Casa Savoia: differenze tra le versioni

 
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{{Cit2citazione|La Savoia? Cos'è, si mangia?|Il Metternich prima che [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] facesse uno stufato di [[austria|austriaci]] nella [[prima guerra d'indipendenza]].}}
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{{Cit2|La Savoia? Cos'è, si mangia?|Il Metternich prima che [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] facesse uno stufato di [[austria|austriaci]] nella [[prima guerra d'indipendenza]].}}
 
{{Cit2citazione|Gli austriaci sanno fare solo gli strudel|Carlo Alberto prima che gli austriaci facessero strudel di savoiardi nella prima guerra d'indipendenza.}}
 
La [[Savoia]] (o Italia amore mio) è una regione montagnosa corrispondente all’incirca all’odierna Savoia, ma col tempo ha modificato i suoi confini arrivando a comprendere anche la [[Sardegna]], per poi tornare ad occupare solo le montagne della Savoia, dov’è tuttora. Ma questo non frega a nessuno. Ciò che frega è che diede il nome alla '''casa Savoia'''.
 
[[File:Stemma casa savoiardi.jpg|thumb|450px|L'inquietante stemma savoiardo.]]
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*'''m)''' diventare una Repubblica Confederata, ma così la Savoia sarebbe diventata come la Svizzera, e non ci sarebbe più stata una buona ragione per invadere la Svizzera.
 
Se invece il monarca morto non lasciava nessun tipo di figlio, valevano le stesse opzioni tranne i punti '''b)''', '''c)''' ed '''l)'''.
 
== Il medioevo ==
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{{quote|Sono duecento anni che non invadiamo la Svizzera, è ora di tornare a scassarli ’sti confederati elvetici del cazzo|Pietro II una sera al banchetto per il compleanno del figlio gay, che però era valdostano}}
 
Tale invasione portò i confini della Savoia a lambire il parco di Platz Spitz, a [[Zurigo]], che, come viaVia Nizza a Torino, sembrò un limite invalicabile. L’avanguardia di Pietro, due nani francesi sulle spalle di un [[dobermann]], non riuscì ad andare oltre.
*la fissazione della capitale, nel senso che era una sua fissazione quella di non girovagare più per le montagne con la sua corte itinerante e quindi dover magari dormire in Svizzera e di porre una capitale stabile, in carne e ossa, a Chambery, nell’odierna Chambery. <br/>
Qualche anno dopo Pietro, che resta una pietra miliare della storia sabauda, regnò ''Amedeo V'', detto anche ''Amedeov'', che conquistò Ivrea e di cui il Cabaretto riporta l'abitudine di copulare sotto i portici di Porta Palazzo. Comunque, non si è mai appurato il perché, Amedeo fu chiamato Il Grande, o Amedeo Magno.
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Emanuele Filiberto L’Unico è considerato giustamente uno dei Padri della Patria, anzi uno dei Cugini della Patria (Consobrinus Patriae) perché la Savoia esisteva già, e una leggenda postuma del Cabaretto, che era morto da cento anni ma c’entrava sempre, narra che il suo corpo sia imprigionato dentro la statua equestre di Piazza San Carlo in attesa di resuscitare in tempi propizi per riprendersi una seconda volta tutti i suoi territori, comprese la [[Jakuzia]] e la [[Kamchatka]], instaurare il suo nuovo regno e cacciare a scarpate nel culo tutti gli usurpatori merdosi.
 
[[File:JonUomo pickingbuffo hissi noseinfila un dito nel naso.jpg|thumb|left|''Carlo Emanuele I'', foto su tela.]]
=== Carlo Emanuele I ===
Emanuele Filiberto divenne comunque il primo Gran Maestro del nuovo ordine cavalleresco delle SS Maurizio e Lazzaro (quest’ultimo scelto non a caso), unione e sintesi degli ordini di S. Maurizio e di S. Lazzaro, sciolti nella tragica Notte dei lunghi randelli (30 VI 1572) perché ormai infestati di gay, e, al culmine del suo splendore e della sua gloria, giunse a farsi chiamare Signore e Dio, ma qualcuno gli fece notare che un appellativo così era già stato utilizzato in passato, per cui si fece chiamare solo Dio.
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Questo evento è simpaticamente rievocato di anno in anno da tizi vestiti come Gianduja e Pierrot che si sparano con gli elastici. Per non essere da meno dei suoi innumerevoli predecessori, Carlele approfittò della vittoria per aggiungere un’altra [[provincia]] al nascente impero sabaudo, vale a dire [[Novara]] (più [[Verbania]], che allora non era ancora provincia, completando così il [[puzzle]] del Piemonte, limite oltre il quale in molti non si sarebbero più spinti, ma non i Savoia) da cui riportò romeni e altre zanzare, tanto che qualcuno in patria cominciò a lamentarsi, accusandolo di andare alla conquista di scatole di rubinetti e di inutili risaie. Ma poi si scoprì che sotto le risaie c’era il [[petrolio]], che nel [[Settecento]] non serviva ancora a un cazzo e quindi fu sotterrato di nuovo.
 
A Carlin fece seguito un ''Vittorio Amedeo III'' che visse tra le puttane. Tratto distintivo dei Savoia nel corso dei secoli fu l’avere almeno quattro donne ufficiali: la [[moglie]] con cui fare nuovi Savoia, l’amante con cui fare alleanze, l’amante con cui fare sesso contronatura e l’amante con cui giocare a briscola durante la vecchiaia. Vimedeo III, prima di morire, fece in tempo a intravedere la catastrofe, a venire cioè sconfitto insieme agli austriaci dai rivoluzionari francesi e a cedere Savoia di montagna e Nizza per un piatto di lumache. ''Carlo Emanuele IV'', detto ''Lo Sfigato'', la catastrofe dovette invece sorbirsela per intero. Questo flagello aveva le sembianze del peggior [[incubo]] sabaudo: il grande nano francese, che sembrava tornare dall’[[aldilà]] e reclamare [[vendetta]] per tutti i giusti soprusi cui era stato sottoposto nel corso dei millenni: [[Napoleone]]. E cosa poteva fare la piccola Savoia, che tra l’altro il Nano riteneva Francia, contro questa masnada di finocchi se non tirargli gianduiotti? Carlele IV, dopo che tentarono di ucciderlo a bottigliate di Calvados, pensò bene che era ora di levarsi dal cazzo e aspettare tempi migliori, e, visto che gli dissero che la Sardegna era sua (non lo sapeva) andò in ferie con tutta la famiglia in [[Costa Smeralda]]. Si ebbe così la ''Terza Spartizione della Savoia'', e la cosa cominciava a farsi un po’ pesante anche per gente pesante come i Savoia.
 
=== Vittorio Emanuele I ===
*[[{{vedianche|Vittorio Emanuele di Savoia]]}}
[[File:Zattera.jpg|thumb|230px|Napoleone tenta lo sbarco in Sardegna.]]
Intanto a Torino, in Savoia e nel resto del mondo [[Napoleone]] spadroneggiava e si atteggiava a [[bullo]] di quartiere cercando di nascondere dietro le sue sanguinose conquiste gli ideali libertari della [[Rivoluzione]], che erano ciò a cui teneva realmente, e dietro lo slogan pubblicitario “Liberté, egalité, cuginité” si impadronì di tutto l’impadronibile e il tassabile, tranne la Sardegna. Difatti, per ripicca, Vittorio Emanuele I di Savoia, fratello di Carlele IV e subentratogli nel frattempo sotto il culo regale per palese mancanza di palle, si bullava di essere l’unico re indipendente rimasto in Europa, o almeno in Italia, o almeno in Sardegna. Più volte i francesi tentarono di attaccare l’isola coi nani da sbarco, ma sempre vennero respinti e affogati da colpi di mortaio caricati personalmente dal re e da pecorai sardi in tenuta di guerra, il terribile battaglione SA, drogato con l’ichnusa e armato di cannonau 45°, tanto che alla fine il Nano dovette desistere.<br /> A Torino invece il ''Partito Repubblicano Ë Giacobino Napoleonico Anonimo'' (P.R.Ë.G.N.A.) ne approfittava per darsi ai bagordi più sfrenati e per godersi tutti gli aspetti migliori dell’occupazione francese, tipo il gioco delle bocce e il lancio del camembert. Se non che, improvvisamente, il Nano venne preso a sberle da un tizio che si faceva chiamare [[Zar]], che in russo significa [[Cesare]], nome che ai francesi ricordava brutti momenti. Poi venne preso a schiaffi un po’ da tutti, anche da due stronzi che passavano di lì per caso, fu cacciato all’[[isola d’Elba]] (e per qualche mese pure Vinuele, per brevità, lo prese per il culo, regnando su un’isola molto più grande della sua) e infine preso a scarpate nel culo fino a Sant'Elena da una coalizione di britanni e germani. A Torino i seguaci del P.R.Ë.G.N.A. cominciarono verosimilmente a tremare, anche perché le prime parole di Vinuele dopo il brutto scherzo fatto al Nano erano state "Mo' so' cazzi vostri", che, trovandosi a Roma in visita al fratello impagliato, pronunciò in perfetto romanesco.
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=== La Restaurazione ===
[[File:Guerriglia.jpg|thumb|left|250px|Gli scontri a Torino con gli ultimi sostenitori di Napoleone.]]
Al termine del [[Congresso di Vienna|Meeting di Vienna]], circa nel [[1814]], ormai oltre il novantaduesimo umberto dell’era sabauda, ''Vittorio Emanuele I'' detto ''Il Pio'' rientrò trionfalmente in Torino capitale e fece cristianamente strappare le unghie dei piedi, spegnere le sigarette sulle braccia, strappare i peli del pube, ingerire dieci ghiaccioli interi, inculare dai dobermann, spezzare la schiena, tagliare le gambe, allungare le mani, squartare, evirare, castrare, vasectomizzare, lobotomizzare, uccidere e decollare (nel senso di decapitare, e avrei potuto scrivere subito decapitare) anzi decollare e poi uccidere gli usurpatori del P.R.Ë.G.N.A., infilando quindi le loro teste in lunghi pali e facendole girare sanguinolente e con copiose fuoriuscite di poltiglia cerebrale per le vie della città, nella migliore tradizione restauratrice, sotto il cinico slogan ''“Liberté, egalité, decolleté”'', mentre quello che rimaneva dei cadaveri veniva bruciato, le ceneri utilizzate come concime nelle risaie e i crani donati a Lombroso – che non era ancora nato ma a cui il Cabaretto diceva sarebbero serviti.<br /> I Savoia erano finalmente tornati.<br /> L’esilio sardo era finalmente finito.<br /> Lo stato era di nuovo una cara vecchia monarchia assoluta.<br /> I francesi erano stati affogati nel Po (qualcuno avrebbe anche voluto abbattere il ponte fatto costruire dal Nano, per spregio, poi si pensò invece di costruirne uno a Parigi).<br /> I borghesi liberali erano stati ridotti al silenzio, e così i loro [[Avvocato|avvocati]]. I contadini erano tornati a lavorare la terra e gli operai a operare, ché le fabbriche non c’erano ancora, ma per sicurezza ai dragoni della Sicurezza Sabauda vennero affiancati il nuovo corpo dei carabinieri armati di fionda e i dragoni combattenti (Wafer SS).
 
[[File:Italia nel 1840.PNG|thumb|350px|La penisola italica prima del [[Risarcimento]].]]
La Savoia si era ingrandita con l’acquisizione di [[Genova]], del porto di Genova, delle puttane di Genova, dei Testimoni di Genova, del [[Genoa]] e della [[Liguria]] intera, prima provincia straniera e seconda repubblica conquistata, dopo la Svizzera (che giusto in quegli anni tornava a vivere). Insomma, era tutto a posto, anzi tüc a post. Rimaneva solo un piccolo problema, oltre a quello di ripulire le strade e i muri di Torino dopo le doverose esecuzioni, e cioè il problema della successione, perché quel piciu, detto amorevolmente, di Vinuele aveva avuto solo figlie femmine e adesso come adesso non se la sentiva più di trombare sua moglie. Così, quando nel [[1821]] circa il re abdicò pur di non dover usare la mano pesante con i rivoluzionari appunto del ’21, si mise in atto per la seconda volta la famigerata opzione '''a)''' del regolamento Salico (Seconda Aberrazione Sabauda) venne cioè posto sul trono come reggente un alto, oltre che altro, cugino di famiglia dal nome impronunciabile di ''Carlos Alberto'', poi sabaudizzato in ''Carlo Alberto''.
 
Ma costui aveva qualche umberto di troppo poco, era cresciuto nella Francia napoleonica, era alto almeno duecento amedei e pesava un filiberto e mezzo, e a tutti non sembrò il caso, anche perché si diceva che fosse di idee giacobine oltranziste (voleva addirittura portare da quattro a due i paggi sulla carrozza reale). In neanche un mese di reggenza aveva già firmato una carta costituzionale e rischiato di mandare a puttane il lavoro di otto secoli, così che Vinuele fu costretto a fermarlo e a togliergli l’incarico, affidando il regno a suo zio di undicesimo grado, e fratello di Vinuele, ''Carlo Felice'', chiamato da tutti ''L’Incazzoso'': l’unico caso nella millenaria storia sabauda in cui il punto '''a)''' della Legge Salica fu fatto valere anche all’inverso, peggiorando la situazione, tornando il trono da un cugino sfigato di un ramo collaterale sfigato a un fratello sfigato (che fino a quel momento aveva cacciato mufloni in Sardegna, di cui era governatore, viceré e oberführer, molestato bambine, perché era etero, e giocato a tressette) di un ramo principale ormai sfigatissimo. L’occupazione principale di Carlo Felice nei suoi circa dieci anni di regno, X umberti, fu non concedere amnistie, prendere per il culo i poveri, insultare i rivoluzionari, i francesi e i rivoluzionari francesi, sfottere, umiliare e commettere stalking nei confronti di Carlo Alberto – comunque designato a succedergli perché l’unico esemplare maschile rimasto, a parte la moglie di Carlo Felice – sgranocchiare grissini tenendoli per la punta e consumandoli come un temperamatite. Quando morì, venne seppellito nel secolare cimitero di famiglia di Altacomba, o Altatomba, nelle montagne savoiarde, perché l’Italia gli faceva schifo, soprattutto la Sardegna.
 
=== Carlo Alberto ===
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Ma prima di partire per il fronte, che nei piani strategici fu spostato in tutta fretta dal [[Mississippi]] al [[Ticino]], per assicurarsi le spalle – e il culo, visto che era il 1848 e c’erano moti rivoluzionari dappertutto, anche se in Savoia si limitavano a chiedere la riduzione dell’orario di lavoro da venti a diciotto ore al giorno – Carlberto, con una mano sulla bocca e un sacchetto pronto nell’altra, si decise infine a concedere lo [[Statuto Albertino]], vale a dire la prima cosa somigliante a una costituzione scritta che mai si fosse vista in Savoia. Difatti molti, anche provandoci, non riuscirono a capire cosa fosse. Si istituiva così una [[monarchia costituzionale]] con un [[parlamento]] bicamerale, una camera nel salotto e l’altra nel [[gabinetto]] del re, e si concedeva il [[diritto di voto]] ai cittadini maschi con un censo di almeno otto miliardi di carlalbertini che, nessuno sapendo a quanto corrispondesse un carlalbertino, figurarsi otto miliardi, risultarono essere circa quattro in tutto il regno. Si creò la figura del primo ministro, del viceprimoministro, dei sottosegretari e degli uscieri, in questo cominciando paurosamente ad assomigliare alla Svizzera, ma ''“il re resta il re”'', come Carlberto fece apporre in calce dopo l’ultimo articolo, ''“e il re sono io! Credo.”''
 
Messi a punto tutti i preparativi, Carlo Alberto partì col suo [[esercito]] per andare a spaccare il culo ai [[crucchi]]. Disse di farlo perché Dio, non fu mai appurato quale, lo aveva incaricato della missione di liberare l’Italia dallo straniero, chiunque fosse, e in quel momento fosse l’Austria, perché tutti gli indipendentisti italiani vedevano in lui l’unico, il solo che avesse le palle per provarci e che disponesse di un esercito abbastanza cazzuto per riuscirci, a differenza delle imbarazzanti milizie [[borboni|borboniche]] e della Chiesa. Difatti mandato in Spagna da Carlo Felice per levarselo dai coglioni, prima di diventare re, aveva combattuto i rivoluzionari spagnoli a fianco dei francesi, superando di corsa trincee, guadando un canale marino a nuoto con il [[moschetto]] a tracolla, due bombe a mano accese nelle mani, la sciabola fra i denti e un nano francese sulle spalle, aveva poi preso a calci gli artiglieri a difesa della fortezza del Trocadero e quindi sparato, trucidato a colpi di baionetta e massacrato col calcio del fucile più rivoluzionari possibili gridando ''“Non sono più un liberale!”'', in modo che Carlo Felice se ne facesse una ragione. Così la Savoia decise di sfidare da sola l’imperol’[[impero austriaco]], un po’ come se la Svizzera avesse poi deciso di dichiarare guerra al Terzo Reich: comunque fosse andata, c’era da farsi spaccare (e cremare) le ossa. E Carlo Alberto lo sapeva bene, perché stanco di vivere ormai dall’età di undici anni era proprio quello che cercava (si dice che fu il primo [[emo]] della storia). Aveva così inizio il glorioso ''Risarcimento'', detto anche [[Risorgimento]].
[[File:esercitocineseEsercito di terracotta cinese.jpg|left|thumb|180px|Le truppe borboniche alla I Guerra d'Indipendenza.]]
[[File:Savoiardi.jpg|thumb|240px|La formazione da guerra dei Savoiardi.]]
Entrato a [[Milano]] da liberatore, i milanesi dimostrarono infatti tutta la loro riconoscenza tirandogli delle pietre e dei torroni. Un certo [[Carlo Cattaneo|Cattaneo]], detto Cazzaneo per le cazzate riguardanti una stupida [[Unione Europea]] di cui vaneggiava, aizzava difatti i propri concittadini dalla sua villa in Svizzera dicendo che i piemontesi avrebbero dovuto cacciargli di casa i figli di puttana austriaci e poi levarsi subito dalle palle, perché [[Milano]] doveva essere una repubblicaRepubblica e lui esserne il primo presidentePresidente. A Carlo Alberto costui non andava molto a genio, e continuò a scassare gli austriaciAustriaci come niente fosse. Giunto ormai in [[Veneto]] con tutta l’artiglieria pesante, in compagnia di effimere truppe toscane, pontificie e borboniche fece un altro fritto misto di crauti e strudel, tanto che qualche suo generale, già che c’erano, propose di andare avanti fino a [[Vienna]]. Ma poi, invece di affondare il colpo, si fermò a decidere – non si sa cosa – e altri crauti e strudel giunti in massa dal Brennero, visibilmente incazzati per aver dovuto interrompere i valzer, presero a legnare come assatanati ricacciando Carlo Alberto fino a Milano, dove i milanesi decisero infine di sparargli, preferendo a quel punto gli austriaciAustriaci.
 
Dopo l’armistizio, il re tornò mestamente in Piemonte ma, essendo rimasto vivo contro la sua volontà, promise di riprovarci. E lo fece l’anno dopo: denunciò l’armistizio, e già che c’era anche un paio di scippatori, lasciò il comando e lo affidò a un generale [[poloniaPolonia|polacco]], il quale non aveva mai visto una risaia prima e si ritrovò impantanato nel [[novaraNovara|novarese]]. Fu una cosa orribile. Questa fu l’ultima battaglia di Carlberto, che più volte nella mischia chiese agli austriaciAustriaci di sparargli in fronte mentre questi sparavano a tutto quanto si muovesse tranne che a lui. Dopo la sconfitta decise così di abdicare. La [[Prima guerra d’indipendenza|I Guerra d’indipendenza]], o ''LXV Guerra di espansione sabauda'', finì così, il grande disegno di conquista di Carlberto era svanito, e dovette travestirsi da nano del circo e fuggire (ma essendo alto duecento amedei fu subito riconosciuto, anche se i crucchi finsero di non farlo), senza nemmeno passare da Torino a ritirare la liquidazione. Il trono passò al figlio [[Vittorio Emanuele II]], mentre lui finì i suoi giorni qualche mese dopo in esilio volontario a [[Oporto]], ubriacandosi di Sandeman e maledicendo gli austriaciAustriaci per non averlo ucciso e trasformato quindi in un immortale come Emanuele Filiberto, e il Cabaretto.
 
[[File:Vittorio_Emanuele_II.jpg|thumb|left|Vittorio Emanuele II rappresentato mentre cerca di colpire un [[piccione]].]]
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=== [[Vittorio Emanuele II]] ===
 
''Vinuele II'' o ''Vittoriemanuele Fecondo'' era un tipo strano, più strano di Pietro Miccia, anche fisicamente. Per spiegarsi come fosse possibile che un re alto circa due metri, magro, stiloso e con manie suicide avesse fatto cagare a una regina di stirpe austriaca un tizio basso, tarchiato, buzzurro e gaudente, qualche maligno insinuò che, dopo che la culla di Vinuele aveva preso fuoco con lui dentro quand’era ancora in fasce, il vero Vinuele fosse morto carbonizzato e che fosse stato sostituito col primo bambino della stessa età delle vicinanze, nel caso il figlio del macellaio, secondo il punto '''j)''' della Legge Salica. I sospetti presero piede soprattutto dopo che la tata che aveva causato l’incidente, purtroppo per lei unica persona presente al rogo, ovvero una filippina semiclandestina che, ustionatasi a sua volta, era ormai in via di guarigione, morì improvvisamente non si sa bene di cosa, forse per paura che le ritirassero il permesso di soggiorno. I Savoia smentirono e negarono sempre, ma non spiegarono mai perché Vittorio Emanuele, ogniqualvolta si trovasse davanti a un’alternativa, dicesse sempre ''“Che faccio, lascio?”''
 
Vinuele dovette smilitarizzare il confine con la [[Lombardia]] ma, avendo combattuto lui stesso e visto quanto fossero antipatici gli austriaci, soprattutto quel vecchio pappone di [[Radetzky]], si promise che prima o poi ci avrebbe provato lui stesso. Nel frattempo si fece crescere i baffi fino a un diametro di un metro (cento amedei) andò in montagna a cacciare stambecchi e soprattutto in campagna a fottere contadine, facendo incazzare i fattori e facendo sorgere altri dubbi sulle sue vere origini. Vinuele era un vero compagnone, soprattutto a tavola e al bar, tranne quando [[Cavour|Camillo ''Cavour'' Benso]], il suo spietato [[presidente del consiglio]], che gli dava ai nervi in un modo quasi insostenibile, gli ripeteva di dare in moglie la sua [[bambina]] al cugino pedofilo di [[Napoleone III]], ''Napoleone Plon Plon'', per ragioni di alleanza strategica, di tagliarsi i baffi, di stare più zitto possibile davanti alla [[regina d’Inghilterra]] e che era un testone e un balos, tutto questo dandogli del tu. Se Vinuele fosse stato il Conte Verde l’avrebbe annegato nella vasca da bagno solo per questo, ma Cavour nella vasca da bagno non ci entrava.
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[[File:Soldato austriaco.jpg|left|thumb|180px|Vittorio Emanuele vestito da austriaco a carnevale.]]
 
Infine stette semplicemente zitto quando [[Mussolini]] detto il [[Duce]] decise di esercitarsi al tiro al [[comunista]] in [[Spagna]] e anche quando lo stesso detto il Duce si alleò con [[Hitler]] detto ''Il Pacificissimo'' – il quale continuava a dire al secondo di disfarsi del primo magari affogandolo nella doccia, ma non se ne fece niente perché Mussolini temeva la rappresaglia delle SS e dei venditori di monete antiche false, di cui Vinuele III andava ghiottissimo – lo appoggiò nella promulgazione delle leggi razziali, pur essendo probabilmente [[ebreo]], e nella sua dichiarazione di guerra alla Francia ([[Seconda guerra mondiale|II Guerra mondiale]] o ''LXXV Guerra di espansione sabauda'', perché la Savoia conquistò la [[Corsica]], la [[Provenza]] e la Savoia, ''II pugnalata alla schiena alla Francia'') solo per tornare per un attimo ai vecchi tempi andati in cui i Savoia picchiavano i francesi - anche se i francesi, più o meno dalla guerra franco-prussiana, li picchiavano ormai tutti, anche le loro mogli - lo appoggiò nella guerra alla [[Grecia]] (''LXXV sub a) Guerra di espansione sabauda''), alla [[Jugoslavia]] (''LXXV sub b) G.d.e.s.'') alla [[Somalia Britannica]] e quindi all’[[Inghilterra]], pure questa una vecchia idea, attuata con [[Sommergibile|sommergibili]] a [[olio di colza]] o a propulsione umana, i cosiddetti “maiali” (''LXXV sub c) G.d.e.s.'') all’[[Egitto]] britannico (''LXXV sub d) G.d.e.s.'') e alla [[Russia]] (''LXXV sub e) G.d.e.s.'') quando finalmente l’ambizioso progetto ottocentesco dei tempi di Carlo Alberto di attaccare lo Zar fu messo in atto, anche se lo Zar adesso era [[Stalin]], che era un po’ più stronzo. Invece la guerra agli [[Stati Uniti]] fu dichiarata a distanza: {{quote|Mandate a dire a quei bastardi di yankee che gli ho dichiarato guerra.|leLe parole del duceDuce}}
[[File:Soldato pagliaccio attacca a torte in faccia.gif|right|thumb|300px|La campagna di Russia.]]
Ma, date le distanze, fu solamente subita, quindi non comportò annessioni territoriali, nemmeno temporanee, se si esclude l’occupazione del cesso dell’ambasciatore americano a Roma da parte del federale fascista che, incaricato di consegnare la dichiarazione di guerra, venne preso dallo [[squaraus]] e quindi non risulta nella classificazione sabauda.
[[File:Nautilus.jpg|left|thumb|Il [[sottomarino]] sabaudo ''Lo Spaccamarroni'' minaccia New York appena prima di tornare indietro.]]
Infine, dopo tutti questi appoggi, dopo tutte le penetrazioni e tutte le sistematiche inculate che l’Italia subì da ogni parte, tanto che le conquiste e l’espansione duravano il tempo di una pisciata, decise di mettere fine a questa fastidiosa altalena di emozioni arrestando lo stesso Duce Mussolini e imprigionandolo dove le SS tedesche, molto più cazzute di quelle sabaude, potessero facilmente liberarlo e portarselo via.
 
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Prima che la guerra finisse, il vecchio Vinuele, stanco e deluso, oltre che rincoglionito da tutte queste cazzo di guerre, lasciò la reggenza e la luogotenenza al figlio ''Umberto II'', che la tenne fino al [[1946]] più o meno, cioè quando Vinuele decise di abdicare e di andarsene al diavolo ad [[Alessandria]] – [[Alessandria d’Egitto]], perché il Piemonte era ancora un po’ incazzato con i Savoia. Ma Umberto II detto ''Secondo e Ultimo'' regnò giusto qualche settimana, fino al fatidico e anticostituzionale (perché lo Statuto Albertino non lo prevedeva) [[referendum]] tra monarchia e repubblica più volte citato che, essendo tra l’altro stato truccato da Andreotti, consegnò la vittoria per un paio di voti inventati alla causa della repubblica. Si disse che avessero fatto votare anche i dispersi della III Guerra d’indipendenza, quella del 1866, e i morti garibaldini del 1861, notoriamente repubblicani, due volte, e che negli scantinati della casa di campagna di Andreotti fossero state trovate centinaia di casse contenenti due milioni e mezzo di schede a favore della monarchia.
 
Umberto cercò invano di fare ricontare le schede – disse ch’era disposto a ricontarle lui stesso – continuando a dire che c’erano stati dei [[brogli]] e che il referendum era inficiato, e che finché la [[Corte di Cassazione]] non avesse comunicato i risultati definitivi lui restava il re. Ma la Cassazione era ormai infestata di degasperiani, andreottiani, amici degli andreottiani, altri ex fascisti e qualche scarafaggio comune, e se ne sbatteva. E, per timore che scoppiasse una guerra civile tra repubblicani e monarchici (sarebbe stata la ''II Guerra civile sabauda'') che i monarchici, essendo appoggiati dalle Wafer SS, avrebbero sicuramente vinto, [[Alcide De Gasperi|De Gasperi]], ancor prima che la Cassazione si esprimesse a suo favore, disse che non ci poteva fare nulla, ma la Savoia era diventata una repubblica (la detestata e temutissima opzione '''m)''', ''merda'', della Legge Salica) anzi la Savoia non era mai esistita, e Umberto doveva smammare al più presto, anzi, non sarebbe nemmeno più dovuto tornare, ma che gli lasciasse comunque in custodia i gioielli di famiglia. Finiva così un’era, la saga e la sagra dei Savoia regnanti. Ma sarebbero comunque restati vivi, a parte Vinuele che morì di lì a qualche ora.
 
[[File:Folla.jpg|thumb|left|330px|La folla in attesa di salutare con ortaggi e frutta la dinastia in partenza per l'[[esilio]]. In quei giorni ci fu un improvviso rialzo dei prezzi dell'ortofrutta.]]
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== L’esilio ==
 
Umberto II andò in esilio in [[Portogallo]] con il figlio ''[[Vittorio Emanuele di Savoia|Vittorio Emanuele IV]]'' e passò il resto della vita a vagare per i corridoi in ciabatte ripetendo “Giulio, ridammi le mie schede!” e a litigare con tutti. Poi si trasferì in Svizzera per occuparla, ma sarebbe morto prima di portare a termine gli ultimi preparativi della campagna. Lì, a Ginevra, Vinuele conobbe una certa Marina San Doria, quattro volte campionessa mondiale e novantasei volte campionessa svizzera di sci nautico e abbastanza gnocca, ma non nobile. Contro ogni legge sabauda possibile, contro ogni consuetudine e in spregio al passato Vinuele la sposò prima a [[Las Vegas]] e poi, non contento, a [[Teheran]] (lo [[scià]] era testimone, e non gli portò molto bene) venendo così immediatamente diseredato e detronizzato dal vecchio padre incazzato, non perché fosse una borghese ma perché era una svizzera. Umberto morì infine nel 1983 e, già morto, chiese di venire seppellito ad Altatomba in Savoia, accanto a Carlo Felice, perché giustamente l’Italia gli faceva schifo quanto ne faceva al suo avo. In realtà erano gli italiani che non lo volevano indietro neanche morto. La successione passò, in base all’opzione '''a)''' della Legge Salica, al cugino ''Amedeo Il Grato d’Aosta'', ma la cosa era controversa perché vigeva ancora la Bolla dei quat P.I.C.I.U. che proibiva a un ''Amedeo X'' di regnare e di esistere, per cui o Amedeo cambiava nome, o ripartiva da I (nel qual caso avrebbe dovuto cambiare nome lo stesso perché non potevano esserci due ''Amedeo I'', per cui si sarebbe dovuto chiamare almeno ''A Me Deo'', mentre saltare un numero e passare quindi direttamente ad ''Amedeo XI'' non era possibile perché antisabaudo, significava ammettere un buco nel continuum millenario) o emendava/annullava la Bolla, cosa altrettanto impraticabile perché per fare questo era necessaria la maggioranza assoluta dei quat (3 su 4) e l’ultimo P.I.C.I.U. era morto nel 1565, dopodiché il consiglio era stato definitivamente sciolto da Emanuele Filiberto per incompatibilità, oppure rinunciava.
 
Non rinunciando e rifiutandosi di cambiare il suo bel nome, Vinuele fu in procinto di dichiarargli guerra e invadere la Valle d’Aosta penetrando in macchina dal tunnel del [[Monte Bianco]] (''I potenziale Guerra di successione sabauda'') ma non se ne fece nulla perché la [[guardia di finanza]] gli disse che, in base alla costituzione italiana, gli avrebbero sparato a vista. Allora lui andò al mare in Corsica e di fronte alle acque territoriali della Sardegna uccise un tedesco qualsiasi. Poi, in ordine quasi cronologico, andò in prigione, fu assolto, diventò un pappone, chiese la restituzione dei gioielli, pretese un risarcimento per l’esilio di ottantacinque miliardi di carlalbertini, disse ancora qualche puttanata e finalmente, nel 2002, dopo aver giurato con il sangue e anche un po’ di vomito sulla [[Costituzione]], gli fu concesso di rientrare in Italia, che non era più Savoia, insieme al figlio ''[[Emanuele Filiberto di Savoia|Emanuele Filiberto II]]'', detto anche ''l’Esiliato non per colpa sua perché nel 1946 non era nemmeno nato''. Per il momento quest’ultimo ha fatto cagare alla moglie borghese francese due bambine, quindi già incombe lo spettro della Legge Salica e della Terza Aberrazione Sabauda, mentre Amedeo d’Aosta (che le malelingue affermano aver detto che, se il cugino Vittorio Emanuele dovesse salire al trono, sarebbe il primo caso di ricorso al punto '''k)''' della Legge) il cui motto tatuato sul dito medio destro è ''“Cüsta lon ca cüsta, viva Amedeo d’Aüsta”'', potrebbe a tutti gli effetti rientrare nel giro, sempre se si decide a cambiare nome o se i suoi legali, per mezzo di qualche cavillo giuridico, riescono a far cassare la Bolla dei P.I.C.I.U. – anche se in questo caso il ramo sfigato sembrerebbe essere quello di partenza, con un cugino che passa il tempo cacciando tedeschi, molestando escort e giocando a strip-poker. Come detto, padre e figlio hanno fatto ricorso al TAR del [[Lazio]] in merito all’esito del referendum del 1946, ma purtroppo sembra che la decisione definitiva venga di volta in volta abilmente aggiornata per cui resta valida la disposizione costituzionale che vieta il ritorno alla monarchia e quindi a entrambi di regnare, in Italia.
 
== Il ritorno ==
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Per chi invece non crede, i Savoia, veterani di mille anni di guerre, anche senza regnare in Italia romperanno le palle lo stesso, particolarmente Emanuele Filiberto. A quanto pare dovrebbero essere cazzi comunque.
 
== Note ==
 
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[[File:Savoiardi.jpeg|right|thumb|250px|Tenete bene in mente queste facce, soprattutto quella all'estrema destra]]
<references/>
 
== Voci correlate ==
==Articoli correlati==
* [[Risorgimento]]
 
* [[Guerra d'indipendenza|Guerre d'indipendenza]]
*[[Risorgimento]]
* [[Giuseppe Garibaldi]]
*[[Guerra d'indipendenza|Guerre d'indipendenza]]
* [[Vittorio Emanuele II]]
*[[Giuseppe Garibaldi]]
* [[Vittorio Emanuele IIFiliberto]]
* [[Vittorio Emanuele Filibertodi Savoia]]
* [[Italia amore mio]]
*[[Vittorio Emanuele di Savoia]]
* [[Italia amore mioNeoborbonici]]
*[[Neoborbonici]]
 
== Link non molto utili ==
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