Lucio Sergio Catilina

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(Rimpallato da Catilina)
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« Lucius Catilina, nobili genere natus, fuit magna vi et animi et corporis, sed etiam magnus filius mignottae »
(Gaio Sallustio Crispo su Catilina)
Una giornata tipo al Senato romano: Cicerone e compari amministravano la legge secondo i loro comodi, Catilina pensava a quale congiura attuare quel pomeriggio, mentre tutti i suoi seguaci approfittavano della sua distrazione per andarsene al bar.
« Quousque Tandem, Catilina, abutere Matre nostra? »
(Inizio delle Catilinarie di Cicerone.)

Lucio Sergio Masaniello Fawkes Catilina (abbreviato in Catilina per evitare il fiatone) è stato un famoso politico, congiuratore e membro della Carboneria. È ricordato soprattutto per aver organizzato una delle tante congiure contro il Senato, che in quel periodo avvenivano così spesso da non fare notizia neanche sui TG regionali.

Vita e Carriera politica

Primi anni

Catilina apparteneva alla Gens Sergia, una famiglia che in passato aveva contato membri illustri, ma alla sua nascita era decaduta a tal punto che il loro esponente più illustre faceva da addetto alle pulizie nel Senato.
Della giovinezza di Catilina si sa ben poco. Secondo Sallustio sin da piccolo visse nei quartieri di periferia dedicandosi alla microcriminalità e ottenendo i primi sostenitori dalla sua baby-gang.

Catilina si rivolge al suo arci-rivale Cicerone.

Nonostante le raccomandazioni di cui disponeva e un certificato di invalidità tarocco, non poté evitare il servizio di leva, e fu costretto a seguire il generale Strabicone e in seguito il generale Silla. In quest'occasione conobbe Cicerone, che diventerà il suo più acerrimo nemico dopo avergli rovesciato il rancio sulla tunica. Tornato a Roma, festeggiò con una sbronza colossale e, proprio mentre era impegnato a festeggiare, scoppiò la guerra civile tra Mario e Silla. Ancora ubriaco, nella rissa Catilina decapitò per errore suo cognato, che aveva appena bussato a casa sua per chiedere in prestito dello zucchero, poi portò la sua testa al Foro e quando si riprese dalla sbornia si ritrovò davanti Silla. Poiché il cognato di Catilina era uno dei maggiori oppositori di Silla, questo gli commutò la pena capitale a due Ave Maria e un Padre Nostro, per poi prenderlo sotto la sua protezione. Con la sua raccomandazione, Catilina scalò tutte le cariche politiche, diventando questore, poi senatore a vita e infine governatore dell'Africa con il titolo di Cav. di Gran Croc. Figl. di Putt. Test. di Caz.


Tentativi per conquistare il consolato

A questo punto Catilina volle mandare a compimento i suoi piani di conquista del mondo consolato candidandosi nel 66 a.C., ma si ritrovò come avversario proprio Cicerone, ancora incazzato per quella questione del rancio sulla tunica. Per averla vinta su Catilina, Cicerone cominciò una campagna diffamatoria contro di lui: mandò alcuni paparazzi a seguirlo e fotografarlo finanche al cesso; pubblicò al foro la sua fedina penale e trovò il modo di imputargli oltre quaranta capi d'accusa, tra cui il reato di stupro, infanticidio e associazione a delinquere. Catilina riuscì ad evitare i processi corrompendo i giudici, ma la sua immagine ormai era stata rovinata da Cicerone, che vinse con il 98,8% dei voti.

La congiura

Dopo la trentesima candidatura al consolato fallita, Catilina ormai si era rotto di stanare paparazzi da casa sua, del governo ladro e soprattutto di Cicerone. Gli venne in mente di organizzare una congiura per levarselo di mezzo, così avrebbe instaurato una dittatura, emanato leggi ad personam e reso punibile con lo sparticulo e la pena capitale l'attività di paparazzo. Non poteva fare tutto da solo, perciò mise insieme un gruppo di congiurati con la promessa di tasse più basse e chiù pilu pe' tutti. I congiurati erano in genere veterani di Silla, servi, vittime di strozzini, delusi di sinistra, finiani, Galli Allobrogi e Polli alla diavola. Tra i congiurati vi era anche una certa Sempronia, che Sallustio ricorda nel De Catilinae Coniuratione per la sua abilità nel fare pompini tenere alto il morale del gruppo. All'inizio anche Giulio Cesare appoggiò la congiura, ma lasciò perdere per evitare di essere pestato dai Galli. Secondo la tradizione i congiurati si riunirono per organizzare un piano e giocare a carte, per poi mettersi in fila davanti al Senato, dove altri quattrocento gruppi di cospiratori attendevano il proprio turno.
All'inizio provarono a far saltare il Senato con una bomba dentro la metropolitana sottostante, ma venne subito sventato perché le metropolitane dovevano essere ancora inventate. Si provò allora con un sigaro esplosivo, ma fallirono perché non avevano abbastanza soldi per importare i sigari da Cuba.

Fallimento della congiura

La sanguinolenta battaglia finale.

Dopo che i congiurati ebbero mandato una femme fatale a casa di Cicerone, messogli il veleno nel caffè e dirottato un aereo addosso al Senato, Cicerone cominciò a sospettare che Catilina volesse farlo fuori. Ne ebbe la conferma quando venne assalito da due congiurati armati di mitra mentre era fermo ad un incrocio. La mattina dopo Cicerone giunse in Senato e pronunciò una mega arringa in cui accusava Catilina di aver attentato alla sua vita per instaurare una dittatura. Nella stessa mattinata Cicerone giunse in Senato e presentò una mega aringa preparata la sera prima, impanata e fritta con un cavolo verde, una cipolla e 120g di prosciutto di elefante. Mentre i senatori si ingozzavano come maiali di quell'aringa, Cicerone riprese ancora una volta i capi d'accusa[1], sostenendo che: «Catilina è reo di aver abusato della mia pazienza, di essere brutto e cattivo, e di non lavarsi mai le mani; quindi bisogna per forza ucciderlo». Almeno questo fu il nocciolo del suo discorso durato un'ora e mezza. Fatto sta che i tre senatori rimasti svegli accolsero la denuncia e dichiararono Catilina nemico pubblico. Il resto dei senatori approvò invece la pietanza portata da Cicerone. Per evitare l'arresto, Catilina dovette scappare in Etruria da suo cugino Manlio, a cui chiese in prestito l'esercito. Durante la fuga, alcuni catiliniani vennero catturati, processati in tre minuti e giustiziati facendo vedere loro tutte le stagioni di Beautiful senza una pausa.

Battaglia di Pistoia

Catilina fuggì verso Nord, ma venne raggiunto dall'esercito regolare pochi giorni dopo a Pistoia durante l'ora di pranzo.
Ecco come lo storico Sallustio descrive la battaglia finale.

« Spingendo innanzi le padelle, con altissime grida l’uno e l’altro si avventano: e gittate le lance, iniziano a prendersi a calci. I veterani, memori dell'arrosto lasciato a metà nell'accampamento, si lanciano sui ribelli; questi audacemente resistono. Catilina era quello messo peggio: doveva correre coi fanti, soccorrere i feriti, sostituirli con le riserve ed evitare di finire come uno spiedino allo stesso tempo. Petreio, vedendo Catilina nella merda fino al collo, spinge fra le sue squadre la coorte pretoriana, che uccide quei due o tre che non se l'erano ancora svignata. Manlio e il Fiesolano, combattendo fra’ primi, vengono uccisi da uno armato di stuzzicadenti. Catilina, memore di aver lasciato la pasta sul fuoco, si scaglia verso casa, sbaglia strada, si ritrova in mezzo ai nemici e si confonde tra questi mentre cerca di liberarsi la strada tirando pugni[2]. »
(Gaio Sallustio Crispo, De Catilina Coniuratione, Cap. nonmiricordo)

Alla fine della battaglia Catilina fu ritrovato agonizzante in mezzo ai cadaveri nemici, mentre delirava chiedendo a sua moglie di togliere la pasta dal fuoco.

Voci correlate

Note

  1. ^ Nel caso qualcuno, dopo un'eternità di ore passate a sentire le stesse accuse, se li fosse dimenticati
  2. ^ Nell'originale latino "pugnans"