Vittorio Emanuele II di Savoia

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Vittorio Emanuele II in età giovanile.
« Attacco la Kamchatka dalla Basilicata. »
(Vittorio Emanuele II su strategie di guerra.)
« Maestà, siamo in bancarotta! »
(Consigliere di Vittorio Emanuele II, cinque minuti dopo l'Unità d'Italia.)
« Niente panico, risolvo tutto io! »
(Vittorio Emanuele II, cinque minuti prima di vendere Nizza e Savoia per tredici lire.)
« I Savoia sono come le patate. La parte migliore è sotto terra. »
(Indro Montanelli su patriottismo)

Vittorio Emanuele II di Savoia, al secolo Vittorio Emanuele Sconfitto Carlo Eugenio Carlogiancarlo Fuffa di Savoia, al millennio Re Quercia, fu il primo re d'Italia. Fu chiaramente un re "fake", dal momento che è stato primo re d'Italia e si chiamava già secondo. Egli apparteneva a casa Savoia, quindi fa bene a essere morto.

In vita ebbe il merito essere riuscito a riunificare il casato dei Savoia in tempo per il cenone di Natale. Con i suoi baffi parlanti[senza fonte] e il suo compagno di merende Cavour portò a termine il Risorgimento, nonostante nessuno glielo avesse chiesto.

Vita

Alberto "the Pelvis in the Memphis" di Savoia, zio di Vittorio Emanuele e precursore della discodance.

Infanzia e giovinezza

Vittorio Emanuele nasce in un'umile famiglia reale. Sua madre, Catarrina da Svidania, vantava origini asburgico-turcomanne. Sin da piccolo era noto per i suoi vizi: al suo compleanno di 8 anni gli fu regalato un ippodromo e a 11 anni insistette per ottenere da suo padre Carlo Lupo Alberto di Savoia un dugongodromo.

Sin da bambino si appassiona alla storia, tuttavia la censura adoperata dai genitori Catarrina e Carlo Lupo pongono in lui la convinzione del fatto che i Savoia possedessero tutto sin dalla preistoria e che a loro spettasse tutto. Queste convinzioni persistettero fino al suo decesso.

Inoltre, Vittorio Emanuele II fu nell'adolescenza un radioamatore: fondò con suo cugino, Giambruno di Savoia, Radio Italia (nota per aver lanciato nel lontano 1840 un giovanissimo Mino Reitano).

A 19 anni sostenne le prove tecniche per diventare re: fu chiamato a sostituire Carlo Tanto Felice di Savoia, consigliere del dipartimento dello scantinato del GranCastello di Firenze, nel quale Vittorio Emanuele fece gavetta determinando con pugno di ferro quante ore avrebbero dovuto lavorare gli spazzini del GranCastello e quale detersivo avrebbero dovuto utilizzare le lavandaie.

Giovanissimo, diventò re di Sardegna, in seguito all'abdicazione di Carlo Alberto (suggeritagli dall'oroscopo).

La sua prima azione da sovrano fu delicatissima: stava infatti per scoppiare una guerra di confine fra Austria e Proto-Italia e lui, in quanto re da 5 minuti, era obbligato a prendere una decisione. Dopo ore di trattative cedette, con il consenso del gran consigliere Filibonzo da Monza, il Trentino Alto-Adige in cambio di uno strudel e di un campanaccio marrone.

Filibonzo da Monza fu decapitato dal boia Filiboia da Pistoia dopo che il re si accorse della truffa giacché lo strudel era visibilmente mal cotto.

Vittorio Emanuele II e consorte in una xilografia dell'epoca.

Adultezza

Uno dei suoi primi incontri ufficiali fu quello con il generale Josef Radetzky: nonostante entrambi si fossero presentati con uno scudo di bronzo 3 metri x 2, una carabina, un fucile e un giavellotto, optarono per una soluzione diplomatica ai difficili rapporti che si stavano creando.

Il 29 marzo 1849 fece giuramento di fedeltà davanti a 15.000 italiani e 3 svizzeri in trasferta. Il giorno dopo si recò in Parlamento e con una pernacchia negò di aver mai giurato fedeltà. Il 31 marzo 1849 giurò per la seconda e ultima volta fedeltà, stavolta con un naso da clown.

Il popolo italiano fu chiamato alle urne il 15 luglio 1849 per decretare se il Parlamento fosse un'inutile burocrazia e se, a distanza di millenni, la plebe avrebbe ancora votato Barabba. Il Parlamento rimase integro, ciononostante dovette accettare incondizionatamente la pace firmata da Vittorio Emanuele II con l'Austria e il ducato di Wurstel, e Barabba ottenne il 54% delle preferenze.

Nel 1850 si sposò con la sua cugina bona, Maria Tetta d'Asburgo-Lorena, dalla quale ebbe 8 figli in 9 mesi (5 maschi, 2 femmine e 1 virus).

Nel 1853 scoppiò invece la guerra di Crimea fra russi, turchi e Unni. Dopo un tempestivo ritiro degli Unni, che cambiarono nome in friulani ed emigrarono nel nord Italia, si avviò una guerra di confine fra la Turchia e la Russia.

Vittorio Emanuele II decise inizialmente di appoggiare la Turchia, seguendo l'esempio di Regno Unito e Francia. Il giorno dopo dichiarò la sua completa neutralità e il giorno ancora successivo prese un microfono e dichiarò che i Turchi puzzavano di tabacco e merda.

La sera stessa si presentò presso l'ambasciatore saraceno con la divisa della nazionale dell'Impero Ottomano gridando "Forza Turchia!".

La tomba del primo re d'Italia dopo un recente vandalismo.

Morte

Vittorio Emanuele II morì accidentalmente la notte fra il 5 e il 6 gennaio 1878, inciampando sui propri baffi e cadendo per le scale. Secondo la leggenda aveva intenzione di incontrare la Befana, nel giorno dell'Epifania, e venderle il trono in cambio di un Cookie Snack.

Probabilmente, invece, stava solo andando in cucina per cibarsi dei rimasugli della cena: mezzo litro di vino e un porco unto allo spiedo imbottito di patate e salsicce.

Tutti i figli si recarono al funerale tranne Umberto I, erede al trono, troppo occupato a posare con la corona per i giornali di gossip. Grande assente al funerale di Vittorio Emanuele anche il padre di 124 anni: era convinto che suo figlio fosse un mollaccione e dunque si riservava il diritto di difendere di persona, con la sua carabina, i confini italiani. Probabilmente non apprese mai la notizia causa sordità latente.

Umberto I, l'8 gennaio, salì sul palcoscenico dell'Ariston proclamando

« Oggi è morta la monarchia. Il potere è e sarà per sempre del popolo e di noi tutti! »

Il pubblico esultò rumorosamente. Umberto I aggiunse:

« Ahahah! Stavo scherzando, volevo solo darvi qualche secondo di gioia. Ne avrete ancora per molto... »

Vittorio Emanuele fu sepolto nella Basilica di Zambrogia, fra Pesaro e Torino.

Il sacco di Genova e la guerra in Crimea

L'esercito austro-ungarico invade l'Alto Adige.

Dopo aver vinto una partita a Battaglia navale, Vittorio Emanuele II si convinse di avere dei diritti sulla città di Genova e la assoggettò al proprio regno dichiarandosi sceriffo. Seguì subito una riunione a cui parteciparono diversi potenti tra cui Napoleone III, Romaleone IV, Franz Joseph Beckenbauer d'Asburgo e Cavallo Pazzo della tribù di San Marino. In città, tuttavia, non tutti presero bene la cosa, e alcuni dimostranti scesero in piazza con l'intento di esprimere il proprio dissenso, così il pacifico Vittorio Emanuele II inviò il corpo dei bersaglieri (ufficialmente per dialogare con i dimostranti). In realtà l'intento era di imbustare i genovesi ribelli (infatti inizialmente si sarebbe dovuta chiamare "Busta di Genova"), ma siccome erano troppi dovettero usare un sacco, da cui sacco di Genova.

Alla fine il bilancio fu di 2,5 morti e 7 feriti, tutti tra i bersaglieri. A capo dell'operazione militare c'era Alfonso La Marmora, un generale che come primo lavoro faceva il maniscalco, detto Testa di marmo per le sue spiccate capacità intuitive. Vittorio Emanuele ebbe parole d'elogio per il generale, e definì i rivoltosi vile et infecte race de canailles, esprimendosi in una lingua compresa solo da sé stesso.

Insieme al suo compagno di giochi Cavour, il futuro re d'Italia decise di fare la spia al resto d'Europa e dire a tutti che nessuno voleva unirsi al suo regno per fondare una nuova nazione. Siccome nessuno gli dava credito decise di dichiarare guerra alla Russia giusto per attirare l'attenzione. La Russia in quel periodo aveva occupato la Crimea, una regione del mondo che in realtà non esiste, e che i russi si erano inventati per far rosicare gli altri europei, i quali erano entrati in guerra preventivamente.
Fu così che i piemontesi inviarono un esercito formato da 15 uomini, due canoe e una bandiera bianca da utilizzare in caso di emergenza. Ancora una volta al comando c'era il generale Alfonso "Testa di marmo", non perché fosse particolarmente abile nel campo militare ma solo perché era l'unico generale a disposizione.

Ad ogni modo, dopo essersi imbarcato su ordine di Vittorio Emanuele II, l'esercito piemontese non fu più ritrovato: in Crimea stanno ancora aspettando che arrivi. L'ipotesi più plausibile è che sia stato inghiottito da un Kraken o che abbia sbagliato strada e sia approdato a Cipro. La campagna militare in Crimea, tuttavia, ebbe gli effetti sperati: il re di Francia Napoleone 3.0, infatti, propose un'alleanza tra francesi e piemontesi per scacciare gli hooligans austroungarici dagli stadi della penisola.

Cavour, il compagno di merende

   La stessa cosa ma di più: Camillo Benso, Conte di Cavour.
Camillo Benso Conte di Cavour (1810 - 1861 - riesumato), ospite di Porta a Porta l'8 agosto 2003. "Tra me e Vittorio solo flirt - dichiara - le cose non decollarono mai".

Tra il conte di Cavour e Vittorio Emanuele II inizialmente non correva buon sangue, poiché avevano idee divergenti sull'Italia. Il progetto del futuro re, infatti, era di unire tutta la penisola, tranne la Puglia e la Liguria, in un solo stato, il quale non si sarebbe dovuto chiamare Italia ma Emanuela. Era nei suoi progetti inoltre spostare la capitale: non Roma, né Torino, bensì Lugano. Cavour invece la pensava diversamente: voleva unire la Puglia e la Liguria in un unico stato chiamato Repubblica di Foggia e successivamente comprare l'Albania e le Fiandre con dollari umbri. Le cose cambiarono quando Cavour fu eletto capoclasse ed ebbe quindi la possibilità di formare un nuovo governo, dichiarandosi con molta umiltà primo menestrello ministro del Regno delle fragole.

Nonostante queste divergenze, i due capirono che per unire l'Italia bisognava prima di tutto unire le forze! Fu così che si divisero i compiti: Cavour si sarebbe occupato della diplomazia, mentre Vittorio Emanuele avrebbe pensato a fare la spesa e stirare le armature.

Dopo anni di convivenza avevano raggiunto una discreta armonia familiare, nonostante non fossero mai riusciti ad avere un figlio.

L'Italia di Vittorio Emanuele II

Giuseppe Garibaldi (Nizza, 1807 - Per sempre nei nostri cuori)

La guerra contro l'Austria

Nel 1859 il clima internazionale divenne particolarmente teso dopo che Vittorio Emanuele aveva rubato una bottiglia di champagne al buffet della festa di compleanno di Franz Joseph d'Austria e Cavour si era infilato due panini in tasca sotto gli occhi di tutti gli invitati[1]. Gli austriaci erano quindi pronti a scendere in guerra per ristabilire l'onore offeso e impossessarsi definitivamente dell'Italia e (perché no?) anche della Sardegna.

Tornato in patria, il re pensava ad una strategia militare per contrastare l'avanzata degli austriaci, i quali a bordo dei loro sci avevano riconquistato l'Alto Adige, buona parte del Veneto e vinto lo slalom gigante. In poco tempo gli italiani riuscirono a mettere insieme un esercito composto da 63.000 uomini armati di buona volontà. Vittorio Emanuele II capì che potevano non bastare e che occorreva un colpo di genio: si diresse così nei pressi di Venezia e invertì abilmente i segnali stradali mettendo una freccia che indicava est con la scritta Regno d'Italia. E più in là un'altra freccia con inversione a U. Inizialmente gli austriaci erano un po' confusi ma scelsero ugualmente di seguire le indicazioni, così si diressero con decisione verso Vienna, conquistandola e saccheggiandola. Intanto, lo scaltro Vittorio Emanuele si presentò agli abitanti della Lombardia travestito da Kaiser annettendo tutta la regione al Regno d'Italia. I lombardi credono tuttora di essere parte dell'Impero asburgico.

Garibaldi

   La stessa cosa ma di più: Giuseppe Garibaldi.

Dopo il Nord Italia, bisognava costringere convincere anche il Sud Italia ad entrare nel magnifico e sbrilluccicante nuovo Regno d'Italia[2]. Fu così che Vittorio Emanuele II telefonò direttamente all'eroe su prenotazione Giuseppe Garibaldi, che era già stato eroe in Sud America col nome di Josè do Nascimiento de Garibaldinho[3].

- Vittorio Emanuele II: “Giuseppe, devi tornare immediatamente in Italia! Non c'è un attimo da perdere!”
- Giuseppe Garibaldi: “Di che si tratta?”
- Vittorio Emanuele II: “Ora è troppo lungo da spiegare. Io e Cavour abbiamo inventato un nuovo stato, ora dobbiamo completare l'opera! Serve un grande eroe come te!”
:- Vittorio Emanuele: “Qua la mano Garibaldi!”


 :- Giuseppe Garibaldi: “Stronzo...”
- Giuseppe Garibaldi: “Ma non puoi spiegarmi di che si tratta?”
- Vittorio Emanuele II: “Il fatto è che sto un po' improvvisando, ma sta venendo bene ti dico! Comunque è una cosa lunga, vieni in Italia appena puoi. Dobbiamo parlare a quattr'occhi!”

Così Garibaldi si recò in Italia a bordo del suo disco volante.

- Vittorio Emanuele II: “Ehi Quattrocchi, dobbiamo parlarti! È una questione della massima urgenza!”
- Puffo Quattrocchi: “Ditemi tutto, che è meglio!”
- Giuseppe Garibaldi: “E questo chi cazzo è?”
- Vittorio Emanuele II: “Il mio collaboratore. La questione è semplice: abbiamo fatto questo nuovo stato, io volevo chiamarlo Saturno, ma alla fine ha prevalso la proposta di Mazzini e l'abbiamo chiamato Italia. Il punto è che così mi sembra incompleto. Avevo pensato di invadere la Transilvania per renderlo un po' più esteso, ma non saprei...”
- Giuseppe Garibaldi: “Che mi dici di questa regione a sud?”

Come tutti sappiamo il nuovo Regno d'Italia decise d'impossessarsi del Regno delle Due Sicilie. Garibaldi salpò dal porto di Palos, in Liguria, provincia di Aosta, con la Niña, la Pinta e la Santa Maria. A bordo aveva mille valorosi uomini, reduci delle guerre puniche: era appena partita la famosa spedizione dei Mille. Tuttora nessuno riesce a spiegarsi come abbiano fatto questi mille cadaveri riesumati a sconfiggere l'intero esercito borbonico. Alcuni storici affermati sostengono che in realtà i mille uomini comandati da Garibaldi erano immortali e provenivano dalle Highlands scozzesi. Altri, invece, più verosimilmente affermano che le truppe del Regno delle due Sicilie erano formate da spazzacamini e stallieri che combattevano con spade di plastica.

L'Italia prima dell'avvento di Vittorio Emanuele...

Qualunque sia la verità, sappiamo che Garibaldi arrivò in Sicilia e risalì l'Italia meridionale fino a Napoli. Una volta conquistate tutte le terre del sud, le cedette a Vittorio Emanuele II in cambio di un casco di banane. Poi partì alla volta di Alpha Centauri per andare a salvare un'altra nazione.

Roma diventa capitale

« Amo molto questa città, ma preferisco vedere Fiorentina-Milan piuttosto che Torino-Sambenedettese! »
(Vittorio Emanuele II su valide ragioni per spostare la capitale da Torino a Firenze.)

Ora che l'Italia era finalmente unita e mancavano soltanto poche regioni tra cui Veneto, Trentino, Lombardia, Toscana, Piemonte, Stati papali, Umbria, Messico e l'indispensabile Valle d'Aosta, Vittorio Emanuele II pensò di distrarre l'opinione pubblica dalla guerra contro gli austriaci spostando la capitale da Torino a Firenze, da Firenze a Lumezzane e poi ancora a Firenze. I torinesi la presero con filosofia.

« Figlio di puttana! »
(Gli abitanti di Torino celebrano la decisione di spostare la capitale a Firenze, acclamando il re.)

Ora che tutto il Nord e il Sud Italia erano conquistati non rimaneva che sottomettere Roma. Fu così che il re approvò, seppure titubante, una campagna militare per conquistare la città. A capo della spedizione c'era il generale Topo Gigio Cadorna. Il papa tentò di fermare l'avanzata degli italiani usando i suoi poteri magici e facendo appello alla forza del suo Dio invisibile. Stranamente fallì, e anche la città eterna fu conquistata. Intanto, siccome la Fiorentina era andata in Serie B, Vittorio Emanuele II decise di spostare la capitale a Roma.

L'Italia più o meno unita

...e dopo.

Nel 1866 Vittorio Emanuele II radunò il suo esercito di guerrieri d'argilla e invase il Veneto. Sconfitto due volte e colto di sorpresa da uno sciame di api, tornò indietro a mani vuote. Per non perdere popolarità e credibilità il re fece registrare una vittoria: segnalò che quella vasta regione paludosa e improduttiva fra la Croazia e la Lombardia fosse stata valorosamente conquistata; quella regione da quel giorno in poi prese il nome ufficiale di "Veneto". Il Veneto originale, infatti, corrisponderebbe all'attuale Aquitania francese. In questo stesso periodo firmò l'alleanza con la Prussia e la Pgermania, contro gli austriaci e i lillipuziani.

Ora che l'Italia era stata unita con lo sputo e la colla vinilica, Vittorio Emanuele II doveva affrontare alcuni problemi di poco conto:

Come se non bastassero tutti questi problemi, la Chiesa, tanto per cambiare, si comportò con la solita umiltà e generosità: il successore di Pio VIII, papa Pulcino IX, scomunicò Vittorio Emanuele II e tutti i suoi discendenti fino alla novantaseiesima generazione, i collaboratori, il governo italiano[4] e chiunque avesse avuto a che fare con il re, nonostante quest'ultimo gli avesse concesso il controllo di Città del Vaticano, una rendita annua e la libertà di dire cazzate[5]. Inoltre scagliò una maledizione contro il popolo italiano e impedì a tutti i cattolici di partecipare alla vita politica del paese con la minaccia che se lo avessero fatto sarebbero stati trasformati in zebralli. Questo per confermare la sua tradizione di istituzione democratica e amica dello Stato.

Titoli e onorificenze

Monumento di Vittorio Emanuele a Torino. L'impegno c'è stato.

Onorificenze italiane

  • - Gran maestro dei templari
  • - Gran maestro delle elementari
  • - Gran maestro dei gelatai
  • - Cavaliere dei tovaglioli
  • - Cavaliere dell'ordine delle tazze e dei bicchieri
  • - Medaglia d'oro nella disciplina corsa da seduti al campeggio estivo

Onorificenze straniere

  • - Gran Mangione della torta alle mele
  • - Lord of the Rings
Preceduto da:
Napoleone

Re d'Italia
1900 - 1946
Succeduto da:
Umberto I
Preceduto da:
Carlo Alberto

Mister Savoia
1849 - 1878
Succeduto da:
Umberto I

Note

  1. ^ Con la bocca ancora piena di torta paradiso.
  2. ^ Da oggi con il 36% di corruzione in più!
  3. ^ Centrocampista del Flamengo.
  4. ^ Cominciamo bene!
  5. ^ Libertà di cui tuttora la Chiesa fa ampio uso.

Voci correlate

Collegamenti esterni


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