Samurai

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Mazinga Z, il più conosciuto tra i samurai.
« Ho scoperto che la Via del Samurai consiste nella morte. »
(Yamamoto Tsunetomo.)
« Ah. Pensavo fosse dopo Piazza dei Ciliegi, al semaforo, svoltando a destra. »
(Chiunque in risposta ad affermazione precedente.)

Per Samurai (人形劇; pronuncia /*ma-lioh-né:ta/) si intende in primis la prima persona singolare del verbo Samurare al passato remoto. Ma anche un tipo di guerriero tipico del Giappone medievale, sfruttato fino all'ultimo da chi comandava in quel momento, sia stato esso l'imperatore, lo shogun[1] o l'allenatore della nazionale juniores di calcio.

Origine

La spada del Samurai è considerata da essi parte integrante del proprio corpo, nel bene o nel male.

In origine il sistema feudale giapponese prevedeva che l'imperatore, lo shogun o l'allenatore delle juniores avessero con sé un folto numero di cortigiani, artisti, indovini, nanetti da giardino e presentatori TV. Tuttavia, a seguito di truculente cospirazioni di palazzo, tensioni interne e alla temutissima trentunesima stagione di Lost, l'imperatore dovette riassettare l'ordine sociale del suo seguito, facendosi affiancare da persone utili che avrebbero sacrificato la propria esistenza per il loro sovrano, lo avrebbero protetto, lo avrebbero salvato, lo avrebbero sostituito in caso di golpe.

Così, durante il periodo Edo (cronologicamente subito dopo il periodo Eco, ma molto, molto tempo prima al periodo Emo), venne istituita la casta dei samurai, costituita proprio dagli ex membri delle vecchie côrti imperiali. Così i primi samurai erano côlti, artisti, religiosi, un po' bassini e si vendevano alla rete televisiva che offriva di più. Inizialmente tali samurai costituirono la guardia del corpo imperiale, ma come le cortigiane si concedono al migliore offerente, piano alla volta, ma inesorabilmente, anche i samurai divennero guerrieri al servizio dei signorotti locali, detti Daimyo o Padrini, sacrificandosi per loro, proteggendoli, salvandoli, sostituendoli durante i golpe, ma anche portando loro la colazione a letto. Quando il padrone moriva anziché essere liberi passavano il resto dell'esistenza a cercare vendetta, morendo nel tentativo, e venivano per questo chiamati ronin, che in giapponese significa letteralmente "fallito". Chevvitemmerda.

Onore

« ... Sono il suo servitore, una volta tanto tempo fa mi ha salvato la vita, ero in debito con lui, un samurai deve essere sempre fedele al suo signore qualsiasi cosa accada, comunque io e lui discendiamo entrambi da tribù molto antiche e molto diverse e adesso siamo entrambi in via di estinzione. »
(Tratto dal film Jurassic Park)

In ogni contesto di tipo latifondista è facile che si organizzino strutture paramilitari e antistatali ben organizzate, che basano il loro potere sul consenso popolare e sull'appoggio dei signorotti locali, come è il caso delle dittature brevi in America latina del XX secolo, delle attività illecite della Sicilia dopo l'Unità, dei Comuni nell'Italia del Medioevo, della conquista del pianeta Naboo da parte del senatore Palpatine in Guerre Stellari, così capitò anche nel Giappone del periodo Edo. Ma la cosa che accomuna le suddette organizzazioni è il profondo senso dell'onore che le caratterizza, sintetizzato in un codice non scritto, ma tramandato di generazione in generazione, come la favoletta del buon sonno. Tuttavia i samurai, per far notare al mondo di essere diversi dagli altri, se la sono pensata e hanno redatto un loro codice, essendo così i primi "Uomini d'Onore" col certificato di garanzia: il bushido, letteralmente Manuale dei Giovani Guerrieri.

Bushido: la via del guerriero

Antica stampa raffigurante un samurai in procinto di scagliarsi contro un torrone.

Situata tra la Via Appia e la Fiorentina, la Via del Guerriero è quella strada che il samurai deve percorrere - nel bene e nel male, nella salute e nella malattia, finché morte non li separi - per liberarsi dal giogo del karma, compiere il proprio destino, raggiungere il paradiso del Buddha Amida, rinascere come divinità portabile da caminetto o, più semplicemente, fare quello che ordinava il proprio signore con cieca obbedienza.

Il Bushido (o Bushidō secondo Wikipedia, Vushido secondo la lingua Greca, Uccido secondo Altair, Cuscino secondo me), altro nome della Via del Guerriero, è un lungo elenco di cose da fare o da non fare espresso in frasi criptiche e metaforiche, tra cui:

« I nostri corpi ricevono la vita dal profondo del nulla, esistere là dove non vi è nulla, è il significato della frase "La forma è vuoto". E il fatto che ogni cosa trae sostentamento dal nulla è il significato della frase "Il vuoto è forma". Sarebbe errato pensare che si tratti di due concetti distinti. »
« Nella regione di Kamigata è diffuso una specie di cestino da pranzo intrecciato che si usa un solo giorno nelle passeggiate campestri. Al ritorno i gitanti se ne liberano calpestandolo. La fine è importante in tutte le cose. »
« Quando la brezza dell'Aurora accarezza la pelle del tuo viso non importa chi sei o da dove vieni. Anche la méta è poco importante. Il viaggio che compi, attimo per attimo, ti dirà l'essenzale per la tua esistenza. Vietato sputare fuori dal finestrino. »

Di fronte alla complessità di tali argomentazioni, difficilmente eseguibili da chiunque si decise di semplificare tutto il codice in appena sette regole, facili da ricordare come una filastrocca: Gi-Yu-Jin Rei-Shin Meiyo-Chugi, il cui significato è pressappoco "Ambarabàciccìcoccò Tre scimmiette sul comò".

Capite queste sette regole, il resto è fuffa.

L'applicazione alla lettera prevedeva la morte in combattimento. Il venir meno a queste semplici norme prevedeva il suicidio. Uscire dal ruolo di samurai prevedeva la condanna a morte. Tutto ciò ci fa capire che tipo di rapporto avevano con la vita e come mai la considerassero così preziosa.

Seppuku: la via del suicidio

Sul finire dell'epoca Edo si fece sempre più largo tra i virgulti appartenenti alla casta dei samurai il concetto che la vita dell'uomo è fugace, che a paragone un petalo di ciliegio vive eterno, che la Via del Guerriero è la morte e che ce l'hanno tutti con me perché son piccolo e nero. Questo pessimismo dilagante diede poi nome all'epoca successiva - l'epoca Emo - ma questa è un'altra storia. In un clima così mogio si capì che l'unica soluzione per risolvere i problemi della sovrappopolazione (e il Giappone si sa, è un arcipelago piuttosto scarso nelle risorse naturali, pertanto un problema come l'incremento demografico metteva in seri problemi tutti) era il suicidio rituale. Per questo le norme per i samurai si fecero sempre più complesse e impossibili da imparare a memoria, affinché in un modo o nell'altro sarebbero stati più numerosi coloro che si sarebbero dati alla pratica del suicidio rituale, chiamato appunto Seppuku. Il seppuku consisteva nel conficcare una lama nello stomaco. Inizialmente molti fraintendimenti spinsero i primi seppukai a colpire lo stomaco di cervi o conigli, in seguito si andavano colpendo gli stomaci altrui, finché non si capì che lo stomaco da colpire era il proprio. Qui fallirono molte macellerie che avevano fatto della vendita di stomaci da usare nel seppuku la loro fortuna. La pratica consistette quindi all'auto-sventramento con tanto di coltello e la conseguente decapitazione, per assicurarsi che il morto fosse morto. Un famoso tentativo di seppuku venne effettuato da Wolverine, ma evidentemente non era ancora il suo momento. Invece il caso più celebre di seppuku collettivo fu il suicidio dei Quarantasette Rōnin, la cui voce però si sparse lontano. Infatti per questo si dice "Quarantasette: morto che parla!".

Varianti

Al seppuku si aggiungano altri tipi analoghi per divertenti suicidi da applicarsi da soli o in compagnia. In breve essi sono:

  • l'Harakiri, taglio del ventre, ma senza decapitazione, per i deboli di stomaco[2];
  • lo Jikai, per dimostrare di non essere discriminanti nei confronti delle donne si permetteva anche loro di suicidarsi, con l'apposito taglio della gola;
  • il Taglio delle Vene, da effettuarsi nella vasca da bagno, nei bagni pubblici o in ascensore.

Armatura

« Un samurai senza armatura è come una donna senza tette. »

Ogni bravo samurai che si rispetti ha la sua bella armatura: in bronzo, in ferro, in pelle umana o per chi non può permettersi di meglio in cartone. Tuttavia non sempre essa è necessaria, così per le campagne di Nagoya o presso lo Shiretoko Kokuritsu Kōen (知床国立公園, Parco Nazionale di Qualcosa) ancora oggi si possono notare diversi samurai che camminano in giro esclusivamente col kimono, senza nulla sopra né sotto (nelle giornate di vento sono uno spettacolo), la cui unica memoria d'arme è la spada, la katana, in quanto l'essenza dell'armatura di un samurai sta proprio nella spada. Dietro la propria spada il samurai si sente protetto, senza di essa si sente morto, con una spada rotta si sente malato terminale, mentre se ha il solo fodero è in stato semicomatoso.

Le armi

La prima arma i samurai la ottenevano all'età di 13 anni, in un rituale che prevedeva il loro addestramento rinchiusi in una stanza buia da soli, con in mano un temperamatite. Così, se fossero stati degli emeriti cretini, tempo due-tre minuti si amputavano le braccia da soli. Chi sopravviveva otteneva la propria prima katana, opportunamente chiusa al fodero con lacci, corde, catenacci e lucchetti, affinché il giovane samurai non avesse da preoccupare per la sicurezza pubblica.

Un'altra arma ritenuta importante era l'arco, in dotazione ufficiale ad ogni bravo samurai, usato perlopiù nelle grandi battaglie, quando centinaia di arcieri riuscivano a scoccare così tante di quelle frecce da oscurare il cielo, per la gioia dei meteorologi che avevano previsto sole. Ad esso si affiancava lo scudo in legno che non offriva riparo alcuno, ma faceva molto chic in quanto in pendant con gli zoccoli, in legno anch'essi.

La fine dei Samurai

Ci si chiede: che fine hanno fatto 'sti benedetti samurai? Per quale motivo, nonostante incarnassero il prototipo del guerriero perfetto di loro oggi non rimane traccia alcuna?
Ci piacerebbe avere una risposta scientifica, come quella di Wikipedia, che sostenga che in realtà i samurai furono assorbiti negli eserciti regolari giapponesi occupando incarichi di rilievo e trasmettendo nei kamikaze[3] lo spirito del sacrificio e tutte le altre stronzate da emo. Vorremmo anche potervi raccontare la battuta - piuttosto agevolata - relativa alla presenza dell'ultimo samurai, suicidatosi a causa di Tom Cruise che lo voleva convertire a Scientology, sarebbe fin troppo scontato e prevedibile. Pertanto chiuderemo invece l'articolo con una parentesi aperta (questa: [) citando a caso una frase dal film Ghost Dog:

« Di certo non c'è altro che il particolare scopo del momento presente, tutta la vita di un uomo è fatta di momenti che si susseguono, chi sa comprendere pienamente il momento presente, non dovrà fare altro, né dovrà porsi altri scopi. »

Il significato lo sconosciamo anche noi, così come il senso all'interno del paragrafo, ma sembrava carino chiudere con una frase d'effetto.

Note

  1. ^ Che presero il nome dal marchio dei famosi coltelli da cucina.
  2. ^ In realtà il termine è di invenzione occidentale, creato a seguito di una frettolosa descrizione del seppuku in cui mancavano certi dettagli, così si inventò il termine harakiri unendo i nomi degli antropologi che curarono la stesura del trattato sul seppuku, Joseph O'Hara e Ianni Kirieleison, per mascherare un finto rituale mai esistito e giustificare così l'errore dei citati studiosi.
  3. ^ Anche qui avremmo da segnalare un errore di interpretazione avvenuta durante la traduzione dei costumi nipponici in occidente dei kanji 麻雀, che indica lo Shinpuu o suicidio per la causa, facilmente confondibile con i kanji pressoché identici 上手に!, che appunto si leggono Kamikaze e letteralmente significa mi butto perché non so che kaze fare.

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