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Questo evento è simpaticamente rievocato di anno in anno da tizi vestiti come Gianduja e Pierrot che si sparano con gli elastici. Per non essere da meno dei suoi innumerevoli predecessori, Carlele approfittò della vittoria per aggiungere un’altra provincia al nascente impero sabaudo, vale a dire [[Novara]] (più [[Verbania]], che allora non era ancora provincia, completando così il [[puzzle]] del Piemonte, limite oltre il quale in molti non si sarebbero più spinti, ma non i Savoia) da cui riportò romeni e altre zanzare, tanto che qualcuno in patria cominciò a lamentarsi, accusandolo di andare alla conquista di scatole di rubinetti e di inutili risaie. Ma poi si scoprì che sotto le risaie c’era il [[petrolio]], che nel [[Settecento]] non serviva ancora a un cazzo e quindi fu sotterrato di nuovo.
A Carlin fece seguito un ''Vittorio Amedeo III'' che visse tra le puttane. Tratto distintivo dei Savoia nel corso dei secoli fu l’avere almeno quattro donne ufficiali: la [[moglie]] con cui fare nuovi Savoia, l’amante con cui fare alleanze, l’amante con cui fare sesso contronatura e l’amante con cui giocare a briscola durante la vecchiaia. Vimedeo III, prima di morire, fece in tempo a intravedere la catastrofe, a venire cioè sconfitto insieme agli austriaci dai rivoluzionari francesi e a cedere Savoia di montagna e Nizza per un piatto di lumache. ''Carlo Emanuele IV'', detto ''Lo Sfigato'', la catastrofe dovette invece sorbirsela per intero. Questo flagello aveva le sembianze del peggior incubo sabaudo: il grande nano francese, che sembrava tornare dall’[[aldilà]] e reclamare [[vendetta]] per tutti i giusti soprusi cui era stato sottoposto nel corso dei millenni: [[Napoleone]]. E cosa poteva fare la piccola Savoia, che tra l’altro il Nano riteneva Francia, contro questa masnada di finocchi se non tirargli gianduiotti? Carlele IV, dopo che tentarono di ucciderlo a bottigliate di Calvados, pensò bene che era ora di levarsi dal cazzo e aspettare tempi migliori, e, visto che gli dissero che la Sardegna era sua (non lo sapeva) andò in ferie con tutta la famiglia in [[Costa Smeralda]]. Si ebbe così la ''Terza Spartizione della Savoia'', e la cosa cominciava a farsi un po’ pesante anche per gente pesante come i Savoia.
=== Vittorio Emanuele I ===
[[File:Zattera.jpg|thumb|Napoleone tenta lo sbarco in Sardegna.]]
Intanto a Torino, in Savoia e nel resto del mondo [[Napoleone]] spadroneggiava e si atteggiava a [[bullo]] di quartiere cercando di nascondere dietro le sue sanguinose conquiste gli ideali libertari della [[Rivoluzione]], che erano ciò a cui teneva realmente, e dietro lo slogan pubblicitario “Liberté, egalité, cuginité” si impadronì di tutto l’impadronibile e il tassabile, tranne la Sardegna. Difatti, per ripicca, Vittorio Emanuele I di Savoia, fratello di Carlele IV e subentratogli nel frattempo sotto il culo regale per palese mancanza di palle, si bullava di essere l’unico re indipendente rimasto in Europa, o almeno in Italia, o almeno in Sardegna. Più volte i francesi tentarono di attaccare l’isola coi nani da sbarco, ma sempre vennero respinti e affogati da colpi di mortaio caricati personalmente dal re e da pecorai sardi in tenuta di guerra, il terribile battaglione Sa, drogato con l’ichnusa e armato di cannonau da 45°, tanto che alla fine il Nano dovette desistere.<br /> A Torino invece il ''Partito Repubblicano Ë Giacobino Napoleonico Anonimo'' (P.R.Ë.G.N.A.) ne approfittava per darsi ai bagordi più sfrenati e per godersi tutti gli aspetti migliori dell’occupazione francese, tipo il gioco delle bocce e il lancio del camembert. Se non che, improvvisamente, il Nano venne preso a sberle da un tizio che si faceva chiamare [[Zar]], che in russo significa [[Cesare]], nome che ai francesi ricordava brutti momenti. Poi venne preso a schiaffi un po’ da tutti,
=== La Restaurazione ===
[[File:Guerriglia.jpg|thumb|250px|Gli scontri a Torino con gli ultimi sostenitori di Napoleone.]]
Al termine del [[Congresso di Vienna|Meeting di Vienna]], circa nel [[1814]], ormai oltre il novantaduesimo umberto dell’era sabauda, ''Vittorio Emanuele I'' detto ''Il Pio'' rientrò trionfalmente in Torino capitale e fece cristianamente strappare le unghie dei piedi, spegnere le sigarette sulle braccia, strappare i peli del pube, ingerire dieci ghiaccioli interi, inculare dai dobermann, spezzare la schiena, tagliare le gambe, allungare le mani, squartare, evirare, castrare, vasectomizzare, lobotomizzare, uccidere e decollare (nel senso di decapitare, e avrei potuto scrivere subito decapitare) anzi decollare e poi uccidere gli usurpatori del P.R.Ë.G.N.A., infilando quindi le loro teste in lunghi pali e facendole girare sanguinolente e con copiose fuoriuscite di poltiglia cerebrale per le vie della città, nella migliore tradizione restauratrice, sotto il cinico slogan ''“Liberté, egalité, decolleté”'', mentre quello che rimaneva dei cadaveri veniva bruciato, le ceneri utilizzate come concime nelle risaie e i crani donati a Lombroso – che non era ancora nato ma a cui il Cabaretto diceva sarebbero serviti.<br /> I Savoia erano finalmente tornati.<br /> L’esilio sardo era finalmente finito.<br /> Lo stato era di nuovo una cara vecchia monarchia assoluta.<br /> I francesi erano stati affogati nel Po (qualcuno avrebbe anche voluto abbattere il ponte fatto costruire dal Nano, per spregio, poi si pensò invece di costruirne uno a Parigi).<br /> I borghesi liberali erano stati ridotti al silenzio, e così i loro avvocati. I contadini erano tornati a lavorare la terra e gli operai a operare, ché le fabbriche non c’erano ancora, ma per sicurezza ai dragoni della Sicurezza Sabauda vennero affiancati il nuovo corpo dei
[[File:Italia nel 1840.PNG|thumb|350px|La penisola italica prima del [[Risorgimento]].]]
La Savoia si era ingrandita con l’acquisizione di [[Genova]], del porto di Genova, delle puttane di Genova, dei Testimoni di Genova, del [[Genoa]] e della [[Liguria]] intera, prima provincia straniera e seconda repubblica conquistata, dopo la Svizzera (che giusto in quegli anni tornava a vivere). Insomma, era tutto a posto, anzi tüc a post. Rimaneva solo un piccolo problema, oltre a quello di ripulire le strade e i muri di Torino dopo le doverose esecuzioni, e cioè il problema della successione, perché quel piciu, detto amorevolmente, di Vinuele aveva avuto solo figlie femmine e adesso come adesso non se la sentiva più di trombare sua moglie. Così, quando nel [[1821]] circa il re abdicò pur di non dover usare la mano pesante con i rivoluzionari appunto del ’21, si mise in atto per la seconda volta la famigerata opzione a) del regolamento Salico (Seconda Aberrazione Sabauda) venne cioè posto sul trono come reggente un alto, oltre che altro, cugino di famiglia dal nome impronunciabile di ''Carlos Alberto'', poi sabaudizzato in ''Carlo Alberto''.
Costui aveva qualche umberto di troppo poco, era cresciuto nella Francia napoleonica, era alto almeno duecento amedei e pesava un filiberto e mezzo, ma a tutti non sembrò il caso, anche perché si diceva che fosse di idee giacobine oltranziste (voleva addirittura portare da quattro a due i paggi sulla carrozza reale). In neanche un mese di reggenza aveva già firmato una carta costituzionale e rischiato di mandare a puttane il lavoro di otto secoli, così che Vinuele fu costretto a fermarlo e a togliergli l’incarico, affidando il regno a suo... suo cosa? zio di undicesimo grado, e fratello di Vinuele, ''Carlo Felice'', chiamato da tutti ''L’Incazzoso'': l’unico caso nella millenaria storia sabauda in cui il punto a) della Legge Salica fu fatto valere anche all’inverso, peggiorando la situazione, tornando il trono da un cugino sfigato di un ramo collaterale sfigato a un fratello sfigato (che fino a quel momento aveva cacciato mufloni in Sardegna, di cui era governatore, viceré e oberführer,
=== Carlo Alberto ===
Il primo atto ufficiale di ''Carlo Alberto il Sordo alle Critiche'' fu dimostrare a tutti che non era quel liberale rivoluzionario che si era sempre temuto, giustiziando appunto al Rondò della Forca i sovversivi repubblicani [[Giuseppe Mazzini|mazziniani]] del ’33. Ma si fece poi promotore di alcune intelligenti riforme come quella dei codici civile e penale – fino ad allora l’ordinamento giuridico sabaudo si basava sul [[diritto romano]] di [[Caligola]] – legalizzando l’[[aborto]] in caso di nascita di mezzisangue e sostituendo il [[carcere]] duro con pene rieducative come la disinfestazione a mano delle zanzare del vercellese e la mansione di sagoma per l’addestramento dei carabinieri. Costruì inoltre decine e decine di milioni di amedei di strade ferrate, fece scavare a mani nude, sempre dai
[[File:Struzzo romao.jpg|thumb|left|300px|Carlo Alberto.]]
Difatti Carlo Alberto a un certo punto si ruppe, di passare il tempo in ufficio o al massimo dal [[barbiere]] a far sfoltire i baffi, per cui decise che era ora di entrare nella storia, di ampliare cioè il territorio. Voleva dichiarare guerra a qualcuno, non era importante a chi. Subito difatti si pensò alla Francia, ma l’idea si scartò perché troppo scontata, poi qualcuno gli consigliò la solita invasione della Svizzera, tanto per ricordare agli elvetici cioccolatai i cari vecchi tempi andati, ma consegnata la richiesta alla c.a. di C.A., quest’ultimo rispose che sarebbe stato troppo facile e che lui voleva un pezzo grosso. Si pensò allora alla [[Russia]], ma per fare guerra allo Zar bisognava far passare l’esercito attraverso l’[[impero austriaco]] e sicuramente agli austriaci l’idea non sarebbe piaciuta
''“Potremmo abbattere il campanile di [[New York]] con le [[mongolfiera|mongolfiere]]”'' disse un oscuro consigliere di cui non è stato tramandato il nome.
''“Se
''“Una volta conquistata l’America”'' intervenne il ministro dell’[[immigrazione]], ''“deportiamo tutti
''“A questo punto”'' disse il ministro per la [[propaganda]], ''“potremmo deportare nei nostri campi americani tutti i francesi d’Europa e pensare a una soluzione finale.”''
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''“Non lo so”'' rispose il ministro, ''“me l’ha suggerito il Cabaretto.”''
[[Immagine:guerra3.jpg|right|thumb|150px|Uno degli scenari di guerra previsti da Carlberto (le armate sabaude sono quelle rosse).]]
La proposta non passò per un solo voto. Pare per il motivo che, essendo ormai mattina, il ministro della guerra, visibilmente addormentato, aveva firmato sulla casella sbagliata, ed era necessaria l’unanimità. Così Carlo Alberto, esausto, decise infine di andare in aiuto dei cugini lombardi che per cinque giorni si erano ribellati agli austriaci e che ora temevano li volessero menare di santa ragione, e dichiarò guerra all’[[Austria]]. Grande fu l’indignazione dei vecchi ministri nati e cresciuti filoaustriaci e antifrancesi, ma Carlberto non ne volle sapere, ormai aveva deciso. ''“Il re sono io”'' gli rispose, ''“e faccio come cazzo mi pare.”''
=== La [[Prima guerra d'indipendenza]] ===
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Ma prima di partire per il fronte, che nei piani strategici fu spostato in tutta fretta dal [[Mississippi]] al [[Ticino]], per assicurarsi le spalle – e il culo, visto che era il 1848 e c’erano moti rivoluzionari dappertutto, anche se in Savoia si limitavano a chiedere la riduzione dell’orario di lavoro da venti a diciotto ore al giorno – Carlberto, con una mano sulla bocca e un sacchetto pronto nell’altra, si decise infine a concedere lo [[Statuto Albertino]], vale a dire la prima cosa somigliante a una costituzione scritta che mai si fosse vista in Savoia. Difatti molti, anche provandoci, non riuscirono a capire cosa fosse. Si istituiva così una [[monarchia costituzionale]] con un [[parlamento]] bicamerale, una camera nel salotto e l’altra nel [[gabinetto]] del re, e si concedeva il [[diritto di voto]] ai cittadini maschi con un censo di almeno otto miliardi di carlalbertini che, nessuno sapendo a quanto corrispondesse un carlalbertino, figurarsi otto miliardi, risultarono essere circa quattro in tutto il regno. Si creò la figura del primo ministro, del viceprimoministro, dei sottosegretari e degli uscieri, in questo cominciando paurosamente ad assomigliare alla Svizzera, ma ''“il re resta il re”'', come Carlberto fece apporre in calce dopo l’ultimo articolo, ''“e il re sono io! Credo.”''
Messi a punto tutti i preparativi, Carlo Alberto partì col suo [[esercito]] per andare a spaccare il culo ai [[crucchi]]. Disse di farlo perché Dio, non fu mai appurato quale, lo aveva incaricato della missione di liberare l’Italia dallo straniero, chiunque fosse, e in quel momento fosse l’Austria, perché tutti gli indipendentisti italiani vedevano in lui l’unico, il solo che avesse le palle per provarci e che disponesse di un esercito abbastanza cazzuto per riuscirci, a differenza delle imbarazzanti milizie [[borboni|borboniche]] e della Chiesa. Difatti mandato in Spagna da Carlo Felice per levarselo dai coglioni, prima di diventare re, aveva combattuto i rivoluzionari spagnoli a fianco dei francesi, superando di corsa trincee, guadando un canale marino a nuoto con il [[moschetto]] a tracolla, due bombe a mano accese nelle mani, la sciabola fra i denti e un nano francese sulle spalle, aveva poi preso a calci gli artiglieri a difesa della fortezza del Trocadero e quindi sparato, trucidato a colpi di baionetta e massacrato col calcio del fucile più rivoluzionari possibili gridando ''“Non sono più un liberale!”'', in modo che Carlo Felice se ne facesse una ragione. Così la Savoia decise di sfidare da sola l’impero austriaco, un po’ come se la Svizzera avesse poi deciso di dichiarare guerra al Terzo Reich: comunque fosse andata, c’era da farsi spaccare (e cremare) le ossa. E Carlo Alberto lo sapeva bene, perché stanco di vivere ormai dall’età di undici anni era proprio quello che cercava (si dice che fu il primo emo della storia). Aveva così inizio il glorioso
[[File:Savoiardi.jpg|thumb|240px|La formazione da guerra dei Savoiardi.]]
Entrato a [[Milano]] da liberatore, i milanesi dimostrarono infatti tutta la loro riconoscenza tirandogli delle pietre e dei torroni. Un certo [[Carlo Cattaneo|Cattaneo]], detto Cazzaneo
Dopo l’armistizio, il re tornò mestamente in Piemonte ma, essendo rimasto vivo contro la sua volontà, promise di riprovarci. E lo fece l’anno dopo: denunciò l’armistizio, e già che c’era anche un paio di scippatori, lasciò il comando e lo affidò a un generale [[polonia|polacco]], il quale non aveva mai visto una risaia prima e si ritrovò impantanato nel [[novara|novarese]]. Fu una cosa orribile. Questa fu l’ultima battaglia di Carlberto, che più volte nella mischia chiese agli austriaci di sparargli in fronte mentre questi sparavano a tutto quanto si muovesse tranne che a lui. Dopo la sconfitta decise così di abdicare. La [[Prima guerra d’indipendenza|I Guerra d’indipendenza]], o ''LXV Guerra di espansione sabauda'', finì così, il grande disegno di conquista di Carlberto era svanito, e dovette travestirsi da nano
[[File:Vittorio_Emanuele_II.jpg|thumb|left|Vittorio Emanuele II rappresentato mentre cerca di colpire un [[piccione]].]]
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=== Vittorio Emanuele II ===
''Vinuele II'' o ''Vittoriemanuele Fecondo'' era un tipo strano, più strano di Pietro Miccia, anche fisicamente. Per spiegarsi come fosse possibile che un re alto circa due metri, magro, stiloso e con manie suicide avesse fatto cagare a una regina di stirpe austriaca un tizio basso, tarchiato, buzzurro e gaudente, qualche maligno insinuò che, dopo che la culla di Vinuele aveva preso fuoco con lui dentro quand’era ancora in fasce, il vero Vinuele fosse morto carbonizzato e che fosse stato sostituito col primo bambino della stessa età delle vicinanze, nel caso il figlio del macellaio, secondo il punto j) della Legge Salica. I sospetti presero piede soprattutto dopo che la tata che aveva causato l’incidente,
=== L’età di [[Cavour]] ===
Il conte-possidente-liberaledidestra-antiaustriaco-filofrancese-dallabarbaacollare
[[File:Portaerei_cavour.jpg|thumb|250px|La [[portaerei]] Cavour, da cui prese il nome il primo ministro sabacchio.]]
[[Immagine:Elmetty.jpg|left|thumb|150px|Una Wafer SS.]]
[[Ministro]] dell’[[agricoltura]] e del [[commercio]], fece costruire altre [[ferrovie]] e scavare un gigantesco canale che porta il suo nome a vecchi prigionieri napoleonici del [[1814]] che nessuno rivendicava, ed era spassosissimo vedere questi settantenni col berretto frigio che portavano le traversine a spalle e scavavano tra le risaie tormentati di continuo dalle zanzare; ministro dell’[[economia]] e delle finanze trasformò la Savoia in uno stato liberoscambistacapitalista di stampo inglese (il suo modello venne poi adottato dagli americani) e trovò un’ottima fonte di finanziamento nella confisca di tutte le proprietà ecclesiastiche in nome della laica e modernissima massima ''“Libero stato, e libera chiesa se resta qualcosa”''; primo ministro plenipotenziario, istituì quindi il [[matrimonio]] civile, per offendere ancora un po’ la chiesa, e, nel [[1855]], costrinse il re a partecipare a una guerra che si teneva in [[Crimea]], minacciandolo di dire a tutti che si trombava contadine puzzolenti di toma. Il re accettò, e un corpo di spedizione di [[bersaglieri]] e Wafer [[SS]] – che si diceva non scendessero mai da cavallo, combattessero tenendo con una mano le briglie, sparando con l’altra e brandendo la sciabola con il terzo braccio finto, e che, ma ciò è da verificare, cuocessero il risotto sotto la sella – andò a picchiare i russi insieme a nani francesi, inglesi tubercolotici e turchi turchi. Ormai si combatteva a fianco dei cari vecchi stronzi nemici, il vento era cambiato a Torino. La nuova parola d’ordine era: ''“Cacciamo l’Austria dal nostro giard... dall’Italia!”''<br />
Dopo la scontata vittoria, visto che c’erano le Wafer SS, la Savoia portò tutti i suoi problemi sul tavolo delle trattative, iniziò cioè a rompere le palle a livello europeo. Ma la cosa più importante furono i successivi [[accordi di Plombières|accordi segreti di Plombières]], segreti perché, se fossero stati resi noti, a Cavour
Cavour e Napoleone III, presidente a vita, dittatore, imperatore e maitresse dei francesi, si accordarono per:
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Nel frattempo bisognava fare di tutto per fare incazzare gli austriaci. A questo proposito, una grande idea di Cavour fu quella di sobillare le altre nazioni sottomesse all’impero austriaco invitandole ad attaccare da tutte le parti. Con i [[croazia|Croati]] non si andò molto avanti perché dicevano di stare già divertendosi un mondo a massacrare i [[bosnia|Bosniaci]]; i [[Repubblica ceca|Cechi]] e gli [[slovacchia|Slovacchi]] volevano che gli si mandassero delle donne, prima – ma Cavour non era stupido e voleva che prima le pagassero, al che della cosa non se ne fece più nulla – i [[Romeni]] invece, visto che si era in stagione venatoria, utilizzarono i fucili speditigli per la [[caccia al rom]], e così non rimanevano che gli [[Ungheria|Ungheresi]]. La cosa si poteva fare, e si mandò una nave carica di armi su per il [[Danubio]] fino a [[Budapest]] con l’indicazione di disturbare e impegnare parte delle truppe austriache da quella parte. Ma sfortunatamente parte delle truppe austriache, durante un’ispezione di routine al porto, trovò le casse, e non sarebbe successo niente, nessun incidente diplomatico, se sulle casse di fucili nuovi non ci fosse stato scritto ''Made in Savoia''. Gli austriaci, che se volevano martellavano duro ma erano anche un po’ tardi, si accorsero solo allora che forse Cavour ce l’aveva con loro, mentre Cavour si incazzò di brutto con il corriere per averlo fatto passare per un imbecille.
[[Immagine:CannibaliRussi.jpg|right|thumb|250px|Gli austriaci
La propaganda antiaustriaca di Cavour comunque continuò, facendosi sempre più
''“All’inferno tutti li crucchi, madonna buhaiola!”''<br />
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''“Mo’ ie conciamo er buscio der culo come ’na capanna a ’sti fii d’una mignotta”''<br />
''“Ci rumpimm’e corn a ’sti piezz e mmerd’i tedesch”''<br />
''“Ci scippiamo a testa a ’sti
e anche la voce di qualche schifosilandiano:
''“Scrfut bfyngkf fv hntj trrubsf gfjn y!”''
Nell’attesa che anche l’ultimo obice da ottocento filiberti (circa settanta tonnellate) fosse pronto, Vinuele continuò a passare le giornate con le sue occupazioni preferite, sia nei fienili che a tavola. Si diceva che i suoi pasti durassero fino a sei ore, ma che, quando finalmente si alzava da tavola, Cavour stesse ancora mangiando l’ultimo cinghiale.
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