Gaio Giulio Cesare: differenze tra le versioni

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Da qui cominciò le sue memorabili campagne militari, che lo portarono fino in [[Germania|Tedeschia]], in [[Britannia]], in Mezzo [[Oriente]] e, dove nessuno aveva mai osato prima, nel quartiere Magliana. In poche parole, ovunque ci fossero poveri innocenti da uccidere. In questi anni Cesare accumulò un successo dopo l'altro, fino a diventare il [[personaggio]] di spicco della politica e della televisione romana, il che lo portò a scontrarsi con i senatori e con vari ospiti dei [[talk show]], oltre a dover combattere con le [[emorroidi]], a furia di stare a [[cavallo]].
 
== La guerra civile e la dittatura fascista ==
 
Concluse le campagne, Cesare cercò nuovamente di rientrare a Roma, ma il senato si rese conto che sarebbe stato troppo [[pericolo|pericoloso]]: l'esercito di Cesare era troppo grande e il [[buffet]] non aveva abbastanza tartine. Per questo e si affidò all'appoggio di Pompeo, che era l'unico [[idiota]] disposto a farlo, pur di non dover stare a casa con quella rompipalle della moglie. Nel frattempo, Cesare chiedeva senza successo al senato di entrare a Roma con l'esercito, dandogli la sua [[parola]] di [[Giovani Marmotte|Giovane Marmotta]] che non li avrebbe trucidati. <br/>
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Il cuoco fu condannato alla fucilazione da Cesare per indisponenza.<br />
[[File:Soldatini romani.JPG|300px|thumb|left|La battaglia di Farsalo in tutta la sua crudezza.]]
Pompeo avrebbe dovuto combatterlo, ma ormai erano anni che non si prendeva un po' di [[ferie]] e in quel momento si diede irreperibile. Dopo una veloce marcia Cesare entrò a Roma e instaurò una [[dittatura fascista]]. Allarmato, Pompeo che era un comunista raggiunse l'esercito ancora in canotta e ciabattine da [[mare]], ma ormai era troppo tardi. Lo scontro si ebbe nella [[battaglia di Farsalo]] dove Cesare, secondo il [[gergo]] militare, prese a calci in [[culo]] Pompeo e il suo esercito. Pompeo fuggì in [[Egitto]], ma lì fu ucciso da uno che aveva provato a superare al casello. [[Catone]], alla notizia della sconfitta, si suicidò bevendo una bottiglia di [[Fanta]] calda e sfiatata. [[Cicerone]] non si suicidò, ma lasciò la politica e lanciò una linea di [[profumo|profumi]] e abbigliamento. <br/>
Nel 144747 Cesare assunse il titolo di ''dictator'' che, di fatto, concentrava nelle sue [[mano|mani]] tutto il potere, promettendo però di assumere il controllo solo nei casi di emergenza. Peccato che fosse proprio Cesare a decidere quali fossero le emergenze, cosicché se un [[gatto]] rimaneva incastrato su un [[albero]] o se veniva previsto [[caldo]] record per l'[[estate]], veniva proclamato lo stato di allarme e Cesare tornava sul trono.
{{Dialogo|Cesare|Com'è la situazione là fuori?|Servo|Tutto tranquillo.|Cesare|Tutto tutto? Non c'è proprio [[niente]] che non va?|Servo|No niente.|Cesare|Ma dai qualcosa ci deve essere! Una [[vecchio|vecchietta]] che deve attraversare la [[strada]], una [[bambina]] a cui è caduto il gelato...|Servo|No, è tutto perfetto signore.|Cesare|Ma da quando questa città è così perfetta? Prima c'erano tanti bei crimini, ti ammazzavano appena uscivi di casa e adesso... Dove andremo a finire?|Servo|Peccato solo che fuori sia un po' umido.|Cesare|Oh mio [[Giove]]! Cosa aspettavi a dirmelo? Sciogli il senato! Siamo in stato di emergenza!}}
A garanzia della democrazia, Cesare tenne comunque in [[vita]] il senato, divertendosi e a lanciare noccioline ai senatori mentre questi discutevano. Non ebbe rancore contro i suoi avversari sconfitti, come dimostrò condannandoli a morte per impalamento; o almeno quelli che rimanevano, visto che la maggior parte era scappata o si era nascosta sotto il [[letto]]. <br/>
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