Fëdor Michajlovič Dostoevskij (russo: ყოვვე არსებუის ერბლიობა; * Mosca, 11 ottembre 1885 - † San Pietroburgo, 29 aprile 1814 - § Palermo, martedì 31) fu un celebre romanziere, filosofo e uomo di sesso maschile russo, ritenuto dalla critica e dal pubblico come il più importante e autorevole scrittore di tutti i tempi. I suoi apprezzatissimi romanzi e racconti vengono pubblicati, tradotti e stampati in tutto il globo terracqueo. Ma nessuno li compra e tanto meno li legge. Secondo l'Organizzazione Mondiale per la Salvaguardia dell'Ambiente (OMSA), i libri di Dostoevskij rappresentano una grave minaccia per gli ecosistemi forestali a causa dell'ingente disboscamento richiesto per la stampa anche solo di 36 copie di un suo romanzo qualsiasi; durante un'opera di carotaggio nel sottosuolo di Secondigliano effettuata nel maggio 2008, inoltre, i geologi dell'ufficio tecnico comunale scoprirono uno strato cartaceo di circa 17 metri costituito da traduzioni italiane di opere dostoevskiane, ivi interrate a partire dal 1931 dalla camorra locale. Alcune fonti ci dicono che soffrisse di Depressione, altre ci dicono che era semplicemente Emo.

Fëdor Michajlovič Toastoyevskij.
« Aaaaaaaaa! Babaabghuuu! Glo glo glo glo glo! Hi hi! Belo, belissimo! Didibammoooooo! Tu vo fa mericano, mericano, mericano... »
(L'idiota di Dostoevskij)
« La condizione umana non è uno stato dell'essere. È un essere dello stato. Perché ognuno è stato. Chi è stato? Forse che la colpevolezza è un delitto? Criminalizziamo anche i sottaceti, allora. Non ho mai sopportato quel retrogusto oscenamente acidulo, bieco e molesto come una vecchia donnina bigotta, a cavallo fra la maionese rancida e il Ferrero Rocher offerto da un Ambrogio infernale e catafratto. Preferisco ordinare subito il conto, perché le pietanze di questa vita ingrata e matrigna mi sono del tutto indigeste. Però non ho con me la carta di credito. Lei segni, che io pago tutto a fine mese. »
(Incipit di Memorie dal sottomarino)
« Так и будет, если дело продолжится, если сам народ не опомнится; а интеллигенция не поможет ему. Если не опомнится, то весь, целиком, в самое малое время очутится в руках у всевозможных жидов, и уж тут никакая община его не спасет… »


Dostoevskij con la prima edizione cartacea di Nonciclopedia (1867).

Biografia

 
Il piccolo Fëdor con il padre, febbraio 1845.

La vita dello scrittore russo è stata estremamente movimentata, ricchissima di episodi che hanno suscitato scandalo nell'alta società moscovita alternati ad altre vicende, ben più tristi ma non meno sconcertanti, accadute durante i suoi numerosi viaggi in Europa. Il noto critico letterario Filberto Maria Maria, in occasione della V edizione del festival Classici della Letteratura Fatiscente di Torino, ha eloquentemente commentato: «Dostoevskij, un grande. Un grande cacciapalle matricolato del tutto fuori dal comune. Di scrittori ne ho conosciuti molti, anche troppi, ma scassaminchia come lui non ne avevo visti mai».

Infanzia

Fëdor viene alla luce una notte buia e tempestosa sia del 30 ottobre che dell'11 novembre del 1821 ad Antenna, frazione di Mosca, dal nobile Michail Andreevič, medico della mutua sospetto alla polizia zarista di simpatie clericonazionalfiloanarcoreazionarie, e da Marija Fëdorovna Ščëžova, di famiglia borghese, malata di tubercolosi tifoidea e addestratrice professionista di camaleonti albini, sospetta di aver fregato alla vicina di condominio ben 26 capi di biancheria intima di fattura sadoporno e circa una dozzina di bottiglie di vodka delle distillerie clandestine di Sverdlovsk. Secondo di 39 figli (dei quali il 58,12% non sopravviverà ai sette mesi), il piccolo Fedja (vezzeggiativo russo del nome Fëdor, Teodoro) cresce in una famiglia problematica che avrà forti ripercussioni sulla sua infanzia e lascerà profondi segni anche nella sua produzione letteraria. Il padre, burbero libertino cagacazzi e disinteressato all'educazione della prole, verrà infatti preso a modello per il personaggio di Fëdor Karamazov; la madre, invece, del tutto priva di personalità e anche alquanto scassapalle, non verrà degnata di considerazione.
Il fratello più grande, Michail Michajlovič, sarà invece una compagnia preziosa e costante - fino a quando non si azzufferanno - per il giovane scrittore, specialmente quando avrà bisogno d'aiuto per nascondersi dai creditori.

Giovinezza

 
Quindicenne in una delle sue più malriuscite imitazioni di Napoleone Bonaparte.

L'adolescenza di Fëdor è segnata da tragici avvenimenti: la morte prematura della madre, malata di tifo, una tragica domenica in trasferta contro il Waterloo nel dicembre 1834 e l'assassinio del padre, il giorno prima, da parte dei suoi servi, a causa del mancato pagamento dei contributi previdenziali. Infine, la sospensione del cartone animato Babar sarà la goccia che farà traboccare il vaso, un vaso colmo di sciagurate sciagure e insoddisfazioni insoddisfatte.
Iscrittosi all'Istituto Tecnico Militare di Kiev a 13 anni, lontano da casa e dalla sua amata città, il giovane Dostoevskij soffrirà la solitudine tipica di un ragazzo dotato di talento ma senza speranza di poterlo mettere a frutto. In quegli anni cominciano a farsi sentire le prime avvisaglie dell'epilessia, male che lo affliggerà per tutta la vita e che si ritrova come elemento caratteristico nei personaggi della sua produzione letteraria. La nuova scuola non gli garantisce strutture e servizi adeguati ad appagare le esigenze del suo genio; tuttavia, la modesta biblioteca gli offre l'occasione per leggere almeno i grandi classici della letteratura mondiale da Shakespeare a Puškin, del quale diverrà presto uno sfegatato estimatore e a cui invierà ardenti lettere d'ammirazione, ignaro che il poeta russo sia morto in duello da parecchio tempo, forse perché i volumi in dotazione alla scuola non venivano aggiornati dal 1552, quando ancora governava Ivan IV il Terribile.
A due anni dall'iscrizione, viene cacciato via dall'istituto per aver commesso atti di bullismo sul figlio disabile di un importante notabile del luogo, un ragazzo affetto da invecchiamento precoce (progeria). Successivamente, si scoprirà che il figlio del notabile altri non era che il notabile medesimo, il quale non era affetto da progeria ma era vecchio anagraficamente, che si era introdotto nell'istituto a circuire giovani imberbi per convincerli a sposare la figlia quindicenne, questa sì affetta da progeria e rimasta incinta di non si sa bene chi.
Intanto Dostoevskij, tornato a Mosca, comincia a scrivere articoli umoristici e di costume per un giornalino locale, il Moskovskaja Nietciklopedja, punta di diamante della stampa satirica cittadina e clandestina. Querelato per diffamazione a mezzo stampa da una donna dell'alta borghesia, Madame Sonja Fikanova, viene assolto in primo grado perché effettivamente il nome della signora è ridicolo e meritorio di dileggio, ma condannato in appello perché non è elegante fare umorismo volgare su stupide allusioni oscene. Costretto a pagare una multa di 300 rubli, si ritrova senza un quattrino e costretto a dare lezioni private serali agli immigrati clandestini.

Crimea e Siberia

 
I fratelli Dostoevskij (in prima e seconda posizione) in proncinto di svignarsela dalle trincee in Crimea.

Ritrovato il fratello Michail, latitante per non meglio specificate truffette ai danni dell'erario provinciale, Dostoevskij progetta la pubblicazione di una rivista letteraria dedicata alla promozione della cultura slava. Ma le speranze editoriali dei due fratelli vengono stroncate dallo scoppio della Guerra di Crimea nel 1853: chiamati a servire il fronte a Sebastopoli, i Dostoevskij si fingeranno dementi per essere riformati alla visita militare per conclamata infermità. Durante l'ispezione medica, Fëdor e Michail si accorgeranno che quasi tutti i richiamati alle armi sembravano dei deficienti mongoloidi, segno che la loro idea era talmente scontata da essere venuta in mente a chiunque. Sicuri di venire scartati dai medici, scopriranno con disappunto che, per ordine dello Zar Nikolaj I, a combattere in Crimea sarebbero dovuti andare solo gli elementi più indesiderabili della società, in particolar modo i minorati mentali, i galeotti, gli ubriaconi e i simulatori, siccome la guerra era ormai persa e tanto valeva sfruttare l'occasione per liberarsi di tutta quella sgradevole gentaglia.
Partiti per il fronte, i Dostoevskij verranno spediti subito in avanzamento. Con loro, un piccolo editore pietroburghese di nome Pavel Stellovskij, pure lui fregato dall'editto zarista. Nei pochi giorni di tregua, i tre avranno modo di discutere il loro antico progetto letterario, nascosti dietro alcune mura nemiche scelte appositamente da Fëdor. Ma una pallottola vagante proveniente dal fuoco amico interromperà le chiacchiere per via del ferimento a una gamba di Stellovskij, che resterà zoppo e maledirà i Dostoevskij per tutta la vita. Subito stremati dalla vita bellica, i Dostoevskij non ci penseranno due volte a dileguarsi, sotto falso nome, verso l'amata Pietroburgo. Diramando informazioni fasulle di un'epidemia di lebbra, gli scaltri fratelli, ricopertisi di guano di piccione e fanghiglia per imitare le croste della nota malattia, terrorizzeranno le truppe russe con minacce di contagio, talvolta estorcendo anche piccole somme di denaro. Tenuti a debita distanza da tutti i commilitoni, alte gerarchie incluse, i Dostoevskij, traditori e disertori della patria, faranno ritorno a casa dopo mesi di confuse peregrinazioni per mezza Asia: con gli irriconoscibili nomi di Midor e Fëchail Tosdoevskin, i due si presenteranno agli uffici turistici di Mosca (o anche Pietroburgo o Kiev, tanto non cambia niente) in qualità di visitatori stranieri, per la precisione trentini, ignorando che l'Austria-Ungheria fosse appena entrata in guerra contro la Russia e perciò sarebbero stati considerati spie nemiche. Catturati e deportati in Siberia, vi sconteranno tre anni di lavori forzati, interrotti non appena verrà scoperta la loro reale identità.
Alcuni autori (p. es. Wikipedia) sostengono che Dostoevskij abbia militato in un circolo segreto di rivoluzionari d'ispirazione anarchica e marxista, che per questo sia stato catturato e condannato a morte ma graziato all'ultimo momento per espresso ordine dello Zar, indi spedito per 10 anni in Siberia. Trattasi in verità di sciocche assurdità messe in giro dalla stampa cubana per screditare l'intelligencija del Burundi.

Il successo

 
L'editore Stellovskij.

Conclusasi la guerra nel 1856, graziati e riabilitati per l'intercessione della Madonna di Fatima presso l'archimandrita di Mosca, i fratelli Dostoevskij torneranno nella Capitale e si separeranno dopo una furibonda scazzottata scaturita da opposte intenzioni in merito alla spartizione dell'eredità di una zia ricca di Perelkino, presso il governatorato di Smolensk, morta di una lieve contusione riportata alla fronte dopo essersi scontrata con un proiettile che procedeva contromano.
Divisa equamente l'eredità, dietro ingiunzione di un giudice di pace, Dostoevskij sfrutterà inizialmente il piccolo gruzzolo per compare carta, penna e calamaio e mettersi a lavorare sul serio. Nel maggio 1856 comincia la prima stesura del breve romanzo lungo La povera gente stanno male, che viene pubblicato sette mesi dopo da un editore anonimo che, pur riservandosi tutti i diritti, voleva rimanere ignoto, forse per evitare la figuraccia. Il libro fu un vero successo di vendite e di critica e l'editore, fiutando l'affare, fece proporre a Dostoevskij un contratto perenne per la pubblicazione di tutte le sue opere future e l'amministrazione delle rendite. Bisognoso di denaro, poiché - come si vedrà - aveva già sputtanato l'eredità giocando al videopoker, Dostoevskij firma la proposta senza pensarci sopra, scoprendo solo dopo che l'editore non era altri che lo zoppo Stellovskij, pronto a vendicarsi per l'antico incidente subito in guerra. Ad un'analisi più attenta, eseguita da un notaio che si nutriva abitualmente di limoncello, venne fuori che il documento sottoscritto da Fëdor Michailovič era un vero e proprio contratto capestro, irrescindibile, eterno, diabolico e perfettamente regolare: d'ora in poi Dostoevskij avrebbe dovuto fornire, ogni due mesi, una nuova opera di successo, pena il pignoramento di tutti i suoi averi. Ma dato che le sventure non arrivano mai da sole, proprio in quel periodo Dostoevskij aveva sviluppato una dipendenza maniacale dal gioco d'azzardo, che lo costringeva a un'incoercibile tendenza a giocarsi pure le mutande.

Problemi giudiziari e rivalità con Tolstoj

 
Dostoevskij mentre si reca in tribunale, un momento prima che l'usciere lo perquisisca.

Nel luglio dello stesso anno, Fëdor termina la prima stesura de Il sosia, che non convincerà l'editore Stellovskij e costringerà lo scrittore a una pesante revisione, comprendente l'eliminazione dell'episodio in cui il protagonista acquista una scatoletta di aria di Mosca da due imbonitori con chioschetto presso il Cremlino e l'edulcorazione del frequente turpiloquio nei dialoghi con il gesuita Lunačarskov. Questa versione verrà pubblicata a settembre e susciterà il plauso della critica e dei lettori.
Nel gennaio del 1857, pubblica a puntate il romanzo Memorie dal sottomarino, che sarebbe stato pubblicato in volume se non fosse scoppiato uno scandalo presso alcuni circoli aristocratici di pesca subacquea. Il presidente di uno di questi, il conte Vladimir Pirogov, ammanigliato con i consiglieri di corte, farà bloccare la pubblicazione senza motivo, tanto per passare il tempo. Non potendosi pagare un avvocato, Dostoevskij deciderà di portare il conte in giudizio, difendendosi da solo. Il giudice Provenko, per nulla convinto dall'arringa dello scrittore e dal suo alito all'etanolo, si pronuncerà in una smemorabile sentenza:

« L'uso che Fëdor... come si chiama poi? Michailovič... Sì, ma il cognome? Dostoevskij... Dicevo, l'uso che questo qui ha fatto della stampa pubblica, pagata con i soldi dei sudditi, è un uso... Come dire? Non mi viene la parola. Delittuoso? No, non era questa. Telefonate un attimo a Sofia, fatevi dire come finiva la formula. Intanto, io blocco il processo e mando al procuratore una ratifica di sospensione della procedura. »
(Ivan Savel'evič Provenko)

Bloccato il processo, Dostoevskij non ebbe il tempo di uscire dall'aula che fu fermato da uno spettatore: era Lev Nikolaevič Tolstoj in tutta la sua barbosità, il grande scrittore russo suo più acerrimo nemico. Il dialogo che intercorse fra i due venne segretamente trascritto parola per parola, dalla zitella Julia Antonovna Kaganova, pettegola di quartiere, che si trovava sul posto:

- Tolstoj: “Vedo che il signor Dostocoso ha culo anche in tribunale...”
- Dostoevskij: “Che minchia vuoi? Levati dai coglioni, barbone.”
- Tolstoj: “Come siamo scurrili, signor scrittore, non abbiamo perso il vizio, vero?”
- Dostoevskij: “Ma si può sapere che vuoi? Parla che ho fretta.”
- Tolstoj: “Io ho già pubblicato cinque romanzi e dodici racconti. Sono migliore di te!”
- Dostoevskij: “Auguri.”
- Tolstoj: “Io ce l'ho anche più lunga e grossa di te.”
- Dostoevskij: “Cazzaro.”
- Tolstoj: “Scommettiamo? Ti sfido a chi ce l'ha più grande.”
- Dostoevskij: “D'accordo. Quando e dove?”
- Tolstoj: “Domani a mezzogiorno, nel giardino dei marchesi Fedotov. E le useremo come armi da combattimento.”
- Dostoevskij: “Ci sto, non mi fai paura.”
- Tolstoj: “A domani, allora, mezza calzetta.”
- Dostoevskij: “Sarò puntuale, brutta merda che non sei altro.”
 
Il celebre duello fra Dostoevskij e Tolstoj, finito con la vittoria di questi.

Si trattava di una delle famigerate sfide dove vince chi ha la matita più grande, un duello sanguinario molto diffuso all'epoca e che aveva già provocato la morte di Puškin e di nessun altro.
Il giorno dopo, 5 maggio 1857, a mezzogiorno in punto, presso il cortile di villa Fedotov, i due scrittori si preparavano a sguainare le rispettive matite. Giudice di gara era Pantelej Sanktilikerij, Marisa del Grande Fratello faceva la valletta sul ring e la campanella di rito era stata prodotta dalla ditta Bizzozero; non erano previsti padrini a supportare i duellanti. Il sole cadeva a perpendicolo sui nobili astanti che, sudati e scocciati, indirizzavano alla Marisa frasi di dubbia moralità, profferte di prestazioni innominabili e menzognere proposte di matrimonio. Finalmente, gli sfidanti mostrarono le armi: con sommo stupore e delusione, scoprirono di aver comprato lo stesso modello, un matitone Faber-Castell in frassino verniciato di rosso, con grafite di Scozia e gommino in latice vulcanizzato, acquistabile per soli 18 rubli e 30 kopeki presso la ditta F.lli Stellovskij - Edizioni librarie e cartoleria. Un altro brutto tiro di Pavel Stellovskij, che a quanto pare aveva anche un fratello.
Insomma, la gara si giocava tutta sul combattimento, essendo perfettamente uguali le armi in dotazione. Appena dopo l'en garde di Dostoevskij, Lev Tolstoj spezzò subito la punta della mina e gliela lanciò sul petto; per un lunghissimo istante, ai presenti sembrò che il tempo andasse a rilento: il cuneo appuntito gravitava nell'aria lasciandosi dietro onde d'urto trasparenti, mentre Fëdor, roteando le braccia, chinava sempre più la schiena verso il suolo. Neanche il tempo di schivarla che, brandendo il matitone, si lanciò verso Tolstoj, mirando al centro della fronte. Lo spettacolo fu scioccante per tutti: la matita, penetrando per mezzo millimetro la pelle di Tolstoj, andò letteralmente in frantumi. Non ebbe modo di riaversi dalla sorpresa, il nostro Fëdor, che già Lev lo precipitò al suolo con un colpo ben assestato sullo stomaco. Torcendosi dal dolore, gli bastò solo il fiato per chiedere al malefico Tolstoj se fosse un demone o cosa. Celeberrimo fu il colpo di scena che ne seguì: mentre il povero Dostoevskij, sconfitto e dolorante, piagnucolava per terra, Tolstoj si fece portare un cerotto, un tè, dei sigari e qualche pasticcino; poi raccontò amabilmente ai presenti: «È stato nel '53, guerra di Crimea. Ero primo tenente scelto del settimo cavalleggeri. Una scheggia di granata mi trapassò una tempia, portandosi via la calotta cranica. I medici del campo mi inserirono una protesi in acciaio. Avrei fatto certamente carriera se non avessi sparato, per errore, alla gamba di un tizio della nostra truppa, non so più bene chi, assomigliava vagamente a quello che mi ha venduto la matita. Mi rimandarono a Pietroburgo, o forse Mosca, non ricordo. Ma ormai sono uno scrittore affermato, che me ne fotte della guerra? Quanto a te, Dostocoso, ho vinto, vedi di sparire dalla circolazione».

Disavventure in Europa

 
Carducci in procinto di battere per la decima volta il nostro Fëdor.

Umiliato e offeso, con una contusione guaribile in 15 giorni, Dostoevskij, stufo delle assurdità che il vivere in Russia costringeva a sopportare, prepara i bagagli per un viaggio di qualche anno attraverso l'Europa, con l'obiettivo di ammirare grandi opere d'arte nei musei, conoscere colleghi famosi e, soprattutto, visitare i casinò e le bische più prestigiose del mondo occidentale. Ad accompagnarlo alla stazione, il 7 gennaio 1858, c'era il solito Pavel Stellovskij, a ricordargli che l'obbligo di scrivere un romanzo a bimestre era ancora valido, che avrebbe dovuto inviargli puntualmente i manoscritti tramite pacco celere e che le succursali della sua ditta erano diffuse anche in Europa, quindi non doveva neanche provare a sognarsi di sgarrare i termini del contratto, perché l'avrebbero beccato subito.
Prima tappa del viaggio fu Bohn, in Germania, presso la Große Biske, un totale di 3.000 talleri persi e un ceffone preso dal buttafuori quella volta che diede un pizzicotto sul sedere a una discinta distinta signora. Dostoevskij passava le mattine a scrivere nella sua stanzetta all'ultimo piano della squallida pensione, gestita dal sig. Gunther Wunderscheiße, che poteva permettersi con le modeste cifre che riusciva a racimolare la notte, che trascorreva sostanzialmente al casinò. Ivi conosce e scopa la cameriera Anna Schubert, perdendo finalmente la verginità. Nei tre anni trascorsi fra i crucchi, il nostro diede alla luce le Memorie da una casa di monchi e Le notti stanche, grandissimi capolavori che risentivano del clima sentimentalmente depresso che lo scrittore stava vivendo.
Nella primavera del 1861 partirà per l'Italia, il paese del sole e del mare, sperando di poter riacquistare il buonumore e il denaro perduto in Teutonia. Giunto in Toscana, viene invitato presso alcuni circoli letterari come conferenziere, zimbello e capro espiatorio. Il paesaggio toscano gli sarà di sollievo e avrà modo di poter scrivere Il videogiocatore, Umiliati e appesi - ambientato proprio in Italia - e un centinaio di racconti da inviare a Stellovskij, per placare lui e certi signori con coppola e baffi che erano venuti a fargli visita. Stregato dalle bellezze di Firenze, vi si stabilirà per due anni, ove incontrerà diversi intellettuali e scrittori con i quali intratterrà piacevoli conversazioni e catastrofiche partite a ramino, come la sconfitta subita contro Giosuè Carducci in una partita a poker avvenuta la sera del 31 giugno del 1862 nella villa del cav. Cioni. In palio una preziosa saliera d'oro del Cellini e un Gesù Cristo tempestato di pietre preziose, che furono rubati da chi sa chi mentre tutti erano intenti a sedare un principio di rissa, perché Dostoevskij accusò Carducci di barare.
Sdegnato dalle scorrettezze dell'italica furbizia, Fëdor parte per Parigi, sempre più indebitato e in ritardo con la produzione letteraria. Qui si innamora della duchessa Jeannette Frasquita Bijoux De Maracaibo y Candelora, bellissima e misteriosa direttrice del Moulin Rouge, forse mulatta e forse neanche tanto duchessa. Non trovando il tempo di scrivere niente, Dostoevskij viene improvvisamente individuato dagli scagnozzi di Stellovskij, riportato a calci nel sedere a Mosca, imprigionato nel retrobottega dell'editoria-cartoleria e incatenato al tavolo con carta, penna e inchiostro in abbondanza. Verrà rilasciato solo nel marzo 1867.

Il declino

 
Un ritratto del Dostoevskij incazzoso degli ultimi anni. Se ci fosse stato il Viagra allora...

Frustrato da un lavoro sempre più estenuante e faticoso, Dostoevskij riesce a far annullare il suo contratto capestro ingaggiando un sicario del quartiere di Kasaldiprinsk, che pagherà con qualche migliaio di foto autografate e diverse copie dei suoi libri con dedica personalizzata. Sconvolto dall'inaspettata e tragica scomparsa del suo editore, Dostoevskij organizzerà un rave party nei giardini del Palazzo dell'Ermitage. Qui fa conoscenza con Vera Varzanova, donna più giovane di lui e poco avvezza alla vodka, che sposerà il mattino dopo in fretta e furia, quando ancora il tasso alcolemico di entrambi era al di sopra dei limiti consentiti dalla legge.
Fra il 1870 e il 1885, a rilento, comincia la stesura contemporanea dei suoi ultimi romanzi, da Delitto e castità (inizialmente intitolato Delirio e castagne bollite) ai Fratelli Karamazov, la sua opera più importante e pregna di coinvolgimento filosofico e politico (vedasi l'ampia descrizione al prossimo paragrafo).
Sempre in quegli anni cominciano a farsi strada nel pensiero dello scrittore, chissà perché, delle antipatie antisemite. Inizia a frequentare i circoli reazionari e filozaristi, schierandosi apertamente contro primi i movimenti operai e sindacali che si stavano organizzando anche in Russia. Molto accese sono le sue accuse al pensiero ateo e materialista che accompagna siffatte ideologie: secondo Dostoevskij, Dio non ha mai chiesto appoggio e protezione ad alcun sindacato, chi cavolo si credevano di essere loro per permetterselo?
Nel novembre 1879 partecipa a una conferenza di Karl Marx in visita a Pietroburgo e interviene nella discussione cercando di dimostrare l'inopportunità e l'inapplicabilità del Comunismo, profetizzando che mai e poi mai il suo popolo avrebbe potuto dar retta a una filosofia così stupidamente utopica e ottimista.
La fama di Dostoevskij andò pian piano scemando negli anni, complici sia la diffidenza della gente comune verso uno scrittore divenuto così incomprensibilmente retrogrado e antioccidentale sia le spassose parodie satiriche dei suoi romanzi, che venivano scritte da un certo Lev Nikolaevič Lolstoj, forse uno pseudonimo, e stampate in continuazione dal fratello del misteriosamente scomparso editore Pavel Stellovskij.
Avvilito dagli umili, osannato dai fondamentalisti, Dostoevskij morirà il 3 marzo 1886 circondato dal dolore dei parenti, una notte buia e tempestosa come quella in cui venne alla luce, mormorando le parole «Le tenebre mi avvolgono!» e domandando una mentina.

Valore letterario

 
Un libro di Dostoevskij ha sempre un forte impatto sul lettore.

L'opera letteraria e saggistica di Dostoevskij si contraddistingue per un elemento fondamentale: il continuo riciclo della stessa minestra riscaldata, ma in maniera geniale e tipicamente dostoevskiana. Poverelli, reietti, idioti, criminali, morti ammazzati, terroristi ed esplosioni trovano spazio nelle sue novelle e nei suoi romanzi come mai prima di allora. Questi elementi avranno sempre molta presa sul pubblico meno colto, soprattutto quando verranno sapientemente mescolati, come accade ne Gli indemoniati, con vicende a sfondo politico molto attuali nella Russia dei tempi e per niente attuali adesso, nemmeno in Argentina.
Lo stile dostoevskiano si connota per le numerose perifrasi, le ampie divagazioni didascaliche e le prolisse descrizioni fisiognomiche e psicologiche. Giustamente ritenuto il vero ispiratore dell'esistenzialismo, Dostoevskij dosa con genialità eventi apparentemente marginali, con lo scopo di distrarre il lettore e fargli perdere il filo della trama, così da far passare inosservati i tanti messaggi subliminali a sfondo erotico che popolano le vicende dei suoi libri.
Secondo il critico ucraino Aleksandr Sangeorgič, tutte le volte che Dostoevskij scrive la lettera Ж, che pare somigli ai genitali femminili[citazione necessaria], vuole richiamare l'inconscio del lettore verso pensieri sessuali. Questa stupida teoria è stata ampiamente smentita, ma è ancora viva la leggenda metropolitana che la lettura Delitto e castità abbia effetti afrodisiaci e sovente, nelle biblioteche pubbliche, sono stati rinvenuti i volumi del romanzo imbrattati di secrezioni vaginali e/o liquido seminale.
Grande è stato l'influsso di Dostoevskij sulla letteratura e sulla filosofia europee: Nietzsche verrà praticamente folgorato dal nichilismo e dal superomismo ante litteram delle numerose teste di cazzo dostoevskiane, il cui slancio eroico influenzerà il pensiero di Friedrich più di quanto abbiano fatto le lezioni universitarie. Questo spiega come mai le opere di Nietzsche, valutate razionalmente, sembrino un cumulo di scemenze senza logica, mentre se le si considerano semplici favolette sconclusionate e senza pretese, allora acquisiscono il valore che meritano; altro autore pesantemente coinvolto dall'opera dostoevskiana è certamente Franz Kafka, talmente coinvolto da potersi considerare uno sporco plagiatore.
Ciononostante, l'esplorazione dell'opera del Maestro Dostoevskij riserva sempre al lettore straordinarie sorprese, emozioni vivide e cangianti, risposte simpatetiche, crisi mistiche, reazioni anafilattiche, convulsioni e decesso.

Opere principali

 
Attenzione, da qui in poi questo articolo contiene spoiler.

Ti ricordi quella volta che per sbaglio hai toccato la vagina a tua madre? Ecco, se continui a leggere te ne pentirai allo stesso modo.


  • La povera gente stanno male - Romanzo epistolare, opera prima del Maestro. Narra delle miserie di due disoccupati cronici intenti a trovare fortuna e denaro con la vendita di scatolette contenenti l'aria di Mosca - originale e certificata da un bollo di garanzia - ai turisti giapponesi in visita nella Capitale. Condannati per truffa, plagio e circonvenzione d'incapace, saranno arruolati a forza nella Marina Russa sul sommergibile Porka Madoska in qualità di esperti di approvvigionamento d'aria.
    Premiato dalla critica e dal pubblico, il romanzo farà conoscere Dostoevskij anche oltre i confini della patria.
 
Un fotogramma dalla trasposizione filmica di Memorie dal sottomarino, per la regia di Pupi Avati.
  • Il sosia - La storia del dittatore della Tartaria Sammad Hunneis, che lacerato da un forte senso di terrore e temendo la vendetta dei sudditi per le sue malefatte, decide di farsi sostituire da un uomo identico in tutto per tutto a lui, ma dal cuore d'oro, magnanimo, coraggioso, padre e sposo esemplare. Fuggito in Russia e introdottosi in incognito in un sommergibile della Marina Russa, Hunneis apprenderà - quando ormai sarà troppo tardi - che il suo popolo ha cominciato ad adorare la sua figura, ma nella persona del suo sosia. Deciso a ritornare in patria per riprendere il suo posto sullo scranno governativo tartaro, perirà crivellato da un M16A2 presso la Striscia di Gaza, avendo sbagliato direzione.
    Grande successo editoriale, questo racconto sarà ristampato ininterrottamente fino al 14 aprile 1889, giorno in cui la gente ne ebbe abbastanza.
  • Memorie dal sottomarino - La tragica vicenda di una truppa di soldati cosacchi della Marina Russa, intrappolata in un sottomarino nucleare a corto di ossigeno, di carburante, di vodka e di prostitute. Narrate in prima persona dall'ammiraglio Andrej Koimaskij, le vicende degli sfortunati marinai costretti a decidere se salvare il sommergibile o la propria vita commuoveranno i pochi fortunati lettori che ebbero la ventura di leggere le bozze.
    Duramente censurato dalla commissione zarista, verrà pubblicato clandestinamente in Italia, in funzione di propaganda antisovietica, presso l'editore Balilla solo nel 1931.
  • Ricordi da una casa di monchi - A Villa Sbatilova, una casa di riposo per mutilati di guerra, i vecchi soldati ricordano le avventure del tempo che fu. Durante un delirio febbrile, il vivace colonnello Gavril Dannunciov, cieco da un occhio, convincerà l'amico Venit Musolič, claudicante e con la labirintite, a invadere il Molise con una truppa di quindici uomini e una cassa da morto. Organizzeranno la campagna bellica curando tutti i dettagli, dalla scelta delle musiche d'accompagnamento al colore delle divise, ma tralasceranno le tattiche di attacco e difesa psicologica. Fuggiti dall'ospizio, i nostri prodi chiederanno un passaggio sul sottomarino Porka Madoska, che li scarrozzerà per i sette mari e, dopo un lungo e inutile tragitto per il mondo e altri siti, li abbandonerà sulle spiagge di Rimini. Mimetizzatisi fra la popolazione locale, Dannunciov e Musolič, ormai divenuti rivali per il comando del piccolo drappello di soldati, si sfideranno a vino e salsiccia presso una trattoria di Ascoli Piceno. Dannunciov sembrerà avere la meglio, ma grazie all'inaspettato aiuto della locandiera Clarissa Petazzi, in combutta con Musolič e segretamente innamorata di lui, l'orbo Gavril perirà ingerendo del vino corretto con stricnina dalla perfida ristoratrice. Musolič e Clarissa, ormai ufficialmente amanti, guideranno lo sconclusionato esercito di pezzenti (ai quali si saranno uniti, nel frattempo, alcuni venditori ambulanti di vettovaglie raccattati sull'autostrada Ancona-Chieti) alle porte dei confini molisani, ormai pronti a preparar l'assedio. Imbarazzata e sorpresa delusione sarà apprendere che il Molise non esiste, ma Musolič e la sua amata stanno già architettando un'altra avventura...
    Criticato dalla critica e pubblicato dal pubblico, questo lungo romanzo breve verrà editato dagli editori di mezzo mondo. Nell'altra metà avverrà il contrario.
  • Le notti stanche - L'assessore di collegio Dmitrij Dmitreevič Dmitrov, stanco della solita vita di burocrate, s'ingegna per cambiare mestiere e divenire ricco. Aprirà un lussuoso ed esclusivo casino sulla via Sadovaja a San Pietroburgo, accogliendo tutti gli aristocratici e i notabili abbienti della città e della provincia. Ma la sete di denaro lo porterà presto a falsificare il bilancio della sua azienda. Braccato dalla Finanza, decide di scappare in Canada attraverso la Siberia, ma una tormenta di neve lo costringe a fermarsi per alcuni giorni in Alaska. In quella landa desolata, ove le notti durano mesi, Dmitrij Dmitrov rifletterà sulla sua vita di lestofante e, pentitosi, deciderà di tornare in patria per pagare il suo debito con la giustizia e con le casse statali. Raccattato a bordo del sommergibile Porka Madoska, di passaggio nella zona per sabotare certi stabilimenti petroliferi statunitensi, arriverà a Mosca dopo alcuni giorni e scoprirà, con somma letizia, che il reato per cui è perseguito è stato nel frattempo depenalizzato. Soddisfatto per gli eventi, morirà inaspettatamente il giorno della notifica di assoluzione a causa della caduta di un fortepiano da un appartamento in via Grillič, a una dozzina di metri dal Tribunale Distrettuale.
    Poco letto, questo racconto verrà rigettato dall'Autore e non apparirà nella prima raccolta integrale delle sue opere stampata nel 1892. Successivamente ristampato in Uganda, ispirerà alcuni fatti di sangue in Cina.
  • Umiliati e appesi - Il ritorno di Musolič e Clarissa è narrato in questo romanzo fluviale, ricchissimo di conflitti psicologici, influenze ideologiche, personaggi antipatici. Venit, illuso dal Molise, punterà stavolta su Roma, lunga sarà la marcia che lo poterà alla meta.
     
    Il misterioso palazzo in via Grillič 42.
    Il rapporto con Clarissa sembra essersi incrinato per l'intromissione di un giovane idealista anarchico, che comunque sparirà subito dalle scene, forse confinato sull'Isola delle Femmine. Conquistata Roma, grazie soprattutto ai consigli ricevuti da Hunneis durante la permanenza sul Porka Madoska, Venit vi istaurerà un governo dittatoriale di matrice gobettiana. Consapevole della contraddittorietà di tutto questo, il nostro Musolič finirà per scatenare un guerra civile. Oberato dai doveri istituzionali e continuamente vessato dalle smanie da menopausa di Clarissa, si farà condannare a morte, in contumacia, da un'organizzazione clandestina di rivoltosi destabilizzatori. Temendo per la sua sorte e piangendo i bei tempi trascorsi a Villa Sbatilova, si fingerà socialista per poter lasciare segretamente l'Italia e fuggire in Svizzera con l'insopportabile compagna. Intercettato da un gruppo di dissidenti comunisti sulle colline di Garlasco, reciterà un memorabile e falsissimo discorso su libertà, fratellità e uguaglità. Ma la sua calvizie e il volto perfettamente rasato, nonché la vistosa camicia color seppia e la postura con le mani sui fianchi, insospettiranno Faussone, il subcomandante della Brigata Brighella, partigiano reggiano di lunga e stagionata esperienza, che lo smaschererà praticamente subito. Catturati e sommariamente fucilati, i due coniugi ormai cadaveri verranno trasportati immediatamente a Loreto, ove saranno appesi ed esposti al pubblico ludibrio in piazzale Milano.
    In questo romanzo storico, Dostoevskij affronta il tema della sfiga, di come sia perennemente in agguato e come vinca sempre. Tiepide le reazioni della critica, ma il pubblico premierà il Maestro con un ininterrotto successo di vendite.
  • Il videogiocatore - Un pomeriggio di luglio, Sergej Pavlovič Nintenko, giovane pianista di discreto talento e studente presso il conservatorio di San Pietroburgo, non ha decisamente voglia di ripassare le lezioni di armonia e composizione. Oppresso dalla noia, gli salta in mente di collegare la Playstation alla tastiera del suo fortepiano, provando a usare entrambe le mani e tutte le 10 dita per giocare ad Half-Life 2. Pur essendosi diplomato presso l'ITIS "Gagarin" con buoni voti, Sergej non era mai stato un granché in circuiti stampati ed elettronica di basso livello. Per via degli errori di progettazione dell'apparato, in ogni caso malfunzionante per altri motivi, l'eccessiva affluenza di impulsi elettrici dalla tastiera del pianoforte alla consolle causa un'immane deflagrazione che farà volar via l'amato strumento musicale dalla finestra del suo appartamento, ubicato al quarto piano di una palazzina al numero 42 di via Grillič, poco distante dal Tribunale. Sdegnato dall'evento, Sergej Nintenko si toglierà la vita, chissà perché, gettandosi nel fiume Neva dal ponte Ostrovskij.
    Anche questo racconto di Dostoevskij tratta del tema della sventura, ma il pubblico non l'apprezzerà come il precedente. Il compositore sovietico Sergej Prokofiev trarrà da questo lavoro il soggetto per un opera lirica poco eseguita.
 
Il giovane Raskol'nikov interpretato da un memorabile Gian Maria Volonté.
  • Delitto e castità - Per questo romanzo abbiamo una trama più approfondita, perché lo abbiamo letto. Rodion Romanovič Raskol'nikov è uno studente di giurisprudenza fuori corso. La sua famiglia non può più mantenerlo agli studi, essendo caduta in disgrazia dopo la morte sul lavoro del capofamiglia, il luogotenente Roman Timofeevič Raskol'nikov, responsabile del gruppo radar sul sottomarino Porka Madoska. La miseria e il pessimismo opprimono la vita del povero Rodion. Che fare? Un giorno di luglio, andando a impegnare per pochi rubli un orologio tarocco presso la giovane, bellissima e taccagna usuraia Alëna Sederova, decide, pur distratto dalle grazie della strozzina, sempre sfacciata e seducente, quale sarà la soluzione ai suoi problemi esistenziali e finanziari. L'indomani, dopo aver ricevuto una fastidiosa visita del collega di studi Igor Durakov, che gli suggerisce petulante di trovarsi un lavoro part-time, Rodion si organizza per mettere a punto il suo piano: ammazzare la bella usuraia, rubargli tutto e vivere agiatamente rivendendo la refurtiva. Ma come uccidere la provocante Sederova? Si ricordò di aver notato un'accetta per spaccare la legna presso la caldaia centralizzata al pian terreno del suo palazzo, dirimpetto alla cabina del portiere. Ma come entrarvi senza essere visto dalla padrona di casa, la perfida Zoja Aleksandrovna Tatarskaja, a cui doveva ancora tre mesi d'affitto arretrato? Il caso fortuito volle che un terribile boato proveniente dal quarto piano, ove abitava un non meglio noto studente di conservatorio, attirasse l'attenzione di tutti gli inquilini, padrona compresa: approfittando della confusione, Rodion riesce a trafugare l'accetta. Armatosi e partito, giunge sull'uscio della sinuosa usuraia che, detto per inciso, aveva una quarta abbondante e vestiva solo di una vestaglia color cremisi, nient'altro. Non osava suonare il campanello, un altro pensiero gli inquinava la mente: «Io questa stronza di Alëna me la farei volentieri, al diavolo i soldi!». Ma in quel preciso momento la porta si aprì da sola. Quel che Rodion vide gli annebbiò la vista per un istante: in mezzo all'ingresso, per terra, stava il bellissimo ma ormai freddo corpo di Alëna, la stronza cravattara dalle tette enormi, sgozzata da un fendente alla giugulare. Chi aveva commesso il delitto altri non era che Durakov, il suo collega, che stava ancora lì bianco di terrore. Fu un lampo: Rodion decapitò con un solo colpo, forte e preciso, l'amico, che in due pezzi separati precipitò sull'usuraia stecchita. Se solo avesse atteso un secondo, Durakov gli avrebbe spiegato che in casa della Sederova non c'era neanche un centesimo, che la troia aveva depositato tutto su un conto bancario con interesse al 4,6% quella stessa mattina, cosa che faceva ogni mese, e bisognava venire il giorno prima. Ma questo Rodion Romanovič lo avrebbe appreso dopo, in commissariato. Intanto quei due corpi morti stavano lì. Che fare? Scappare subito, scappare di corsa, rifugiarsi dallo zio Dmitrov, appena ritornato in città dall'Alaska. Fu un singolo evento, casuale, che gli impedì di giungere dal parente, che comunque non era in casa, ma su un tavolo di zinco presso l'obitorio dell'Ospedale Militare. Stava attraversando il ponte Ostrovskij, quando alcune urla femminili attirarono la sua attenzione e quella di due poliziotti di passaggio: un giovane si era appena buttato sulla Neva, affogando. Rodion riconobbe il cadavere: era quel cacciapalle dell'inquilino del quarto piano, quello che rompeva le scatole dalla mattina alla sera con il suo stupido pianoforte o con i videogiochi. Non fece in tempo a chiedersi come fosse potuto accadere, che uno dei due poliziotti, vedendolo, si accorse che la sua camicia era sporca di sangue. Fu immediatamente portato in commissariato, interrogato, minacciato, torturato e ustionato con una lampada da mille candele puntata sul viso. Veniva accusato di violenza sessuale, duplice omicidio e istigazione al suicidio, doveva per forza essere lui ad aver violentato e ucciso l'usuraia, il suo amante segreto Durakov e portato alla morte il giovane Sergej, studente di conservatorio, perché lo disturbava con la sua musica. Inefficaci furono i tentativi di difesa del nostro povero eroe, vano fu confessare la sola responsabilità per la dipartita precoce di Durakov e la totale estraneità agli altri casi. Condannato a morte per direttissima, verrà fucilato sulla Piazza Rossa due settimane dopo, festa di San Basilio.
    Questo straordinario romanzo criminale consacrerà il Maestro al successo mondiale. Tradotto in tutte le lingue, anche quelle morte, Delitto e castità è forse il capolavoro più importante di tutta la letteratura russa.
 
L'idiota principe Nikolaj prima della terapia.
  • L'idiota - Il nobile rampollo pietroburghese principe Nikolaj Filippovič Myškin, affetto da cretinismo congenito, viene spedito dalla famiglia in Svizzera presso un noto neurologo, affinché lo guarisca dalla stupidità. Ritenute improvvisamente migliorate le sue condizioni mentali, anche perché all'indirizzo del professore svizzero non erano più giunti gli assegni per sostenere le spese mediche, Nikolaj Filippovič è rimandato senza tanti complimenti in Russia, munito solo di un piccolo bagaglio e di un leggerissimo mantello, assolutamente inadatto al clima russo. Durante il tragitto, su un treno diretto, chissà come mai, a Kiev, il nostro ex idiota fa conoscenza con un suo concittadino, tale Cesar Rogožin, proprietario di un parrucchificio. Da costui, Nikolaj apprende a bruciapelo che la sua famiglia, nota in tutta Pietroburgo, è stata nel frattempo sterminata da un gruppuscolo di nichilisti organizzati, i famigerati Kosanostrij, che avevano preso in ostaggio il padre, il principe Filip Arčibaldovič Myškin, ma per sbadataggine lo avevano buttato giù dal finestrone dell'appartamento affittato come covo segreto, precisamente al quarto piano di un palazzo in via Grillič 42, Mosca (oppure San Pietroburgo, l'Autore fa sempre confusione). Riuscendo a mascherare l'incidente, i lestofanti facero passare il povero cadavere di Filip Arčbibaldovič per quello di un vecchio alcolizzato corruttore di minorenni, tale Griška Bezdomny, e in tal guisa fu tumulato in una fossa pubblica poco fuori Mosca. Diffondendo notizie false sulla buona salute del principe Filip, la banda dei Kosanostrij cercò di convincere la famiglia Myškin, tramite un comunicato recapitato loro da un bambino di 11 anni, Kolja Krasotkin, a portare segretamente il riscatto al primo piano di una bettola malfamata in via Sadovaja, ricavata dall'ex bordello del signor Dmitrij Dmitrov, ex assessore di collegio, prematuramente scomparso.
     
    La famiglia Myškin prima dello sterminio.
    Poiché i famigliari del principe non credevano del tutto alle parole del comunicato, fecero sapere ai malfattori che avrebbero acconsentito a patto che, da una finestra della bettola fosse affacciato il loro povero Filip Arčibaldovič, per assicurarsi che fosse ancora vivo prima di consegnare il denaro. Allarmati dal nuovo vincolo, i criminali offrirono da bere al vecchio Griška, quello vero e sostanzialmente vivo - sebbene affetto da cirrosi epatica e ascite all'ultimo stadio, affinché si prestasse a impersonare, almeno per un minuto, i panni del defunto principe Filip che s'affaccia alla finestra della bettola, saluta con la manina e dice ai parenti, in attesa sulla strada, di non essersi mai sentito così bene in vita sua come adesso e che avrebbero dovuto spicciarsi a sganciare la grana. I Myškin, buggerati dalla messinscena, entrarono nella bettola e lì furono presi a randellate tutti quanti. Anche le loro spoglie mortali seguirono la sorte di Filip: spacciati per una famiglia di poveri calzolai periti per il crollo del solaio della loro abitazione, al quinto piano di un palazzo in via Grillič, forse al numero 42 e probabilmente a causa di un'esplosione avvenuta al piano di sotto, i Myškin furono sepolti nella stessa fossa comune del principe, riunendo così la famiglia. Intascato il riscatto (che ammontava a 500 000 rubli), i Kosanostrij sparirono nel nulla. Finito questo racconto complicatissimo, dove anche Dostoevskij si era perso per strada, il signor Cesar Rogožin, fingendo compassione per lo sventurato principe Nikolaj, che era divenuto improvvisamente povero, orfano e senza casa, gli suggerì di tornare idiota coma prima e farsi assegnare una pensione di invalidità per incapacità di intendere e di volere. Erano trascorse ormai due ore, tanto durò la narrazione di Rogožin, e giunto a Pietroburgo, o a Mosca, insomma da quelle parti - era precisamente il giorno della festa di San Basilio - il principe Nikolaj, assistendo casualmente alla fucilazione pubblica di un efferato assassino, fu colto da un attacco di epilessia, malattia che il dottore svizzero non era stato in grado di curare. Gli spasmi erano così intensi che attirarono gli sguardi degli astanti, ormai abituati a vedere gente ammazzata in ossequio alle leggi dello Zar: il principe Nikolaj si agitava come un dannato, correva di qua e di là, e nessuno osava fermarlo. A terminare la sua danza oscena e disarticolata fu un calesse che in quel momento attraversava la prospettiva Nevskij (che si trova a Pietroburgo, quindi non siamo a Mosca). Il poveretto fu travolto dai cavalli da tiro e il calesse s'impennò, facendo volar via il vetturino e il suo passeggero, non meglio identificato, i quali s'andarono a schiantare non si sa dove.
    In questo ennesimo romanzo dedicato al tema della sciagura, Dostoevskij vuole spiegare come questa non colpisca solo la gente povera e meschina, ma anche i nobili e gli aristocratici; il successo grandioso di questa opera dimostra quanto il Maestro abbia saputo mirare al cuore dei lettori, che solitamente muoiono sul colpo.
  • Gli indemoniati - Praticamente è l'identica storia raccontata da Rogožin nel romanzo precedente, solo che i Kosanostrij sono personaggi sostanzialmente positivi, aprono una catena di ristorazione e poi vengono acciuffati dopo 25 anni di onorata somministrazione di alimenti e bevande perché per l'omicidio e il sequestro di persona non era prevista la prescrizione. Anche in questo caso, l'appartamento al quarto piano di via Grillič 42 c'entra qualcosa come pure il suo occupante, il pianista Sergej Nintenko.
    Inaspettatamente, questo inutile e ripetitivo romanzo ottiene un sensazionale successo di critica e di pubblico. Evidentemente sono stati corrotti con qualche bustarella oppure non si erano accorti della trucchetto.
 
La perfida affittacamare Zoja Aleksandrovna Tatarskaja.
  • L'adolescemo - La storia infelice del piccolo Kolja Krasotkin, orfano di madre, ignorato dal padre e vessato dalla matrigna, l'affittacamere Zoja Aleksandrovna Tatarskaja. Kolja cresce in un ambiente privo di tenerezze, costretto a soddisfare per pochi kopeki (centesimi di rublo) tutte le snervanti commissioni degli inquilini in affitto, come andare a fare la spesa dal droghiere sordo all'angolo o recapitare messaggi anonimi a ricche famiglie aristocratiche. Straziante sarà la scena in cui uno stupido e crudele giovanotto, un certo Sergej, inquilino al quarto piano e insopportabile strimpellatore di pianoforte, porterà il piccolo Kolja presso una sua amichetta particolare, la quale lo sottoporrà a sevizie non adatte alla sua età prepubere. Per vendicarsi dell'affronto e della vergogna, un mattino Kolja s'introdurrà nell'appartamento di Sergej, mentre questi non era in casa, e riempirà di alcol etilico la sua consolle di videogiochi preferita. Da quel giorno in poi, trovandoci gusto, Kolja deciderà di vivere esclusivamente per nuocere alla società.
    Bruttissimo romanzo, non susciterà l'interesse di nessuno. Rimane però un mistero quale sia l'esatta ubicazione del palazzo abitato da Kolja.
  • La padrona (noto anche come L'eterno marito) - Gabellato come nuova opera, anche questo racconto è in realtà una riscrittura del precedente, ma la protagonista, l'affittacamere Zoja Tatarskaja, stavolta si innamora del principe Nikolaj, che invece di morire sotto a una carrozza, sbanca la lotteria del 6 gennaio e va in cerca di una moglie. Trovato alloggio nella solita palazzina, viene sedotto dalla padrona di casa, che abbandonerà marito e figliastro per andare a vivere nei quartieri nobili con il ricco imbecille, che a quanto pare non era stato guarito dal truffatore svizzero, il quale risulterà in possesso di una laurea fasulla. Siccome la storia sembrava troppo umoristica per la cifra stilistica dell'Autore, alla fine Nikolaj e Zoja moriranno di botulismo per l'ingestione di caviale e ostriche avariate durante la cena di gala in casa dei nobili coniugi Praskovskij, arrestati e condannati per omicidio colposo e mancata sorveglianza della servitù addetta alle cucine.
    Il penultimo romanzo del Maestro per le prime 356 pagine mantiene in tutto e per tutto le (per lui) insolite caratteristiche del racconto satirico-grottesco-comico, riservando solo l'ultima pagina per i suoi tradizionali temi tristemente menagrami, con grande e inaspettato disappunto dei lettori, che snobberanno totalmente l'opera.
  • I fratelli Karamazov - Romanzo importantissimo, vera summa dell'opera di Dostoevskij. Peccato che non l'abbiamo letto. Sappiamo solo che c'entrano qualcosa il calesse volato via a causa del principe Nikolaj, che il passeggero altri non era che Ivan Fëdorovič, il materialista scettico, che Smerdjakov forse era davvero figlio di Fëdor Karamazov, che i fratelli Dmitrij e Aleksej si volevano bene malgrado tutto, che Varvara Petrovna non appare in questo romanzo bensì negli Indemoniati, sebbene nessuno si accorga della sua presenza lì mentre la percepisca qui. Voci di corridoio sostengono che l'appartamento al quarto piano di via Grillič 42 verrà distrutto durante la Rivoluzione del 1917. Insomma, pare che sia un bel romanzo, leggetelo e fateci sapere.
 
 
La trama è finita, leggete in pace.


Trasposizioni filmiche e teatrali

Numerose opere dostoevskiane sono state ridotte e riadattate per il teatro e per il cinema, talvolta senza riservare un minimo di rispetto per l'opera del grande Maestro. Ne elenchiamo alcune fra le più note:

  • Memorie dal sottaceto - Spot pubblicitario della ditta Peperlizia Ponti.
  • I fratelli Carmazzi - Versione cinematografica dei Karamazov ambientata a Canicattì, per la regia di Enrico Ghezzi.
  • Dieci piccoli cosacchi ovvero La settimana enigmista - Riduzione teatrale de Gli indemoniati dove la banda dei Kosanostrij viene sterminata membro per membro da un pupazzo in bicicletta.
  • L'idiota, storia di un Presidente - Documentario di Michele Santoro; ancora in produzione, non è chiaro quale sia la tematica.
  • Shining - Lungometraggio di Stanley Kubrick, questo film può considerarsi direttamente ispirato alla vita di Dostoevskij. Due nomination all'oscar come miglior sceneggiatura ispirata a fatti realmente accaduti.

Sondaggi

Sondaggio I

<poll> Sei mai riuscito a leggere fino in fondo un libro di Dostoevskij? Dosto-chi? No, nemmeno ne ho iniziato uno: non ho il coraggio No, ho iniziato un libro che fa la polvere sulla mia scrivania da anni ormai Sì, uno e mi è bastato Sì, parecchi: sono invecchiato facendolo Posseggo la discografia completa </poll>

Sondaggio II

<poll> Sei riuscito a leggere fino in fondo questo articolo? Sì, l'ho scritto io Sì, comprese le note No, mi mancano le note No, ho guardato solo le immagini No, mi sono scoraggiato dopo aver visto la lunghezza dell'articolo </poll>

Voci correlate

  Questa è una voce in latrina, sgamata come una delle voci meno pallose evacuate dalla comunità.
È stata punita come tale il giorno 31 maggio 2009 con 100% di voti (su 15).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

Proponi un contenuto da votare  ·  Votazioni in corso  ·  Controlla se puoi votare  ·  Discussioni