Tito (imperatore)

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Disambiguazione – Magari hai fumato troppo. Se cercavi Tito Flavio Vespasiano, l'omonimo predecessore, vedi Tito Flavio Vespasiano.
Tito Flavio Vespasiano, detto Tito, con la sua tipica espressione antisemita.
« Ecco una giornata perduta »
(Tito nel suo ufficio al termine di un giorno in cui non ha ucciso nemmeno un giudeo.)
« Uccidere un cristiano non è reato »
(Tito al tempo di Nerone.)
« Ma non ce l'avevi con i giudei? »
(La moglie di Tito.)
« Io ce l'ho con tutti questi pagani merdosi »
(Tito.)

Tito Flavio Vespasiano, chiamato Tito o Tito Flavio Vespasiano 2 La Vendetta per distinguerlo dal padre Tito Flavio Vespasiano, noto come Vespasiano, è stato un imperatore romano, per poco, nel senso che se suo padre fosse vissuto soltanto due anni in più l'impero sarebbe passato direttamente a suo fratello Tito Flavio Domiziano che, ansioso di comandare, lo fece difatti avvelenare assoldando un sicario giudeo al quale Tito, durante una vacanza in Palestina, aveva fottuto dei soldi e anche la moglie. Mai fidarsi di un fratello che si chiama Domiziano, di un giudeo e soprattutto di un sicario, soprattutto se giudeo.

Tito a cinque anni.

L'inizio

La XXXXI legione conquista l'Isola di Man.

Vespasiano, quello dei cessi, ancor prima di diventare imperatore era già così pieno di sé che pensò bene di chiamare suo figlio esattamente come lui, e, se non fosse stato fermato dal senato, avrebbe chiamato così anche l'altro figlio.

Tito nasce e cresce tra i legionari, coccolato dai soldati e palpeggiato dai cappellani militari, che difatti comincerà a odiare diventando ateo e cominciando a bestemmiare. Infatti fin da piccolo mostra le sue grandi doti di combattente e di leader creando in Britannia, all'età di cinque anni, la sua prima legione: la XXXXI Ajax, formata da bambini dai tre ai sei anni e da ausiliari batavi (olandesi) con la quale occupa l'Isola di Man e perseguita i figli dei tribuni ricchi rubando loro le caramelle al lardo.

L'età adulta

Raggiunta la maturità classica e sessuale, Tito - chiamato Tito nell'intimità - torna dalla Britannia e anche dalla Germania, dove suo padre è andato a lavorare, e sposa una tizia che muore di lì a poco. Allora, visto che non aveva fatto in tempo a farsi abbastanza scopate, ne sposa un'altra, ma scopre che questa è cugina di alcuni tizi che vogliono trucidare l'allora imperatore Nerone, notoriamente permaloso. Così, per paura che Nerone gli bruci la biga dando poi magari la colpa a dei cristiani qualunque, pensa bene che forse è meglio smollarla e di non sposarsi più, tanto quando si sposa c'è sempre qualcosa che non va. Da allora Tito sarà libero di dedicarsi completamente alla guerra, ai massacri di giudei e alle puttane.

La Rivolta Giudaica

   La stessa cosa ma di più: Storia d'Israele.

Circa nel 66 dopo che Erode il Grande ha fatto ammazzare tutti i neonati maschi del Medio Oriente tranne uno scoppia nell'allora protettorato di Giudea la rivolta appunto giudaica. Gli ebrei, dopo che i romani gli avevano fatto il piacere di crocifiggergli un tizio fastidioso che andava in giro dicendo di porgere l'altra guancia, per prevenire l'arrivo di altre checche simili decisero di prendere le armi e disfarsi dei romani una volta per tutte, non potendo più sopportare di vederli lavorare il sabato, magari per una crocifissione, e mangiare San Daniele tutto il giorno. Così Vespasiano è spedito in Palestina, luogo in cui non avrebbe mai passato neanche un week-end.

Vespasiano e Tito in Palestina

« I Giudei non finiscono più nei forni a legna, combattono, e picchiano anche duro »
(Vespasiano a Tito prima di lasciargli il comando.)
La graduale penetrazione romana in Palestina (gli ebrei sono quelli verdi). Notate, nell'ultima immagine a destra, il simpatico logo dei Flavi, la M di Mio.

Vespasiano arriva in Palestina deciso a prendere i giudei per la barba e a pucciarli nel garum (liquame di pesce e urina di topo dal sapore simile al percolato di una discarica che i romani usavano come noi usiamo il ketchup) per poi succhiarli durante il banchetto, e in effetti, a colpi di punto e croce disinfesta la Galilea dai ribelli. Senonché, circa nel 69 sempre dopo che Erode etc a Roma Nerone è costretto a scappare col suo ragazzo e, prima che lo prendano a colpi di lira in faccia e gli diano fuoco, si fa pugnalare da questo in camporella (?). Sale al trono un vecchio idiota di nome Galba, il quale viene ammazzato senza pietà circa due giorni dopo e sostituito col giovane generale gay Otone, il quale, minacciato dal generale Vitellio di venire separato dal suo amico d'infanzia, preferisce buttarsi di pancia su un gladio conficcato nella terra e morire dissanguato lasciando il trono appunto a Vitellio, detto il Tonnato, perché era appena tornato apposta dalla Germania. Ma il senato chiama in aiuto Vespasiano contro l'usurpatore, così che il Pater Cessae è costretto a lasciare il comando delle operazioni in Palestina, e una lista nera di una lunghezza impressionante, a Tito. Questo evento venne sempre ricordato dai giudei come “Il giorno della merda.

Tito comandante

« L'unico giudeo buono è quello crocifisso »
(Tito influenzato dal cristianesimo.)

Vespasiano se n'era andato lasciando il lavoro a metà, e Tito non aveva nessuna voglia di tirarla troppo per le lunghe, visto che il mese dopo a Roma ci sarebbe stata una festa dove avrebbero trucidato dei prigionieri britanni ricchi e non voleva mancare a nessun costo. Così disse:

« Cià, dove cazzo sono questi fottuti giudei che gli spacco la faccia? »

La conquista di Gerusalemme

Le macchine da guerra di Tito.

Grazie al giudeo-ex rivoltoso-traditore-infame-pezzo di merda-storico-adottato da Vespasiano, Flavio Giuseppe o Giuseppe Flavio, a seconda della parte in cui stava al momento, Tito seppe come fare per conquistare Gerusalemme, dove i ribelli ancora vivi si erano rinchiusi, e dove andare a scopare. Era circa il 70 dopo, Tito fece portare dagli elefanti le macchine da guerra più pesanti che si fossero viste dai tempi di Sargon I di Sumeria e con queste cominciò a tirare giù uno per volta tutti i muri che aveva davanti.

Dopo aver conquistato la fortezza - a quel punto i morti giudei erano già quattordicimila - occupò cubito a cubito la città bassa - altri ventiseimila morti - quindi, trovatosi all'improvviso di fronte al gigantesco muro del tempio, che da allora venne chiamato Muro del pianto, non si sa perché, tirò giù anche quello - tremila morti - entrò nello spiazzo del tempio - circa ottomilacinquecento morti - uccise senza nemmeno scendere da cavallo un paio di venditori ambulanti mauretani, tre meretrici siriane e duemilasettecento sacerdoti giudei, entrò nel tempio SACRILEGIO! a cavallo - millequattrocentocinquanta morti - chiese: “Perché questi diavolo di giudei non hanno messo neanche una cazzo di statua in questa cazzo di chiesa?”, e mentre gli stava rispondendo uccise l'ultimo sacerdote sadduceo, quindi si mise a correre col cavallo lungo le navate e le cappelle laterali, tagliando candele con la spada, pisciando negli angoli - pure il cavallo - e ammazzando gli ultimi quattromila ribelli annidati nei confessionali. Poi uscì e, prima di ordinare la distruzione del tempio tramite appiccamento di fuoco, disse ancora:

« Non lasciate più niente di vivo! »
« Non c'è più niente di vivo, generale »
(gli rispose un tribuno)
« Beh, allora portate via i quadri »
Il Tempio di Gerusalemme dopo il passaggio di Tito.

Così i legionari depredarono il Tempio, lasciando solo i muri. Ma non era finita, perché c'era ancora un'ultima resistenza nella città alta, che venne soffocata mentre Tito se ne usciva con un candelabro d'oro a sette braccia in una mano e l'Arca dell'Alleanza nell'altra - quarantaquattromila morti.

Un trofeo di guerra.

Di lì a poco venne a trovarlo suo fratello Domiziano, e Tito, visto che era il suo compleanno, volle fare le cose in grande e come regalo gli offrì uno spettacolo all'anfiteatro di Cesarea - trecentocinquantamila giudei morti, sbranati dai mastini napoletani e dalle iene.

Berenice

Tito, durante la campagna, aveva però conosciuto una giudea abbastanza caruccia di nome Berenice (scritto Berenietzsche), una principessa che, pur di non essere giustamente passata per le armi si era offerta come prigioniera. Tito, che odiava i giudei ma amava la figa, pensò quindi di risparmiarla, e soprattutto di scoparsela il più possibile, sapendo che prima o poi sarebbe potuto succedere qualcosa. Difatti la loro unione carnale non era ben vista dal vecchio padre di umili origini, perché era un'aristocratica, ma nemmeno dal resto di Roma, perché era una sporca giudea. Così, dopo essersela montata un'ultima volta, prima di montare il cavallo la abbandonò per sempre dicendole che era confuso, che aveva bisogno di una pausa di riflessione ma che comunque voleva restassero amici.

Masada

Berenice (una delle due).

Tito era già tornato a Roma per il trionfo, con tutto il bottino del tempio, alcune migliaia di schiavi ebrei e suo fratello, ma in Giudea la guerra continuava. Vennero conquistate tutte le fortezze rimaste in mano ai ribelli - almeno sessantamila morti - e alla fine, dopo sei mesi di fastidioso assedio, la fortezza di Masada, ultima roccaforte di libertà giudaica - circa mille morti, suicidati.

Nel regno del padre

A Roma, dopo le dovute celebrazioni trionfali, l'intera famiglia si piazzò nel palazzo imperiale e decise che non se ne sarebbe più andata finché a Roma ci fosse stato un Vespasiano in piedi. Fu la prima dinastia ereditaria dai tempi di Enea.

Vespasiano governò per una decina di anni, e in quel periodo Tito decise che di guerre ne aveva abbastanza per cui si limitò a mangiare, bere e andare a troie, come faceva da ragazzino.

Il principato

Più o meno, ma più meno, nel 79 dopo... oppure nell'832 d.R. (dopo Romolo) Tito divenne quindi imperatore, e per lui furono subito cazzi, elencati nell'ordine:

  • un'epidemia di malaria che ridusse la popolazione di Roma agli spettatori del Colosseo;
  • un incendio spaventoso che in confronto quello di Nerone era l'incendio di un bambino scemo che dà fuoco alla cameretta;
  • l'eruzione del Vesuvio che distrusse un sacco di roba e di gente inutile a Pompei e giù di lì;
  • la rivolta di un certo Massimo Terenzio che, spacciandosi per Nerone perché aveva lo stesso odore, voleva fottergli il trono e che dovette essere preso a calci fino in Iraq;
  • uno sbarco in massa di clandestini mauretani al lido di Ostia;
  • la Roma che perse lo scudetto all'ultima giornata;
  • un brutto raffreddore.


« Ma allora vaffanculo! »
(Tito dopo tutte queste cazzo di tragedie)

Ciò accadde più o meno nell'arco di un anno e mezzo, e, pur essendosi adoperato quasi come non fosse un romano nell'alleviare il dolore delle vittime, fu troppo anche per un tipo duro come Tito. Se poi si aggiunge che quel bastardo di Domiziano voleva che morisse al più presto per poter incominciare a fare come cazzo voleva, e quindi gli stava sempre minacciosamente attorno, si capisce che Tito alla fine si ammalò.
Era comunque ancora vivo quando finalmente venne inaugurato l'anfiteatro Flavio, occasione che Tito colse al volo per sterminare tre milioni e settecentotrentasettemila animali, essendo finiti i giudei. Giochi che durarono quasi quanto il suo regno e che gli valsero l'appellativo di “Amore e delizia del genere umano” datogli da Svetonio. I giudei invece, non facendo parte del genere umano, per i romani, lo appellavano semplicemente “Croce e delizia”, “Delizia” per Berenice e “Croce” per tutti gli altri.

La fine

Tito con la febbre al Colosseo.

Tito purtroppo si ammalò gravemente, e il raffreddore divenne una febbre equina. Sempre Svetonio disse che si trattò di malaria, non si sa se contratta visitando gli ammalati in ospedale o semplicemente visitando il lido di Ostia. Altri, come accennato, puntavano il dito contro il topo di fogna di Domiziano. Ma se qualcuno va a prendere un secondo il Talmud, che ogni essere umano dovrebbe avere nella libreria, legge qualcosa di diverso. Questo il testo originale (va letto da destra a sinistra per cui o girate il computer o lo leggete a testa in giù):

ﬠשׁסּבֿporcoףּהּדּﭏבּאּהּbastardoהּךּשׂךּיּבּקּײַפּאַשּהּוּהּטּמּכּשּׁרּפּאּpezzod'immondiziaנּנּבּהּהּךּיּףּרּהּבּﬠcrepaשּׂשּׁךּכּהּﬠהּ

Tradotto, trascritto, parafrasato e interpretato dall'ebraico scritto in caratteri quadrati aramaici del I secolo, si legge che a Tito, nel momento di partire dal porto di Cesarea e lasciare per sempre la Giudea, circa nel 70, sarebbe entrato in un occhio un moscerino. Lì per lì nessuno ci fece caso, nemmeno lui, in fondo era solo uno stupido moscerino.

Arrivato a Roma, incominciò ad avere uno strano mal di testa, tanto che, quando doveva rinunciare a qualche massacro al Colosseo, si giustificava dicendo che aveva le sue cose. Ma col passare del tempo le emicranie diventarono sempre più forti, tanto che non riusciva più a divertirsi nemmeno vedendo il fratello aggredire e decapitare i gatti di casa. Quindi, dopo la cefalea e un mal di gola gli arrivò il raffreddore citato, di qui l'influenza e una febbre che si disse malarica, e che alla fine se lo portò via tra atroci mal di testa.

Domiziano fuori di casa in attesa che Tito tiri le cuoia.

Tito, per sua fortuna, non seppe mai di cosa era realmente morto. Quando, curiosi di sapere cosa cazzo avesse la sua testa che non andava, i medici gli aprirono infine il cranio, videro volare via una grossa mosca nera del peso di almeno un chilo e mezzo e con degli strani riccioli davanti alle orecchie. Nessuno seppe mai spiegarsi l'accaduto, ma secondo il Talmud quella mosca era il moscerino che si era portato dietro da Cesarea, ed era un moscerino giudeo: la spietata vendetta per aver profanato il Tempio.

Curiosità

Nel gigantesco arco che Domiziano pensò bene di far erigere in memoria del fratello, se qualcuno osserva bene il fregio in basso a destra, vicino all'angolo, può notare chiaramente una mosca circoncisa che ride.

Preceduto da:
Tito Flavio Vespasiano

Imperatore Romano

79 - 81
Succeduto da:
Tito Flavio Domiziano