Evo Morales

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Il principale traguardo raggiunto da Evo Morales in politica estera: la conversione al socialismo del borghese e bocconiano Giuseppe Sala. Dopo l'incontro con Morales, il futuro sindaco di Milano trascorrerà alcuni mesi nelle comunità zapatiste del Chiapas.

Evo Morales, nome completo Juan Evo Morales Aymaria Quimimanca Seytu, è un narcotrafficante e politico indigeno[1], caudillo incontrastato della Repubblica Populista delle Banane di Bolivia.

Biografia

Dopo un'infanzia spensierata, trascorsa giocando a pallone tra le piantagioni di coca e schivando i bombardamenti chimici degli aerei antidroga statunitensi, il giovane Evo Morales trova impiego nelle uniche attività accessibili alla popolazione non-bianca della Bolivia: la coltivazione della pianta di coca e lo spargimento nei campi del letame di lama. Con caparbietà, Evo porta avanti anche gli studi, riuscendo a superare il test d'accesso della prestigiosa università colombiana "Pablo Escobar" di Medellín. Durante gli anni universitari si avvicina alla politica: infatuatosi di una ragazza che indossava magliette di Che Guevara, abbraccia gli ideali rivoluzionari e decide così di arruolarsi nelle FARC[2]. Sarà tuttavia costretto a far ritorno in Bolivia senza aver terminato gli studi, per sfuggire ad un mandato di arresto per terrorismo spiccato dal governo colombiano.

Tornato in patria, mette a frutto l'esperienza maturata negli anni precedenti e si candida alle elezioni presidenziali. Durante la campagna elettorale, Evo Morales si fa notare per la sua spiccata retorica populista e demagogica, promettendo, in caso di elezione, la conquista per la Bolivia di uno sbocco sul mare, per permettere ai suoi cittadini di poter finalmente andare in villeggiatura, e la nazionalizzazione dei settori strategici dell'economia: quello dell'energia, in mano alle multinazionali occidentali, e quello del narcotraffico, controllato dalla 'ndrangheta calabrese. Contro ogni previsione, Evo Morales ottiene una stupefacente vittoria: il suo primo atto ufficiale sarà la firma di un decreto per l'adozione de "La Bamba" come inno nazionale della Bolivia.

La presidenza di Evo Morales

Divenuto Presidente della Bolivia, Evo Morales comincia ad apparire in pubblico abbigliato come il Dr. Gonzo di "Paura e delirio a Las Vegas" e sfoggiando una capigliatura ricavata dallo scalpo di Fabrizio Del Noce. Per sottolineare il legame con le sue radici, decide di celebrare la cerimonia di insediamento secondo i riti e le tradizioni degli indios, organizzando nel giardino del palazzo presidenziale un immenso banchetto a base di carne alla griglia, fiumi di birra e canzoni di Shakira.

Evo Morales in tutto il suo talento diplomatico, pochi istanti prima di essere scomunicato e condannato per eresia.

Il neopresidente riesce subito a far parlare di sé, disertando il primo discorso presidenziale: atteso dalla stampa presso la sede del Governo a La Paz, Morales si recherà per sbaglio a Sucre, altra capitale del Paese. Dimostra ben presto il suo autentico spirito rivoluzionario, senza tuttavia rinunciare alle buone pratiche in uso nelle consolidate democrazie latinoamericane, come riformare a proprio piacimento la Costituzione con la stessa frequenza con cui si cambia l'immagine del profilo di Facebook, in modo da permettere la propria rielezione per un numero di mandati tendente all'infinito.

Per superare l'isolamento internazionale del suo Paese e trovare sbocchi commerciali per la cocaina boliviana (soffocata dalla concorrenza dei cartelli colombiani), Morales intraprende un lungo viaggio diplomatico in tutto mondo, incontrando e stringendo accordi con capi di Stato, come l'ex presidente panamense Manuel Noriega, e con personalità del mondo imprenditoriale (il rampollo della famiglia Agnelli Lapo Elkann), dello sport (el Pibe de Oro Diego Armando Maradona) e dello spettacolo (il frontman dei Rolling Stones Mick Jagger).

Sul fronte delle relazioni con gli Stati confinanti, Evo Morales avrà meno fortuna e la disputa con il Cile per ottenere un accesso sull'Oceano Pacifico finirà a tarallucci e vino. Infatti, il dossier di 1400 pagine con illustrazioni a colori, preparato dallo stesso Morales per corroborare le proprie rivendicazioni territoriali, sarà accolto con grande entusiasmo dalla Presidentessa cilena Michelle Bachelet, che aveva giusto bisogno di un sostegno per la gamba del tavolo traballante del proprio ufficio. Ancora più disastrosi saranno i tentativi del presidente boliviano di instaurare relazioni amichevoli con il Vaticano: il crocifisso a forma di falce e martello, spedito in dono a Papa Francesco, non sarà gradito dal Santo Padre, che per ritorsione ordinerà alle Guardie svizzere di circondare la sede diplomatica della Bolivia presso la Santa Sede e di torturare l'ambasciatore boliviano.

Note

  1. ^ Non definirlo "boliviano", altrimenti s'incazza!
  2. ^ Le BR colombiane, n.d.r.