Louis Pasteur

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Louis Pasteur con indosso tutte le precauzioni necessarie contro le infezioni.
« Signori, guardate che ho scoperto! »
(Come iniziò l'epidemia di colera all'Accademia Medica di Parigi)
« Non so curare neanche un raffreddore, però so come farti venire il vaiolo. »
(Dai diari di Louis Pasteur)

Louis Pasteur (1822 – 1895) è stato un microbiologo, chimico e fisico francese. Ma soprattutto fu il primo terrorista della storia moderna, introducendo per primo il concetto di minaccia batteriologica. Nonostante sia stato un uomo di scienza, infatti, i suoi meriti non furono quelli di aver prodotto un vaccino o debellato un’epidemia, bensì di aver scoperto e portato alla luce bacilli, virioni e tutte le piaghe più letali, che ancora oggi mietono vittime in tutto il pianeta. Di scoperte così l’umanità ne sentiva proprio il bisogno, e per questo venne evitato come la peste (da lui scoperta) e mandato a cagare (ma mai abbastanza) da tutti i consessi scientifici del mondo. Se stamattina avete il raffreddore, ricordatevi che è colpa sua.

Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Louis Pasteur

Biografia

Louis Pasteur (italianizzato in epoca fascista in Luigi Pastore o Luigi Pastella) nasce il 27 dicembre 1822 a Dôle, la città delle banane. Suo padre era appunto venditore di banane al mercato. “Meglio venderle che riceverle” usava insegnare sempre al giovane Luigi. La mamma, Vannalisa Pappacena, insegnava lingue straniere ad una classe di sordomuti. Pasteur frequentò le scuole elementari ad Arbois (in italiano Arborio) e successivamente al liceo a Parboiled, vicino Carnaroli, la città natale del riso allo zafferano. Comincia qui a fare le prime osservazioni naturalistiche e di biologia scoprendo alcune specie animali fino ad allora sconosciute come:

  • la mantide atea, una specie più rara di quella religiosa, che non arriva ad uccidere il compagno ma si limita a divorziare e a chiedere gli alimenti dopo l’accoppiamento
  • lo scarafaggio bianco
  • il grillo afono, l’unica specie che non canta perché ha vergogna
  • la picchia, la femmina del picchio che picchia il picchio
  • la cozza di fiume
  • la seppia d’acqua dolce
  • il calamaro gitante
  • la sogliola
  • l’acciuga marinata
  • l’anguilla

Conseguita nel 1842 la licenza liceale, entra così alla Normale di Parigi, dove, come voluto dalla scuola, fa una carriera banale e si laurea in modo semplicissimo nel 1847 presentando una tesi di 4 pagine sull’attività diurna degli animali notturni.

Un'immagine del vaiolo, per gentile concessione del vaiolo.

All'inizio dei suoi studi Pasteur rivolse la sua attenzione alla cristallografia. Scoprì con il chimico berlinese Eilhardt Van Fessen che due corpi perfettamente identici nell'aspetto esercitavano azioni identiche se su di essi viene esercitato uno stimolo identico. Soddisfatto da questa teoria, Pasteur condusse ricerche sulle differenze nella conduzione dei corpi, che getteranno le basi della chimica. Il Pastella scoprì infatti:

  • che esistono differenze nella conduzione dei corpi, infatti condurre un trattore e condurre un autobus non è la stessa cosa
  • che nell’atomo di idrogeno c’è un solo protone, due il sabato sera
  • che non è possibile misurare il peso atomico degli elementi perché non esistono bilance così piccole
  • che l’isotopo dello stronzio è il pezzodimerdio
  • che l’atomo è formato da centinaia di particelle subatomiche come i positroni, i mirmidoni e i peperoni
  • che facendo vibrare un cristallo esso si rompe, perché è delicato

Da quest'ultima osservazione discende la prima legge di Pastella/bis che dice:

« È meglio non far vibrare cristalli di casa »

Pasteur ricavò anche da queste osservazioni la famosa legge di Pastella/secondo estratto che diceva:

e presentò questa espressione alla facoltà di Matematica di Vienna. Quando gli chiesero di spiegarla simulò un attacco di dissenteria e rimase nei cessi dell’Università finché il congresso non fu concluso. L’esperienza di Pasteur con la chimica e la fisica si concluse con questo infelice intervento.

La giovinezza e i tentativi di affermazione

Nel 1848 gli viene offerta la cattedra di fisica al liceo di St. George at Cremain e l’entusiasta Pasteur accetta. Purtroppo per lui però si tratterà della cattedra di educazione fisica e il giovane chimico passerà i successivi 5 anni ad insegnare pallavolo alle ragazze e ad urlare ad una manica di adolescenti brufolosi di non giocare a calcio in palestra altrimenti si rompono i vetri.

Dopo questo periodo buio però la carriera di Pasteur conosce un’impennata improvvisa: spacciandosi oscenamente per il nipote di suo zio e leccando i culi giusti riesce dapprima a diventare docente di fisica inapplicabile all’Università di Gigione, poi assistente alla Cattedra di chimica dell'Università di Strasburgo e addirittura professore assistente universitario associato vice facchino di quinto grado nella città di Lo Spurgo, che non aveva un’Università. Sempre nel 1849, il colpo gobbo massimo: circuisce e mette incinta la figlia del rettore dell'ateneo di Berna e si garantisce l’ufficio vista mare (?!) coi quadri di Cascella appesi al muro, quei simpatici adesivi fosforescenti col logo dell’ateneo che davano solo ai pezzi grossi e il posto auto coperto, utilissimo nei mesi estivi. Emile Roux, collaboratore universitario di Pasteur, ricorda così il collega: "Dai primi tempi della loro vita in comune, Madame Pasteur comprese che tipo di uomo aveva sposato: un leccaculo da competizione".

Le prime piaghe

L'organismo cerca di difendersi dalle infezioni.

Nominato, nel 1854, professore nella nuova Facoltà di Scienze di Lilla, vicino Fuxia, Pasteur dette inizio ai suoi studi sulla fermentazione. Una sera facendo fermentare del lievito ottenne la pizza. Scoprì che questo processo aveva fatto crescere lo spessore della pasta e scoprì inoltre che condirla con olive e carciofini la rendeva molto più gustosa al palato. Continuando i suoi studi sulla fermentazione ottenne l’aceto, il vino, la birra, l’Aperol, l’Orzo bimbo e il Nesquik. I suoi interessanti risultati attirarono la curiosità di molti suoi colleghi, che in realtà andavano a trovarlo perché estasiati dalle sue pizze.

Un giorno mentre assaggiava una prosciutto e funghi creata da poco pensò che le sue fermentazioni erano sempre avvenute all’aperto. Così provò a tenere la pasta dentro un contenitore chiuso scoprendo così che la magia della pizza non avveniva. Pasteur, sicuro di aver afferrato l’anello mancante del suo ragionamento, enunciò il primo principio di Pasteur che diceva:

« È necessario preparare sempre la pizza all’aperto »

E che era una vera boiata. Altri otto mesi per fortuna servirono a Pasteur a schiarirgli le idee e a correggere il suo primo principio con il secondo principio che diceva:

« La fermentazione avviene solo all’aperto. Meglio mettere il fiordilatte sulla pizza, invece della provola (corollario). »

Restava solo da capire il perché. In un primo momento Pasteur fu tentato di dire che era tutto merito di Dio, una scusa comoda e precotta di cui per secoli si era servita la Chiesa per spiegare tutto ciò che non sapeva spiegare, ma era un po’ riduttivo e semplicistico (e paraculo) per un uomo di scienza come lui liquidare la questione in questo modo. Così cominciò a pensare ad una serie di varianti:

  • erano gli omini della pasta, che impastano il lievito mentre noi dormiamo
  • era il fluido magico che pervade la pizza
  • era il mago Bertolini, quello dei dolci

Un giorno mentre analizzava dei cristalli di Boemia al microscopio, un po’ di lievito rimase sul vetrino e quale fu la sua sorpresa nel vedere tutto un mondo di microrganismi e di bacilli che si animavano, si muovevano, ballavano sottobraccio e gli facevano gestacci dalla lente d’ingrandimento! Pasteur scosso ed entusiasta fece subito vedere la scoperta ad altri suoi colleghi che poterono constatare di persona che i bacilli iperattivi esistevano davvero e che stavano facendo il gesto dell’ombrello. Lo scienziato francese capì di aver scoperto qualcosa di nuovo ed importantissimo, quasi più importante della pizza. Per questo si chiuse per mesi nel suo studio senza staccarsi mai dal suo microscopio, nemmeno per farsi un bidet.

Il Bacillus Antruzzis, responsabile della febbre del sabato sera.

Il suo studio febbrile lo portò alla drammatica consapevolezza che tutt’intorno a noi miliardi di esserini non visibili ad occhio nudo strisciano e vivono in ogni parte del pianeta: sono sulle nostre superfici, sui nostri cuscini, persino sulla nostra pelle. Sono dappertutto, in ogni angolo della nostra casa: chi avrebbe avuto più il coraggio di farsi una doccia! Era l’inizio della scoperta delle malattie. Nei successivi 5 mesi Pasteur scoprì:

Per paura di virus e batteri Pasteur iniziò a non uscire più di casa, a non mangiare più da McDonald’s e farsi lo shampoo con la varechina. Cominciò col disinfestare l'appartamento e col dormire in una tenda a ossigeno, poi mise il suo cane sottovuoto facendolo nutrire con una cannuccia e fece una dozzina di clisteri di Lysoform a sua moglie, per liberarla della flora batterica intestinale; da quel momento madame Pasteur non riuscì più a digerire neanche l’acqua minerale e per questo chiese ed ottenne il divorzio per direttissima.

Il povero Pasteur firmò le pratiche attraverso la buca della lettere. Ormai non s’azzardava ad uscire fuori nemmeno per frequentare i luoghi che era solito frequentare (il circolo dei cervelloni sfigati, il teatro, il bar dello sport, il lupanare) ma viveva in uno stato di totale isolamento circondato solo dai suoi alambicchi. E dai suoi odiati germi.

Le altre calamità

Le scoperte di Pasteur scatenano la gioia della stampa.

Frattanto le scoperte di Pasteur non si fermavano e lui non sapeva più se esserne contento o rammaricarsene. Tra il 1860 ed il 1855 lo scienziato impiccione scoprì:

E poi ancora la tubercolosi, il tifo, la salmonellosi, il botulismo, la difterite, la cellulite, i punti neri, i peli sulle gambe. Dopo tante scoperte il Pastella poteva ormai dichiarare con forza che la germinazione spontanea era una teoria improbabile e di difficile dimostrazione, vale a dire che le cose dette finora erano tutte cazzate madornali. Eh già perché fino all’anno XVII del mese di novembre gli scienziati erano convinti che la vita si creasse dal nulla e che animali come vermi e insetti potessero nascere dal fango o dalle carcasse in putrefazione. A limite quando non si sapeva proprio come spiegare una cosa c’era sempre il jollyDio che si prendeva meriti e colpe:

  • Chi è stato a creare i vermi? È stato Dio!
  • Chi è stato a creare le mosche e le zanzare? È stato Dio!
  • Chi mi ha ciulato il portafogli dalla tasca? È stato Dio!

L’arciabate Ferdinando Abarth diceva che i vermi nascono dal fango, perché nessuno aveva mai visto un verme partorire mentre tutti noi li vediamo strisciare nel fango. Secondo questa teoria quindi un aviatore viene partorito dall’inseminazione di un aeroplano mentre un netturbino viene germinato da un cumulo di monnezza, perché lo si vede sempre lì vicino. Non fa una piega. Se tanto mi dà tanto abbiamo capito anche da dove nascono le mosche. Per fortuna Francesco Redi, detto Ciccio à carna cotta, mise due bistecche di vitella (il suo pranzo) in due contenitori, uno aperto ed uno chiuso. Dopo 3 giorni la vitella nel barattolo chiuso era ancora bella, mentre nel barattolo aperto con la vitella larve, mosche e muffa facevano comunella.

Pasteur per i suoi studi poteva contare su uno strumentario di alto livello, grazie alle sovvenzioni del governo francese.

Le conclusioni potevano essere solo 3:

  • Dio non sa aprire i barattoli.
  • La vita si sviluppa da altri esseri viventi, che non essendo riusciti a penetrare nel barattolo chiuso non hanno potuto deporvi le uova.
  • Fare questo esperimento ti fa passare la fame.

Avendoci pensato a lungo Redi si fidò della sua seconda conclusione. Ed era proprio da questa conclusione che Pasteur voleva partire per spiegare le calamità scoperte e così, per la prima volta dopo 5 anni, s’arrischiò ad uscire, munito di mascherina, cappotto, disinfettante spray, l’elmo di suo zio che militava nell’esercito prussiano e cinturone con la Colt di suo nonno cowboy. Arrivato trafelato ed accaldatissimo all’Accademia Medica di Parigi aprì il suo cappotto davanti ad una folla di 25.000 persone tra colleghi, curiosi, paparazzi e bidelli urlando:

« Signori, guardate qui cos’ho scoperto! »

Dentro il suo cappotto lebbra, colera, peste bubbonica africana, ebola mutante, il virus della gengivite, il raffreddore, il cimurro, il mal di denti, l’alito cattivo tutti racchiusi dentro vetrini e terreni di coltura facevano bella mostra di sé, facendo somigliare il biologo francese a un venditore ambulante di malanni e pestilenze. La folla in preda al panico lasciò subito l’Accademia spintonandosi e urlando senza un minimo di educazione, proprio come a un concerto di Gigi D'Alessio. Rimasto solo nell’ateneo, non fu difficile per la gendarmeria francese trovare ed arrestare il responsabile. Pasteur venne portato fuori da due guardie, processato per direttissima e condannato a 8 anni di carcere con l’accusa di terrorismo batteriologico, portandosi dietro una scia di malanni: infatti le guardie che lo avevano arrestato si beccarono il tifo murino, il giudice la varicella e il secondino che lo sorvegliava si ammalò di orecchioni. Il suo compagno di cella si prese invece la gravidanza isterica ed ebbe il singhiozzo per tutta la vita.

Ultimi anni

Pasteur passò il resto della sua vita agli arresti domiciliari, assieme al suo cane sottovuoto. Frattanto Fleming aveva scoperto la penicillina e, grazie a questa sì importante ed utile scoperta, il biologo di Dole poté continuare a campare qualche altro anno, sempre in trincea contro i vibrioni cattivi. Pasteur morì il 29 settembre del 1895, in pieno giugno, poco prima del solstizio d’inverno. Le sue ultime parole furono:

« Io me ne vado, adesso sono cazzi vostri! »

Influenza scientifica

Studiare la fermentazione del lievito può avere i suoi vantaggi.

Pasteur è stato riconosciuto unanimemente come un terrorista ed un portatore di sventure, ma in tanti anni di piaghe scoperte gli va dato atto (oltre alla scoperta della pizza) dello spettacolare trionfo sull'idrofobia: il 6 luglio del 1885 gli venne portato un bambino di 27 anni, il quale era stato morso da un cane idrofobo alle mani, alle gambe e alle cosce. Pasteur prese il ragazzo e lo gettò in acqua assieme al cane, insegnandogli a nuotare e facendoli così guarire dall’idrofobia.

A Pasteur si deve inoltre il processo della pastorizzazione per cui il latte prima di venire sulle nostre tavole passa per la tavola del pastore che lo ha munto e che provvede all’assaggio. Se il pastore sopravvive il latte viene messo in commercio. Un procedimento che gli è valso il plauso della popolazione mondiale ma le ire del Sindacato autonomo pastori e pecorai della Val di Fassa, nonché del suo pastore maremmano, assai contrario a tale pratica.

Tra i tanti mali scoperti Pasteur isolò anche il mitico Bifidus Acti regularis dello yogurt Activia, guadagnandosi il favore di tutti gli stitici nonché il titolo di “Uomo della cacca” o delle “sedute provvidenziali”.

Secondo i documenti dei servizi segreti lussemburghesi, le ceneri di Louis Pasteur, recuperate accidentalmente negli anni '90 da alcuni contadini slovacchi e scambiate per farina animale, sarebbero state erroneamente introdotte nei silos di stoccaggio della Saprazzo Mangimi Sopraffini nel Devonshire, dando inizio alla famosa epidemia di mucca pazza.

Bibliografia

  • Come far venire il vaiolo al vostro vicino di L. Pasteur, edito postumo nel 1906
  • La rabbia, il tifo, la febbre da fieno ed altre patologie nefaste di L. Pasteur, edito prematuro nel 1815
  • Costruisci da solo la tua minaccia batteriologica di L. Pasteur, introduzione di Osama Bin Laden, 2002

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