Conservatorio G. Verdi di Milano

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Il Conservatorio G. Verdi di Milano dopo il restauro.

Il Conservatorio G. Verdi di Milano è una prestigiosa[citazione necessaria] istituzione di Alta[citazione necessaria] formazione musicale intitolata a Giuseppe Verdi senza una valida ragione, in quanto il Cigno di Roncole di Busseto non vi fu neppure ammesso.

Giunto dalla campagna come Renato Pozzetto — del quale presentava tratti di simiglianza nel faccione reso fotogenico da Dino Risi — il ragazzone Verdi tentò l'esame d'ammissione.

Ma i parrucconi semisordi e mezzi analfabeti formatisi sui trattati di quegli esperantisti musicali mezzi scemi che furono Dubois e Gedalge (quando andava bene) bocciarono il campagnolo: "Troppo vecchio" — per alcune delle cariatidi colà docenti — “Troppo rozzo” — per altre — "Troppo poco pianistico" e così via.

A distanza di tempo, resisi conto dell'enorme incapacità musicale che li contraddistingueva — giacché Verdi veniva acclamato in tutti i teatri mondiali mentre loro rimanevano a batter le mani goffamente scambiando i solfeggi parlati difficili in chiave di sol per opere d'arte — intitolarono la fatiscente struttura all'ombra della Chiesa di Santa Maria della Passione al ragazzo di campagna autore di Rigoletto e Traviata.

Archiettura e ornamenti semiviventi

Due abituali frequentatori del Conservatorio G. Verdi di Milano, colti di sorpresa dal crollo d'un soffitto durante lo studio di un'aria buffa di Gioacchino Rossini.

All'apparenza, l'edificio conservatoriale non appare proprio, in quanto appendice della chiesa summenzionata. All'interno, un ridente[citazione necessaria] chiostro con una pianta rachitica e un loggiato scrostato conduce alle aule decadenti, gelide d'inverno e bollenti d'estate in cui sono ammassati pianoforti scassi e scordati comperati al Triciclo con i soldi delle nostre tasse di cittadini.

Tutto l'edificio trasuda la nobile storia (ma sarà vero? Boh) di cui non si sa più nulla in quanto sprofondata fra novelli Pietri Taricone e Maurizi Corona e (più recentemente) pseudo-Fedez che s'accompagnano a imitatrici di Belen e Chiara Ferragni gonfie di filler a buon mercato fatto dal dentista, in infradito.

Costoro, al massimo, usano le polverose cornici architettoniche come sottofondi dei loro selfie. In ciò il Conservatorio è in perfetta sintonia con la maggior parte dei palagi italici, di cui le brochures propagandistiche per far accorrere turisti del ceto medio-stolto mondiale (che hanno racimolati faticosamente durante l'anno i soldini per la loro agognata "vacanza italiana with pizza & mafia & Colosseo") pullulano online o cartacei in ogni angolo del Belpaese.

L'edificio ospita (si fa per dire) anche la biblioteca musicale, che dopo essere stata saccheggiata nel secolo scorso permane in uno stato comatoso e altezzosamente disperato in attesa del crollo definitivo degli scaffali e degli schedari compilati con l'inchiostro del calamaio risalente al tempo in cui Puccini portava i calzoni corti.

Sinistri individui usciti dal Castello di Kafka, blesi, strabici, storpi, affetti da deficit motori e del logos gravitano come ragni appesi alla ragnatela nell'accogliente Casa Usher-Conservatorio. Siano costoro bidelli, uscieri, segretari con fioriti titoli di III elementare presso la locale scuola di Golasecca o ampollosi docenti delle più svariate materie — di rado in grado d'eseguire fino in fondo un'Invenzione a 2 voci di Johann Sebastian Bach senza steccare — ciò che li contraddistingue dal punto di vista zoologico è una singolarissima sicumera, un'albagia da fancazzismo coltivato fino alle più alte vette dell'Arte.

Va ricordato che, nello stesso capoluogo lombardo, a competere con il sopradescritto Conservatorio sorge un'altra istituzione di Alta[citazione necessaria] formazione musicale: la Civica Scuola di Musica presso Villa Simonetta.

Voci correlate