Éric Rohmer

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« Éric chi? »
(Poser cinematografico su Éric Rohmer.)
Rohmer infreddolito, mentre chiede ai presenti di dargli qualche spicciolo per la cena.
« Una fonte di ispirazione, un maestro, un amico. Di chi stiamo parlando, scusa? »
(Pier Paolo Pasolini su Éric Rohmer.)
« Non accompagno mai i miei film in pubblico perché penso non abbiano bisogno di spiegazioni. »
(Rohmer svicola da una richiesta di chiarimenti su un suo film, uno a caso.)

Éric Rohmer (pronuncia francese: [Éric Rohmer]; 1930-2010) è stato un regista, critico, professore, recensore, sceneggiatore e montatore di film, anche non suoi. Considerato uno degli esponenti di spicco della Nouvelle Vague, non solo per lo stile ma anche per l'alluce vago che lo tormentava, resta ancora oggi uno degli artisti più ermetici del cinema mondiale: nessuno riesce ad aprire le custodie delle sue pellicole per proiettarle.
Da molti definito "La miglior cura contro l'insonnia" fu assunto ai ranghi dei grandi cineasti quando fu insignito del leone di nichel di Venezia, nel 1969.

Vita

Rohmer ebbe una vita lunga e soddisfacente, alternando grandi successi a colossali successi, almeno secondo le critiche dei suoi film pubblicate sulla rivista di cinema Cahiers du cinéma, il periodico più importante della Francia sulla settima arte. Dove lo stesso Rohmer curava le recensioni.

Giovinezza

Nato a Corrèze, un minuscolo paesino nel cuore della Francia, Rohmer si distinse subito dai suoi coetanei alla tenera età di cinque anni quando, nel cortile dell'asilo, organizzò tutto da solo le riprese per il suo primo lungometraggio: Beau Geste, interamente girato nella cassetta della sabbia utilizzando una rudimentale cinepresa realizzata da Rohmer stesso con una paletta, della gomma da masticare e una graffetta. Purtroppo le maestre equivocarono la faccenda e pensarono che il piccolo si stesse comportando da bullo nei confronti dei compagni; errore comprensibile, visto che Rohmer buttava una manciata di sabbia negli occhi a chiunque sbagliasse una battuta.
Il bambino fu quindi espulso e passò buona parte dell'infanzia a girare tra un asilo e l'altro, senza mai riuscire a completare il film. Momenti che il grande regista ricorderà per tutta la vita, scrive infatti nella sua biografia:

« Se quei bastardi si fossero impegnati di più, forse non sarei stato costretto a riempire di sabbia le loro misere gole, ma erano dei buoni a nulla che pensavano solo al pisolino delle quattro e a fare la pupù. »

La carriera nel cinema

Ancora oggi proiettare un film di Rohmer ha sul pubblico lo stesso effetto che avrebbe liberare una muta di cani inferociti.

Dopo essersi laureato in lettere e aver capito la portata della cazzata che aveva fatto, Rohmer trovò un impiego come insegnate sottopagato a Parigi. Visto che la situazione non sembrava migliorare mollò il rischioso impiego come dipendente pubblico per imbarcarsi nella sicura impresa di fondare, insieme a due capelloni, la rivista Cahiers du cinéma nel 1951, che mantenne una costante tiratura di tre copie per tutti gli anni '50.
Stanco di recensire soltanto, Rohmer decise di tornare alla sue vecchia passione: la regia. Armato soltanto di una macchina da presa risalente alla prima guerra mondiale e un secchiello di sabbia si lanciò nella realizzazione di quello che è oggi considerato il film più incomprensibile della storia del cinema, Le signe du lion, nel 1951. Otto anni, molti milioni di franchi e centinaia di tonnellate di sabbia negli occhi dopo, nel 1959, il film uscì nelle sale, dove il pubblico lo consacrò nell'Olimpo del cinema con un colossale "Boh?".

Gli anni dal 1960 al 1971 furono estremamente produttivi per il regista che diresse il primo dei suoi famosi film ciclici: "Sei storie morali", una serie di lungometraggi da cinquantacinque minuti ispirati alle boccaccesche avventure dei sette nani[1].
Nel 1976 esce "La marchesa Von...", un film al quale Rohmer teneva talmente tanto che si dimenticò totalmente di dare un nome alla protagonista. O di scrivere uno straccio di trama. Seguono poi altri film di grande successo: "Il raggio verde", "Il miglio verde" e "Lanterna verde".


Ultime opere

Nell'ultima parte della sua vita Rohmer riprese in mano il progetto dei film a ciclo, a questo periodo risalgono infatti "Commedie e proverbi", una colorita descrizione di cosa fa il sole dietro le nuvole e pecorelle e "Racconti delle quattro stagioni", nel 1990. Quest'ultima opera gli valse poi una citazione in giudizio per plagio da parte di Antonio Vivaldi.

Morte

Il regista si spense nel 2010 a 89 anni di età, in circostanze misteriose mentre era ricoverato per un infarto in ospedale, scagliando della sabbia negli occhi al prete incaricato dell'estrema unzione poiché questi aveva sbagliato, a suo dire, la battuta.

Lo stile

Tipico dello stile Rohmeriano è lo sdoppiamento tra cosa un personaggio pensa e cosa fa. In questa scena gli attori stanno fermi ma possiamo pensare che pensino di muoversi, o di masturbarsi.

Lo stile di Rohmer è colto, intellettuale e poetico, più adatto ad un romanzo che al cinema vero e proprio. Molti sono quelli che infatti si chiedono come mai non si sia dedicato alla scrittura, invece di ammorbarci con i suoi film. Ma forse è meglio così, la comunità letteraria internazionale non ha bisogno di un altro Dostoevskij per risultare più noiosa di quanto già non sia.

I dialoghi nei film del regista sono spesso lunghi e articolati con gente che passeggia su una spiaggia parlando del tempo o di curiosi fenomeni atmosferici. Ma non mancano dialoghi più impegnati sulla formazioni di cumulonembi o fenomeni di rifrazione ottica.

I personaggi che Rohmer tratteggia sono spesso mossi da pulsioni oscure, che sta allo spettatore scoprire; insieme alla trama e ad altri elementi del film, come la colonna sonora, che vengono lasciati all'immaginazione del pubblico. In particolare è ricorrente il personaggio dell'intellettuale: sgradevole e con una vena di masochismo, si va a cacciare in situazioni impossibili per cercare di avere donne che non lo degnano di uno sguardo se non per schivarlo quando camminano per la strada.

Voci correlate

Note

  1. ^ Meno mignolo, che era minorenne.