Fausto Bertinotti: differenze tra le versioni

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Riottoso ad accettare i mutamenti geopolitici cagionati dal termine della [[Guerra fredda]], nel [[1992]] Bertinotti tenta invano di far causa alla National Geographic, rea di aver cancellato l'[[Unione Sovietica]] dalle [[Geografia|cartine geografiche]], dimostrando inconfutabilmente la propria subordinazione alle organizzazioni paramilitari di matrice atlantista.<br/>
Sfortunatamente i [[Giudice|giudici]] non daranno credito alle tesi di Bertinotti, il quale si sfogherà, in un'intervista concessa al quotidiano [[l'Unità]], denunciando la faziosità e il maccartismo delle "toghe nere".
 
Oppostosi con fermezza alla svolta [[Socialdemocrazia|socialdemocratica]] del neonato [[Partito Democratico della Sinistra|PDS]], all'abiura della [[rivoluzione]] e a qualsivoglia apertura al [[liberismo]] e alla proprietà privata, Bertinotti si riconcilierà con gli altri nostalgici comunisti<ref>In tutto quattro: Bertinotti, [[Oliviero Diliberto]], [[Paolo Ferrero]] e il vignettista de "[[il Manifesto]]" [[Vauro Senesi]].</ref> nel [[Partito della Rifondazione Comunista]], l'unico soggetto politico di [[sinistra]] a proporre un programma davvero inedito e innovativo: espropriazione e socializzazione del capitale, [[dittatura del proletariato]], [[grandi purghe]] per epurare la sinistra italiana dai deviazionisti pidiessini e sostituzione dell'[[inno di Mameli]] con "La locomotiva" di [[Francesco Guccini]].
 
== Note ==
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