nel culo (''IV Spartizione della Savoia''), fuggì da Roma lasciando tutto come aveva trovato suo nonno, e la luce accesa, e riparò infine a [[Brindisi]], dove brindò appunto al fondoschiena salvato. Era circa l’[[8 settembre]] [[1943]] de.Cv.,da allora sarebbe scoppiata la [[guerra civile]] tra fascisti e antifascisti (''I Guerra civile sabauda'') e sui campi di battaglia non si sarebbe più sentito lo struggente grido di battaglia “Diu d’na madona!” ma si sarebbero comunque tirate giù molte madonne. Ma non per i Savoia.
 
=== Il referendum ===
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Prima che la guerra finisse, il vecchio Vinuele, stanco e deluso, oltre che rincoglionito da tutte queste cazzo di guerre, lasciò la reggenza e la luogotenenza al figlio ''Umberto II'', che la tenne fino al [[1946]] più o meno, cioè quando Vinuele decise di abdicare e di andarsene al diavolo ad [[Alessandria]] – [[Alessandria d’Egitto]], perché il Piemonte era ancora un po’ incazzato con i Savoia. Ma Umberto II detto ''Secondo e Ultimo'' regnò giusto qualche mese, fino al fatidico e anticostituzionale (perché lo Statuto Albertino non lo prevedeva) [[referendum]] tra monarchia e repubblica più volte citato che, essendo tra l’altro stato truccato da Andreotti, consegnò la vittoria per un paio di voti inventati alla causa della repubblica. Si disse che avessero fatto votare anche i dispersi della III Guerra d’indipendenza, quella del 1866, e i morti garibaldini del 1861, notoriamente repubblicani, due volte, e che negli scantinati della casa di campagna di Andreotti fossero state trovate centinaia di casse contenenti due milioni e mezzo di schede a favore della monarchia.
 
Umberto cercò invano di fare ricontare le schede – disse ch’era disposto a ricontarle lui stesso – continuando a dire che c’erano stati dei [[brogli]] e che il referendum era inficiato, e che finché la [[Corte di Cassazione]] non avesse comunicato i risultati definitivi lui restava il re. Ma la Cassazione era ormai infestata di degasperiani, andreottiani, amici degli andreottiani, altri ex fascisti e qualche scarafaggio comune, e se ne sbatteva. E, per timore che scoppiasse una guerra civile tra repubblicani e monarchici (sarebbe stata la ''II Guerra civile sabauda'') che i monarchici, essendo appoggiati dalle Wafer SS, avrebbero sicuramente vinto, [[Alcide De Gasperi|De Gasperi]], ancor prima che la Cassazione si esprimesse a suo favore, disse che non ci poteva fare nulla, ma la Savoia era diventata una repubblica (la detestata e temutissima opzione m), ''merda'', della Legge Salica) anzi la Savoia non era mai esistita, e Umberto doveva smammare al più presto, anzi, non sarebbe nemmeno più dovuto tornare, ma che gli lasciasse comunque in custodia i gioielli di famiglia. Finiva così un’era, la saga e la sagra dei Savoia regnanti. Ma sarebbero comunque restati vivi, a parte Vinuele che morì di lì a qualche ora.
 
[[File:Folla.jpg|thumb|left|330px|La folla in attesa di salutare con ortaggi e frutta la dinastia in partenza per l'[[esilio]]. In quei giorni ci fu un improvviso rialzo dei prezzi dell'ortofrutta.]]
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== L’esilio ==
 
Umberto II andò in esilio in [[Portogallo]] con il figlio ''[[Vittorio Emanuele di Savoia|Vittorio Emanuele IV]]'' e passò il resto della vita a vagare per i corridoi in ciabatte ripetendo “Giulio, ridammi le mie schede!” e a litigare con tutti. Poi si trasferì in Svizzera per occuparla, ma sarebbe morto prima di portare a termine gli ultimi preparativi della campagna. Lì, a Ginevra, Vinuele conobbe una certa Marina, detta San Doria, quattro volte campionessa mondiale e novantasei volte campionessa svizzera di sci nautico e abbastanza gnocca, ma non nobile. Contro ogni legge sabauda possibile, contro ogni consuetudine e in spregio al passato Vinuele la sposò prima a [[Las Vegas]] e poi, non contento, a [[Teheran]] (lo [[scià]] era testimone, e non gli portò molto bene) venendo così immediatamente diseredato e detronizzato dal vecchio padre incazzato, non perché fosse una borghese ma perché era una svizzera. Umberto morì infine nel 1983 e, già morto, chiese di venire seppellito ad Altatomba in Savoia, accanto a Carlo Felice, perché giustamente l’Italia gli faceva schifo quanto ne faceva al suo avo. La successione passò, in base all’opzione a) della Legge Salica, al cugino ''Amedeo Il Grato d’Aosta'', ma la cosa era controversa perché vigeva ancora la Bolla dei quat P.I.C.I.U. che proibiva a un ''Amedeo X'' di regnare e di esistere, per cui o Amedeo cambiava nome, o ripartiva da I (nel qual caso avrebbe dovuto cambiare nome lo stesso perché non potevano esserci due ''Amedeo I'', per cui si sarebbe dovuto chiamare almeno ''A Me Deo'', mentre saltare un numero e passare quindi direttamente ad ''Amedeo XI'' non era possibile perché antisabaudo, significava ammettere un buco nel continuum millenario) o emendava/annullava la Bolla, cosa altrettanto impraticabile perché per fare questo era necessaria la maggioranza assoluta dei quat (3 su 4) e l’ultimo P.I.C.I.U. era morto nel 1565, dopodiché il consiglio era stato definitivamente sciolto da Emanuele Filiberto per incompatibilità, oppure rinunciava.
[[Immagine:BdV.gif|right|thumb|180px|Vittorio Emanuele tenta di entrare in Valle d'Aosta.]]
Non rinunciando e rifiutandosi di cambiare il suo bel nome, Vinuele fu in procinto di dichiarargli guerra e invadere la Valle d’Aosta penetrando in macchina dal tunnel del [[Monte Bianco]] (''I potenziale Guerra di successione sabauda'') ma non se ne fece nulla perché la [[guardia di finanza]] gli disse che, in base alla costituzione italiana, gli avrebbero sparato a vista. Allora lui andò al mare in Corsica e di fronte alle acque territoriali della Sardegna uccise un tedesco qualsiasi. Poi, in ordine quasi cronologico, andò in prigione, fu assolto, diventò un pappone, chiese la restituzione dei gioielli, pretese un risarcimento per l’esilio di ottantacinque miliardi di carlalbertini, disse ancora qualche puttanata e finalmente, nel 2002, dopo aver giurato con il sangue e anche un po’ di vomito sulla [[Costituzione]], gli fu concesso di rientrare in Italia, che non era più Savoia, insieme al figlio ''[[Emanuele Filiberto di Savoia|Emanuele Filiberto II]]'', detto anche ''l’Esiliato non per Colpacolpa Sua''sua perché nel 1946 non era nemmeno nato''. Per il momento quest’ultimo ha fatto cagare alla moglie borghese francese due bambine, quindi già incombe lo spettro della Legge Salica e della Terza Aberrazione Sabauda, mentre Amedeo d’Aosta (che le malelingue affermano aver detto che, se il cugino Vittorio Emanuele dovesse salire al trono, sarebbe il primo caso di ricorso al punto k) della Legge) il cui motto tatuato sul dito medio destro è ''“Cüsta lon ca cüsta, viva Amedeo d’Aüsta”'', potrebbe a tutti gli effetti rientrare nel giro, sempre se si decide a cambiare nome o se i suoi legali, per mezzo di qualche cavillo giuridico, riescono a far cassare la Bolla dei P.I.C.I.U. – anche se in questo caso il ramo sfigato sembrerebbe essere quello di partenza, con un cugino che passa il tempo cacciando tedeschi, molestando escort e giocando a strip-poker. Come detto, padre e figlio hanno fatto ricorso al TAR del [[Lazio]] in merito all’esito del referendum del 1946, ma purtroppo sembra che la decisione definitiva venga di volta in volta abilmente aggiornata per cui resta valida la disposizione costituzionale che vieta il ritorno alla monarchia e quindi a entrambi di regnare, in Italia.
 
== Il ritorno ==
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nella quale qualcuno ha voluto vedere il Cabaretto intento a vergare queste righe mentre viaggiava appunto in treno in un futuro indefinito, forse per via di un [[incendio]] a bordo, altri invece il Cabaretto ormai preda della [[follia]] – queste sono le sue ultime parole conosciute per cui, per il momento, non si sa che fine abbia fatto.
 
Il messianismo del Cabaretto è comunque fuor di dubbio, e anche un po’ fuor di metafora, ma per chi crede, ha sempre creduto alle sue affermazioni, l’Emanuele Filiberto della profezia non è altri che il Testa di Ferro tornato in vita per riparare torti dando ancora una volta mazzate apocalitticheda ultimo dei giorni, mentre, non essendo ancora riusciti a decifrare la reale entità di un umberto, non si è potuto stabilire con precisione a che anno il Cabaretto collochi il secondo avvento del Testa di Ferro.
 
Per chi invece non crede, i Savoia, veterani di mille anni di guerre, anche senza regnare in Italia romperanno le palle lo stesso, particolarmente Emanuele Filiberto. A quanto pare dovrebbero essere cazzi comunque.
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