Provincia di Belluno

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« Si trattava di un luogo di superstizioni e riti pagani fatto per essere abitato da esseri più vicini agli animali che agli uomini. »
(Christopher Johnson McCandless la prima volta in provincia di Belluno)
« Le provincie del Veneto? Padova, Venezia, Verona, Treviso, Vicenza, Rovigo e Cortina. »
(Veneto medio)

Storia

Nel 1404 viene annessa alla Serenissima e spacciata per veneta. Sono appunto i veneti i primi a dire che non fa provincia, o perlomeno che non è etnicamente veneta in quanto non si riesce nemmeno a comprendersi parlando.

Geografia fisica

La parte alta della Provincia è completamente montuosa e abitata dai ladini. Sono una tribù probabilmente autoctona che parla un idioma che tutti reputano incomprensibile, quasi come l'italiano.

Alcuni autoctoni parlano di un luogo oscuro che loro stessi chiamano "Alpago", nella Riserva del Cansiglio. Ivi vengono conservati in vitro alcuni resti dei Cimbri. Nel 2012 si sono verificate massicce immigrazioni verso l'Alpago in quanto essendo questa zona arretrata di diversi secoli si ritiene che la fine del mondo li non sia nemmeno concepita.

Società

Nella provincia di Belluno convivono molte diverse etnie e popolazioni, ognuna delle quali ha in programma un referendum per la secessione; ma non dall'Italia o dal Veneto, e nemmeno dalla Provincia di Belluno - che a fare queste robette qui sono buone pure le femene - il referendum è per separarsi dai loro nomi. Eccoli finchè non li disconoscono:

I Pagòt

Nella parte a est ci sono dei montanari vecchi e cocciuti che si sono barricati su per una montagna e quando qualcuno va lì per fare amicizia lo cacciano a sassate. Questi amichevoli tizi abitano in Alpago (Pagottolandia o Alpagonia) e vivono nelle loro caverne scavate nella roccia carsica tipica del luogo che si differenzia dal resto della provincia, dove le montagne sono fatte di dolomite. Questa caratteristica ambientale rende l'Alpago il luogo meno interessante del pianeta Terra (sì, è meno interessante anche dell'Isola d'Elba). Gli abitanti sono tutt'oggi chiamati "pagòti" o "pagòt". La loro evoluzione cerebrale è pari a quella di un australopiteco nano antropoide, ma negli anni si sono organizzati e hanno imparato come usare le clave (l'oggetto che serve ad attaccare la clava alla cintura si chiama 'portaclave'). La leggenda narra che il capo tribù, un tempo, era l'unico in grado di saper usare un trattore. Col passare degli anni, un dittatore (tal Toni Buio), riuscì a purificare la razza imbastardendola con dei "saiok" (vedi sotto). Da allora l'unico mezzo di trasporto dei pagòt è il trattore che loro usano per fare di tutto (dall'arare il campo all'andare a messa la domenica mattina). Spesso li si vede girare in branchi canticchiando la loro tipica canzoncina: "sono sporco e non mi lavo perché vengo dall'alpago" mentre si dirigono al cinema a guardare "Dalla Cina con furore e dall'Alpago col trattore"

I Belumàt

Ponte degli Alpini.

Da secoli incontrastati dominatori della valle che dal capoluogo prende il suo nome, i belumàt sono famosi per essere talmente aperti di mentalità e rispettosi delle diversità da essere degli 'amiconi' per antonomasia. Inutile elencare tutti i nemici che hanno gli abitanti di Belluno: i feltrini li odiano per la sede della Diocesi, i pagotti perché li reputano troppo colti e snob, i trevisani perché li trovano troppo rozzi, i cadorini perché inquinano la montagna, i vittoriesi perché sono troppo ecologisti, gli agordini non sanno nemmeno loro perché, gli ampezzani per quel triste "BL" (che poi, in fondo, sta a 60 Km!) stampato sul culo del Cayenne! Dal canto loro, i bellunesi riempiono di lodi e complimenti i propri vicini di casa: i feltrini sono nemici storici, i pagotti sono sporchi e cimbri, i trevisani "co che i vien su la montagna la é sua de lori, no?", i vittoriesi perché sono trevisani, gli agordini perché hanno le pezze al culo, gli ampezzani perché sono dei montanari arricchiti. Sarebbe eterno l'elenco della gente che si detesta per ragioni geografiche tra i bellunesi, antiche faide tra sinistra e destra Piave si sono spente soltanto qualche decina d'anni or sono, qualcuno parla di inimicizie anche tra Oltrardo e Resto del Mondo. Con una cosa il bellunese andrà sempre d'accordo: l'alcool. Amico e confidente, non importa con chi tu sia, se sei sbronzo puoi diventare socievole (e non odiare!) perfino con un feltrino, salvo poi ritrovarti con una cirrosi a 40 anni...

I Feltrini

Nella parte sud della provincia vivono i cosiddetti "feltrini". Essi si differenziano dagli altri per il tipico colore rosso del viso. Infatti, data la presenza nel loro territorio di una birreria famosa in tutto il Veneto per le leggendarie sbronze degli avventori, bevono birra 65 ore al giorno e tornano a casa pesantemente ubriachi. Passando da queste parti, in particolare nei dintorni del già citato locale, non è raro vedere brave ragazze che si azzuffano tra di loro fornendo la fantastica visione dei loro perizomi, nonché personaggi che vomitano vestiti da cowboy gay. Il loro idioma è un misto tra il bellunese stretto e il dialetto "gnas" tant'è che molti ornitologi stanno ancora cercando di tradurre certi vocaboli incomprensibili anche tra i feltrini di paesi limitrofi.

I Lamoe

« Eo nou ou oe amia o eo ae o eo ua?  »
(Tipica frase in Lamonàt)

Vanno distinti dai feltrini gli abitanti di Lamon con Arina e San Donato, esseri mitologici che hanno imparato a vivere nell'isolato altipiano e sul sovrastante monte Coppolo coltivando e cibandosi solamente di fagioli e pecore; l'isolamento ha però portato questa popolazione a parlare lingue incomprensibili denominate "Lamonàt" "Larinaz" e "Martorel". Anche queste tre popolazioni che convivono lungo la Val Senajga si odiano profondamente, ma poi riescono a non scannarsi a vicenda quando devono insultare tesini e primierotti (che si credono ancora sottomessi da uno stormo di aquile, alcune bicipiti, che variano per colorazione dal rosso acceso al nero tenebroso) o aprire sanguinose dispute confinarie con loro. Tutto ciò, però, non è nulla rispetto all'odio viscerale che i tre villaggi provano per il feltrini (denominati "cul bianch") che formalizzarono anche in un librone comune del 1330 intitolato Libro della regola su come odiare li feltrini, servitori del demonio. L'odio naturalmente si estende anche alle tribù circostanti e del mondo intero, ed in particolare a tutti i terribili veneti sfruttatori.

I Saiok

Da ricerche condotte dai Laboratoit Garnier®, alcuni abitanti del centro a Belluno, nei comuni di Belluno, Sedico, Santa Giustina, Sospirolo e San Gregorio nelle Alpi si ritengono "normali", considerando rozzi e arretrati gli abitanti del resto della provincia, accogliendoli in "città" con l'espressione "Atu vist i malghèr?". Spesso evitano di mischiarsi con le razze barbare inferiori che talvolta calano dal nord, e, per evitare di essere compresi, comunicano in un linguaggio misterioso che taluni in provincia definiscono come "Taliàn". Infatti la caratteristica che distingue i normali dal resto delle etnie è il saper usare correttamente la lingua italiana. Si narra che molti "normali"(Vedi:Saiok) furono uccisi dai barbari(p.e.Gnas) negli anni '50 e '60 del secolo scorso perché, parlando in italiano anziché in dialetto, vennero accusati di stregoneria e giustiziati pubblicamente, e fecero proprio bene!

Gli Gnas

Un esempio di popolazione barbara è rappresentato dai Gnas che infestano da tempi immemori le valli dell'Agordino. Diffidenti e schivi, la loro presenza è necessaria all'umanità, data la loro propensione alla produzione di lenti che fabbricano incessantemente 24h su 24 dal lunedì al sabato. Giunto il dì di festa (sabato sera) da secoli i loro rutti echeggiano e rimbombano per le valli, testimoniando la loro esistenza e rassicurando il mondo... "da lunedì faremo ancora lenti". I nemici tipici dei Gnas sono i Saiock con i quali vengono intrapresi scontri rituali (quasi) non violenti detti "coppe chiosco", nel nome della Dea Cioka, che entrambe le etnie venerano tentando di ingraziarsela, ingurgitando il maggiore volume possibile della sostanza votiva 'Etanolo', prima di stramazzare al suolo o prendersi a legnate.

I Valbioisiani

« Se la Liera la fuse sgnapa, in Canal no ghe'n lugarie gnanca na goža »
(Anonimo della Val di Gares)

Un'importante sottospecie di Gnas[1] sono i Valbioisiani, cioè gli abitanti della Val Biois (Falcadini, Canalini e Valladesi). Essi tendenzialmente si detestano cordialmente fra di loro, ma in compenso odiano tutti gli altri gruppi etnici.

« I Saiòk i é senza kreanza, ki da Alie i pensa solke al giaz e al lak, ki da Cortina i ne ròba i klienti dele piste, el rest de i Gnas i ne invidia, i Pagòt i zerka de ne imità e ki da Lamon, i se magne i fasoi e che i tase. Da Zenze in dù, tuti Saiok! »
(Inno religioso della Val Biois)

Le loro divinità principali sono la divina coppia di Cioka e Tabak, il cui culto viene praticato in templi eretti nel centro del paese.

I Žoldain

Abitanti dell'oscura Val di Zoldo, un tempo famosi per i chiodi, oggi si occupano principalmente di bere tutti i giorni. Non escono molto dalla loro valle se non per attaccar briga con le valli vicine come Agordo. Ma nonostante questo sono esperti colanizzatori, celebri le gelaterie fondate in ogni dove, veri templi al gelato artigianale la cui ricetta è tramandata di generazione in generazione. Per coloro che tradiscono spifferando il segreto delle antiche pratiche del gelato vi è la pena capitale.

I Ciadorin

Meglio lasciar perdere.

I Valmoreliani

Antica popolazione barbara giunta nei pressi dell'agglomerato di Belluno nell'anno 5789 A.C. Si stanziarono tra le verdi colline sovrastanti la città fantasma di Limana. Il loro popolo discende da un'unico nobile feudatario, un certo Toni Facchin I, imperatore universale ed interstellare della galassia, che, giunto nell'anno sopra citato, fu costretto a combattere i burberi e sudici abitanti autoctoni del luogo conosciuti come Limanesi.

Da secoli questo popolo molto schivo e selvatico combatte un'enorme minaccia, i lupi. Questi cani rognosi rovinano le grigliate estive ed i banchetti reali a base di pastìn e formà da loro organizzati. I Valmoreliani, nonostante siano una civiltà assai arretrata e burbera sanno essere a volte pure giocosi ed allegri; è solito che questi, durante le calde e torride settimane estive, organizzino un enorme ritrovo multietnico di scimmie allupate che provano gusto ad adescare ed inforcare delle piccole ed innocenti bambine saiok ai loro primi pruriti. Il tutto è condito con alcool ed una sgradevole performance di musica di carattere tekno, molto gradita a quegli australopitechi depensanti conosciuti come Gnas.

Oltre a questa nota sagra, conosciuta come "Melere", vi è un'ulteriore passatempo ed occasione di svago per gli abitanti di queste terre. Questi infatti si divertono ad indovinare la pesistica di alcuni macigni di notevoli dimensioni trasportati sino a lì chissà come. Colui che indovina il peso del masso, vince il masso. Questo popolo rude e sottosviluppato che costituisce ormai un impero assai esteso, è governato dall'illustre e sommo imperatore Facchin il Grande, diretto discendente di Toni Facchin I. Questi instaurò una greve dittatura sugli indigeni che abitano quelle valli costringendoli al lavoro forzato in apposite fattorie chiamate malghe, infatti i loro possessori vengono rozzamente definiti malghèr.

Amministrazione

Resta un mistero l'amministrazione del territorio: gli studiosi pensano sia in provincia di Bolzano (Bellunese), la maggioranza della popolazione italiana pensa sia in "provincia di Cortina", mentre Venezia è convinta che appartenga al Magistrato alla Legna e ai Boschi.

Economia

I bellunesi sono abituati a lavorare continuamente e a prenderlo sempre in culo dal resto del Veneto, nonché dalle vicine regioni autonome, soprattutto dal Trentino Alto Adige. Le industrie sono prevalentemente meccaniche e lattiero-casearie. Importante la presenza del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e di un settore di volontari e piccole imprese che riescono ad arginare i danni delle catastrofi naturali prima ancora che arrivino i soccorsi.

Note

  1. ^ Se vivere vi fa schifo, chiamateli pure così

Voci correlate


Siamö padani, abiamö ün söniö nel cuöře, brüžare il tricölöre, brüžare il tricölöre!