Gabriele D'Annunzio

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Gabriele D'Annunzio, poeta e militare italiano. Diventò famoso per merito dei piccioni che, a quanto pare, preferiscono cacare sulla mano tesa verso il futuro della sua statua di Pollena Trocchia, tantè che un adagio popolare in vernacolo così recita: "Gabriele D'Annunzio, poeta italiano,/ pure e' palumme, o' cacano 'mmano".

Onori e gloria

Dopo l'impresa di Fiume fu ricevuto a Roma in pompa magna dal Duce (Benito Mussolini) circondato dai gerarchi fascisti. Con fare aulico Mussolini così lo salutò:

Mussolini: " Ti saluto, alato fante."

D'Annunzio: " Ed io saluto te, o lesto fante."

Poi, indicando i gerarchi fascisti,:

"Ma anche loro fur fanti.".

Il poeta "rattuso"

Si dice che D'Annunzio viaggiasse in incognito sui tram per palpeggiare le signorine ed i militari di truppa. Ci rimediò parecchi ceffoni e, a causa di uno sputo troppo energico, ci rimise un occhio. Che il poeta fosse "rattuso", cioè incline al palpeggio, è cosa affermata dallo stesso Duce che, si dice, abbia raccontato come D'Annunzio, sul famoso balcone di Palazzo Venezia a Roma, profittasse del fatto che il Duce stava parlando alla folla per palpeggiargli il culo. Anche il poeta Ezra Pound racconta che D'Annunzio, nell'accogliere nella sua villa lui e la moglie, li accompoagnasse tenendo ad entrambi una mano sul culo.

Amori italici ed amori coloniali

D'Annunzio fu sostenutore dell'Impero Coloniale Italiano, ed incoraggiò il regime alla conquista della Somalia e dell'Etiopia. La ragione di questo appoggio, si dice, risieda non tanto nel desiderio di restaurare l'impero romano, quanto nella sua passione per le virtù erotiche maschili di quei popoli. Le sue invocazioni ai "Penati", comunemente interpetrate come omaggio agli antenati, avevano un significato alquanto diverso (per Penati lui intendeva coloro che sono provvisti di peni).

Opere morali

L'opera più importante di D'Annunzio è "La pioggia nel pineto", una sublime metafora del bidè, nella quale una certa Ermione raccoglie l'acqua piovana per gli sciaquatori. Tra le opere di contenuto morale, le più importanti sono: "Penalità", "Non c'è amore senza péne", "Memorie dei Pénati", oltre a qualche altra poesiola. Si dice indossasse una camicia da notte con un foro in basso, ma non è specificato se si trattasse di un foro anteriore o posteriore.

il Vater abruzzese

(Nota per il lettore: usurpando il titolo di Vate che, com'è noto, spetta unicamente al Mosconi, alcuni poetonzoli chiamarono in tal modo il D'Annunzio. Tale esagerazione spesso confonde il lettore, al quale ribadiamo che paragoni col Mosconi, quali l'Alighieri, il Kant, lo Skakespeare, l'Einstein, Dio, ecc., sono destituiti di fondamento.)

Il D'Annunzio fu, com'è noto, poeta d'armi e coniò la famosa frase: "AudaCESS fortuna juvat"; pare sia suo anche il motto "Memente audere semper" (Maometto sente sempre). Inoltre il suo presunto vatismo non è sostenuto da nessuna vatazione, a parte l'intuizione del preservativo che, però, lui immaginò come un impermeabile militare.