Radici (romanzo): differenze tra le versioni

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Il personale della crociera tenta di fargli capire che non si mangiano le persone e le catene servono per preservare la propria incolumità personale, ma lui niente, insiste e fa mille capricci.
Il personale della crociera tenta di fargli capire che non si mangiano le persone e le catene servono per preservare la propria incolumità personale, ma lui niente, insiste e fa mille capricci.
Giunto in America gli trovano un bel lavoro come impiegato in una ditta che si occupa della coltivazione e raccolta del cotone. A lui però l'occupazione non aggrada: altre 130 pagine piene di lamentele perché sono cattivi con lui, lo fanno lavorare sotto il sole e rischia di ustionarsi la pelle per via dei raggi ultravioletti. Ciò nonostante tutti sappiano che gli uomini di colore, in virtà appunto del fatto di essere colorati di nero, non si ustionano mai, nemmeno se li metti sul fuoco a cuocere. FINE
Giunto in America gli trovano un bel lavoro come impiegato in una ditta che si occupa della coltivazione e raccolta del cotone. A lui però l'occupazione non aggrada: altre 130 pagine piene di lamentele perché sono cattivi con lui, lo fanno lavorare sotto il sole e rischia di ustionarsi la pelle per via dei raggi ultravioletti. Ciò nonostante tutti sappiano che gli uomini di colore, in virtà appunto del fatto di essere colorati di nero, non si ustionano mai, nemmeno se li metti sul fuoco a cuocere. FINE DEL LIBRO


Questo mattone, che nelle intenzioni dell'autore voleva essere una denuncia del trattamento a suo dire inumano cui erano sottoposti gli uomini di colore, venne stampato in un certo numero di copie circa alla fine del XIX secolo. A quei tempi ovviamente la sorte di un pugno di negri non interessava nessuno, di modo che il libro finì, nel migliore dei casi, per essere usato per accendere il caminetto nelle fredde sere d'inverno. Soltanto negli anni '60 del XX secolo venne riscoperto in concomitanza con la nascita dei movimenti per il riconoscimento dei diritti dei neri. Da allora è un best seller.
Questo mattone, che nelle intenzioni dell'autore voleva essere una denuncia del trattamento a suo dire inumano cui erano sottoposti gli uomini di colore, venne stampato in un certo numero di copie circa alla fine del XIX secolo. A quei tempi ovviamente la sorte di un pugno di negri non interessava nessuno, di modo che il libro finì, nel migliore dei casi, per essere usato per accendere il caminetto nelle fredde sere d'inverno. Soltanto negli anni '60 del XX secolo venne riscoperto in concomitanza con la nascita dei movimenti per il riconoscimento dei diritti dei neri. Da allora è un best seller.
===Le frustate===
===Le frustate===

Sia nel libro sia nelle successive pellicole cinematografiche, si trova imperitura la famosa scena delle frustate, resa famosa dal fatto di essere incomprensibile nel messaggio che vuole trasmettere, di modo che viene utilizzata più che altro per ingenerare nei telespettatori una sorta di falso buonismo scevro da ogni logica.

L'episodio è questo: Kunta Kinte, come ognuno dei lettori si sarà già reso conto, è un nome a dir poco ridicolo. Per questo motivo, quando giunse in America, i suoi protettori gli consigliarono di cambiare nome e farsi chiamare ''Toby'' (in italiano tradotto con ''Fido''), nome magari non originalissimo che che un cane, ad esempio, ben potrebbe portare senza bisogno di vergognarsi minimamente.

Il protagonista invece rifiuta il suo nuovo nome e pretende, esibendosi in uno dei suoi soliti capricci, di continuare a chiamarsi ''Kunta Kinte'', senza curarsi dell'evidente cacofonia di siffatto appellativo.
I suoi datori di lavoro, esasperati da queste continue prese di posizione che peraltro rallentano la produzione di cotone, decidono allora di legarlo ad un palo e frustarlo sino a che non avrà imparato a dire per bene il suo nuovo nome.


==Epilogo del personaggio==
==Epilogo del personaggio==

Versione delle 23:25, 15 giu 2017

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Kunta Kinte è l'autore del famoso libro Radici, che narra la storia autobiografica di un tale che afferma di essere di essere il principe (rectius: figlio del capotribù) di una tribù di

uomini di colore africani, catturato e venduto come

lavoratore forzosamente assunto per essere impiegato nella raccolta del cotone in Virginia (USA). Dal libro sono stati tratti vari films, miniserie, fotoromanzi, spin-off.

Trama del libro

Il piccolo Kunta Kinte vive sereno nell'incontaminata Africa, nutrendosi di bacche, frutti e di quegli sventurati Omi bianchi boni che hanno la sfiga di capitare nelle vicinanze del suo villaggio. Impara sin da tenera età l'uso della lancia, del coltello, ad accendere il fuoco e sparare con il mitra. Il padre, capo villaggio, è fiero del proprio figlio e lo porta spesso nei villaggi vicini a far razzia di donne e capi di bestiame.

Un brutto giorno un drappello di Omi bianchi boni, più numeroso del solito ed armato di fucili e bombe a mano, riesce a non finire pasto dei cannibali e cattura il selvaggio Kunta Kinte allo scopo di portarlo nel nuovo mondo per civilizzarlo e trovargli un onesto lavoro. Inizia l'odissea del protagonista, che si rivela un insopportabile rompiballe. Già durante il viaggio, effettuato a bordo di una nave da crociera in compagnia di tanti amici, non perde occasione per lamentarsi del vitto e dell'alloggiamento. Almeno 80 pagine del libro sono una tiritera senza fine di richiesta pretestuose e lamentose oltre ogni limite di sopportazione.

: Badrone, catene trobbo strette!

oppure

: Badrone, io vuole mangia Omi bianchi buoni

Il personale della crociera tenta di fargli capire che non si mangiano le persone e le catene servono per preservare la propria incolumità personale, ma lui niente, insiste e fa mille capricci. Giunto in America gli trovano un bel lavoro come impiegato in una ditta che si occupa della coltivazione e raccolta del cotone. A lui però l'occupazione non aggrada: altre 130 pagine piene di lamentele perché sono cattivi con lui, lo fanno lavorare sotto il sole e rischia di ustionarsi la pelle per via dei raggi ultravioletti. Ciò nonostante tutti sappiano che gli uomini di colore, in virtà appunto del fatto di essere colorati di nero, non si ustionano mai, nemmeno se li metti sul fuoco a cuocere. FINE DEL LIBRO

Questo mattone, che nelle intenzioni dell'autore voleva essere una denuncia del trattamento a suo dire inumano cui erano sottoposti gli uomini di colore, venne stampato in un certo numero di copie circa alla fine del XIX secolo. A quei tempi ovviamente la sorte di un pugno di negri non interessava nessuno, di modo che il libro finì, nel migliore dei casi, per essere usato per accendere il caminetto nelle fredde sere d'inverno. Soltanto negli anni '60 del XX secolo venne riscoperto in concomitanza con la nascita dei movimenti per il riconoscimento dei diritti dei neri. Da allora è un best seller.

Le frustate

Sia nel libro sia nelle successive pellicole cinematografiche, si trova imperitura la famosa scena delle frustate, resa famosa dal fatto di essere incomprensibile nel messaggio che vuole trasmettere, di modo che viene utilizzata più che altro per ingenerare nei telespettatori una sorta di falso buonismo scevro da ogni logica.

L'episodio è questo: Kunta Kinte, come ognuno dei lettori si sarà già reso conto, è un nome a dir poco ridicolo. Per questo motivo, quando giunse in America, i suoi protettori gli consigliarono di cambiare nome e farsi chiamare Toby (in italiano tradotto con Fido), nome magari non originalissimo che che un cane, ad esempio, ben potrebbe portare senza bisogno di vergognarsi minimamente.

Il protagonista invece rifiuta il suo nuovo nome e pretende, esibendosi in uno dei suoi soliti capricci, di continuare a chiamarsi Kunta Kinte, senza curarsi dell'evidente cacofonia di siffatto appellativo. I suoi datori di lavoro, esasperati da queste continue prese di posizione che peraltro rallentano la produzione di cotone, decidono allora di legarlo ad un palo e frustarlo sino a che non avrà imparato a dire per bene il suo nuovo nome.

Epilogo del personaggio

Spunti di riflessione