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==Concezione ed assemblaggio==
Sul finire degli [[anni '70]], l'Alfa Romeo decide che è ora di sputtanare la sua nobile fama e prova ad introdursi in un nuovo settore del mercato automobilistico, creato pochi anni prima da modelli quali [[Volkswagen Golf]], [[Fiat Ritmo]] e [[Lancia Delta]]: quello delle macchine che costano un botto, valgono la metà e bevono come [[tombino|tombini]]. Vista l'impossibilità di produrre un modello nuovo, la casa [[milanese]] decide di riciclare la meccanica dell'[[Alfasud]], basata su quella dell'[[Alfa Giulia]] che a sua volta derivava dalla componentistica di un [[decespugliatore]] motorizzato [[Alfa Romeo Busso|Busso]], e stipula un accordo con la Nissan per la fornitura dei telai della [[Nissan
I [[problemi]] iniziarono a palesarsi fin dalla fase di produzione, avviata nel [[1983]] negli stabilimenti di Pratola Serra, in provincia di [[Avellino]], un posto dove il mezzo più moderno in circolazione era il [[carretto del gelataio]]: tali impianti erano sorti dopo il [[terremoto dell'Irpinia]] per iniziativa di [[Ciriaco De Mita]], un atto di gratitudine verso i suoi conterranei che dal canto loro lo contraccambiarono con sassate
L'assemblaggio vide dunque il massiccio impiego di manodopera del luogo, che mise in evidenza fin da subito preoccupanti carenze di preparazione tecnica: tre quarti delle maestranze, infatti, alla richiesta di timbrare il [[cartellino]] lasciarono il posto di [[lavoro]] per correre a comprare l'[[inchiostro]]; il rimanente quarto, invece, iniziò il turno utilizzando la [[chiave inglese]] per aprire le scatolette di [[Simmenthal]].
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