Scapigliatura

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Praga, Dossi e Conconi: ricordatevi questi nomi perché non li sentirete mai più in vita vostra.
« U! U! Ho io scritto questa lettera terribile, questa vocale spaventosa? L'ho io delineata esattamente? L'ho io tracciata in tutta la sua esattezza tremenda, co' suoi profili fatali, colle sue due punte detestate, colla sua curva abborrita? Ho io ben vergata questa lettera, il cui suono mi fa rabbrividire, la cui vista mi riempie di terrore? , io l'ho scritta. Ed eccovela ancora: U »
(Scapigliato medio in versione masochista mentre tenta di farsi passare per un gran figo.)

Dicesi Scapigliatura l'atto e l'effetto di inventarsi dal nulla una corrente artistico-letteraria senza possedere il minimo talento artistico. Per estensione possono definirsi scapigliati tutti coloro che, essendo degli sfigati cronici rifiutati persino dal Circolo della canasta, si inventano un genere che naturalmente conosceranno solo loro e i loro amichetti immaginari per darsi un tono da stronzo maledetto ma in fondo buono e vittima di questo mondo crudele e inappetente e cuccare gnocca. Logicamente facendo leva sulla disperazione di alcune donne rassegnate a trarre il meglio dal detto

« In tempo di guerra ogni buco è trincea »

Il riferimento continuo e morboso a temi gioviali quali morte, malattia, degrado sociale e orticaria, accompagnato dall'abuso di sostanze psicotrope e da una buona dose di "fottesega", ha permesso alla Scapigliatura di guadagnarsi un posto nei programmi ministeriali di italiano e nel cuore degli adolescenti in piena mania di onnipotenza. Ed è questa l'unica ragione per cui codesto articolo esiste.

Per il resto dell'universo, invece, l'esperienza della scapigliatura è quella che si prova difronte allo specchio la mattina.

La Scapigliatura, tra genio e sregolatezza

Fosca, ideale estetico degli Scapigliati.

Come tutte le mode truzze, la Scapigliatura nacque a via Montenapoleone a Milano e contagiò ben presto le province di Brescia e Monza e Brianza. Il termine, liberamente tradotto dal francese "bohème", vita da zingaro col Google translator, si impose a partire dagli anni '50 dell'Ottocento, iniziando la sua folle corsa nei campi nomadi di tutta la pianura padana.

Lo spirito di ribellione nei confronti della cultura tradizionale e del buonsenso borghese[citazione necessaria] che animava gli Scapigliati allora come oggi anima le matricole universitarie e i liceali, portò ben presto questi campioni di originalità a uscire di casa senza tornare all'ora stabilita per il coprifuoco. Uno dei primi obiettivi delle loro battaglie, dopo il riuscire a sembrare il più possibile brutti e spettinati, fu riuscire a farsi prendere sul serio da qualcuno. A questo scopo si scagliarono contro l'intero universo prestabilito, finendo per essere accusati di vilipendio alla nazione, disubbidienza coatta alla mamma e pessimo gusto in fatto di donne.

Il modo originale di guardare alla realtà, stabilendo nessi forzati tra cervello e organi sessuali, li indusse a trovare degni di interesse temi ignorati da chiunque; ne sono esempi l'isteria, la gotta e la vita dopo la morte. Di qui il fascino che il tema della malattia esercitò sulla loro poetica, spesso riflettendosi giustamente sulla loro vita che, come quella dei bohémiens francesi e altri "poeti maledetti" più maledetti che poeti, fu fortunatamente breve.

La Scapigliatura ebbe il merito indiscusso di far emergere in Italia il conflitto di interesse tra artista e società, facendo precipitare la stima per la letteratura italiana a minimi storici comparabili solo con la situazione attuale. La reazione indispettita degli scapigliati ebbe però la conseguenza di far nascere il mito della vita dissoluta e maledetta anche in Italia, dando di che vivere per sempre agli osti milanesi, ai medici del Sert e ai laureati in Lettere. Negli scapigliati si venne infatti a creare una personalità border-line, perennemente sospesa tra un "Vorrei", un "ma non posso" e un "allora improvviso".

L'attenzione per ciò che era patologico e deforme e la mania di sezionare le rane però favorirono indirettamente l'invenzione del Piccolo Chirurgo e della torcia tascabile. Per di più, grazie al gusto dell'orrido, anche le donne meno avvenenti poterono iniziare a sperare di poter pensare al 69 non solo più come al numero di giorni che restava loro da vivere.

L'epica lotta degli scapigliati contro Manzoni

Manzoni: «E chi sarebbero questi mona?»

Una delle vittime della sagacia rivoluzionaria degli scapigliati fu proprio lui: Alessandro Manzoni. Accusato di essere l'undecima piaga d'Egitto, nonché il colpevole della calvizie incipiente di tutti gli scrittori del secolo, Manzoni viene a rappresentare per gli scapigliati tutto ciò che c'è di peggio al mondo: l'autorevolezza. Con la sua ossessione per i testi dotati di senso logico e per la creazione di una lingua nazionale, egli simboleggia l'autorità paterna che col placido

« Ma vai a lavorare, debosciato di un mangiapane a tradimento! E tagliati i capelli! »

irride l'utopia scapigliata di fancazzismo elevato all'ennesima potenza.

Gli ideali liberali di dignità e indipendenza nazionale, l'attivismo morale, l'operosità etica e pratica del Manzoni causano a questi bohemiéns di Quarto Oggiaro pirotecniche crisi di pianto. Logicamente il rifiuto di superare l'estro adolescenziale viene motivato col classico:

« Tu non mi capisci! Ti odio! »

A causa di questo profondo e incolmabile divario generazionale, gli scapigliati finirono per reagire come tutti gli adolescenti: drogandosi, scrivendo poesie e vandalizzando i muri delle stazioni ferroviarie con scritte tipo

« Lucia puttana! »
(Viva la fica)
« Renzo c'ai le corne »
« I vostri etilometri non fermeranno il nostro alcolismo »
« Mimma,tvtttbI&M3msctilovvodibene »

L'unico vero problema è che i muri delle stazioni vengono regolarmente ripuliti e che, di conseguenza, ci risulta difficile rintracciare brani scampati alla furia conservatrice e bigotta degli inservienti delle Ferrovie italiane. Da quel poco che resta, emerge un marcato uso del dialetto, spacciato per "ricerca del vero". In un numero minore di casi il linguaggio artificiosamente arcaico sta a rappresentare il classico stavamo meglio quando stavamo peggio[citazione necessaria].

Iginio Ugo Tarchetti

Tarchetti durante l'imitazione di una posa da scrittore

Igin(i)o Pietro Teodoro, e tanto per gradire "Ugo", Tarchetti (San Salvatore Monferrato, 1839 - Piccionville, 1869) fu il principale esponente della Scapigliatura milanese nonché Mister Universo.

Tentò di scrivere la qualunque cosa: dalle poesie alle ricette mediche, dagli articoli per il giornalino scolastico a quelli su Wikipedia, passando per il racconto, il romanzo e il proprio necrologio. Fu un assertore talmente convinto del pacifismo che volle arruolarsi per potersi lamentare con gli amici di penna della propria infelicità. A questo scopo, e in versione profondamente antimilitarista, scrisse Una nobile follia, romanzo che venne pubblicamente arso dai suoi superiori non perché antimilitarista ma perché causa diretta di attacchi di omosessualismo tra commilitoni.

L’altro suo romanzo, Fosca, lasciato incompiuto e terminato da Salvatore Farina, fu il suo capolavoro; ed è persino ispirato a fatti realmente accaduti! In buona sostanza Tarchetti incrociò per caso una donna brutta, vecchia, malata di epilessia e in punto di morte. Tanto bastò perché egli si innamorasse perdutamente di questo coacervo di sventure e riuscisse persino a farne il soggetto di un romanzo. Lo sforzo però lo stancò così tanto che di lì a poco morì niente meno che di tisi, riuscendo finalmente a diventare un poeta maledetto a tutti gli effetti.

Finì così l'esperienza della Scapigliatura in Italia e fu questa l'ultima volta in cui il nostro paese risultò primo in qualcosa.

Voci correlate