Guerra d'Etiopia

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Guerra d'Abissinia: Il ritorno

"La liberazione dell'Africa dagli africani."
Luogo: brutto e negro
Inizio:

Nella Somalia Italiana (da non confondere con l'odierna Italia Somala)

Fine:

e vissero tutti felici e pettinati

Esito:

espulsione degli azzurri dalla Società delle Nazioni per lancio di gas in campo

Casus belli:

Allungare lo stivale

Fazioni in guerra

Italici
Africa Italica

Etiopia
Negri

Comandanti
« Mussolini va lasciato fare: se vince allora io divento Imperatore d'Etiopia, se perde me lo levo dai coglioni una buona volta »
(Vittorio Emanuele III su pro e contro della Guerra d'Etiopia.)
« Africa, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell'aeronave Littoria, diretta all'esplorazione di nuovi strambi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà negre, fino ad arrivare a sottometterle all'Impero Fascista. »
(Frase introduttiva de la Guerra di Abissinia: il Ritorno.)

La Guerra d'Etiopia fu combattuta non per biechi interessi economici, ma per conquistare un posto al Sole [lo ha detto Lui!]; di fatto il Sole era e rimane il prodotto maggiormente esportato dall'Italia.

Con l'annessione dell'Etiopia i fascisti fondarono il primo Impero Italiano, con solamente 200-300 anni di ritardo in confronto agli altri popoli europei; così l'Italia venne finalmente catapultata nel XVII secolo.

Diplomazia internazionale

La campagna di invidia e d'odio condotta dai governi pluto-capitalisti-bolscevichi-massoni del NWO impedì agli italiani di godersi il meritato senso di superiorità sui popoli in infradito.

Del resto il governo fascista, con stupefacente anticipo rispetto al progresso giornalistico delle future democrazie, inventò numerose motivazioni nel tentativo di trasformare una guerra brutale in un'azione di pace. Dato che gli slogan "armi di distruzione di massa" e "esportare la democrazia" non erano stati ancora inventati, il regime affermò che si trattava di un conflitto umanitario, più precisamente sanitario, combattuto dai nostri soldati con lo scopo di esportare l'igiene ai rasta sudditi, o sudici, del Negus Rastafari. Il sovrano etiope infatti si opponeva all'irrevocabile diffondersi di pettinature lisce e millimetrate, nonché della permanente, privando il suo stesso popolo della vera libertà garantita dal fascismo (ossia la libertà dai pidocchi).

Antefatti

Gli etiopi sono destinati a diventare fascisti per diritto razziale, come riportato sul manuale del giovane balilla, intanto perché sono già neri senza bisogno di indossare la camicia, inoltre perché le strofe dell'inno fascista "Faccetta nera" dicono chiaramente "Faccetta nera, sarai romana!" e "ti porteremo a Roma liberata, sarai in camicia nera pure tu", sottolineando l'evidente desiderio del fascismo di inserire i negri nella società italiana e nel partito. Tuttavia il sogno di integrazione etnica era ostacolato dal Negus, avido tiranno africano dalla torbida acconciatura a cespuglio.

Mussolini denunciò davanti al mondo le malefatte del sovrano etiope, attraverso una equilibrata dichiarazione in stile dannunziano:

« Uomini della rivoluzione fascista! L'ora della nostra piena potenza è giunta: ci prenderemo un posto al sole! La bocca e l'ano di Bob Marley, quel figlio d'Africa del Negus, sentirà risuonare il rombo dei motori d'Italia come indizio del destino che si volge! E intendo il rombo della Ferrari e non di quell'altra chiavica di Torino, giammai! Il nostro grido eroico già trasvola dall'Alpi all'Oceano Indiano: Eja, Eja, Alalà, Eja, Eja, Alalà, Eja, Eja, Alalà, Eja, Eja, Alalà! »
( Mussolini si esibisce nella preparazione di un piatto di aria fritta vecchia maniera.)
« ehhh? C'ha detto? »
( Risposta del tipico qualunquista che non capisce la politica.)
« L'Italia invade l'Etiopia a vanvera »
( Perfetta traduzione di tutti i giornali mondiali il giorno seguente.)
Oggi i negri hanno molte difficoltà nel trovare un lavoro in Italia. Ma non era così durante la guerra d'Etiopia, dove come si vede i somali non solo venivano accolti nell'esercito italiano ma pure investiti del grande onore di stare in prima fila. Questa è integrazione.

Inizio del conflitto

L'invasione dell'Etiopia prese piede, e successivamente anche mano, da due colonie africane già collezionate dell'Italia, l'Eritrea e la Somalia, comprate mezzo secolo prima al mercato turco di Alì Murtacci Tuh' in cambio di due stecche di sigarette contraffatte.

Il fronte Sud

In Somalia l'Esercito Italiano era forte di migliaia di soldati indigeni schierati sulla prima linea, alcuni dei quali erano stati addirittura armati, soprattutto di false speranze e promesse elettorali. Nel frattempo i servizi italiani portarono a termine le operazioni di spionaggio atte a scoprire gli armamenti segreti delle donne etiopi. Quindi, col preservativo in pugno, i militi poterono così avanzare protetti dai biechi tentativi del Negus di incastrarli in una guerra batteriologica. Del resto il reato di femminicidio ancora non era stato inventato. E neppure quello di negricidio.

Il fronte Nord

Dall'Eritrea gli italiani avanzarono in territorio etiope a bordo di carri armati, venendo immediatamente multati perché non indossavano la cintura di sicurezza. Presso la città di Adua fu esploso il primo colpo, che costrinse subito alla ritirata la fanteria del Duce, mentre alcuni ufficiali proposero la resa affermando di essere sempre stati anti-fascisti e negri; però fu appurato che non si era trattato del colpo di una granata nemica, ma di una bottiglia di spumante incautamente stappata dal generale De Bono. Passata la paura l'esercito fu ricomposto, a patto che nessun soldato venisse più esposto a tali pericoli. Così, per scongiurare qualunque spargimento di sangue, l'aviazione italiana inondò le città etiopi di gas.

La reazione etiope

Il Negus spedì immediatamente al fronte i suoi generali migliori, che però passarono subito in campo italiano in cambio di un permesso di soggiorno a vita. Fu in questo momento che il Negus ebbe l'idea, scopiazzata spudoratamente da Gesù Cristo, di spacciarsi per l'unico vero figlio di Dio, reincarnazione dello stesso in terra e proclamando l'Etiopia il Regno di Dio in terra. Con questa mossa i soldati italiani non combattevano più verso dei miseri pastori in ciabatte, ma verso le invincibili armate celesti di Dio. Tuttavia, contro ogni profezia biblica, il generale Graziani scoprì che i soldati mistici di Dio continuavano a essere neutralizzati dal gas iprite come se fossero contadini in ciabatte. A riguardo è sopravvissuta la straziante testimonianza di un soldato etiope guerriero trascendente celeste che si ritrovò nell'epicentro di un bombardamento chimico:

« Intorno a me potevo vedere soltanto macerie fumanti, corpi umani deformati e osceni, liquami tossici per le strade; avvertivo un odore di morte ovunque. Poi all'improvviso arrivarono i bombardieri italiani con le loro granate chimiche. Quello che fino a un attimo prima era il normale panorama di una normale villaggio etiope fu subito saturato da una densa nebbia. La prima reazione degli abitanti fu quella di provare a mangiare la nebbia, ovvero al posto dell'aria che mangiavano di solito. Quando però fu chiaro che la nebbia era tossica, intendo più tossica di quella che si fumano di solito, fu troppo tardi: per sopravvivere agli effetti urticanti della nebbia di iprite sarebbe stato necessario farsi subito un bagno col sapone, ma nessun etiope volle sottoporsi a un trattamento così atroce, quindi morirono tutti così come erano vissuti. Solo io lo feci, per salvare la mia vita mi lavai, perfino i capelli, possa il Negus perdonarmi! »
( Toccante testimonianza di un sopravvissuto.)

L'Esercito Etiope l'Armata Celeste di Dio in Terra corse subito ai ripari per contrastare la guerra chimica scatenata da Mussolini, diffondendo un comunicato tra la popolazione in cui si spiegava che la fede nel Negus avrebbe protetto il vero credente, colui che seguiva la strada della religione e non della scienza, mentre gli italiani miscredenti sarebbero stati bruciati dall'ira di Dio. Tuttavia anche se gli etiopi non credevano nella chimica il gas iprite funzionava lo stesso su di loro; al contrario gli italiani che non credevano nella religione del Negus non subivano alcun danno dal dalla sua ira divina. A causa di questi fatti ancora oggi rimasti inspiegati gli italiani continuarono a vincere una battaglia dopo l'altra.

Il Negus con il proprio stato maggiore dopo essersi proclamato Dio in Terra.

La crisi economica in Italia

Le casse dello stato si svuotarono a causa dei costi della guerra. Infatti i soldati italiani al fronte richiedevano rifornimenti sempre maggiori di buon vino e di carne di maiale per sopravvivere alla dieta locale a base di stufati di soia. La mazzata finale per le finanze dello stato arrivò quando Mussolini aprì la bolletta del gas. Eppure il Duce riteneva l'uso del gas vitale: senza di esso i soldati italiani avrebbero dovuto affrontare con un vantaggio di armamenti di solamente 100 a 1 gli etiopi, rischiando seriamente di essere scoraggiati o addirittura messi in fuga. Ad aggravare la situazione arrivò l'embargo internazionale sulla mortadella. Privata della sua principale voce di export l'economia italiana fu compromessa. Per colmare il vuoto nei conti pubblici Mussolini invitò i cittadini italiani a consegnare spontaneamente allo stato i propri oggetti in oro. Dove per spontaneamente si intende che il cittadino era libero di non farlo, ovvero che era libero di perdere il posto di lavoro, libero di essere bollato come anti-fascista e forse libero di essere incarcerato. Quindi, spontaneamente, i cittadini italiani salvarono il governo fascista che poté continuare la propria opera di annessione di un territorio dal valore economico nullo, ma dal valore morale elevatissimo, perché un fascista è sempre disposto a distruggere i nemici della patria, e in mancanza di nemici, a distruggere nazioni prese a caso. Per incentivare l'industria italiana il governo si basò sul principio dell'Autarchia[1], cioè autosufficienza e protezionismo, basandosi sulle proprie risorse per poter dare un nuovo impulso all'economia. Tale mossa rese molto felici gli italiani, che ora potevano sfamarsi di caffè autarchico creato con plutonio e polvere e i bambini potevano scrivere su quaderni (derivati da Glucosio e pelle di cammello).

La presa di Addis Abeba

Di fronte all'avanzata italiana verso la capitale il Negus fece quello che avrebbe fatto una qualunque divinità: scappò a gambe levate infilando in valigia tutto il tesoro dello stato che riuscì a trafugare. Prima di scappare ordinò alle sue truppe di non fuggire con lui e invece di continuare a combattere fino alla morte, perché la ricompensa eterna lì attendeva nell'altra vita. Curiosamente però la gran parte degli etiopi optò per l'eterna dannazione, arrendendosi agli italiani che entrarono in Addis Abeba. Proclamata la vittoria Mussolini decretò la nascita dello stato dell'AOI, ossia dell'Africa Orientale Italiana, governato alla pari dalla nobiltà italiana e da quella etiope: per alla pari si intende con i bianchi sopra e i negri sotto, ma comunque alla pari. L'AOI fu subito riconosciuta da tutti gli stati del mondo, tranne che dall'Unione Sovietica perché quel giorno non portava gli occhiali. Iniziarono inoltre numerosi interventi di bonifica e di conversione di aree desertiche per la creazione di campi di Cannabis, che venne ufficialmente legalizzata.

In seguito fu stilato il bilancio della guerra:

  • Caduti etiopi 760.000, tra cui fortunatamente pochissimi bianchi.
  • Caduti italiani 4.500, per lo più caduti dalla moto senza indossare il casco, ma anche caduti dalle scale.
  1. ^ "Avtarchia portami via" Motto d'epoca.