Lou Reed

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Lou Reed ha sempre voluto essere un ricercato nel settore: gli Americani del Partito Repubblicano lo accontentarono.
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Lou Reed
« Amico, ci puoi scommettere il tuo culo sul mio successo: bevo, mi drogo e faccio sesso con qualunque essere umano che respiri! Con una chitarra in mano, il disco di platino è assicurato! »
(Lou Reed tenta, con successo, di convincere il suo agente sulle sue possibilità di carriera.)
« Vita di strada, ghetti... Fanculo a tutti 'sti rappettoni del cazzo! Io con i Velvet Underground ne ho parlato trent'anni prima di loro! »
(Il buon Reed mentre dimostrava quanto fosse grande la sua considerazione per le nuove generazioni musicali.)
« "I Giardini di cazzo-Kensington" cosa...?!?!? Patty Prav... E chi CAZZO È, per Dio!?! »
(La sportiva reazione di Lou, al sentire che all'estero "Walk on the Wild Side" veniva allegramente plagiata diversamente interpretata da altri artisti.)

Lou Reed (Ghetto ebraico, Broccolino, 1940equalcosa - Isola Lunga, primi anni del secondo decennio del XXI secolo) è stato il più gran tossico, fattone, ubriacone da guinness dei primati e culallegro di tutti i tempi che abbia mai preso in mano una chitarra, diventando uno dei più importanti artisti della scena musicale rock dell'epoca contemporanea. Peccato che oggi i giovani non abbiano la più pallida idea di chi fosse e i vecchi perdano progressivamente la memoria.

Vita

Nascita, infanzia, pubertà

Il manichino che fece perdere la verginità a Lou Reed.

Nel 1942 il mondo intero si stava appassionando all'ultimo campionato mondiale di RisiKo!, perciò la nascita di questo ebreo in trasferta, registrato all'anagrafe come Lewis Allan Reed, passò del tutto inosservata. I genitori tenevano spesso la radio accesa e Lou imparò a parlare grazie ad essa. Si appassionò ben presto di musica e, siccome a quell'età i ragazzi hanno in mente solo quello, comprese altrettanto presto che formare un gruppo musicale studentesco avrebbe potuto garantirgli un considerevole apporto di figa, ma anche di cazzo. Insomma, di organi genitali in quantità. Al termine delle scuole superiori conseguì un diploma, forse di tornitore, ma dimenticò di appiccicarci sopra due marche da bollo e non poté sfruttarlo, se non per farsi i filtrini per le canne.

Nel 1956 fu sorpreso dai genitori nella sua cameretta mentre era intento a giocare al dottore con un manichino sottratto ai grandi magazzini. Il fatto che il manichino avesse sembianze maschili fece preoccupare i genitori: convinti che il loro figliuolo avesse una brutta malattia, lo fecero sottoporre a quindici sedute di elettroshock. L'unico risultato fu che da quel momento il giovane Reed si trovò col sistema nervoso che dava in continuazione "Error 404" e l'uccello sempre in tira. A tale proposito, nel 1974 dedicò ai genitori la canzone Kill your sons, non prima di aver donato loro una bottiglia di zibibbo al Guttalax.

L'università e le prime schitarrate

Nel 1960 iniziò a frequentare la Syracuse University perché aveva sentito dire un gran bene dei pusher che bazzicavano la facoltà di giornalismo, regia cinematografica e scrittura creativa. Nell'anno successivo condusse un programma radiofonico che andava in onda durante la notte, quando giustamente tutti dormono, raggiungendo picchi di audience repentinamente ascendenti verso il basso. Reed si divertiva a mettere su dischi di jazz ma soprattutto di free jazz che, essendo free, dispensava la radio dal dover corrispondere i diritti d'autore. Era attratto dalla musica di sassofonisti come Ornette Coleman, quindi ideò una tecnica innovativa per suonare la chitarra come un sassofono. Nessuno mai è riuscito a fare qualcosa di vagamente simile, forse solo Mario Biondi, che ha messo a punto una tecnica particolare che gli consente di cantare come se stesse petando. Agli anni universitari risale l'incontro con Delmore Schwartz, un beone che chiedeva spiccioli ai passanti e che si faceva chiamare poeta, famoso presso gli studenti per i suoi atti di esibizionismo. L'influenza che esercitò sul giovane Reed fu determinante per la sua formazione artistica e musicale: Reed apprese i rudimenti del ruttosound, della cacofonia melodiosa e della cadenza aritmica. Nel 1966 gli avrebbe dedicato la canzone European son, inclusa nel primo album dei Velvet Underground, a totale insaputa di questi ultimi.
Nel 1964 si trasferì a New York City, dove lavorò per la Pickwick Records, una piccola label commerciale che si occupava prevalentemente di musica da luna park e da sala d'attesa del dentista. Era addetto alla stesura di testi per brani esclusivamente strumentali. Nel frattempo sviluppava in proprio nuove tecniche sonore: sostituì le corde della chitarra col filo interdentale alla ricerca di un effetto plasticoso; riempì la cassa armonica di mollica di pane per dare un senso di sazietà; arroventò i plettri per ottenere sonorità più calde.

Il processo creativo

La miscela miracolosa utilizzata da Lou Reed prima di mettersi al lavoro.

Il bel poeta del Rock maledetto aveva un sacco di idee: il problema era che, avendo un livello di proprietà del linguaggio degno di un cebus capucinus dovuto alle reiterate sbronze dure, non gli veniva facile buttare giù su carta le sue epifanie. La composizione di un pezzo, quindi, era frutto di un'articolata serie di azioni, quali

  • una birra
  • sei pasticche di simpamina
  • caffè nero al rum
  • otto tacos
  • due righe di coca
  • una corsa in bagno dove vomitare anche l'anima
  • insalata al peyote
  • dieci sigarette di fila
  • un cristallo di mescalina da sciogliere sotto la lingua

Fatto ciò, si sedeva alla scrivania ed iniziava a comporre i suoi versi, la sua musica... anche se in realtà credeva di essere un angelo venusiano alla guida di un'astronave di luce mistica alla ricerca del misterioso Bong Cosmico. Miracoli della chimica.

L'esordio con i Velvet Underground, ovvero l'età dell'oro

Durante il loro tour americano, i Velvet Underground rimasero appiedati a causa di uno sciopero dei benzinai poco pubblicizzato.

Due tizi a cui aveva bidonato il pagamento di trenta dosi di LSD, tali John Cale e Tony Conrad, lo stavano cercando per dargli una lezione coi fiocchi, ma restarono estasiati dagli effetti sonori delle sue sperimentazioni, quindi anziché spaccargli la faccia lo invitarono a formare una band. Ciò avvenne nel 1966 ad opera dei già citati Reed e Cale, che si occupavano rispettivamente di voce, chitarra, birra e polverine varie il primo; viola, pianoforte, basso, mescalina e marijuana il secondo. Strada facendo si presentò un'impellente necessità:

« Sì, bastiamo a noi stessi e ci completiamo l'un l'altro, però un po' di gnocca ogni tanto non guasterebbe! »
(Lou Reed espone la sua idea su come trascorrere i tempi morti fra una jam-session e l'altra.)

Di conseguenza si verificò l'ingresso nel gruppo di due donne: la batterista Maureen Moe Tucker e la cantante Nico. Il gruppo frequentò la Factory di Andy Warhol, che ne produsse il primo disco. Dopo mesi di dispute, dibattiti e qualche sondaggio popolare venne deciso il titolo: The Velvet Underground & Nico. Rimase il dubbio che questo non fosse il titolo più appropriato, ma servivano soldi e si doveva pubblicare in fretta. I contenuti del disco erano decisamente tabù, quindi in netto anticipo sui tempi. Ci sarebbero voluti vent'anni prima che un oscuro rockettaro dell'Italia centrale li sdoganasse rendendoli fruibili alle masse[da verificare con cura].

Lou Reed e i Velvet Underground pubblicarono nel 1968 un secondo disco intitolato White Light/White Heat, considerato il loro capolavoro. Guadagnarono un botto di soldi ed inevitabilmente, caddero nello stereotipo delle rockstar tamarre e straricche. Lo stesso Reed per qualche tempo assunse comportamenti normali: si lavava e si radeva con regolarità, mangiava tante verdure e si era quasi disintossicato dall'alcol. Il gruppo si imborghesì fino a diventare l'idolo delle teenagers repubblicane e delle cheerleaders. Con tali premesse, nel 1969 pubblicarono il loro terzo disco, intitolato The Velvet Underground, che nelle classifiche fu superato persino da Mario Tessuto, che nello stesso anno proponeva Lisa dagli occhi blu.
Ma ormai il gruppo stava stretto a Lou Reed, d'altra parte gli altri membri erano ormai stufi di trovarselo all'improvviso dietro le spalle. Così il divorzio si consumò e il gruppo, come suol dirsi, andò a puttane.

La carriera da solista, ovvero l'età della merda

Quanto a serietà sul lavoro, Lou Reed non era secondo a nessuno.
« Non ho mai avuto giovani che strillavano ai miei concerti. I ragazzi strillano per David Bowie, non per me. A me tirano siringhe sul palco. Ora, non ho nulla in contrario ma che cazzo, potrebbero lanciarmi anche un po' di roba! »
(Lou Reed intervistato da Maurizio Costanzo.)

Lou Reed, finalmente libero da un gruppo che a suo dire ne appiattiva la sensibilità musicale, intraprese con entusiasmo la carriera solista, che si è protratta quasi fino alla sua morte. I risultati non sempre, anzi quasi mai, furono all'altezza delle aspettative. O forse sì, dipende dai punti di vista. Dal 1972 al 2007 registrò venti dischi e cadde sessanta volte dalla bicicletta. Il suo disco d'esordio, Lou Reed, mandò in confusione il pubblico, che si aspettava un titolo tipo Dario Baldan Bembo, e le vendite ne risentirono negativamente: andarono talmente male che Reed cadde in miseria e non riuscì neppure lui a comprarne una copia. Per sua fortuna intervenne nientemeno che David Bowie: accortosi delle gravi difficoltà del collega, lo aiutò generosamente a produrre il secondo album, Transformer, contenente le tracce più note di Lou Reed come Walk on the Wild Side. Fu un lavoro prettamente commerciale, ma fu utile per evitare lo sfratto, pagare le bollette e fidelizzare gli spacciatori. Rinfrancato dal ritorno economico, Reed propose un terzo album in cui tornava a sonorità più esplorative e sperimentali rispetto al precedente. Poiché la sua prima moglie l'aveva appena mandato a cagare perché non le passava mai il narghilè, pubblicò il concept album Berlin, che analizzava il fallimento di un matrimonio. La critica lo accolse favorevolmente, fu un brutto segno: le vendite coprirono a mala pena i costi della copertina, al resto dovette pensarci lui stesso.

Lou Reed afferrò un concetto basilare: per avere i soldi che gli occorrevano, doveva smettere di fare musica che piaceva solo a lui. Quindi sfanculò senza troppi rimpianti ogni teorema o ideologia che implicavano il prevalere della qualità sulla quantità e produsse una serie di album che, onestamente, facevano schifo al cazzo ma gli assicuravano una rendita più che soddisfacente. Cavalcò l'onda del punk nascente in quegli anni e riuscì comunque a passare per "alternativo", ma non aveva ancora sentito parlare degli hipster. Il matrimonio con Laurie Anderson non migliorò le cose dal punto di vista prettamente musicale. Il consumo di alcol e droghe s'impennò invece in maniera esponenziale, per terminare bruscamente il 27 ottobre 2013.

Nota intratestuale dell'autore

Nel rendersi conto che i dischi pubblicati da Lou Reed dagli anni '80 alla morte sono talmente variegati da passare dal rock al rock attraverso il rock per tornare al rock, ma soprattutto sono più numerosi delle pulci su un punkabbestia, l'autore di quest'articolo è entrato nella determinazione di rifiutarsi di scrivere un altro centinaio di righe in cui direbbe praticamente sempre la stessa cosa. L'autore stesso, peraltro, ha una propria vita che, per quanto noiosa e monotona, è comunque degna di essere vissuta.
Se qualcuno ci tiene tanto a farsi una cultura sulla discografia completa di Lou Reed faccia pure, ma lo faccia lontano da qui: per cosa è stato messo ad inizio pagina il link alla relativa pagina di Wikipedia?

La malattia e l'esito ineluttabile

Essendogli sempre stata attribuita l'etichetta di "ragazzaccio cattivello", Lou, da brava testa di cazzo rockstar, invece di smentire la cosa cercò di avvalorarla sempre di più. Ciò richiese il pesante tributo che gli costò la pellaccia. Secondo autorevoli fonti giornalistiche[citazione necessaria] le cose si svolsero più o meno in questo modo, anche dopo aver sentito il parere di medici e specialisti di prim'ordine ancora nei Settanta.

« Doc, lei non capisce una ceppa! Io sono uno che fa Rock, porca troia! Posso vivere anche di sola droga, se mi gira! »









« Non dica cazzateeeh! »






















« Ah, 'sti dottori... Fanculo! Sono l'Angelo del Male americano, io! Sarò immortale e scoperò quanto voglio! E adesso via di bourbon, cola & speed che fa bene! »
E infatti, quasi quarant'anni dopo...
« Aspetta un momento...! Trapianto di fegato?! Cazzo vuol dire?! »
Un epilogo triste ma niente affatto scontato...
Dopo il trapianto, il fegato di Lou Reed è stato trasformato in morbido paté de foie gras e servito sulle mense della buona borghesia newyorkese.

Mito sempiterno

Come per ogni grande artista musicale, con la morte, Lou e la sua musica saranno sempre ricordati con immagini indelebili nella mente di tutti...


Un concerto cult.
Vabbe', dai, anche i miti possono sbagliare...
Musicista di prima grandezza...
Ispiratore e mentore di altri artisti.
Un... Uh!... Ecco... Madonna mia...
Un dandy. Naturalmente elegante.
Cristo! Ma era un coglione drogato!

Bibliografia essenziale

È ovvio che un così grande artista, oltre alla sua musica, ci abbia lasciato una gran quantità di libri e saggi incentrati sulla sua persona. Limitiamoci a quelli più importanti.

  • Davho Eelkoolo, "Maschi e Femmine, per me pari sono!" - Una biografia non autorizzata di Lou Reed, Reykjavík, ARCI Gay Free Press, 1988.
  • Sephiroth, Siamo entrambi Angeli delle Tenebre - Un'analisi socio-politica dei testi di Reed, Midgard, ShinRa Editrice, 1997.
  • Smoker Greenweed, Tra cemento, funghetti e righe bianche le canzoni nascevano così!, Harlem, Thug Press, 2001.
  • Giorgio Gaber, Lou Reed non sarà di destra, ma nemmeno io sono di sinistra! - Il mio testamento spirituale, Milano, Cerutti Gino Editore, 2002.
Questa è una voce di squallidità, una di quelle un po' meno pallose della media.
È stata miracolata come tale il giorno 1 dicembre 2013 col 36.4% di voti (su 11).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

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