Casa Savoia: differenze tra le versioni

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=== Emanuele Filiberto ===
 
[[Immagine:armatura.jpg|right|thumb|250px|Emanuele Filiberto il Testa di Ferro.]]
 
 
Per risollevare le sorti sabaude ci volle un Emanuele Filiberto (tutto attaccato, come vaffanculo) detto Testa di Ferro perché non si levava mai l’elmo – tanto che si diceva non avesse la testa – neanche per andare a cagare, e che non poté fregiarsi del numero I perché, a causa del solito referendum merdis, l’attuale Emanuele Filiberto, detto Te-sta di Cazzo, non regna – sempre in attesa del ricorso al TAR del Lazio. Il Testa di Ferro, o anche “Caval d’brüns”, ma solo in Piazza San Carlo a Torino, non solo fu il primo a dotarsi di artiglieria e di una vera fanteria (fino ad allora i Savoia avevano sempre combattuto a cavallo trascinandosi dietro soldati appiedati e recalcitranti) ad armare una marina da guerra, inviando tra l’altro tre canoe corazzate a Lepanto con-tro i turchi, ma ebbe il fegato di allearsi con l’imperatore Carlo V, quello sul cui culo non tramontava mai il sole, e lo stomaco di combattere i francesi nell’apocalittica bat-taglia di St. Quentin, sterminandone a testate almeno sei milioni – anche se i revisio-nisti parlano di non più di quattro milioni e i negazionisti negano addirittura che i francesi siano mai esistiti. Dopo questa immane catastrofe nucleare, dovuta alle testa-te, questo sacro, virulento, sanguinolento e purulento, zeppo di merda e anche di ses-so macello (i soldati imperiali e sabaudi al comando di Testa di Ferro in alcuni casi si abbandonarono alla brutale sodomizzazione di tutti i francesi maschi dai dodici ai sessantacinque anni, le cosiddette forche carline) la ridente località di St. Quentin venne chiamata St. [[Quentin Tarantino]] – il quale avrebbe tratto il suo personale stile splatter proprio da questa esecrabile battaglia. Ma cosa più importante della perdita della verginità anale e della morte di qualche inutile francese fu la Pace di Cateau-Cambrésis, scritto in piemontese, che nel 1559 più o meno reintegrò i Savoia a casa loro, Emanuele Filiberto nel suo bagno e tutti gli altri savoiardi puciati nel caffelatte. Non solo, Testa di Ferro riordinò politicamente, amministrativamente e anche un po’ economicamente lo Stato e spostò definitivamente la capitale dai pascoli di vacche di Chambery a Torino, dov’è tuttora – anche se non gli riuscì ugualmente di impadro-nirsi del sempre più insopportabile Regno di Schifosiland, tanto che ciò incominciò a perseguitare il suo inconscio e anche il suo conscio e si dice che di notte vagasse nu-do in ciabatte per i corridoi del suo castello gridando “Varo! Ridammi il mio Schifo-siland!”
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