Utente:Caesar/Laboratorio
Il Grande Libro delle NonFiabe!
'era una volta un bellissimo principe.
Il principe amava viaggiare, andare all’avventura e le ragazze. In ogni regno che visitava, ad ogni tappa del suo viaggio si intratteneva con una fanciulla diversa, finché un giorno ne conobbe una che gli rubò il cuore e decise di sposarla. Tornato al suo castello, diede una grande festa per il suo matrimonio, e la sua principessa era la più bella e gentile di tutto il mondo. Solo che il nostro principe, pur amando alla follia la sua principessa, non riusciva a perdere le vecchie abitudini, così ricominciò a far visita ad altre fanciulle della città. La principessa, che ben lo conosceva, lo fece seguire dalla sua serva e quando ebbe le prove chiese il divorzio. Il giudice condannò il principe a lasciarle il castello, metà regno e anche a pagarle gli alimenti, e il principe si ritrovò a vivere in una carrozza fino alla fine dei suoi giorni. Fine. Morale:
'era una volta un beduino.
Era un beduino come tanti se ne vedono, né bello né brutto. Purtroppo per lui era molto povero, quindi per campare decise di dedicarsi alla pesca. Ogni giorno, dunque, il beduino iniziò ad alzarsi molto presto per andare a pescare nel deserto, tirando la lenza e aspettando fino a sera nell'attesa che qualche pesce abboccasse. E ogni giorno il beduino tornava a casa a mani vuote, sempre più sconsolato, ma determinato a non arrendersi. La routine continuò a lungo finché il beduino non morì di fame. Fine. Morale:
'era una volta un signore maleducato, tanto maleducato.
Ce ne sono tanti di signori maleducati, ma questo li batteva tutti. Era così maleducato che, se qualcuno gli diceva "buongiorno", lui rispondeva tirandogli addosso caccole di moccio. Siccome soffriva di prostata, doveva fare spesso la pipì. Quando usciva di casa la faceva in mezzo alla strada, senza curarsi dei passanti che lo guardavano con occhi colmi di disgusto e riprovazione. Dopo aver fatto la pipì, tirava su la zip dei pantaloni e se ne andava lasciando una scia puzzolente. Poi entrava all'osteria e beveva un bicchiere di vino. Dopo aver bevuto il vino abbassava la zip dei pantaloni e faceva la pipì nel bicchiere vuoto. Poi pagava il conto e se ne andava. Un giorno vide un signore molto educato che si faceva la pipì addosso, perché aveva avuto una sfiga che l'aveva reso incontinente. Quel signore molto educato però indossava sempre almeno un paio di pannoloni ultra-assorbenti, così nessuno si accorgeva che faceva la pipì e tutti erano molto gentili con lui. Il signore maleducato, mosso da invidia, lo uccise a randellate e fece la pipì sul suo cadavere. Un vigile urbano lo arrestò, ma il signore maleducato gli disse tante parolacce e lo fece piangere. Così il signore maleducato riuscì a fuggire e nessuno lo vide mai più. Allora il re fece uccidere quel vigile urbano così idiota.
Fine. Morale:
'era una volta un soldato arancione.
Lo chiamavano così perché invece dell’uniforme verde mimetica, ne indossava una tutta arancione. Il soldato arancione odiava la guerra ed era contrario a qualsiasi tipo di violenza. Soprattutto gli dava fastidio che i soldati avessero tutti l’uniforme dello stesso colore, perché pensava che dare a tutti la stessa uniforme distruggeva l’individualità di ognuno, tanto che per il nemico uccidere un poeta, un artigiano o un barista era assolutamente la stessa cosa, una volta che li vedeva con quell’uniforme. Quando il suo paese entrò in guerra e il soldato arancione fu costretto ad arruolarsi, decise che la sua uniforme sarebbe stata arancione, perché secondo lui l’arancione era un colore vivace, allegro e che testimoniava la sua voglia di vivere. Il primo giorno di battaglia al fronte, tutti i suoi commilitoni vestiti con l’uniforme classica si mimetizzarono nella foresta e quando arrivò il nemico vide solo il soldato arancione e lo uccise. Fine. Morale:
'era una volta una bella bambina che tutti chiamavano Cappuccetto Mimetico perché indossava sempre un cappuccetto ricavato da una vecchia tuta mimetica del nonno.
Una volta alla settimana Cappuccetto Mimetico andava a trovare la nonna, che viveva sola al di là del bosco, per cambiarle il catetere e rifornirla di pannoloni e farmaci per l'Alzheimer. Il bosco era abitato da un lupo cattivo che tendeva agguati alle bambine per mangiarsele, ma non incontrò mai Cappuccetto Mimetico perché il suo cappuccetto si mimetizzava molto bene nel bosco. Il lupo cattivo cercava sempre bambine col cappuccetto rosso e non faceva caso ai cappuccetti di colori diversi. Cappuccetto Mimetico gli passò sotto il naso tantissime volte, ma lui non se ne accorse mai. Perciò Cappuccetto Mimetico non fu mai in pericolo mentre attraversava il bosco e quando la nonna morì ereditò la sua casa. Poi la vendette proprio al lupo cattivo per non pagare l'IMU. Fine. Morale:
'era una volta, in un reame lontano, il Re Buzzicone.
Re Buzzicone era famoso per i banchetti che teneva nel grande castello, che erano i più buoni e maestosi del mondo. Alla morte del vecchio cuoco di corte il sovrano cercò subito un sostituto, giacché era dimagrito di circa tre etti in una sola settimana. Purtroppo, come suole dirsi: "la fretta è cattiva consigliera" e l'unico candidato disponibile era un appassionato di cucina creativa. In realtà il nuovo cuoco era un gran pasticcione, anche molto distratto, ma sapeva vendersi bene. Il primo assaggio di quelle insolite pietanze lasciò il re perplesso: i "pinoli finti in salsa giuliva" lo avevano incuriosito, ma dover aprire la pigna, e tirare fuori dei chicchi di riso uno ad uno, lo rese nervoso. Come se non bastasse, il riso era condito con miele e sugo alla puttanesca, che non si abbinavano molto al sidro di nespole. Re buzzicone era esigente ma allo stesso tempo di grande appetito, quindi chiese al cuoco del cibo che lo rendesse sazio. La seconda portata era mezzo uovo sodo, adagiato su un letto di cicoria e accompagnato da una composta di amarene e capperi. Il re borbottò qualcosa e la regina disse: "Marito mio! Se ti sentisse il vescovo..." Il sovrano chiese anche il dolce, con un brivido freddo gli correva lungo la schiena. Gli portarono un magnifico profiterol, ma quando il re addentò il primo bignè scoprì che era ripieno di lardo di Colonnata e funghi. Il buon Re Buzzicone, a quel punto perse la pazienza e decise di punire il cuoco. Il cuoco finì in pasto ai maiali reali, condito con una salsa composta da farina di ghiande, pomodoro e marmellata di pere spadone. I suini lo divorarono voracemente: loro sì che erano di bocca buona, e non schizzinosi come Re Buzzicone. Morale:
'era una volta un pony in mezzo alla neve che tremava per il freddo.
Era stato un inverno molto rigido, e il povero pony cominciava a dubitare di poter sopravvivere. Fortunatamente l'animale incontrò un gruppo di ermellini e subito pensò che potessero aiutarlo. Così, dopo averli uccisi a zoccolate, si fece un mantello con cui riscaldarsi con le loro pellicce e fu salvo. Fine. Morale:
'era una volta un Principe bello come il sole, spavaldo e coraggioso, un vero cavaliere.
Il Re un giorno ordinò al Principe suo figlio di eliminare il Drago che stava disturbando la quiete del regno perché chiedeva il pizzo a tutti i commercianti. In cambio di questo servigio, lo avrebbe fatto sposare con la Principessa di un regno vicino. Il Principe, forte della sua nobiltà e della sua Autorità accettò con piacere, non vedendo l'ora di poter coniugarsi con la Principessa. Dopo settimane di intercettazioni telefoniche e ambientali, con l'aiuto di un pentito, entrò nel casolare dove il Drago era nascosto e riconobbe in lui il famoso lottatore russo che anni prima prese a cazzotti suo cugino Duca Rocky di Adriania. Drago, essendo uomo d'onore, gli propose un combattimento, al che il Principe, preso da un forte spavento, ma anche dalla peperonata mangiata un paio di giorni prima, si cagò sotto, cagò talmente tanto che sul ring si creò un'esercito di merda. il Re allora lo punì, dandogli in sposa la Principessa, che si rivelò essere la figlia di Re Pannolone, del Regno di Pampers. E tutti vissero felici e contenti. Fine. Morale: Saran potenti principi, saran potenti Re, ma cagano tutti come te.
C'era una volta un povero ciabattino che per colpa della crisi economica e delle multinazionali faticava ad arrivare a fine mese.
La moglie, tutti i giorni, gli rimproverava di non aver trovato un lavoro in banca, o un posto statale sicuro, che suo zio Peppuzzo conosceva un tipo che aveva un amico al ministero che poteva farlo entrare. Ma il nostro ciabattino era un uomo d'onore, orgoglioso e fiero di portare avanti l'attività di suo padre, e del padre di suo padre, e del padre del padre di suo padre prima di lui. Così i giorni passavano e il ciabattino a malapena guadagnava abbastanza da ripagarsi i materiali e per portare un piatto di minestra sulla tavola. I suoi debitori divennero ogni giorno più insistenti e sua moglie se ne andò di casa con un dipendente dell'ATAC. Fu allora che alcuni gnomi, creature fatate, notarono il ciabattino e vollero ricompensarlo: durante la notte entrarono nella sua bottega e fecero in poche ore il lavoro di una settimana. Al suo risveglio il ciabattino trovò il lavoro finito e le scarpe degli gnomi erano realizzate così bene che i clienti pagarono anche più del solito. Il ciabattino comprò allora nuovi materiali e li lasciò in bottega prima di andarsene, e di nuovo la mattina dopo trovò delle scarpe bellissime, che i clienti di nuovo pagarono profumatamente. A quel punto però decise che era giunto il momento di scoprire il segreto, così quella sera quando chiuse la bottega si nascose sotto il bancone ad aspettare. Quando arrivarono gli gnomi la sua sorpresa fu grande. Li vide mettersi al lavoro con dedizione, cucire il cuoio che neanche i bambini in Pakistan per la Nike, e le loro opere erano talmente perfette che sembravano realizzate con la magia. A quel punto il ciabattino capì che gli gnomi sarebbero stati la sua fortuna, e che non poteva lasciarsi sfuggire la miniera d'oro che essi rappresentavano. Così la sera dopo gli preparò del latte e dei biscotti, poi lasciò come al solito i materiali sul bancone e si nascose. Al loro arrivo gli gnomi videro il latte e i biscotti e mangiarono e bevvero con gioia, poi si misero al lavoro felici, e mentre cucivano crollarono tutti addormentati. Il ciabattino, che aveva drogato il latte, saltò fuori dal suo nascondiglio e ingabbiò gli gnomi addormentati e li mise a lavorare per lui giorno e notte in cambio di cibo. Il ciabattino riuscì così a ripagare tutti i suoi debiti e gli affari andavano talmente bene che si comprò pure una Ferrari, e con gli gnomi che lavoravano per lui, visse per sempre felice e contento. Morale: Finisce così | ||
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