Scapaccione

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« A Marescià! Si te dico de no me meni, si te dico de si me meni uguale. Allora dimme che me voi menà! Tse, tse. »
(Venticello dopo il secondo scapaccione del maresciallo Giraldi.)
« A cammeriè ariva sta pizza?! »
(Er trippa che non si è accorto del maresciallo dietro di lui e se la cerca.)

Lo scapaccione, chiamato anche "a ragazzì, ma te stai zitto che nun me fai sentì er film", è un'antichissima pratica educativa affinatasi nel corso dei secoli. Vanta numerosi tentativi di imitazione tra i quali, solo per citare i più illustri, ricordiamo lo sganassone e la botta tra capo e collo. È destinato normalmente ai pargoli particolarmente duri di comprendonio, intenti ad eseguire azioni vietate o che costituiscono una minaccia per la loro integrità fisica. Il fatto che lo scapaccione vada paradossalmente ad insidiare proprio quest'ultimo aspetto è irrilevante.
Viene spesso usato nei cinema, in presenza di un individuo seduto nella fila davanti, poco interessato ai dialoghi del film ed intento a ciarlare con la manza[1] al suo fianco. Affinché sia possibile l'impiego dello scapaccione, il ricevente deve essere posto infatti davanti al cedente e assolutamente girato di spalle. Venute meno queste condizioni imprescindibili, staremmo parlando di sberla, di ceffone o, nei casi peggiori, della temutissima cinquina.

« Ammazza che papagna che m'hai dato, sò ancora tutta rintronata! Comunque è giusto così, l'omo è omo e deve menà! »
(Laura Antonelli rivolta a Giancarlo Giannini nell'episodio Due cuori e una baracca del film Sessomatto.)

In questo scenario, ci troviamo di fronte ad un colpo non meglio identificato, per questo motivo il meticoloso regista ha imposto nel copione l'uso del termine "papagna", che abbraccia tutta la gamma che va dal semplice schiaffo al pugno in faccia.

Storia

Sulla comparsa dello scapaccione sono state scritte pagine a fiumi, è comprensibile che tutte le nazioni del mondo (ed includendo anche Timor Est intendiamo proprio tutte) ne rivendichino come propria l'invenzione. Al momento, si sono affermate sulle altre tre ipotesi.

Canaglione da Sutri: Lo scapaccione di Anagni, 1666, olio su focaccia, museo Zigulì (Frosinone).
  1. Origine nordica. Secondo il norvegese Øivind-Kåre Aasgaard, massimo esperto di antropologia culturale e castrazione delle renne di Trollfjord, lo scapaccione è stato inventato dai vichinghi, per venire incontro alla necessità di colpire qualcuno senza farsi male con le corna del suo elmo. L'idea fu allora quella di affibbiare la percossa nella zona alla base del cranio, l'unica scoperta.
  2. Origine egizia. I bene informati sostengono invece che il termine sia comparso in Egitto, attorno alla XII dinastia. Il faraone Hakenemaat, padre di Sotuttomaat, soleva colpire il figlio dietro la testa, facendogli picchiare la fronte sui papiri di matematica nella speranza che, così facendo, l'ostile materia facesse breccia nella coriacea zucca del pargolo.
  3. Origine asiatica. Ulteriori fonti parlano invece di un'origine birmana. Le donne di etnia Kayan sono famose per i numerosi anelli che portano al loro collo, tanto da essere definite le donne giraffa, ma ciò che a prima vista può apparire un semplice ornamento, in realtà è un espediente per proteggersi dai terribili scapaccioni dei loro mariti, che le considerano (a ragione) svariatamente zoccole.

A questo punto, l'unica testimonianza a cui prestar fede, giunta ai nostri giorni, è la tela di Canaglione da Sutri visibile a lato. Secondo gli storici, Bonifacio VIII fu colpito da Giacomo Colonna proprio nel momento in cui il Papa si stava girando con fare sdegnato. Il colpo, inferto col guanto in ghisa dell'armatura, provocò al pontefice un forte trauma al lobo occipitale, con conseguenze devastanti che si manifestarono immediatamente:

  • le immagini venivano percepite dal Santo Padre capovolte, alla vista del crocifisso con Gesù appeso per i piedi, accusò il vescovo Ciaspolotto da Scanno di adorare il demone Belfagor e lo scomunicò seduta stante per aver praticato messe nere;
  • vedeva inoltre in bianco e nero e molto offuscato, accusò allora il cardinal Frollone da Paternò (di cui la carnagione tradiva le origini siciliane) di essere il futuro "Papa Nero" delle profezie e, per evitare di dare il via all'apocalisse, lo strangolò con le proprie mani.

A seguito del gravoso atto, lo scapaccione fu vietato in tutto lo Stato Pontificio, chiunque si fosse macchiato di tale reato veniva condannato a novanta giorni di fortezza. Dopo la breccia di Porta Pia tornò in auge, fino a diventare l'insostituibile strumento educativo che tutti conosciamo.

Tecnica di somministrazione

A chi si volesse cimentare nella difficile arte del dare scapaccioni, ci sentiamo in dovere di dare qualche consiglio.

  • Innanzitutto non bisogna improvvisare, perfezionate prima la tecnica in casa, magari con un fratello più piccolo, magari quando non ha in mano un pestacarne.
  • Indietronulla[2] scegliete per la prima "prova sul campo" un cinema a luci rosse, il soggetto sarà troppo preso dalla tromb trama e avrà i tempi di reazione di un bradipo imbalsamato, ciò vi consentirà una fuga agevole (sempre che il maniglione antipanico dell'uscita di emergenza funzioni).
    Detto questo, vanno tassativamente rispettate le fasi illustrate a latere.
Le quattro fasi indispensabili per uno scapaccione ben assestato.
  1. Valutazione. È fondamentale stimare la consistenza della scatola cranica del soggetto da colpire, un colpo troppo forte può vanificare l'effetto educativo dell'atto e scatenare reazioni che possono facilmente evolvere in volgari risse.
  2. Misurazione. Qualche giorno prima, facendo finta di scacciare una mosca dalla spalla del soggetto, misurate la distanza ottimale per impostare il corretto arco differenziale nella curva di Knahuz, in modo da non colpire in seguito l'orecchio.
  3. Azione. È finalmente venuto il momento, colpite tenendo bene a mente i due punti precedenti e sarà un successo. Se avrete eseguito correttamente l'atto, sentirete un suono sordo, molto vicino a STUMPF!
  4. Spiegazione. Il colpito, evidentemente stupito, si rivolgerà a voi con una frase del tipo: "Ma perché m'hai menato?" A questo punto, la fase educativa assurge a figura principe dell'intera pratica. La motivazione deve essere seria ed incontestabile, deve pesare sul soggetto come un maglio, in modo tale che lo stesso sia convinto che poteva andargli peggio, e che lo scapaccione sia addirittura una punizione bonaria per la sua mancanza.


« Ora siete pronti, andate ed educate! »
(T.J.Birkenauh, Lo scapaccione nella società moderna, Berlino 1964, Ed. Larissa.)

Note

  1. ^ ragazza, accompagnatrice
  2. ^ sì, sono un deficiente

Voci correlate