La morte della Pizia

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« Siete solo dei poveri creduloni che credono a tutto quello che vi dico! »
(La pizia sul popolo greco)
« Sono delle troie »
(La pizia sulle donne del mondo greco)
« Sono dei creduloni a cui interessa solo sapere chi è il loro padre. »
(La pizia sui nobili greci.)
Giocasta la Casta (bellino il gioco di parole, eh?).
« Sono dei TOTALITARIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!! »
(La Pizia su Sparta)
« È una scassamaroni »
(Tutti sulla pizia)
« QUESTA È TEBEEEEEE!!!!!!! »
(Laio mentre riceve l'oracolo di Tiresia)

La morte della Pizia è uno pseudo-racconto scritto dallo psico-criminale Frederico Durrenmatto, pubblicato nel 1976 per la prima (e purtroppo non ultima) volta all'interno del "Milmacher", raccolta di astrusi deliri filosofici e drammaturgici.

Trama

La trama non esiste, almeno principalmente, perché in realtà la maggior parte del racconto è un lampo all'indietro. Pannichide 11 (la vendetta) è una pizia (cioè una pizza umana) del tempio di Apollo delfico. Passa la sua giornata nel completo e totale cazzeggio, sul suo tripode (uno sgabello a tre gambe) avvolta dai vapori del tempio di dubbia entità, aspettando che un qualche credulone greco venga a farsi turlupinare da lei e dal suo capo, Meropidio XXVIII, detto il Padrino, chiedendo un oracolo, che lei prontamente ideerà a casaccio. La sfortuna vuole che un cliente insoddisfatto torni da lei insieme alla sua adorabile figlioletta per dannarla eternamente, ma lei, come è suo solito fare se ne sbatte altamente. Tuttavia, verso la pagina 20 del racconto la pizia muore, a causa di un'indigestione di semolino e pappa d'avena.

« Evviva! La pizia è morta! Almeno non dovrò sorbirmi 4 o 5 sequel! »
(Tipico lettore al momento della morte della pizia.)

Tuttavia la signora pizia non è buona nemmeno a morire, siccome inizia ad avere allucinazioni da gamberetti allo spiedo e inizia a vedere spiriti di quei poveri cristi colpiti dal suo stramaledetto oracolo:

« AH! Tu, Edipo, ucciderai tuo padre e scoperai con tua madre! Beccati questo! »
(L'oracolo di Pannychis XI)
« Si, ma almeno è gnocca? »
(Edipo)

Gli spiriti sono i seguenti:

  • Laio (re di Tebe e presunto padre di Edipo)
  • Giocasta (la troia)
  • Edipo (il povero pirla che pensa di sapere tutto di tutti, ma che in realtà rimane solo un povero scugnizzu)
  • La sfinge (la filosofa del gruppo, che è anche chiamata la strangolatrice a causa della sua passione per il sadomaso)
Inoltre appare alla pizia anche lo spirito di Tiresia, il profeta dal doppio sesso, che tormenta 'sta maledetta Pannychis con i suoi assurdi pensierini del tipo "La verità sta lì" o "La verità sta là". Dopo aver parlato per 40 di 60 pagine del libro della storia di Edipo alla fine la pizia muore (ma non si è ancora certi).
A Laio non piacevano le donne. Preferiva le giovani reclute.

Cose sconcertanti che questo racconto rivela sul mondo greco

  • Giocasta è una troia.
  • Vi ricordate di Prometeo, quel simpatico ometto a cui veniva sbranato il fegato ogni giorno da un aquila inviata da Zeus? In realtà il suo fegato non era roso dall'aquila, ma dall'alcool (whisky e vodka in primis) di cui Prometeo faceva uso abbondante.
  • Laio è gay. O Forse no. Potrebbe anche essere un castrato, ma non si è ancora certi di questo. Bisognerà eseguire studi approfonditi sull'argomento.
  • Edipo non è Edipo. O forse no. In realtà non si capisce molto bene dal romanzo. Potrebbero anche essere 2. Oppure 3 o addirittura 4. Vabbe', a 'sto punto tanto vale usare la tecnica superiore della moltiplicazione del corpo.
  • Alla fine del romanzo, la pizia e Tiresia muoiono. O FORSE NO. Anche questo in effetti non si capisce molto bene dal romanzo.
  • In effetti non si capisce NIENTE dal romanzo.
  • Il padre di Edipo potrebbe essere chiunque.
  • Le donne che dicevano di avere un figlio da Zeus in realtà vogliono solo giustificare i loro atti impuri.
  • La sfinge non era un mostro, ma una sacerdotessa di Hermes, che aveva come simpatico passatempo far sbranare gli uomini di Tebe dalle sue leonesse.

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