Dialetti salentini

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I dialetti salentini, che non sono una lingua perché nessuno a parte i salentini la capisce, suntu dialetti ca puru ca se cunta in Puglia, cu lu pugliese nu n'centra nienti. Ovvero, nonostante si parli in Puglia, il salentino coi pugliesi non c'entra un cazzo. Quella di confondere i salentini coi pugliesi è una gaffe in cui qualsiasi turista che decida di visitare il Salento dovrebbe evitare d'incorrere. Inoltre nonostante la canzone dica il contrario, non è in Puglia che si viene a ballare, bensì proprio in Salento, dove c'è la notte della taranta. In Puglia invece al massimo possono permettersi la notte delle cime di 'repa.

Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Dialetti salentini

Caratteristiche

Il salentino è un dialetto versatile. Questo perché chi lo conosce può capire perfettamente anche il calabrese e il siciliano, senza il minimo bisogno di un interprete.

Ecco una vista panoramica della Penisola Salentina

Inoltre pare che un salentino sia capito senza difficoltà perfino dagli inglesi: come l'inglese infatti pronuncia una "T" molto più simile ad una tosse canina che non ad una lettera, nonchè una "P" che imita perfettamente il suono di una emissione gassosa retrouscente. Inoltre sia un salentino che un inglese, quando piove si riparano per mezzo dell'umbrella. In comune con l'inglese il salentino ha poi la caratteristica di indicare con un unico nome centomila categorie e centomila oggetti/animali/persone.

Ad esempio qualsiasi uccello dai piedi palmati e capace di nuotare sarà una papara, anche quando in realtà è un'oca o un cigno. Qualsiasi insetto col ventre a strisce sarà un' apu, anche se magari è un calabrone o un bombo. Qualsiasi mollusco dotato di guscio sarà una cozza, marina o terrestre non importa. Perfino una balena in bocca ad un salentino si trasformerà magicamente in pisce, e inoltre qualsiasi coleottero sarà raggruppato in un'unica specie denominata malota, o mbalota a seconda della zona. Gli esempi possono essere infiniti.

Grammatica

Oltre che per asprezza di consonanti, suono simile alla tosse - è facile infatti, almeno ad un orecchio inesperto, pensare che nel tacco d'italia la gente abbia una grossa sensibilità al raffreddore - il salentino è simile all'inglese anche nella grammatica. Ecco due esempi:

  • Sta bbau ffore stu sciuitia - "Uscirò giovedì", letteralm. "sto andando fuori". Classico esempio di futuro in -ing in salsa meridionale estrema
  • Aggiu ffare cusì o, nella variante brindisina, Agg'a ffari cussì - devo fare così.

Il salentino usa sempre il verbo avere al posto di dovere. È facile che uno di loro dica in proposito che lu verbu "dovere" se l'annu nvintatu l'itagliani.

Infatti per il salentino una persona che "fa il suo dovere" altro non fa che "il suo avere". Mentre una persona che possiede una cosa non ha, ma tene. Indi, la seconda persona del verbo italiano "incatenare" (incateni) un salentino la interpeterà come in poiché possiedi. Così come l'inglese "I love you", nonostante la similarità delle lingue, un salentino la interpreterà come "hai le uova uuuuuh!". Incredibile poi notare quale valenza assuma parlare ad un salentino del "popolo dei ceceni". Per un brindisino esso altro non sarà che il popolo dei "che?che cosa?" (dato che cce? e cceni? sono i corrispettivi di what?, e così come in inglese esistono le 5 "w", in brindisino imperano le 5 "c": ccè? cce cosa? cceni? cce ncentra? cce avi?) mentre per un leccese esso sarà il "popolo dei tre treni", e finirà per domandarsi di quando in qua i veicoli ferroviari vengano equiparati agli esseri umani.

Tipologie di Salentino

  • Leccese, ovvero Lu Leccese: è la lingua ufficiale di Lecce, capitale dello stato. È altresì noto come poppito. Parente molto stretto del Rriggitanu e del Cattanzarise, condivide con i calabresi e i siculi il radddopppiamento delle lettere, nonchè la facilità nel confondere la parola "treno" con il verbo "ceno".I leccesi, visto il loro patrimonio in beni culturali, si ritengono essere i fiorentini del sud. Peccato che di fatto, visto come parlano, siano i catanzaresi del nord.
Due tipiche leccesi grike (in abito bizant-fiorentino del sud) nell'atto di suonare la pizzica
  • Brindisino, ovvero BBrinnisinu: è la lingua degli scaricatori di Brindisi, il porto della nazione. Il brindisino è inoltre la lingua dei Cacafave brindisini, dei mangiatori di spuenzi e di coloro che partono con le balice (valige, NdA) ma remano sulla varca. I brindisini inoltre hanno una particolarità: ciascuno di loro proviene dalle orecchie. Questo succede poiché alla domanda Ti brindisi sinti? (sei di brindisi? NdA) ognuno di loro risponderà No, ti li recchi (No, delle orecchie Nda). Inoltre nel corso della storia, i brindisini per comunicare tra di loro hanno adottato un raffinatissimo ed elaborato codice di comunicazione basato su sequenze vocaliche quali: "Aei!!", "Aùùùù", "Urrià", "Nuuu", "Uè". Da esclusivo appannaggio della fauna portuale, l'uso di tale codice si estese poi fino ai confini dell'entroterra. È parente strettissimo del siculo catanese.
  • Carvignese, ovvero Carvignulu: il carvignulu costituisce l'ultima frontiera del dialetto brindisino, con cui ha in comune le parole e parte della cantilena, seppure meno siculeggiante e lamentosa. Il carvignulu di per sè costituisce la variante smorta del brindisino, ed è parlato da una tribù marittimo-pastorale che vive già all'ombra dei trulli. Il carvignulu non apre eccessivamente le O. Pronuncia il suono tr come un italiano qualunque. Non aspira le p. Non aspira le c. Non aspira le t. Insomma è una barba. Se il brindisino e il leccese, al difuori del loro areale, sono spesso scambiati per buddaci o per calabresi, il carvignulu errante ha il vantaggio di beccarsi invece tutte le provenienze del mondo, prima che sia egli stesso ad affermare che è salentino: dalla ciociaria, passando per Napoli sulla via della perdita di cadenza, all'Abruzzo, al Molise, alle Marche, a Roma e chi più ne ha più ne metta.
  • Cegliese, ovvero Cigghiesi: pur trovandosi in terra brindisina in realtà trattasi di un idioma a parte, parlato da uno sparuto gruppo di pastori ricottari sperduti nell'estremo ovest della nazione, chiamati Ceglie Messapica. Il cegliese che parla in italiano confonderà le c con le g e le t con le d. Poiché è convinto di parlare meglio dei suoi cugini, si riterrà l'unico in grado di raddrizzare le storture di leccesi e brindisini. Non è raro sentire uno di loro che, parlando in italiano dinnanzi a un leccese gli dirà "Ma smeddila di parlare con guella d (in realtà T) alla leggese!". Molti cegliesi, per riscattarsi dalle loro origini picurare, studiano e diventano prof delle superiori. Allora per ogni allievo che non venga fuori dai loro pascoli,la vita diverrà pari a quella delle pecore, se non peggio a quante volte cercheranno di mettergliela in quel posto. Ha una parentela abbastanza stretta con il Cusendino.
  • Griko: se scrivi con la k ma non sei un bimbominkia, sicuramente sei griko. Rivendiki l'invenzione della pizzica, e l'eredità della Magna Grecia, senza sapere che Magna è una parola romana e che la Grecia quindi si magna.
  • Ostunese, Cistranese, Fasanese: Geograficamente sono in provincia di Brindisi, ma di fatto sono già lingue pugliesi. Indi non ce ne frega un cazzo.

Tipici oggetti e cibi salentini

  • Lu spuenzu: trattasi di una spugna marina le cui interiora, di cui i brindisini sono avidi, vengono considerate una prelibatezza tipica. Motivo per il quale Bikini Bottom non è a Brindisi.
  • Li pampasciuni: il nome non è traducibile in italiano. Trattasi di bulbi piccoli ed amari a forma di cipolla che vegetano sottoterra i quali possono essere scovati solo da "cani da pampasciune" appositamente addestrati. Pare che il metano che alimenta i fornelli dello stato provenga da tutti i culi di coloro che si rimpinzano di tale prelibatezza
  • Lu trainu: era fino a pochi anni fa l'automobile locale, trainata dal cavaddu.
  • Lu sciarrabbà: era il servizio di Tir locale, aveva le ruote alte 3 metri e trasportava tonnellate di merce da una parte all'altra del tacco. Anche in questo caso, per la sorte del cavaddu guardare sopra.
  • Lu trappitu: non è il tappeto, bensì il frantoio, dove i brindisini un tempo schiavizzavano i poppiti (leccesi della provincia NdA).
  • Li turcinieddi o zzubbi o gnemmari o gnommareddhi o mboti: trattasi di interiora di pecore cegliesi ammazzate da brindisini e leccesi per vendetta e servite arrosto. A riprova dell'eccessiva pugliesità dei salentini, essi sono l'equivalente della stigghiola Palermitana.
  • Lu sciardiniscu o sarginiscu: sarebbe l'anguria.
  • Li pappamusci: sarebbero una serie di loschi figuri membri del Ku Klux Klan che si aggirano per le strade nei periodi di Pasqua. Pare che servano per spaventare tutti i soggetti abbronzati non cristiani.
  • Lu vecchiu nzallu: trattasi di un vecchio tamarro malandato e decrepito che alla venerabile età di 95 anni va in giro indossando pantaloni gialli su camicia fucsia, ovvero cose zambre.
  • La rsola: è una cosa tuttora sconosciuta perché solo i soggetti di cui sopra ti sanno dire precisamente cos'è. Pare si tratti comunque di un'unità di misura molto primitiva.
  • Le Ricchitelle o Stacchiodde : così si chiamano in Salento. Chiamarle orecchiette infatti è da pugliesi. E anche farle con le cime di rapa. In salento le ricchitelle si fanno col sugo e le polpette, o col sugo e le brasciole te cavaddru (involtini di cavallo NdA). Quindi molto meglio.
  • Lu mmile: è un vaso dove antichissimamente si metteva lu mieru (il vino)
  • Lu capasune: è un altro vaso
  • Lu quataroni: è una cosa piena d'acqua
  • Lu cantru: è anch'esso un vaso più propriamente cesso. Pare che il nome "country" che indica la musica, nasca da una mala interpretazione di un salentino da parte di un americano. Tale salentino infatti asseriva che questa musica era come a nu cantro, l'americano era convinto invece che si riferisse al carattere campagnolo di quelle note.
  • La frisegghra o friseddhra: è quella che si mangia col pomodoro
  • Lu pummudor : è quello che si mangia con la frisa
  • bascuglia: bilancia

Alcuni nomi di persona salentini

  • Coca/Cocu: vuol dire Cosimo/a in quel di Mesagne, spesso usato anche per dire Gregorio nonostante somigli pericolosamente al nome di una non ben identificata polverina magica
  • Cola: serve a completare Coca e sarebbe Nicola.
  • Pernia: nome femminile arcaicissimo e di origini ignote, spesso affianca Cola.
  • Pissu: Crocifisso
  • Cutrinu: deriva dal nome di una madonna
  • Carmunu: deriva dal nome di un'altra madonna
  • Materdommini: deriva dal nome di un'altra madonna ancora
  • Mmelu/Mmela: sarebbe Carmelo nonostante ricordi le mele, che invece si chamano muleddi
  • Ucciu/Uccia: espressione della generalità very english del salentino, sta per Cosimo, Antonio, Sabino, Pietro, Francesco, Carmelo, Vito, Lorenzo, Vincenzo, Angelo, Raffaele, Mario, Riccardo, Federico, Enrico, Marco, Nicola ecc. ecc., nonché le corrispettive parti femminili
  • Saru: Rosario
  • Tetta: sta per poppe... anzi no per Antonella, Antonietta
  • Diamanu: Damiano
  • Ghiatoru: Teodoro
  • Mingucciu/a: Domenico/a
  • Ngau: diminutivo afro tribale di Pancrazio
  • Ninì: Giovanni
  • Mpeu/Mpea: diminutivo bantu-sudan-poppitese di Pompeo/a
  • Popò: Napoleone, diffusissimo tra i prima citati fiorentini del sud (o catanzaresi del nord, a seconda dei punti di vista)
  • TTau: diminutivo ignoto di Sebastiano
  • Pinu: Giuseppe
  • Trusa: diminutivo di Idrusa, nome molto giovanile nel Salento
  • Chita/Chitodda: Margherita

L'italiano[citazione necessaria] dei nativi

Essendo una diretta appendice dell' idioma tribale isolano, il salentino ha pesantemente influito anche sulla Lingua italiana parlata dai locali, creando una sorta di italo-siciliano di penisola inclassficabile per qualsiasi studioso. Ecco alcuni esempi:

  • In Salento non è "colpa di..." bensì ci colpa.
  • In Salento non "si regge", nè "si tiene", bensì si mantiene.
  • Pare sia scientificamente impossibile trascrivere il suono della doppia d brindisina: essa infatti è perfettamente in bilico tra la doppia d siciliana nonchè leccese "'ddh", e la doppia d pugliese, identica a quella italiana.
  • In Salento non ci si ammala, si cade malati
  • In Salento proprio inteso come assolutamente viene pronunciato come filu propiu in dialetto, e come propio in italiano. La scomparsa della r nel passaggio da una lingua all'altra di fatto è un giallo.
  • In Salento, quando si parla italiano, purtroppo si pronuncia puttroppo, Brindisi si pronuncia Brinnisi, Germania si pronuncia Gemmania e a volte problemi diventa pobblemi.
  • In Salento non ci sono gattini o micetti, bensì musceddhi ( traduzione in un italiano molto aulico[citazione necessaria] di jattuddu o musciarieddu)
  • In Salento il golfo non è una baia, bensì un maglione di lana
  • In Salento la pasta assume istinti suicidi, infatti si butta sul fuoco.
  • In Salento la suca non indica una donna incline al sesso orale, bensì un comune "tubo di gomma".
  • In Salento una irritazione non prude, pizzica.
  • In Salento un gas o un liquido non fuoriesce, ma viene buttato o gettato
  • In Salento un mollusco di terra privo di guscio non è una limaccia, è una cozza nuda. (pertanto una cozza nuda non è una racchiona discinta)
  • In Salento un piccione non è una colomba, bensì una passera
  • In Salento una pizza non è una pietanza, bensì un uccello
  • In Salento non ci si diverte... ci si sguaria
  • In Salento non si prova soddisfazione... ci si prescia
  • In Salento la pressa non è un aggeggio per schiacciare, bensì la fretta.
  • In Salento una pietanza dal forno, una macchina dal box ecc ecc non si tira fuori, ma si esce o, in casi estremi, si caccia.
  • In Salento si prende il patentino per guidare il motore.
  • In Salento non si "strappa via" nè "si stacca" nè "si stira", bensì si tira.
  • In Salento un'acconciatura a palla non è uno chignon, è un tuppo.
  • In Salento l'alcool denaturato costituisce un tramite con l'aldilà: esso infatti è lo spirito.
  • In Salento nulla si rompe: si scascia.
  • In Salento non si accelera, si dà an chinu
  • In Salento non si seppelliscono i morti, si precano.
  • In Salento, se piove devi far attenzione ancora ti bagni.
  • In Salento, se sei disgraziato,ti succedono altre disgrazie di sopra.
  • In Salento una cosa non "si porta giù" o "si porta su", bensì si scende o si sale.
  • In Salento non esiste la distinzione tra insegnare e imparare. Di fatto ciò me l'hanno imparato i miei genitori.
  • In Salento le erbe selvatiche più diffuse si chiamano cicorelle, caulicchi, spirruscine, cipollacce, spurchiazze e zangoni (cicuredde, caulicchi, spirruscini,cipuddazzi,spurchiazzi, zanguni).
  • In Salento non si dà un morso ad un panino, si dà una calata
  • In Salento non si rimprovera qualcuno, si dicono parole a qualcuno
  • In Salento qualcosa che cambia non diventasi trasforma: si fa.
  • In Salento non esiste la distinzione tra grasso e grosso. Un obeso sarà sempre e comunque grosso.
  • In Salento non si prova invidia, si ci bestemmiano(castimano) i morti(senso figurato).
  • In Salento non esiste il concetto di "grande così", ma di grosso tanto.
  • In Salento uno dei piatti preferiti dei nativi è la i non accentata, spesso sostituita da un suono indistinto tra la e e la u e che qualsiasi essere umano al di fuori dell'area siculofona è in grado di emettere solo se colpito da diarrea fulminante.
  • In Salento non prospera la sterpaglia, bensì le scrasce.
  • In Salento non si usa il phon, ma il fono.
  • In Salento non si fà in ipotesi, si dice throa
  • In salento non si dice Non lo faccio neanche morto, ma si dice Ma pe iabbu(o mai pe cabbu)!
  • In Salento esiste una variante locale del famoso Miii: esso infatti si trasforma spesso in 'Izza, Mizzica, Mizzaca, Izzica. Mizzicuni anche quando si fa finta di parlare italiano.
  • In Salento da stupiti non si esclama Ooooo bensì Naaaaaaa o Nuuuuuu (quest' ultimo con le varie u da leggersi come suono indistinto tra la e e la u... e lo so che non ci capirete un cazzo ma è così)
  • In Salento non sei sfigato, sei maro disgraziato (traduzione italiana[citazione necessaria] di maru disgrazziatu)
  • In salento si dice... Te lu iabbu nu ci mueri ma ci ccappi! (cioè se auguri scherzosamente qualcusa di male a qualcuno, questa si ritorcerà cotro di te, rendendoti vittima della stessa sorte augurata)

Minzione a parte merita la parola carne (maggiorativo: carnazza), che in bocca ad un Salentino è praticamente un verbo frasale, pur non essendo nemmeno un verbo; essa infatti, in dipendenza da fattori macroscopici quali l'angolo che formano le labbra di colui che la pronuncia e/o la presenza di leggerissime variazioni tonali (che solo i nativi possono cogliere), può rivestire i seguenti significati (non mutuamente esclusivi): "vaffanculo!", "A mie ci me ne futte?", "nnnaaaa, ma davvero stai dicendooooo?", "Wow!", "tu si che sai! (...di muffa)", etc. etc. etc. Salute! Copriti, co nno ssia prendi freddo!

Collegamenti esterni

Voci correlate