Enrico De Nicola

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De Nicola prima e dopo essersi truccato per una serata in maschera.
« Ricordatevi, giovanotto, che noi napoletani non siamo dei lazzari scostumati, ma uomini di carattere. Così è stato vostro nonno, così è vostro padre, così siate voi! »
(Enrico De Nicola al giornalista Gianalfonso D'Avossa scambiandolo per suo nipote.)
« Era nu bravo guaglione. »
(Giorgio Napolitano su Enrico De Nicola.)
« Decida di decidere se accetta di accettare! »
(Manlio Lupinacci a proposito dell'indecisione di De Nicola su quale cravatta mettersi per andare al lavoro.)

Enrico De Nicola, o Nicola De Enrico, come diciamo noi di Nonciclopedia per fare dell'ironia spiccia, è stato un politico e avvocato italiano, nonché il primo Presidente della Repubblica Italiana, nonostante ricoprì questo ruolo per appena 4 petosecondi e mezzo.

Prima di ricoprire la poltrona di Presidente della Repubblica, ricoprì la poltrona di Presidente della Camera, in seguito ha sfidato se stesso ricoprendo simultaneamente sia la poltrona di Presidente del Senato sia quella di Presidente della Corte Costituzionale, avrebbe voluto ricoprire anche il ruolo di Presidente del Consiglio e fare così l'en plein delle maggiori cariche istituzionali italiane ricoperte, ma non ci riuscì, in compenso fu il primo ed ultimo Presidente della Repubblica[1] a condannare a morte qualcuno.

Vita

Giovinezza

Nacque a Napoli il 9 novembre 1877, quando il capoluogo campano non era ancora stato nominato capitale dello Stato Camorrista. Da buon donnaiolo partenopeo studiò al Liceo Classico, in seguito si laureò in giurisprudenza, diventando rapidamente un rinomato e riconosciuto azzeccagarbugli nazionale.

I primi anni in politica

« E ora se mi permettete, mi mangio una bella fetta di pizza ca pummarola n'coppa. »
(Enrico De Nicola si permette una piccola sortita da buon napoletano.)

Come ogni avvocato napoletano che si rispetti, De Nicola decise di entrare in politica, da prima come consigliere comunale del comune di Napoli, ma si annoiò presto di questa carica, perché lo impegnava troppo, così decise di farsi eleggere deputato, in questo modo avrebbe avuto molto più tempo da dedicare alle sue attività personali. Ricoprì diverse cariche istituzionali, ma niente che valga veramente la pena ricordare. Quando nel '22 i fascisti fecero la marcia su Roma, De Nicola, che non si era ancora reso del tutto conto che l'Italia era stata unita da più di 50 anni, venne scelto per siglare il patto di pacificazione tra partito Fascista e Partito Socialista, il quale venne firmato dal Duce con una penna ad inchiostro simpatico.

Il periodo fascista

Dopo che il Re d'Italia Sciaboletta diede la fiducia a Mussolini, De Nicola insieme a molti altri deputati Liberali e Popolari firmò la fiducia al nuovo esecutivo. Per ricompensarlo della firma il Duce decise di lasciarlo tranquillo nella sula poltrona di Presidente della Camera, ma allo scadere del mandato De Nicola per la vergogna decise di abbandonare l'incarico, in seguito venne nominato senatore, ma non prese mai parte ai lavori assembleari, essendo troppo impegnato a non farsi vedere in giro.

Nel 1943, dopo la caduta del regime, considerato paradossalmente l'unica figura autorevole della politica pre-fascista, fu chiamato a mediare fra gli Alleati e i Savoia per consentire un più agevole passaggio di poteri; non che ne avessero mai avuto molto di potere quelli della famiglia reale, a parte il mandare la gente in guerra a farsi ammazzare.

Si deve in particolare a De Nicola l'"intelligente" soluzione che evitò a Vittorio Emanuele III l'abdicazione: propose di istituire la figura del "Luogotenente", da affidare all'erede al trono Umberto II. La creazione di questa figura, pur limitando la sovranità monarchica, permise di ridurre l'impatto formale della sconfitta: in pratica semplicemenete rinominando il Re d'Italia Luogotenente, la nazione risulta vincitrice nonostante la palese sconfitta, la nazione viene consegnata nelle mani degli Usa, i Savoia, specialmente Sciaboletta, non vengono linciati come avrebbero meritato, i parlamentari che appoggiarono i fascisti se ne uscirono fuori col culo pulito e la guerra continua...

Le ragioni dell'elezione

Alla definitiva fine della guerra, l'Assemblea Costituente dovendo eleggere un capo dello Stato provvisorio, che facesse anche da parafulmine in caso di improvvise e non previste rivolte popolari, non sapendo che pesci pigliare decisero di nominare proprio De Nicola, essendo un uomo di grande spessore politico facilmente sostituibile.

L'elezione fu il frutto di un lungo lavoro "diplomatico" fra i vertici dei principali partiti politici, i quali, superata una iniziale contrapposizione fra le candidature di Benedetto Croce e Vittorio Emanuele Orlando, che non volevano fare da capro espiatorio in caso di problemi, avevano finalmente convenuto che si dovesse eleggere un presidente con la faccia da bravo ragazzo, capace dunque di riscuotere il maggior gradimento possibile presso la popolazione affinché il trapasso[2] dal sistema monarchico-illiberale al nuovo sistema parlamentare-illiberale fosse il meno traumatico possibile. Si convenne perciò che dovesse scegliersi un terrone, a compensazione della provenienza settentrionale di tutti gli altri leader politici e che dovesse trattarsi di un monarchico o pseudo tale; De Nicola da questo punto di vista era la scelta migliore che si potesse fare, anche perché era l'unico napoletano conosciuto capace di parlare con un tono di voce medio e senza troppi accenti dialettali fuori luogo.

I dubbi e l'umiltà

Enrico De Nicola firma con sicurezza la nostra Costituzione.

Noto per una prudenza ai limiti dell'indecisione, De Nicola era uno che ci metteva sempre 3 ore per decidere come vestirsi la mattina, per questo quando gli venne chiesto di accettare la nomina a Capo dello Stato provvisorio, il futuro Presidente della Repubblica antepose tutta una sequela di ragionamenti, dubbi e pensieri che fecero incazzare un po' tutti quanti, anche perché senza una capo di Stato non si potevano iniziare i lavori della Costituente, né tanto meno iniziare ad alzarsi lo stipendio.

La prima cosa che fece come Capo dello Stato provvisorio fu quella di condannare a morte gli autori della strage di Villarbasse; quando gli fecero notare che in teoria la pena di morte era di fatto decaduta con l'entrata in vigore della Costituzione, De Nicola, probabilmente ignorando i limiti del suo ruolo istituzionale e a causa dei suoi trascorsi monarchici, disse che «non gliene fregava una beata mazza». La decisione fu eminentemente politica, considerando il fatto che gli stragisti tramortirono a bastonate dieci persone per poi occultarne i corpi ancora vivi in una cisterna a farli morire del tutto di stenti, De Nicola ritenne fosse più opportuno sistemare la faccenda alla vecchia maniera, anche perché altrimenti ci avrebbe pensato la folla inferocita.

Dopo questo evento non gli venne fatto fare nient'altro, motivo per cui decise di rassegnare le dimissioni e tornarsene a casa, ma la Costituente non gli firmò il foglio di uscita anticipata e gli disse di tornarsene al suo posto, al quel punto De Nicola disse che stava male e che voleva tornarsene a casa, ma la Costituente gli intimò nuovamente di tornarsene al suo posto, altrimenti gli avrebbe scritto una nota sul registro.

Con l'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana, il 1º gennaio 1948, il suo ruolo di Capo di Stato provvisorio venne rinominato Presidente della Repubblica Italiana; successivamente, De Nicola portò un certificato medico firmato da sua madre, che lo esonerava dal ruolo di Presidente, ragion per cui vennero indette nuove elezioni, da cui emerse la figura del liberale Luigi Einaudi.

Cariche successive

Come ex presidente della Repubblica, Enrico De Nicola ottenne di diritto una pensione d'oro, ma lui la rifiutò seccamente preferendo ricevere una pastiera napoletana formato famiglia per la festa di San Gennaro. Comunque dopo alcuni anni decise di ributtarsi in politica, diventando presidente del Senato, si dimise in occasione delle votazioni per la legge elettorale sul cosiddetto premio di maggioranza, altrimenti detta legge truffa, la capostipite di una lunga serie.

Nonostante la veneranda età ebbe ancora la forza per mettersi a fare il primo Presidente della Corte Costituzionale della storia italiana, ma neanche un anno dopo dovette mollare a causa della fatica di stare seduto in ufficio tutto il giorno a leggere Topolino, ritornò a fare il semplice senatore a vita, fino a quando il 1º ottobre 1959 rassegnò le dimissioni dalla pubblica vita, aveva 81 anni e ancora una carica presidenziale da ricoprire.

Personalità

Considerato l'unico napoletano onesto, umile, serio e austero della storia e per questo molto stimato, Enrico De Nicola, era solito andare in giro con la sua vecchia e sgangherata Panda 4x4 e il suo famigerato cappotto rivoltato, che il Presidente indossava sia durante le occasioni ufficiali, sia quando andava a dormire, arrivando spesso ad aggredire verbalmente chiunque avesse cercato di rattopparlo o toccato senza chiedere il permesso. Durante il suo mandato di capo dello Stato rifiutò lo stipendio previsto e anzi spese sempre di tasca propria, anche perché voleva fare bella figura davanti a certi spilorci come De Gasperi, che quando erano tutti al bar non si azzardavano mai ad offrire il caffé.

Considerando la provvisorietà della sua carica, ritenne improprio stabilirsi al Quirinale, optando per Palazzo Giustiniani, anche perché all'epoca ogni venerdì sera si organizzavano dei tornei di scopone scientifico. Durante la sua presidenza, ostentava un'agendina nella quale, asseriva, andava prendendo appunti sul corretto modo di esercitare la funzione presidenziale, quasi una sorta di codice deontologico per capi di stato. Il suo successore, Luigi Einaudi, fra le prime cose che fece da presidente, mandò alcuni dei suoi sgherri a requisire quest'agendina, ma una volta ottenuta quando fece per leggerla, la trovò incredibilmente vuota, senza che De Nicola vi avesse scritto alcunché, solo nell'ultimissima pagina era riportato il disegnino di una mano con l'indice e il mignolo alzati sotto cui stava scritto: «Tiè, arrangiati come ho fatto io!»


Preceduto da:
The last King
9 maggio 1946 - 18 giugno 1946
Enrico De Nicola
Capo di Stato provvisorio della neonata Repubblica delle Banane
28 giugno 1946 - 11 maggio 1948
Succeduto da:
Quello che ha dato il nome a tante squole
12 maggio 1948 - 11 maggio 1955

Note

  1. ^ Benché non fosse proprio un Presidente della Repubblica in quel periodo.
  2. ^ Mai parola fu più corretta ed emblematica.
1 Enrico De Nicola
Motto: Sarà il caso di comprarmi un cappotto nuovo?
§
1 luglio 1946 - 12 maggio 1948
2 Luigi Einaudi
Motto: Il mio nome è leggenda!
§
12 maggio 1948 - 11 maggio 1955
3 Giovanni Gronchi
Motto: Il super cattolico eccolo qua, Gronchi è il suo nome nun lo scordà!
§
11 maggio 1955 - 11 maggio 1962
4 Antonio Segni
Motto: Riforme sociali? Giammai!
§
11 maggio 1962 - 6 dicembre 1964
5 Giuseppe Saragat
Motto: Uffa! Tutti mi prendono in giro per il mio cognome!
§
29 dicembre 1964 - 29 dicembre 1971
6 Giovanni Leone
Motto: Mi dimetto e me la squaglio!
§
29 dicembre 1971 - 15 giugno 1978
7 Sandro Pertini
Motto: Qualcuno ha da accendere?
§
9 luglio 1978 - 29 giugno 1985
8 Francesco Cossiga
Motto: Certe cose bisogna farle a picconate!
§
3 luglio 1985 - 28 aprile 1992
9 Oscar Luigi Scalfaro
Motto: Io non ci sto!
§
28 maggio 1992 - 15 maggio 1999
10 Carlo Azeglio Ciampi
Motto: Agli ordini Franca!
§
18 maggio 1999 - 15 maggio 2006
11 Giorgio Napolitano
Motto: Ce lo chiede l'Europa!
§
15 maggio 2006 - 22 aprile 2013
12 Giorgio Napolitano bis
Motto: Esulto con viva e vibrante soddisfazione!
§
22 aprile 2013 - 14 gennaio 2015
12 Sergio Mattarella
Motto: Niente saccio!
§
3 febbraio 2015 - attuale