Campionato mondiale di calcio 1930

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Il logo scelto per la prima edizione dei Mondiali fu questo sgorbio, con la consapevolezza che, per le edizioni successive, sarebbe stato impossibile fare di peggio[citazione necessaria].
« I Mondiali?
Nel 1930?
In Uruguay?
Ma è assurdo! »
(Tante cose sembrano assurde, eppure sono realmente accadute.)

Il Campionato mondiale di calcio 1930 ebbe luogo in Uruguay, non esattamente dietro l'angolo, ma è già qualcosa non averlo organizzato su Plutone. Era la prima volta che si organizzava un campionato del mondo di calcio, e la prima volta non si scorda mai.
In nome e per conto delle prime volte, Nonciclopedia si assume l'onere e l'onore di propinare proporre ai suoi lettori il polpettone l'appassionato ed avvincente resoconto dello storico evento.
Sia pertanto ceduta la parola ai fatti:

« Weee tipo, stringimi il laccio che mi sparo la smorfa... »
(Oops! Ho sbagliato fatti. Capita.)

I Mondiali, perché?

Jules Rimet, l'unico vero responsabile del calciorincretinimento di massa, altro che le droghe pesanti!

Come perché? Ma chi cazzo è lo stronzo che mette i titoli ai paragrafi? La FIFA era nata nel lontano 1904 e in tutto questo tempo i suoi rappresentanti non avevano fatto una benemerita ceppa di quanto dichiarato nello statuto dell'organizzazione, ossia promuovere e diffondere il calcio nel mondo attraverso manifestazioni sportive che avrebbero dovuto sviluppare una maggiore coesione e un progressivo affratellamento delle Nazioni coinvolte.

In verità l'attività della Federazione si era fino a quel momento limitata alla solita riunione annuale durante la quale, dopo la canonica e puntualmente disattesa richiesta di inserire la moviola in campo, veniva effettuata una rigorosa spartizione delle quote associative, che transitavano nelle tasche dei vari delegati e sparivano in mille rivoli di donnine allegre, maschietti ancora più allegri, vitalizi di champagne e bastimenti carichi di erbe misteriose e polverine magiche.
Fu proprio durante un'analisi quali-quantitativa di un carico di talco finissimo proveniente dalla Colombia che il signor Jules Rimet, presidente della FIFA dal 1921, ebbe un'idea che comunicò subito ai suoi scagnozzi colleghi:

« Sentite qua: torneo mondiale ogni quattro anni, così non diamo nell'occhio; scegliamo noi dove farlo; ci giriamo tutti i posti più fighi del mondo a scrocco; paga tutto il Paese organizzatore; biglietti salatissimi; incassi requisiti e redistribuiti a nostra discrezione; mettiamo in palio una coppaccia da quattro soldi. Diventeremo più potenti di Bismarck e più ricchi di Rockefeller. Che ne dite? »
(Jules Rimet espone la bozza del suo progetto.)

L'idea, nonostante fosse molto allettante, ebbe bisogno di tempo per maturare, soprattutto perché alcuni membri della FIFA ebbero bisogno di chiarimenti sul

« Gioco del calcio? E che è? »
« Ma la FIFA non era l'ennesimo organismo inutile creato per metterci i soliti raccomandati di lusso? »
« Ma che, ci tocca pure lavorare, adesso? »
« Come si organizza un torneo mondiale? »
« Non sarà pericoloso? »

Superate queste difficoltà iniziali si poté procedere all'organizzazione e alla scelta del Paese ospitante.

L'organizzazione[Titolo quantomeno fuorviante]

Fin dalle prime fasi organizzative, la FIFA si rese conto che c'erano parecchie cose da sistemare...
« È la prima volta che organizziamo un torneo mondiale, se facciamo qualche cazzata non se ne accorgerà nessuno! »
(Jules Rimet rassicura l'assemblea.)

Il Congresso della FIFA, riunitosi ad Amsterdam nel 1928 nel coffee-shop Op de Jamaicaanse Trombone (Al Trombone Giamaicano), stabilì che il torneo dovesse essere giocato in una nazione facilmente raggiungibile, in cui il calcio fosse lo sport nazionale. La scelta venne effettuata con rigorosa coerenza scientifica e sociologica: tanti pezzettini di carta quante nazioni si erano proposte collocati in un'urna, in cui furono dimenticati per qualche giorno e infine gettati via dalla donna delle pulizie. Il congresso piombò nel panico. Alcuni tentarono il suicidio impiccandosi con i lacci delle scarpe, altri simularono un intervento irregolare da tergo e si rotolarono sul pavimento tenendosi le caviglie e chiedendo il cambio con ampi cenni. Solo Rimet mantenne il consueto aplomb.

L'Uruguay, perché?

Lo schema organizzativo abbozzato dalla FIFA era semplice e lineare.

E dagli con queste domande del cazzo! Rimet estrasse un foglietto di carta dal suo taschino, sul quale aveva appuntato l'indirizzo di una massaggiatrice di Montevideo e si rasserenò subito venendo nei pantaloni: i primi Mondiali di calcio avevano una sede certa, l'Uruguay. Non vi erano motivazioni plausibili di tipo sportivo, politico, economico o sociale che deponessero a favore di tale scelta, ma ne fu tosto inventata una, che fu prontamente accettata e condivisa dalla comunità internazionale: in Uruguay facevano pompini da sballo a poco prezzo i palloni rimbalzavano meglio che altrove.

Il governo uruguaiano accettò di accollarsi la spesa necessaria per l'organizzazione del Mondiale, in cambio di una "spintarella" verso la finale e un'altra "spintarella" durante la finale stessa. Rimet era pronto a questa eventualità e propose lo schema organizzativo visibile a lato. Gli uruguaiani accettarono con entusiasmo.

La struttura del torneo

Furono proposte più opzioni:

  • far giocare direttamente la finalissima all'Uruguay e a un'altra squadra random uscita indenne da uno scontro all'arma bianca "tutti contro tutti";
  • combinare gli incontri eliminatori applicando il Triangolo di Tartaglia garantendo comunque la finale all'Uruguay;
  • far giocare ogni squadra contro se stessa, fino alla naturale autoeliminazione, facendo giungere alla finale il solo Uruguay, che quindi avrebbe vinto il titolo a tavolino per mancata presentazione dell'avversario.

Alla fine fu scelto il classico meccanismo dei gironi "all'italiana", che consentiva - e consente tuttora - di vincere il proprio raggruppamento con una semplice mozione di sfiducia o con un voto di scambio. Senza contare la possibilità di corrompere gli arbitri. Pare anzi che, conosciuta la struttura del torneo, se ne fossero presentati 746 per dirigere appena 18 incontri. Fu necessario praticare una consistente scrematura.

Le prime classificate di ogni girone avrebbero dato vita alle semifinali e alle due finali: quella demotivante e quella decisiva. Qualcuno si lamentò dell'assenza degli ottavi e dei quarti di finale, ma fu messo a tacere con una patata cruda ficcata in bocca.

Gli stadi

Il nuovo stadio di Montevideo fu costruito in tutta fretta, senza badare a qualche piccola imprecisione.

L'Uruguay è una nazione scarsamente popolata: a parte la capitale Montevideo, unica vera città, per il resto si tratta di piccoli villaggi pieni di vecchi e di truzzi, dove il progresso tecnologico si è arrestato alla pietra scheggiata. Quindi si decise di giocare solo a Montevideo, per la precisione in un solo stadio, che però presentava un piccolo problema: non era stato ancora costruito. Montevideo ha diverse squadre di calcio, ognuna col proprio stadio, ma in quel periodo l'Uruguay era spaventosamente indietro rispetto alla tabella di marcia della pratica dilapidare soldi pubblici in cattedrali nel deserto: la costruzione di un nuovo stadio in tempi brevi avrebbe consentito alla nazione di mettersi al passo in ambito internazionale, con soddisfazione delle agenzie di rating come Standard & Poor's.

Si giunse a cinque giorni dall'inizio del torneo e lo stadio non era ancora pronto, l'Uruguay sembrava pervaso da una densa cappa di burocrazia e fancazzismo dal sapore prettamente italiota: gli emigrati italiani costituivano la maggioranza della popolazione e col tempo avevano caratterizzato la società sui canoni dello Stivale. La soluzione-tampone in attesa che lo stadio fosse pronto fu di far giocare le partite iniziali nel campo dell'oratorio Santa Maria Manovella, sito alla periferia di Montevideo. I frati concessero l'utilizzo del loro impianto in cambio dei biglietti per la finale per tutta la congregazione. Il loro campo era periodicamente adibito alla coltivazione di patate, che furono estirpate dal terreno in tutta fretta e vendute a caro prezzo ai turisti giapponesi come tartufi locali.

Chi porta il pallone?

La Nazionale di Ngorongoro aveva una divisa approssimativa, ma non difettava di palloni.

Non è una domanda oziosa: nel 1930 non esistevano le multinazionali dello sport che sfruttano la manodopera minorenne nei Paesi del terzo mondo e possono sfornare palloni a ciclo continuo. All'epoca la realizzazione di un pallone richiedeva settimane, costava come un divorzio ed era compito esclusivo di pellai e calzolai, che aggiungevano sempre un tocco personale ai loro lavori, cosicché ciascun pallone presentava caratteristiche diverse. Ad esempio, in Australia si giocava col pallone-boomerang: per tirare verso la porta avversaria occorreva dare le spalle a quest'ultima e calciare verso la propria. A pochi centimetri dalla linea di porta il pallone virava bruscamente e tornava indietro, nella direzione voluta.

I palloni fabbricati in Europa erano malvisti in America e viceversa. I primi erano gonfiati con Zyklon B, i secondi con peti di vacca, in entrambi i casi ci si accorgeva subito di eventuali perdite. Il cuoio usato per i palloni argentini era di migliore qualità, ma presentava un coefficente di rimbalzo inferiore ai palloni uruguayani, più rozzi ma più coriacei e quindi più dolorosi in caso di incontri ravvicinati con naso, stomaco e gioielli di famiglia.

Perciò ogni Nazionale si portò dietro i suoi palloni, nella speranza di giocare esclusivamente con essi. Non mancarono le liti e gli atti vandalici: palloni squarciati nottetempo, riempiti di pietre e ricuciti, palloni sostituiti con gavettoni di piscio e palloni tenuti in ostaggio a scopo di estorsione.

Sì, ma alla fine cosa si vince?

Mio zio per 30€ l'avrebbe fatta meglio e con le tette più grosse.
« A casa ho l'ultima coppa che mio nonno ha vinto alla bocciofila, può andar bene? »
(Il vice di Rimet.)

Il premio finale in realtà consisteva nel poter partecipare di diritto ai mondiali successivi, ma i vari capi di stato avevano preteso anche qualcosa di più tangibile. Esclusa la possibilità di premiare i vincitori con le teste impagliate dei loro avversari, la FIFA mise in palio il soprammobile per eccellenza: una coppa.
Fu incaricato della sua realizzazione un orafo parigino dal senso estetico parecchio ondivago, influenzato com'era dalle fasi lunari e dal ciclo mestruale. Ne venne fuori l'apoteosi del kitsch: trenta centimetri di dimensione artistica di marmo e argento "sterling" placcato in oro "Bologna", in cui lo stelo era rappresentato da una Nike alata che reggeva sulle spalle una scodella da caffellatte. Ispirava antipatia solo a guardarla, tanto che fu difficile assegnarle un nome: in un sondaggio la maggioranza dei votanti si era espressa a favore dell'opzione "coppa dimmerda". Rimet tagliò corto e le diede il suo nome, inserendola di fatto nel suo albero genealogico.

« Ma dobbiamo procurarcene una nuova ad ogni mondiale? »
(Un delegato FIFA timoroso per la sorte dei suoi emolumenti)
« Ma che, sei matto? Questa coppa sarà vinta definitivamente solo dalla squadra che si aggiudicherà i mondiali per tre volte. A occhio e croce occorreranno almeno una quarantina d'anni, per allora saremo tutti abbondantemente sotto terra! »
(Un profetico Jules Rimet)

Le squadre

« A che punto siamo con le qualificazioni? Le hanno giocate tutte? Dobbiamo formare i gironi eliminatori, c'è poco tempo! »
(Jules Rimet convinto che il resto della FIFA lo stia seguendo.)
« Di quali ficazioni stai parlando, capo? »
(Il vice di Rimet casca dal pero.)

A un mese dal mondiale erano ancora da organizzare tutti gli incontri di qualificazione. Un po' tardi per rimediare. Perciò fu aperto un atlante e ad ogni singolo Stato fu spedito, con tassa a carico del destinatario, un invito a partecipare alla manifestazione:

FIFA SpA
• Prendiamo a calci il mondo •


Caro/a Presidente/ssa - Re/gina - Imperatore/trice - Duce - Führer - Caudillo - Conducator - Principe/ssa sul pisello(1),

ti piacerebbe che la Nazionale di calcio del Tuo Illustre Paese partecipasse al Campionato Mondiale che si terrà in Uruguay, saltando a pie' pari - bada bene - la fase delle qualificazioni?
No, non ringraziarci: lo facciamo solo perché ci stai molto simpatico/a.
In caso di risposta affermativa, ci vediamo a Montevideo verso i primi di luglio. Sappi però che viaggio, albergo e bordello sono a Tuo carico.
In caso di risposta negativa, sappi che la Tua Nazionale sarebbe stata comunque eliminata al primo turno.
In caso di mancata risposta, va' a farti fottere da un canguro miope, Tu e il Tuo staterello del cazzo.
Gradita conferma.

Distinti saluti
Jules Rimet, Presidente FIFA (si legge Fifa, non Faifa)


NOTE

(1) Cancellare ciò che non interessa.


Gli Scozzesi respinsero al mittente l'invito perché tassato, perciò nessuno venne a conoscenza dell'avvenimento; in Inghilterra, addirittura, l'allora sovrano Giorgio V sfidò a duello "quel ciuccialumache di Rimet", reo a suo dire di voler insegnare a un inglese il gioco del calcio. Nel resto del mondo, i vari capi di stato facevano i conti per sapere quanto sarebbe costata la spedizione. L'organizzazione dell'imminente Seconda Guerra Mondiale prevedeva l'accantonamento di tutte le risorse disponibili, di conseguenza restava ben poco per lo sport:

  • la vecchia Europa boicottò in massa i Mondiali, con pochissime eccezioni;
  • gli unici collegamenti tra l'Africa e l'America si erano interrotti alla fine dell'800 al termine della tratta degli schiavi, quindi gli africani non avrebbero mai potuto raggiungere direttamente il continente americano, anche se avessero potuto permetterselo;
  • in Asia solo gli Indiani conoscevano il calcio, ma pretendevano di giocare scalzi e su un terreno di gioco disseminato di chiodi. E poi erano ancora schiavi degli odiosi Inglisc, quindi non se ne fece nulla;
  • in Oceania, a causa di qualche disguido postale, gli inviti giunsero solamente nel 1958;
  • in sostanza (che non è un continente), gli unici Stati che potevano permettersi di raggiungere l'Uruguay senza andare in bancarotta, erano quelli confinanti con esso, o poco più in là.

Alla fine, in qualche modo, si misero insieme tredici squadre. Per prima cosa si provvide a disporle in ordine alfabetico:

Bandiera Squadra Credenziali
Argentina Team dotato di discrete capacità tecniche, al disotto degli gnu ma al disopra delle macchine da cucire
Belgio Scarsi nel calcio, rinomati mastri birrai, ne approfittarono per incrementare il loro giro d'affari
Bolivia Capitati in Uruguay per puro caso, avevano sentito dire che c'era un coca-party
Brasile Vanitosi già da allora, anche se non avevano ancora vinto niente. E per un pezzo non avrebbero vinto niente
Cile Si dichiaravano certi della vittoria perché non se li cagava nessuno
Francia Calciatori dalle movenze eleganti e raffinate. Anche troppo
Jugoslavia Giocatori nerboruti, a tratti violenti e dal coltello facile. Da temere e rispettare
Messico Insistettero per giocare col sombrero. Richiesta respinta
Paraguay L'Uruguay era di strada... perché non farci un giretto?
Perù Era la prima volta che scendevano al livello del mare. Ebbero l'emicrania per tutto il tempo
Romania Avevano sentito dire che in Uruguay c'era parecchio rame
Stati Uniti d'America Di calcio non capivano un cazzo, ma ne avrebbero approfittato per esportare un po' di democrazia
Uruguay I padroni di casa. E tanto doveva bastare

16:4 = 13:X

Per risolvere il complicatissimo calcolo fu chiamato anche Einstein, che però aveva appena perso la calcolatrice.

Questa semplice proporzione fu a lungo un ostacolo insormontabile che rischiò di mandare in vacca tutta l'operazione. Rimet era stato chiaro:

« Per la duecentosettantaseiesima volta: sedici squadre ---> quattro gironi da quattro ---> le prime di ogni girone disputano le semifinali ---> le due perdenti disputano la finale per il terzo posto ---> le due vincenti disputano la finalissima. È chiaro, teste di legno che non siete altro? »
(Jules Rimet arringa il suo entourage)
« Certo, capo, si sono iscritte tredici squadre che suddivideremo in quattro gironi da 3,25 squadre cadauno, come risulta da alcuni semplici calcoli: la divisione è esatta, non dà resto! »
(L'entourage di Rimet, certo di aver svolto un lavoro impeccabile)

Rimet prese atto che, molto spesso, chi fa da sé fa per tre, quindi si recò personalmente presso tutti i capi di stato che avevano declinato l'invito. Ricevette una collezione di vaffanculo ancora oggi insuperata. Si rivolse anche agli Eschimesi Yupik della penisola Chukotka, alla Nazionale Cantanti e alla Nazionale di calcio di Gibilterra, ma i primi sapevano giocare solo a curling, i secondi avevano un cachet troppo alto e i terzi sono tuttora in attesa di essere affiliati alla FIFA.

Ma il torneo doveva partire, anche con sole tredici squadre. L'idea iniziale fu di creare tre gironi da quattro e uno da una sola squadra, che avrebbe dovuto essere l'Uruguay: detta squadra avrebbe automaticamente passato il turno per la mancata presentazione delle avversarie sul campo. Tuttavia prevalse una seconda opzione: tre gironi da tre e uno da quattro, nel quale avrebbe dovuto esserci necessariamente l'Argentina. La squadra vincente di questo girone avrebbe giocato una partita in più, arrivando più stanca ad un eventuale confronto con la Celeste.

La prima fase

In questo mondiale non si verificò nemmeno un pareggio, in ossequio ad una sottaciuta direttiva FIFA che lo sconsigliava vivamente, poiché avrebbe potuto dar luogo ad una serie di imprecisati "casini" come due o più squadre a pari punti, necessità di calcolare la differenza reti, applicare la media inglese e così via. Le compagini in lizza non ebbero molte difficoltà ad assecondare tale disposizione. A tutto vantaggio dello spettacolo.

Gruppo 1

Tutto il mondiale fu caratterizzato dal clima avverso e dai campi al limite della praticabilità.

Il 13 luglio alle ore 15:00, con un freddo cane e sotto una pioggia torrenziale[1], ebbe luogo l'incontro inaugurale Francia - Messico (4 - 1). A causa di un errore di stampa sul calendario, in contemporanea e sullo stesso campo, fu giocato anche l'incontro Stati Uniti - Belgio, del gruppo 4 (3 - 0). Le quattro squadre coinvolte in questo pasticcio inaugurale dovettero alternarsi tra loro a intervalli di 15 minuti. Anche i tifosi sugli spalti dovettero alternarsi allo stesso modo.

La partita Argentina - Francia (1 - 0) fu caratterizzata da un episodio controverso: l'arbitro Almeida Rêgo, che utilizzava un cronometro-meridiana, fu ingannato dal maltempo che distorse l'ombra dello gnomone e fischiò la fine con sei minuti di anticipo. Si decise a far disputare i minuti finali solo quando il pubblico, che aveva invaso il campo, l'ebbe collocato ignudo sulla cima di un palo della cuccagna.

L'indomani il Cile superò agevolmente il Messico (3 - 0): era l'ora della siesta e i messicani, impegnati nella digestione del pranzo, furono più abbioccati del solito.

Tre giorni dopo si giocò Cile - Francia (1 - 0), con i Francesi così sicuri della vittoria che si rifiutarono di tirare in porta. Invece i cileni lo fecero. Per una volta sola.

In Argentina - Messico fu fischiato il primo rigore del torneo. L'incontro fu diretto dal commissario tecnico della Bolivia Ulises Saucedo, poiché l'arbitro designato fu arrestato poco prima del match con l'accusa di somigliare un po' troppo a Jack lo Squartatore.

Lo stadio al termine di Argentina - Cile.

Saucedo era un tecnico sui generis ed interpretava il regolamento in maniera molto, troppo personale: in quella partita disegnò il dischetto del rigore a 14 metri dalla linea di porta, assegnò cinque rigori, di cui uno al guardalinee di sinistra e uno alla bandierina del corner e ammonì il pubblico "per simulazione". Non pago, annotò tra i marcatori un gabbiano, tastò il culo ad un raccattapalle e, a fine partita, bucò il pallone urlando: "E alora? Basta zugar col balòn, che mi doman matina go da andar a laurar!". Il risultato fu 6 - 3 per l'Argentina, almeno a leggere il referto arbitrale.

La qualificazione fu decisa all'ultima partita del girone, Argentina - Cile. A causa di vecchie ruggini scoppiò una rissa in campo, che coinvolse anche tutto il pubblico. L'incontro fu sospeso e i tafferugli furono sedati a stento dalla polizia a cavallo, che lasciò sul terreno di gioco tonnellate di deiezioni equine. Il punteggio finale fu calcolato in proporzione col numero di feriti e contusi da ambo le parti: ne risultò che l'Argentina prevalse sul Cile per 3 - 1, ottenendo un posto alle semifinali.

Squadra Punti Che dire?
Argentina 6 Secca ammetterlo, ma erano bravi davvero.
Cile 4 Ce l'avevano quasi fatta, poi l'Argentina si accorse che c'erano anche loro.
Francia 2 Troppo sgallettati, etichetta che tuttora non riescono a scrollarsi di dosso.
Messico 0 Ma andassero a piantar fagioli!

Gruppo 2

La Bolivia organizzò questa penosa pantomima per ingraziarsi le simpatie dei padroni di casa. Non funzionò.

Il Brasile era testa di serie perché era lo Stato più esteso del suo raggruppamento, non certo per meriti sportivi. I Carioca si presentarono all'incontro contro la Jugoslavia tronfi, boriosi e sculettanti. Per 90 minuti fecero passerella sul campo, facendo il pieno di applausi e rose rosse, mentre gli avversari giocavano sul serio e segnavano: il Brasile fu sconfitto per 2 - 1.

La Bolivia sapeva di avere poche chances contro le avversarie e tentò di attrarre a sé almeno le simpatie del pubblico uruguayano (hai visto mai...): si presentò all'incontro con la Jugoslavia con le magliette che formavano la scritta "Viva Uruguay". Iniziativa infelice: gli slavi si imposero con un perentorio 4 - 0 che fruttò loro l'accesso alle semifinali senza passare dal via. Ai boliviani furono annullati diversi gol per ripicca. Il pubblico di casa li seppellì di cubetti di ghiaccio (la partita fu giocata alla temperatura di -10°C) al grido di "bastardi leccaculo, fatevi una granita".

L'ultima partita del gruppo, Brasile - Bolivia, era ininfluente perché entrambe le squadre erano già eliminate, ma avevano bisogno di salvare almeno l'onore. L'eclettico cittì boliviano, l'ormai noto Ulises Saucedo, adottò il seguente stratagemma: fece indossare ai suoi giocatori una divisa praticamente identica a quella dei brasiliani. Ciò generò parecchia confusione e il risultato fu in bilico per tutto il primo tempo. Nell'intervallo, all'interno degli spogliatoi, l'arbitro inforcò gli occhiali e si avvide del trucco, quindi costrinse i boliviani a cambiare casacca. I veri valori in campo emersero subito e il risultato finale fu 4 - 0 per il Brasile.

Squadra Punti Che dire?
Jugoslavia 4 Cazzuti e determinati: in un girone di pippe ebbero vita facile.
Brasile 2 Esordio mondiale con figuraccia annessa: la prima di una lunga serie.
Bolivia 0 Vinse la speciale classifica "Squadra carta igienica 1930".

Gruppo 3

Alcuni nazionali dell'Uruguay che avevano osato eludere il coprifuoco.

La prima partita del terzo gruppo fu Romania - Perù, nella quale ci fu anche il primo espulso del torneo, il peruviano Plácido Galindo, colpevole di aver schiacciato a tradimento un brufolo sulla schiena di un avversario, schizzando un guardalinee con il pus. I rumeni si distinsero per un gioco maschio, una discreta proprietà di palleggio e un'indiscussa superiorità nel reggere le bevande alcoliche. I peruviani si distinsero per... ehm... qualcosa che adesso mi sfugge. La Romania, grazie alla superiorità numerica e gastrica, si aggiudicò l'incontro per 3 - 1.

Era finalmente il turno dei padroni di casa: il commissario tecnico dell'Uruguay, Alberto Horacio Suppici, aveva imposto alla squadra ben quattro settimane di clausura in stile 41 bis, costringendola a nutrirsi di pane secco e cipolle, a dormire per terra e a rinunciare al minimo atto sessuale. Al massimo, era consentita la masturbazione con la carta vetrata. Andrés Mazali, il portiere titolare, tentò una sortita per incontrarsi con la moglie, ma fu inesorabilmente sgamato e ci rimise il posto, che fu preso dallo stoico Enrique Ballesteros.

L'incontro col Perù sembrava una formalità, ma gli uruguayani entrarono in campo molto provati dalla vita spartana delle ultime settimane, tanto che i peruviani resistevano senza troppa fatica. Alla fine, i padroni di casa vinsero col minimo scarto, 1 - 0, guadagnandosi le critiche della stampa locale, mentre i peruviani furono lodati e gli fu consentito di mangiare gratis in tutte le rosticcerie di Montevideo.

L'ultimo incontro, il decisivo Uruguay - Romania, terminò 4 - 0. I rumeni avevano iniziato a sentire i postumi delle bevute dei giorni precedenti e trascorsero più tempo nei cessi degli spogliatoi che sul campo. L'Uruguay, senza faticare e meritare troppo, era approdato alle semifinali, come da copione.

Squadra Punti Che dire?
Uruguay 4 A vincere così c'era buono pure mio cuggino.
Romania 2 Se fosse stato il Mondiale di shottini...
Perù 0 Pocos, locos y male unidos.

Gruppo 4

I tifosi USA non credettero ai loro occhi.

Come detto più sopra, gli Stati Uniti d'America avevano surclassato il Belgio per 3 - 0, suscitando la curiosità degli addetti ai lavori. In realtà i calciatori USA erano inglesi in trasferta nelle vecchie colonie, ecco spiegata l'altrimenti inspiegabile abilità pallonara degli yankees.

Lo stesso copione (3 - 0 e tutti a casa) si ripeté contro il Paraguay. Si giocò con la tramontana che soffiava a 180 km/h, ma è singolare che gli USA abbiano segnato i loro gol sempre in sfavore di vento.

L'ultima, inutile partita del gruppo 4, Belgio - Paraguay, vide il successo di questi ultimi per 1 - 0. I belgi rientrarono a casa con le pive nel sacco: non solo non misero a segno neanche un gol, non solo non totalizzarono neanche un punto, non solo avevano perso tutti i loro palloni nella traversata atlantica, ma non vendettero neppure una birra.

Squadra Punti Che dire?
Stati Uniti d'America 4 La rivelazione del torneo. E il bello è che è vero.
Paraguay 2 Almeno ci hanno provato.
Belgio 0 La mancata convocazione di Poirot e di Tintin ha fatto la differenza.

Le semifinali

Questa fase cruciale del torneo turbò non poco i sonni di Rimet: come decidere gli incontri favorendo sfacciatamente l'Uruguay ma senza darlo troppo a vedere? A giudicare dal tasso tecnico fin lì espresso, la Celeste sembrava la vittima sacrificale, comunque la si volesse vedere. Allora decise di scambiare gli arbitri delle due semifinali, uno dei quali doveva essere l'uruguayano Ricardo Vallarino e di certo non avrebbe dovuto arbitrare la propria nazionale. Lo scaltro Rimet scambiò i documenti degli arbitri, cosicché il brasiliano Almeida Rêgo, che avrebbe dovuto dirigere l'Uruguay, si ritrovò ad arbitrare l'altra semifinale senza neppure accorgersene, anche perché Rimet poco prima gli aveva fatto fumare un intruglio che ne abbassò notevolmente la soglia d'attenzione. Tutto questo, ovviamente, è taciuto nei resoconti FIFA.

Argentina - Stati Uniti d'America

Una fase di Argentina - USA.

Il 26 luglio, in un campo allagato dalla pioggia, si affrontarono Argentina e USA. Fu una partita maschia, combattuta senza esclusione di colpi. Alla fine del primo tempo l'Argentina conduceva per 1 - 0. Il bottino di guerra comprendeva, tra le altre cose: una tibia spezzata, due malleoli estirpati, quattro incisivi spezzati e un orecchio staccato a morsi. Nel secondo tempo gli americani scesero in campo con l'intento di vendere cara la pelle, ma la battaglia del primo tempo li aveva indeboliti parecchio: l'Argentina dilagò, consentendo agli USA di segnare il gol della bandiera a un minuto dal termine. Col risultato finale di 6 - 1 l'Argentina guadagnava l'accesso alla finalissima.

Uruguay - Jugoslavia

Un gruppo di tifosi uruguayani dopo uno scambio di pareri con i colleghi jugoslavi.

La semifinale tra Uruguay e Jugoslavia si giocò il giorno appresso. I padroni di casa erano sotto pressione e sentivano sul collo il fiato di tutta la nazione, che sembrava aver iniziato una dieta a base di aglio solo per metterli a disagio. La tensione sul campo era palpabile: gli jugoslavi erano nettamente superiori per capacità tecniche, motivazioni e tranquillità. Infatti al quarto minuto del primo tempo passarono in vantaggio. Il commissario tecnico uruguayano Suppici iniziò ad accarezzare una culla di Giuda, facendosi vedere dai propri giocatori. Costoro, spinti da una forza che solo la disperazione può dare, ribaltarono il punteggio in 15 minuti, portandosi sul 2 - 1. Ma la Jugoslavia attaccava e giocava bene. Verso la metà del primo tempo scattò il piano di Rimet: l'arbitro uruguayano Vallarino, sotto le mentite spoglie del brasiliano Rêgo, annullò agli slavi un gol regolarissimo perché "troppo bello per essere vero". A nulla valsero le accese proteste degli slavi. L'Uruguay si rinfrancò, la Jugoslavia si demoralizzò e il risultato finale (6 - 1 anche in questo caso) proiettò i padroni di casa verso un'immeritata finalissima.

Gli jugoslavi, dal canto loro, reagirono con vero spirito sportivo: commisero solo 1782 omicidi e 5643 stupri, oltre a saccheggiare tutti gli spacci di alcolici e cagare sui monumenti di Montevideo. Però la delusione era enorme, come il sospetto di brogli. Gli slavi non lo mandarono certo a dire:

« Комплоттовиц! »
« Римет фроциовиц бастардовиц! »

La finale per il terzo posto

Il cittì jugoslavo declina l'invito a scendere in campo.

La tradizione ufficiale vuole che la finale per il 3º e 4º posto sia stata istituita solamente al campionato mondiale del 1934. Così la Coppa del Mondo del 1930 sarebbe l'unica senza questo incontro, sempre disputato tra le semifinali e la finale. Tuttavia, a leggere il bollettino FIFA del 1984, salterebbe fuori l'esistenza di un incontro valevole come finale per il 3º e 4º posto, vinto per 3 - 1 dalla Jugoslavia. Da indagini successive sarebbe emerso che quel bollettino sarebbe stato falsificato a scopo goliardico da uno dei redattori, in un raptus molto simile a quelli da cui sono colpiti quei niubbi che la sera devastano Nonciclopedia. Secondo altri pareri, invece, l'incontro era in programma, ma non venne disputato. Stando a quanto scritto dal giornalista uruguaiano Bujardon De Los Taroccos, la Jugoslavia si rifiutò di giocare perché non digerì l'arbitraggio della semifinale — considerato vagamente parziale — contro i padroni di casa.

Una commissione tecnica della FIFA riportò nel 1986 tutti i ranking di tutte le squadre che avevano partecipato alle precedenti edizioni del mondiale: in questa graduatoria gli Stati Uniti sono terzi e la Jugoslavia è quarta, come vengono tuttora considerati. Nel frattempo la Jugoslavia ha cessato di esistere, frammentandosi in varie nazioni, perciò non esiste più uno jugoslavo disposto a far valere le ragioni della sua patria.
Ma non finisce qui.

Il mistero della medaglia di bronzo

Nel 2010 il figlio di Kosta Hadži, capo delegazione ai mondiali del 1930 e vicepresidente della Federazione calcistica della Jugoslavia all'epoca, dichiarò che la Jugoslavia, come squadra, fu premiata con la medaglia di bronzo visibile a lato, conservata ancora oggi dalla famiglia Hadži. Sempre secondo Hadži, che evidentemente aveva un disperato bisogno di soldi e notorietà[2], la Jugoslavia venne considerata terza perché perse la semifinale contro i futuri campioni dell'Uruguay. A tutt'oggi l'origine e l'autenticità di questa medaglia sono state ufficialmente riconosciute solo da Otelma e Vanna Marchi.

La finalissima

Il pre-partita

Per motivi climatici, la Nazionale uruguayana si presentò allo stadio col pigiama di flanella.

La finalissima tra Uruguay e Argentina si giocò il 30 luglio, sotto una fitta nevicata. I calciatori erano stufi di giocare con quel tempo di merda che aveva caratterizzato il Mondiale, e avrebbero chiesto di spostare l'incontro alla successiva primavera, ma furono presi a cinghiate sulle natiche da Rimet in persona.
Il porto di Montevideo fu preso d'assalto da tantissime navi cariche di decine di migliaia di argentini. Molti di essi poterono sbarcare solo quando la partita era già iniziata, molti altri solo due giorni dopo. Allo stadio i tifosi furono scrupolosamente perquisiti. Fu trovato di tutto: pistole, coltelli, granate, falli di gomma e forbici senza la punta arrotondata.

I giorni precedenti la finale furono molto tesi: diversi calciatori uruguaiani furono minacciati di morte o si trovarono le loro automobili tutte rigate; il ritiro degli argentini fu oggetto di visita da parte di altri scalmanati che cantavano a squarciagola tutta la notte. Anche l'arbitro della finale, il belga John Langenus, ricevette minacce di morte. Allora pretese dalla FIFA la stipula di un'assicurazione sulla vita, la protezione di un corpo di cento sbirri, la disponibilità di una nave pronta a salpare entro un'ora dal termine dell'incontro, in caso avesse avuto bisogno di fuggire. Langenus, quando si presentò allo stadio, fu fermato: ben 13 sconosciuti, prima di lui, si erano scherzosamente spacciati per l'arbitro della partita[3].

L'arbitro della finale, il belga John Langenus: in occasione del match sfoggiò il suo vestito delle feste.
« Ok, che ne dici di parlare della partita, adesso? »
(Lettore superficiale che si accontenta di pochi concetti appiccicati a sputo, senza la dovuta collocazione nel contesto politico, economico e sociale.)

Calma, prima di passare al calcio giocato, occorre tornare sulla questione: "chi porta il pallone?"
Una divergenza rovinò i preparativi dell'incontro, poiché le squadre non trovarono un accordo su chi avrebbe portato il pallone: entrambi i capitani pretendevano di usare il proprio. A causa della contesa la FIFA intervenne e stabilì che l'Argentina avrebbe messo a disposizione un pallone per il primo tempo, mentre l'Uruguay un altro per il secondo tempo. Molti giocatori argentini si lamentarono del pallone uruguayano, costruito con un diverso tipo di cuoio più spesso e pesante.

Con questo pallone, l'Argentina conduceva 2 - 1 alla fine del primo tempo.
Con questo pallone, l'Uruguay vinse 4 - 2.

La partita

« E adesso si può parlare della partita »
(L'autore di quest'articolo in un raro momento di accondiscendenza.)

L'Uruguay fece un cambio di formazione rispetto alla semifinale, perché Anselmo fu costretto a saltare la partita per un attacco di panico. Secondo altre fonti Anselmo, tra i migliori dell'Uruguay, chiese di non scendere in campo senza precisare il motivo, che sarebbe stato in realtà la paura delle aggressive marcature dell'argentino Monti, detto il Gattuso delle Pampas. Il compito di sostituire Anselmo fu affidato a Castro, centravanti privo della mano destra persa in un incidente sul lavoro all'età di 13 anni, carente sul piano tecni­co ma dotato di una carica agonistica fuori dal comune e anche dalla provincia. L'Argentina non poteva disporre degli infortunati Zumelzú e Varallo, ma il secondo venne schierato ugualmente dal primo minuto, con una stampella.

Le disposizioni tattiche in voga allora prevedevano ruoli statici ed inamovibili, nessun calciatore doveva assolutamente uscire dalla sua zona di competenza, di conseguenza, se si voleva stare sulla difensiva, si schieravano più difensori, in caso contrario si schieravano più attaccanti. Uruguay e Argentina si schierarono con lo stesso, spregiudicato modulo 0 - 0 - 10. Ne risultò una partita avvincente e combattuta.

Pablo Dorado per l'Uruguay segnò il primo gol con un rasoterra incrociato dalla destra, talmente carico di effetto che falciò l'erba lungo la sua traiettoria. La risposta dell'Argentina non si fece attendere e otto minuti dopo erano di nuovo in parità: Carlos Peucelle ricevette la palla da Ferreira, distrasse il suo marcatore mostrandogli che ce l'aveva più lungo e pareggiò con un tiro che fu intercettato dal portiere uruguaiano Ballesteros, ma era talmente potente che gli sfilò i guanti dalle mani, sfondò la rete e abbatté un condor. Poi Stábile, capocannoniere del Mondiale, siglò la sua ottava ed ultima rete, portando in vantaggio gli ospiti con il punteggio provvisorio di 2 - 1. Il capitano uruguaiano Nasazzi protestò, sostenendo che Stábile fosse in fuorigioco, ma l'arbitro Langenus lo redarguì subito:

« No, Tafazzi, non ci siamo: chi porta i pantaloni alla zuava? Chi porta la cravatta? Chi porta il doppiopetto? Lei è un essere inferiore, vada a martellarsi le palle! »

Nel secondo tempo l'Uruguay prese coraggio e migliorò il proprio gioco. Monti fallì l'occasione del 3 - 1 per l'Argentina e nell'azione di contropiede, organizzata da numerosi calciatori, l'Uruguay ristabilì nuovamente la situazione di parità con un gol di Pedro Cea. Dieci minuti dopo un gol di Santos Iriarte portò in vantaggio l'Uruguay e in chiusura fu la volta di Castro, che siglò la rete del definitivo 4 - 2. Langenus fischiò la fine al 90º minuto e sparì in direzione del porto a velocità curvatura, lasciando una scia che tuttora perdura nell'atmosfera di Montevideo.

Conclusione

Come da copione, pronostico e direttive, l'Uruguay divenne il primo Campione del Mondo. E tutti a festeggiare, mentre Rimet si fregava soddisfatto le mani.

Campioni mondiali di bruttezza, non c'è dubbio.
Preceduto da:
Sto cazzo
Da sempre

Campione del Mondo
Uruguay
1930
Succeduto da:
Italia
1934

Note

Template:Legginote

  1. ^ Come insegnano i secchioni, da quelle parti a luglio è pieno inverno.
  2. ^ E che, sicuramente, lavorava parecchio di fantasia.
  3. ^ Non mi sono inventato nulla.


Questo gioco del ca...lcio
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Club Bisnes Clas: il BergamoSoccmelSalto CarpiatoChiavo VeronaHeavoniaFootball MaremmamaialaFrocinoneGenoa Per NoiInteLGiuveLazieFozza MilaNapulePaleeeemmmo'A MaggicaSampeiCazzuoloGranata al LimoneMandimandimandiPirlas Verona

Classe Economica: Olive F.C.AvellinobanfiU' BàarUccellacci bianchiCastedduC'è SenoComodinoScrotoneLatrina CalcioBoiadèTortellino PowerVecchiaraMelugiaRapugnetta'sPro VermicelliThe PesciarolsSpezzatinoThyssenKruppBlack and DeckerBOH Dal MicinChiava(to)riLinciano

Derelitti e sfigati misti: AlbinoCHE?Lu CataniaCentro Scommesse CremonaScatarraroLusulelumareluientuParmacotto FCScorregginaCozzballBora BoraSvarionese

Ministero degli esteri:

Albione: ScarsenalChel$ki AbramogradNevertonLiwhirlpoolMinaretochester United 2Ducato di Ferguson

Iberia: Solari BilbaoFC PorcellonaRepubblican Madrid

Gallia: Merz CalcioOlympique SimbaOmmmmmmmmmmParigi San MosconiGiacobini violetti

Crucchia: Baiern FrateBorussia DormiMusicanti VerdiForza PaninoBaier quell'altro

Continente: Ajax PavimentiDinamo BadantiBentopaI texaniI padaniMonte OlympiakosLe Panatine

Nazionali Carampano Continente: Andostà?SacherlandiaCavol(ett)i (di Bruxelles) RossiCraxiaLa leva calcistica del '92Fare le OreFrociarìaCrukkiaMacachi FCSpartaaai pionieriPOPOPOEminflexoniaAmaro MonteabbronzatoTulipaniaPolacchiaPortoGaioCecatiaROMlandiaUЯSSSan CulamoBanda delle CornamuseSerbi della Glebale Furie MosseSchfizeraFigoniaI kebabbariFamiglia ShevchenkoQuelli che erano invincibili

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I Calciattori
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Difensori AronicaBagniBaresiBenettiBergomiBettariniBoumsongBurdissoCarrozzieriChielliniCirilloCocoDavid LuizFerriGreškoIulianoKaladzeLúcioMaiconMaldiniMellbergMolinaroMonteroNeqrouzOkanOnyewuRuganiSantonSenderosTerryZanettiZapataZé MariaZenoni
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Allenatori Allenatore dell'U.S. Città di PalermoAncelottiBagnoliBaldiniBearzotBeckenbauerBenettiBenitezBoskovCapelloCloughConteCoriniDi CanioDelneriDomenechDonadoniFergusonFerraraGarciaGascoigneGiordanoGrazianiGuidolinGullitHiddinkLeonardoLippiLöwManciniMaradonaMazzarriMihajlovicMourinhoPrandelliRanieriSacchiSimoniSpallettiTrapVenturaZaccheroniZemanZengaZola
Campioni del mondo 2006 1 Buffon • 2 Zaccardo • 3 Grosso • 4 De Rossi• 5 Cannavaro • 6 Barzagli • 7 Del Piero • 8 Gattuso • 9 Toni • 10 Totti • 11 Gilardino • 12 Peruzzi • 13 Nesta • 14 Amelia • 15 Iaquinta • 16 Camoranesi • 17 Barone • 18 Inzaghi • 19 Zambrotta • 20 Perrotta • 21 Pirlo • 22 Oddo • 23 Materazzi