Publio Cornelio Tacito
Publio - secondo alcuni Gaio[2] - Cornelio Tacito (latino Publius Cornelius Tacitus) fu un mitomane paranoico megalomane uno storico e uomo politico romano. Le sue opere sono giunte fino a noi solo in minima parte[per fortuna], ma tanto è bastato per farlo detestare da generazioni e generazioni di liceali. Analizzandole risulterà chiaro il suo intento doloso di creare quanti più grattacapi possibile agli smidollati studentelli delle generazioni future.
Cenni biografici
Come ben si sa[Eh, come no!], le notizie su Tacito sono alquanto confuse e frammentarie: non tanto perché le fonti storiografiche siano andate perdute, quanto perché nessuno ha ritenuto di dover fornire notizie su di esso. La difficoltà interpretativa dei suoi scritti era nota già ai suoi contemporanei, quindi l'ostracismo nei suoi confronti si sviluppò pedissequamente alle sue pubblicazioni.
Quando è nato
Nessuno è mai stato in grado di stabilire con sicurezza gli estremi della vita di Tacito: taluni lo fanno nascere nel 56 d.C., tal altri nel 58, altri ancora nel Paleolitico Superiore, ed altri ancora nel 1929. L'anno della morte oscilla, secondo le stesse fonti, dal 120 al 125 d.C. oppure nel penultimo anno dell'Era del Cinghiale Bianco, ma c'è chi dice che il vero anno della sua dipartita sia il 1987. A suffragare questa tesi interviene nientemeno che Enzo Biagi, in un'intervista dai più ritenuta apocrifa, ma della quale si deve giocoforza tener conto[citazione necessaria]. Secondo i sostenitori dell'autenticità di questa intervista, Biagi e Tacito avrebbero trascorso insieme lunghi periodi di villeggiatura in una tenuta sulle colline toscane, messa a loro disposizione da Cilindro Montanelli[3] in persona, in cui si sfidavano vicendevolmente nella traduzione dei rispettivi scritti, senza mai riuscirci.
Dove è nato
Anche le notizie sul luogo di nascita sono piuttosto vaghe. Senza contare i cazzari, che lo fanno nascere in luoghi improbabili come Roncobilaccio o Ficuzza, le fonti più autorevoli restringono in un fazzoletto di terra comprendente Spagna e Francia, Benelux, Padania, Terni, Isola di Pasqua, Cornovaglia[4], il luogo in cui verosimilmente e con buona approssimazione, si può ritenere che Tacito sia venuto al mondo[citazione necessaria]. È noto che nelle sue opere sono presenti numerosi riferimenti sul luogo e la data di nascita, ma guarda caso solo nelle parti che sono andate irrimediabilmente perdute.
Perché è nato
In questo caso, la risposta è molto semplice: la mamma dei cretini è sempre incinta.
Studi e lavori minorili
Tacito studiò con ottimi profitti: le sue pagelle, dalle elementari alla maturità classica, straripavano di Decem cum laude. Nei mesi estivi veniva mandato dai genitori a "fare la stagione"[5] come lavapiatti nei ristoranti della riviera romagnola, dove venne colpito da frequenti attacchi di dissenteria, provocati da eccessiva ingestione di frittura mista. All'età di ventiquattro anni conseguì la laurea in lingua e letteratura latina, discutendo una tesi intitolata "Homo longus, raro sapiens, at si sapiens, sapientissimus"[6]. Ovviamente, col massimo dei voti, schiaffo accademico e calcio in culo benaugurante somministrati direttamente dal rettore.
Carriera politica e letteraria
Come ogni civis romanus che si rispetti, anche Tacito fece il suo bravo cursus honorum. Cominciò dalla gavetta, come bigliettaio della trambiga di linea, quindi fu avviato alla gestione di una cooperativa di servizi, che forniva personale paramedico sottopagato all'azienda sanitaria locale di Roma. Fu arrestato per bancarotta fraudolenta ed alito cattivo in luogo pubblico, e trascorse due anni a spaccare granito nelle cave di Carrara. Dopo questo incidente di percorso, con tre vertebre incrinate, un alluce schiacciato e il metacarpo della mano sinistra fratturato, riprese la sua scalata al potere. Nel frattempo gli imperatori della dinastia Flavia avevano fatto posto a Nerva, che prese in simpatia quel giovanotto un po' sfigato, e gli affidò i primi incarichi importanti. Fu console in breve tempo, e scoprì la sana arte dell'otium, che è propria delle classi politiche di un certo livello. Si rese conto di avere un sacco di tempo libero, che impiegò nelle sue attività preferite: la caccia, l'oratoria, le belle lettere. Sono di questi anni le sue prime opere: l'Agricola e la Germania. A causa del suo alto tasso di vanità, egli reputava le sue opere come la migliore cosa che si potesse leggere in quel periodo, perciò costrinse tutti quelli che gli stavano vicino a sorbirsi ore ed ore di letture commentate, di orazioni, di declamazioni. In questo periodo Tacito inizia a farsi i primi nemici.
Dopo qualche anno trascorso in disparte, proprio perché tutti lo fuggivano a causa della sua logorrea, Tacito ricoprì la carica di proconsole, che gli consentiva di avere ancora più tempo libero: compose in quegli anni le Historiæ e gli Annales, e si ostinò a leggerli a tutte le persone che incontrava. La pazienza di tutti i cittadini di Roma venne messa a dura prova, tanto che si era formato un comitato spontaneo dal nome Tacita Tacito, che si proponeva di strappargli la lingua e cucirgli le labbra. L'imperatore Traiano trovò la soluzione e così sentenziò:
Tacito fu promosso alla massima carica raggiungibile da un cittadino romano, a parte il titolo di imperatore, ossia governatore di una provincia romana. Fu spedito nell'antica provincia romana chiamata Asia, corrispondente all'Anatolia Occidentale, nell'odierna Turchia: così lontano che a Roma furono organizzati festeggiamenti che si protrassero per quattro settimane. Non è dato sapere come si sia comportato colà, ma è un dato di fatto che le popolazioni turche, da sempre miti e pacifiche, siano diventate rissose e litigiose senza motivazioni plausibili proprio a partire dal suo governatorato. Da qui in poi non si hanno più notizie sicure, e di Tacito si perde ogni traccia. L'unica certezza è che una tribù vegetariana di Bisanzio, sua dirimpettaia, praticò il cannibalismo proprio in quel periodo.
Le opere
Tacito dovrebbe aver scritto {una caterva di opere minori, nessuna delle quali giunta fino a noi, per fortuna. Gli argomenti trattati sono i più disparati: dal libretto di istruzioni di una clessidra alla lista della spesa; dalle riflessioni sul pessimo servizio offerto dalle trattorie di Trastevere al panegirico in onore dei pipistrelli che divorano le zanzare; dall'arringa in difesa di un imputato di stalking alla delirante descrizione delle stelline che vedeva dopo essersi stropicciato gli occhi. Come detto, tutto questo materiale è andato giustamente perduto. Qualcosa purtroppo si è salvato per merito di qualche monaco amanuense che, anziché pregare o masturbarsi, ha sprecato occupato utilmente la sua esistenza riempiendo codici su codici con cospicue parti dell'opera tacitiana. Qui ci si occupa di quanto effettivamente è rimasto.
Dialogus de oratoribus
A rigore di logica[Crediamoci] il Dialogo degli oratori non dovrebbe essere considerato autentico: troppe le differenze di stile, troppi i concetti morali in evidente antitesi con l'etica tacitiana, troppe le cazzate scritte in così poche pagine. Troppe anche per Tacito. Tuttavia quest'opera viene tranquillamente fatta passare come sua, probabilmente perché sul codice più antico si legge una piccola scritta laterale: "TAC"[8], che deve aver tratto in inganno gli studiosi, abituati ad incontrarla spesso sui dizionari di latino. Nell'opera si confrontano vari stili retorici, con i loro migliori rappresentanti, e ne viene fuori uno spettacolo indecoroso: una pessima imitazione della peggiore TV spazzatura italiana, con risse non solo verbali, feroci scambi di contumelie, bestemmie in libertà. Alla fine non si viene a capo di nulla e la questione sugli stili oratori rimane sospesa.
De vita et moribus Iulii Agricolæ
Tacito aveva ingravidato la figlia del famoso generale Giulio Agricola, ed era stato costretto alle nozze riparatrici. Per rendersi meno inviso agli occhi del suocero, mise per iscritto una serie di lodi sperticate al suo indirizzo, che intitolò La vita e le usanze di Giulio Agricola, senza sortire l'effetto sperato: Agricola mantenne sempre un contegno freddo e distaccato nei suoi confronti. L'opera è evidentemente poco obiettiva, essendo ispirata da meri calcoli opportunistici, e non da vero senso di necessità storica.
De origine et situ Germanorum
Come premio per la laurea brillantemente conseguita, i genitori regalarono a Tacito un viaggio-premio in terra di Germania. Tale esperienza di viaggio sarà ampiamente descritta ne L'origine e il territorio dei Germani. Lo scrittore si sofferma sulle deficienze organizzative dei pochi e fatiscenti stabilimenti turistici del luogo, con descrizioni molto accurate. Si può citare ad esempio il resoconto dello smarrimento dei bagagli - ritrovati sei mesi dopo a Cartagine - appena giunto a Dortmund; si può citare la pesante stroncatura dei gusti alimentari autoctoni, tra i quali non salva neppure i würstel con crauti, e ne ha pure per la birra, che chiama senza mezzi termini urina a cane profusa[9]. Quando descrive la popolazione, lo fa con aria di malcelato disprezzo e superiorità: gli uomini sono ignoranti, puzzolenti e pelosi, le donne sono ugualmente ignoranti, puzzolenti e pelose. Ad un certo punto sembra che Tacito ne lodi la morigeratezza e la castità, ma in realtà c'è un sottotraccia ironico: essendo ignoranti, puzzolenti e pelose non ricevevano alcuna proposta oscena.
Historiæ
Le Storie furono composte da Tacito dopo una meticolosa ricerca storica: consultò tutti i numeri degli Acta diurna, il quotidiano dell'epoca. Come dire che mio cugino potrebbe scrivere la storia degli Stati Uniti d'America perché non si è mai perso un numero di Topolino. In quest'opera si descrive un periodo storico molto ristretto, dal 68 al 96, vale a dire dalla morte di Nerone alla morte di Domiziano. A noi sono giunti solo i primi 4,26 libri su diciassedici, che trattano l'anno Sessantanove e l'inizio del Sessantadieci, e si interrompono durante l'assedio di Gerusalemme. A questo punto Tacito, parlando degli Ebrei, offre un ampio sfoggio del suo incoercibile antisemitismo, diventando il precursore di una moda tutt'altro che passeggera.
Annales
Gli Annales ab excessu Divi Augusti, per gli amici più semplicemente Annali, sono senza dubbio l'opera più vandalizzata dai detrattori fin dall'antichità. A cominciare dal titolo, spesso storpiato in Anales in cesso Divi Augusti[10]. Fu scritta quando Tacito era ormai evitato da tutti come la peste bubbonica, per via della sua interminabile parlantina, di conseguenza fu aborrita ancora prima della sua effettiva pubblicazione. Questo spiega anche la ragione per cui l'opera sia giunta fino ai giorni nostri gravemente mutilata: ampie parti di essa sono state cancellate per riscrivervi sopra opere di dubbio gusto come il Baldus di Teofilo Folengo o l'Ifigenia in Aulide di Pinco Pallino. Dopo aver scritto le Storie, Tacito si rese conto di aver tralasciato il periodo precedente dell'età imperiale, dalla morte di Augusto all'anno 68, e decise malauguratamente di porre rimedio. È probabile che l'opera sia da considerare comunque incompiuta, dal momento che Tacito la ampliò costantemente, di edizione in edizione, con aneddoti che man mano andava ricordandosi. È certo, comunque, che ci stava ancora lavorando fino al momento in cui sparì nel nulla. L'opera in sé è tanto, ma tanto, ma tanto noiosa che è preferibile non dilungarsi oltre[11].
Lo stile di Tacito
Tacito fu persona colta ed istruita, consapevole di esserlo. Anziché sfruttare positivamente le sue indubbie capacità, preferì fare il figo sbattendo maleducatamente in faccia a tutti la sua supposta superiorità in campo letterario. Ecco che allora anche il suo stile doveva essere sopra le righe, talmente ricercato, arcaicizzante e inconsueto da provocare tuttora orgasmi multipli in diretta a numerosi insegnanti ambosessi dei licei di periferia. Come se non bastasse, Tacito odiava a morte il verbo "esse"[12], perché riteneva sin da piccolo che gli portasse sfortuna. Quindi fece di tutto, riuscendoci benissimo, per eliminarlo dai suoi scritti: a suo dire esso andava sottinteso, od al limite immaginato. Tacito calcolò che solo l'aver eliminato il verbo "esse" dai suoi scritti gli consentì di risparmiare notevoli quantità di fogli A4 e toner rigenerato.
Voci per tacitare i rompic utili per i più curiosi
- Il Baldus di Teofilo Folengo
- Gaio Svetonio Tranquillo come il mare in burrasca
- Gaio Sallustio Crispo
- Ifigenia in Aulide
- Ifigonia in Culide
Note
- ^ Tacito, Annales, libro XIII, 50. «Lo stesso anno, a seguito delle frequenti lagnanze del popolo contro l'avidità dei pubblicani, Nerone meditò di abolire tutte le imposte e offrire questo bellissimo regalo al genere umano». Una frase per niente attuale.
- ^ Ma sarebbe fin troppo facile fare dell'ironia spicciola.
- ^ Interrogato a riguardo, Montanelli non conferma né smentisce.
- ^ La Gens Cornelia, secondo questa tesi, trarrebbe da questa terra il proprio nome. O forse è il contrario.
- ^ Æstatem agere servitute oppressus, secondo il modo di dire d'allora.
- ^ L'uomo alto di rado è intelligente, ma quando lo è, è intelligentissimo.
- ^ Anche in italiano suona bene: "Sia promosso affinché sia rimosso".
- ^ Alcuni studiosi dissidenti sostengono che sia l'acronimo di "Tarzanellos Ad Culum [habes], allegro motto goliardico che spesso si scambiavano gli amanuensi.
- ^ Piscio di cane.
- ^ Rapporti anali nel cesso di Augusto.
- ^ Per pietà vostra, mia, e dello stesso Tacito. Ho detto.
- ^ "Essere", in Italiano; "sum", per gli insegnanti di cui sopra.