Torquato Tasso: differenze tra le versioni

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All'età di dieci anni Torquato si recò a [[Napoli]], dove venne educato dal [[Vescovo]] Usimbardo Mazza (dei [[Gesuiti]]) all'uso del bastone pastorale. In seguito raggiunse il padre a [[Venezia]], dopo la [[morte]] della madre per avvelenamento da [[rame]] (infatti fu trovata con la [[testa]] fracassata da un [[paiolo]]). <br />
La signora Porzia {{Citnec|(di nome e di fatto)}} aveva una [[Storia d'amore|relazione]] col moro [[Otello]]. L'[[amicizia]] dell'[[alfiere]] di quest'ultimo , un certo Jago, con suo [[marito]], non gli giovò affatto. <br />
Tra il [[1560]] ed il [[1565]], Tasso compì i suoi studi a [[Padova]] e a [[Bologna]]. Nella prestigiosa [[Università di Padova]], Tasso gettò le basi della propria [[filosofia|cultura filosofica]] e conobbe [[Sperone Speroni]] (detto "la torre del Brenta"). Grazie a questa conoscenza, aderì da subito all'[[Accademia degli Infiammati]] ed in seguito, dopo un faticoso [[Manuali:Farsi sculacciare|percorso educativo]], a quella più "leggiadra" degli [[Eterei]]. Nel [[1565]] giunse a [[Ferrara]], prima al servizio del [[cardinale]] Luigi d'Este, poi di suo [[fratello]], il Duca [[Alfonso I d'Este|Alfonso]]. Questo fu il periodo più felice della vita di Tasso, tentò il [[suicidio]] solo dodici volte. Era molto apprezzato dalle [[dama|dame]] e dai [[gentiluomo|gentiluomini]] per le sue doti poetiche e l'eleganza mondana, però non puoi dimenticare una "torre" se hai per le mani solo "pedoni" e la cosa finì in [[depressione]].<br />
Nel [[1575]] sottopose un [[poesia|poema]] sulla [[Le crociate|prima crociata]] al giudizio di cinque autorevoli letterati romani. I primi due [[Fanculo|vaffanculo]] incrinarono la sua [[autostima]], il terzo e il quarto lo portarono all'[[autoflagellazione]], il quinto lo convinse a gettarsi sotto un [[treno]], ma i progetti di messer [[Leonardo Da Vinci]] erano lungi dallo sfociare nella costruzione del "mezzo necessario". <br /> Tanto per non farsi mancare niente, iniziò a soffrire di [[paranoia]], evidenti segni di [[insicurezza]] e soprattutto [[pazzia]]. Quello che lo preoccupava era però l'[[alitosi]], fortunatamente trovò un buon rimedio alla cannella presso uno [[farmacista|speziale]]. <br /> Per mettere alla prova la propria [[fede]], si sottopose spontaneamente al giudizio dell'[[Inquisizione]] di [[Ferrara]], fu [[assoluzione|assolto]] ma per due settimane non poté sedersi.<br />
Nel [[1579]], durante le terze [[matrimonio|nozze]] di Alfonso II con Margherita Gonzaga, si sciacquò le [[palle]] nel recipiente della [[San Gria|sangria]] davanti a tutti. Il duca ne fu contrariato e lo rinchiuse nell'[[Ospedale]] Sant'Anna, nella celebre cella detta poi "del Tasso", dove rimase per sette anni. Durante questo periodo pubblicò il suo [[capolavoro]]: ''[[Gerusalemme liberata|La Gerusalemme liberata]]''. <br /> Nel [[1586]] fu liberato per intercessione di [[Guglielmo Gonzaga]] (che aveva apprezzato tardivamente il suo gesto di [[Spernacchiamento|spregio]] per quel [[idiota|minchione]] del [[genero]]) e si trasferì a [[Mantova]]. <br /> Nel [[1593]], tornò a [[Napoli]] per una causa sull'[[L'eredità|eredità]] del [[padre]], che consisteva in tre quintali di intonaco, due [[badile|badili]] e svariati [[muro|mattoni]]. A causa delle precarie condizioni di salute e delle [[Sindrome da deficit monetario|ristrettezze economiche]], si trasferì a [[Roma]] ospitato nel [[convento]] di Sant'Onofrio al Gianicolo, dove [[morte|morì]] a 51 anni appena iniziava a trovare serenità.