Róisín Murphy: differenze tra le versioni

Mark, ripresosi dall'effetto della droga, si rese conto dell'orrendo album che aveva prodotto e cercò di allontanarsi da Roisin. Ma si sa, le irlandesi sono donne di sani principi [[cattolicesimo|cattolici]]. È per questo che Róisín non accettò che quell'incontro fosse solo una sveltina e legò Mark in una presa fatale, tenendoselo appresso per una decina di anni. Per assicurare le cose dal lato economico, stipulò assieme al compagno un contratto di SEI album con la casa discografica Echo, chiamata così perché amplificava la fama dei peggiori gruppi di musica elettronica sulla scena europea. Ed il sodalizio sentimental-artistico era in cassaforte. Il secondo album, ''I am not a doctor'' (chiamato così per ribadire che nessuno dei due era in grado di curare le crisi epilettiche delle persone che ascoltavano la loro musica), passò piuttosto in [[silenzio|sordina]], ma proprio da un brano contenuto in esso esce la prima vera hit del duo: ''Sing it back''. Neanche a dirlo, la versione conosciuta da tutti e passata alla [[storia]] è in realtà un remix della versione originale, ma Róisín decise comunque di prendersi il merito. Pezzenti come pochi, i Moloko non pagarono il curatore del remix nonché fautore della loro fama, ''Boris Dlugosch'', bensì Róisín si offrì di pagarlo in natura in seguito alle minacce di Boris, che faceva anche parte della mafia russa. Il tempo di procurarsi altra fama con il terzo album, ''Things to make and do'' (2000), e Dlugosch decise di bussare alla porta recuperando Róisín. Insieme produssero la hit ''Never Enough'' (chiamata così perché non non avevano mai abbastanza delle sveltine che si facevano). Questo offrì il pretesto a Mark di liberarsi di Roisin, anche se per contratto i due furono costretti a fare un altro album da separati in casa. Paradossalmente ''Statues'' (2003) è il migliore lavoro deli Moloko, come a confermare che i due, finché stavano insieme, trombavano molto e lavoravano poco.