Principessa Mafalda (piroscafo)

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P/s Principessa Mafalda

"Mamma, guarda quanti gabbiani neri!"
Caratteristiche principali
Tipo:

Piroscafo per ricchi

Equipaggio:

300 allegri marinaretti

Periodo:

1908-1927

Nazione:

Italia

Esemplari:

Due Uno[1]

Caratteristiche tecniche
Peso:

'na fracca[2]

Dimensioni:

146 m

Motore:

Due motori a sogliola[3] da scarsanta cv

Trazione:

Due grosse girandole metalliche

Velocità:

18 nodi e 6 fiocchi

Autonomia:

Finché c'è gasolio

Armamento principale:

Spingardino a sale

Armamento secondario:

Mannaia del cuoco

Corazzatura:

Cartongesso

Passeggeri: 180 (I classe), 150 (II classe), 950 (emigranti/zavorra)

« Affonda il Principessa Mafalda, circa 650 le vittime. La nave era in condizioni pietose. È il Titanic italiano! »
(26 ottobre 1927, titolo del quotidiano brasiliano Jornal do Brasil.)
« Tragedia in mare! Nel naufragio di un fatiscente transatlantico italiano muoiono quasi 700 persone. »
(26 ottobre 1927, titolo del quotidiano argentino La Nación.)
« È con virile e composto dolore che annuncio il naufragio del piroscafo Principessa Mafalda, orgoglio della superiore tecnica nautica italiana. Nonostante l'eroico sacrificio dell'equipaggio, che con enorme sprezzo del pericolo ha suonato la sirena, l'avversa sorte ci ha privato di un discreto numero di vite umane. Il Duce ha promesso che allatterà personalmente gli orfani. »
(Velina del ministro delle comunicazioni Costanzo Ciano.)

Il Principessa Mafalda, dal nome della principessa di Casa Savoia, è stato un grosso peschere piroscafo del Lloyd Italiano varato nel 1908. All'epoca poteva vantare diversi titoli:

  • fu il più grande transatlantico costruito per una compagnia italiana;
  • fu il più lussuoso natante costruito per una compagnia italiana;
  • fu l'ultimo piroscafo costruito per una compagnia italiana, perché la fattura non fu mai pagata.

Al cantiere navale di Riva Trigoso, leader europeo nella costruzione di pedalò e ciambelle di salvataggio, furono commissionate due navi gemelle: la Principessa Iolanda e la Principessa Mafalda. Il 22 settembre 1907, nel corso del varo, la prima prese una grossa boccata d'aria e andò sott'acqua, riuscendo a stabilire il record mondiale di apnea per un natante d'acciaio.

« Sono lieta di essere la madrina di questo meraviglioso piroscafo, orgoglio della nostra flotta! »
(La contessina Ulderica Gattineri Iellati durante il varo del Principessa Iolanda.)
« Ma è normale che proceda inclinata come la Torre di Pisa? »
(La contessina Ulderica Gattineri Iellati preoccupata dalla bizzarra postura della nave.)
« Perché si inabissa come un sommergibile? »
(La contessina Ulderica Gattineri Iellati sorpresa dallo strano comportamento dell'imbarcazione.)

Il varo del Principessa Mafalda venne affidato (prudentemente) al duca Emanuele Filiberto d'Aosta. Stando all'avvenenza della moglie era logico pensare che fosse notevolmente sculato; inoltre c'era l'auspicata possibilità che nel viaggio di ritorno la bottiglia colpisse in modo letale quella portasfiga di Ulderica, stavolta seduta nella tribuna VIP.
Purtroppo il piano, seppur ben congegnato, dovette fare i conti con l'acerbo sviluppo della scienza balistica. A farne le spese fu Doña María del Rosario de Silva y Gurtubay, marchesa di San Vicente del Barco e futura madre della Duchessa d'Alba, che riportò la rottura del setto nasale e fu chiamata da allora Doña María del Carlino per via della somiglianza col quadrupede.
Stavolta la cerimonia ebbe successo: il 30 marzo il transatlantico prese il mare, il capitano salutò con tre colpi di sirena la folla festante e, nel contempo, annunciò la fine delle preghiere in sala macchine.

Caratteristiche

La sfortunata gemella Principessa Iolanda: primo piroscafo italiano affetto dalla sindrome del palombaro.

La Lloyd Italiano, committente del natante, era una compagnia di navigazione fondata a Sestri Levante nel 1904 da Erasmo Piaggio. Nel frattempo, a Sestri Ponente, un certo Rinaldo Piaggio iniziava a giocherellare con i motori. Sembra confermato che tra i due non fosse mai esistito un rapporto di parentela ma la strana coincidenza Piaggio-Genova-Cazzata ci lascia più di un dubbio.
La compagnia si stava comunque imponendo nel trasporto passeggeri, svolto prevalentemente tra l'Italia ed il Sud America, composto in larga parte da emigranti. Il successo del Principessa Mafalda fu che li ospitava in ambienti confortevoli, contrariamente alla maggior parte delle altre navi di linea, dove li avrebbero stipati come mattoncini Lego e, in caso di lamentele, frustati e messi ai ceppi.
Altri particolari avevano suscitato l'ammirazione di tutta l'Europa, rendendolo il più prestigioso guscio di no piroscafo della flotta italiana:

  • Il salone delle feste era esteso in verticale su due ponti. L'innovativa caratteristica, particolarmente elogiata dagli addetti ai lavori, non incontrò però il favore degli ospiti. Durante la serata di gala del terzo giorno, complice l'insidioso rollio causato dall'onda oceanica, quelli al piano di sopra vomitarono l'impepata di cozze su quelli di sotto.
  • La reception era decorata secondo i canoni dell'Art Nouveau, quindi sembrava di essere nella sala di attesa del bordello Sora Ginetta a Testaccio. Mancava solo Amelia Cecioni, detta "l'idrovora della Magliana".
  • Le cabine di I classe avevano il telefono in camera ma fu un grosso errore. Il primogenito della ricca famiglia industriale Scampulla, che aveva fatto fortuna nel settore dei misirizzi per anziani, si divertì a fare numeri a caso. Appena sentiva la cornetta alzarsi diceva sottovoce: "Ciao bella maiala! Quando il cornuto dorme, levati le mutande e raggiungimi!" Durante la notte la percentuale dei vedovi a bordo salì del 27%.
  • Nella sala della musica si trovava una glassarmonica di pregevole fattura, affiancata da un pianoforte a coda e da un'arpa. Erano lì solo per fare scena. In realtà i concerti si tenevano con raganella, putipù, tamburello e triccheballacche, gli unici strumenti che sapevano suonare i componenti della "Mergellina Folk Band & Review".
  • I ponti di II classe erano collocati a poppa e ospitavano le aree all'aperto, provviste di sedie a sdraio. Quelli di III classe erano circa due metri sotto la linea di galleggiamento.
  • C'erano inoltre un jardin d'hiver e un fumoir, casomai fosse capitato un Enzo Miccio dell'epoca e avesse rotto i maroni con la carenza di gusto.

Il transatlantico fu fra i primi ad essere dotato di illuminazione elettrica e telegrafo: lo stesso Guglielmo Marconi effettuò a bordo i primi esperimenti radiofonici.

L'ultimo tormentato viaggio

La nave partì da Genova l'11 ottobre 1927, diretta a Rio de Janeiro. Dopo anni di usura, e scarsa manutenzione, sarebbe dovuto essere l'ultimo viaggio del transatlantico.
Gli armatori risparmiarono il gasolio del viaggio di ritorno e le spese di smantellamento.

Il direttore di macchina Scarabicchi alle prese con uno dei numerosi problemi della nave.

In effetti si capì da subito che non sarebbe andata benissimo.

  • Giorno 1: partenza con 5 ore di ritardo a causa di un guasto ai motori. Insoliti avvistamenti di gabbiani neri, razza solitamente presente nell'entroterra africano.
  • Giorno 2: scalo forzato a Barcellona. Si cerca di risolvere il problema che ha fermato i motori per ben otto volte. La cinghia della trasmissione è logora, viene sostituita con l'elastico delle mutande del cuoco.
  • Giorno 3: a poche miglia dallo stretto di Gibilterra il motore di sinistra va in vacanza. Lasciato il Mediterraneo entra in agonia quello di dritta. Dopo sei ore di riparazioni il piroscafo riparte, navigando leggermente piegato a sinistra. Praticamente con l'andatura di Igor.
  • Giorno 4: scalo forzato a Dakar. L'asse dell'elica sinistra è storto come il naso di Owen Wilson.
  • Giorno 5: scalo forzato a São Vincente. Riparazione delle celle frigorifere e acquisto di suini e bovini. Le scorte di carne si erano avariate nel frattempo, causando un'epidemia di squaqquera a fischio tra i passeggeri. Nel porto le altre navi gettano l'ancora a circa trenta metri di distanza.

Prima di ripartire vengono imbarcati due passeggeri argentini, reduci da una disavventura a bordo del piroscafo Matrero rimasto alla deriva, per alcuni giorni in pieno oceano a seguito dello scoppio delle caldaie. Il capitano Gulì li accoglie personalmente, parlando con loro per qualche minuto. Gli altri ospiti, affacciati dai ponti, si fanno l'idea che siano persone importanti.

Il capitano Simone Gulì.

In realtà il succo del discorso era stato:

Capitano Gulì : Da dove cazzo venite voi due?
Argentini : Signore, Córdoba, signore!
Capitano Gulì : Strano, io ho sempre saputo che in Argentina ci nascono solo gauchos e menagrami! Voi l'aria dei gauchos non ce l'avete neanche un po' e quindi il cerchio si restringe! Portate jella?
Argentini : Signor no, signore!
Capitano Gulì : Quando incrociate un gatto nero, le palle se le gratta lui?
Argentini : Signor no, signore!
Capitano Gulì : Scommetto che siete di quei portasfiga che la tirano durante tutto il viaggio, senza nemmeno usare la cortesia di pensare positivo almeno una volta! Vi terrò d'occhio!

Il naufragio

La navigazione nell'oceano Atlantico procede poi con la consueta normalità: forti vibrazioni e costanti problemi al motore di sinistra. Il comandante Gulì, preoccupato dalle bestemmie provenienti dalla sala macchine, chiede alla compagnia di mandare un altro transatlantico in sostituzione, per trasbordare i passeggeri. Gli viene ordinato di proseguire fino al porto di Rio de Janeiro, in attesa di nuove istruzioni.

Il marconista Reschia mentre fancula la compagnia.
« Proseguite Rio stop Attendete istruzioni stop Fotografate culi spiaggia stop »
(Ultimo messaggio ricevuto dal marconista Reschia.)

La situazione prende a peggiorare velocemente.

  • Ore 11:00 - La nave procede ad una velocità di soli 13 nodi e inclinata verso sinistra.
  • Ore 12:00 - Don Erminio, il sacerdote di bordo, ha raccolto i fedeli nella cappella per un rosarione globale acrobatico.
  • Ore 13:45 - Il piroscafo viene superato dal cargo olandese Alhena. Il comandante van Bruijn, che attendeva di superare qualcosa da 16 anni, stappa una bottiglia di champagne e festeggia assieme alla ciurma.
  • Ore 14:30 - Don Erminio è inginocchiato sul ponte in direzione de La Mecca.
  • Ore 17:10 - Quando mancano appena 80 miglia alla costa del Brasile in tutto il bastimento viene percepita una forte scossa, seguita da un "OHMADONNASANTIDDIO!" proveniente dalla sala macchine.
  • Ore 17:18 - Il direttore di macchina Scarabicchi sale in plancia e informa il comandante che ha individuato il problema: l'asse dell'elica sinistra si è sfilato del tutto, si è aperto un varco nello scafo a poppa e ha deciso di proseguire per proprio conto la traversata.
  • Ore 17:35 - Don Erminio sgozza una gallina in sacrificio per Damballa-Ouedo.
  • Ore 17:48 - Si scopre che le porte stagne hanno la stessa tenuta dei conti pubblici, l'acqua raggiunge la stiva e la nave inizia a scricchiolare in modo sinistro.
  • Ore 18:03 - Gulì fa suonare la sirena d'allarme per radunare l'equipaggio; nel frattempo il primo ufficiale Maresco ordina ai marconisti di lanciare un primo S.O.S.
  • Ore 18:13 - Don Erminio sacrifica il mozzo per placare l'ira del Serpente Piumato.
La compagnia fu accusata di non avere le scialuppe di salvataggio a norma.
  • Ore 19:50 - Giungono i primi soccorsi. L'Alhena è tornato indietro, nonostante l'equipaggio sia ancora completamente sbronzo; a questi si è unito il cargo Empire Star e i due transatlantici francesi Mosele e Formose.
  • Ore 20:15 - Le lance delle soccorritrici iniziano ad imbarcare i naufraghi. Il comandante Gulì, munito di megafono, ordina di dare priorità a donne, bambini ed eventuali passeggeri col cognome Schettino, a suo dire: "Altrimenti non fermiamo più il panico".
  • Ore 20:33 - Don Erminio tenta di salire su una lancia travestito da donna delle pulizie.
  • Ore 21:50 - A causa della luna nuova l'oscurità ha avvolto la nave, le lance sul lato destro non possono essere usate a causa dell'inclinazione, molte del lato sinistro si danneggiano o rovesciano per i troppi occupanti.
  • Ore 22:00 - Don Erminio tenta di salire su una lancia travestito da badante di colore.
  • Ore 22:03 - Gulì capisce che tutto è perduto e ordina il "Si salvi chi può".
  • Ore 22:20 - Il Principessa Mafalda, oramai completamente invaso dall'acqua a poppa, si produce in una perfetta imitazione di un Savoiardo nel latte: si alza verticalmente di prua e cola rapidamente a picco.

La raccolta delle persone in mare prosegue fino a tarda notte. Alla fine i superstiti sono circa 900, radunati attorno ad uno sciamano che assomiglia moltissimo a Don Erminio.

Curiosità

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  • Tra i sopravvissuti c'era il pasticciere Ruggero Bauli, trovato dai marinai del Formose aggrappato a due pandori.
  • Don Erminio ha aperto in seguito una scuola di samba, dopo aver cambiato sesso.
  • Delle due curiosità una sola è vera ma non è la seconda.

Voci correlate

Note

  1. ^ l'altro è ito perso durante il varo
  2. ^ molto più di parecchio
  3. ^ non fare quella faccia, esistono davvero
Questa è una voce di squallidità, una di quelle un po' meno pallose della media.
È stata miracolata come tale il giorno 19 giugno 2016 col 100% di voti (su 6).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

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