Petofono: differenze tra le versioni

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Il Petofono cominciò ad affermarsi con l'agricoltura neolitica, quando l'uomo cominciò a coltivare anche i legumi, soprattutto fagioli e fave. Presso gli Egizi era popolarissimo, tantè che si dice che Mosè lo utilizzasse per chiamare a raccolta il popolo ebreo prima dell'Esodo. Nel Medioevo era strumento privilegiato della liturgia dei Conventi, con il quale si accompagnavano riti e funzioni. Nel rinascimento molti musicisti composero madrigali, ballate e danze per liuto e petofono. Ma il grande sviluppo dello strumento si deve ai tempi moderni. Nell'800 esso veniva utilizzato sia nelle esecuzioni di melodramma, sia dallo stesso pubblico per sottolineare plauso per gli esecutori. Nel '900 si racconta che il Re d'Italia, Vittorio Emanuele III, fosse così appassionato dello strumento da stupire con le sue esibizioni i regnati dell'Europa, perché, sebbene fosse [[tappo]], riusciva a emettere enormi quantità di gas suonando, mentre saliva le scale del Quirinale, una nota ogni scalino.
Recentemente il maggior musicista contemporaneo, [[Gigi D'Alessio]], ha rivalutato questo antico e nobile strumento inserendo nella sua orchestra ben 4 petofoni, a seconda dei legumi d'origine (fagioli, fave, ceci, lenticchie) che dànno suoni molto diversi e [[Note musicali|note]] di differente lunghezza.
Nel settembre 2009, durante una spedizione archeologica nel sud-est della penisola del Madagascar, sono stati ritorvati dei resti fossili di petofono, del tipo "scoromajor afarensis", probabilmente appartenuti alla Banda locale del paesello di Putamater. In quella zona, infatti, si narra, che 57245 anni fa, si radunassero, solo ed esclusivamente nelle notti di luna vuota, degli ominidi, gli Anoni, così detti dai vicini, per le grosse natiche ed il relativamente dimensionato orifizio. Gli Anoni, erano soliti cacciare usando il petofonoproprio "lato BB" (non solo B perché era molto grosso, pari al 170% del resto del corpo) come richiamo per catturare le femmine di Scureggioraptor minor Flatulens Minor, ma, vista la difficoltà della caccia e l'orecchio fine della preda, dovevano accordare il proprio "bucio" con l'ausilio di un petofono di pietra ollare, certificato dal locale ufficio dei dazzi (senza la d e con la c), con le giuste frequenze, riconoscibili dalla sfuggente preda.
 
Al Museo Nazionale di Arte Volgare e Contadina, dopo la sala dedicata ai Vasi votivi per la CIPPADISTOPACCODILUMINI, c'è una sala dedicata a conservare la serie completa di petofoni da caccia, dal più piccolo per la pantegana muschiata del sud del Nord, al medio per il sopradetto Scureggioraptor (esemplare femmina, per il maschio serviva la gnoccolatrice a geometria variabile), al grande per il lucertolo-entero-luserometrillo (poco sedere e molto coccodrillo N.d.R).
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