Antonio Vivaldi

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(Rimpallato da Vivaldi)
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Vivaldi con il suo migliore amico: il Signor Giroldo Bragadin, soprannome del suo amatissimo violino.
«  Ed ora ci reinserisco lo stesso giro di violino da capo... con variazioni. Chi mai se ne accorgerà? »
( Antonio Vivaldi su come produrre un capolavoro in cinque minuti.)
« Verdammter Fifaldi! Non zi può ripetere lo ztesso scheiss motifetto all'infinito e kiamarlo komposition!! »
( Un adirato Richard Wagner dopo aver abusato per la centesima volta di un invariato leitmotiv.)

Antonio Vivaldi è un celeberrimo compositore barocco, salito agli onori della cronaca per aver composto il primo brano heavy metal della storia. Conosciuto per la sua promiscuità componitiva, è ricordato unicamente per un solo concerto, probabilmente scritto alle elementari, che ha come soggetto le quattro stagioni, nell’ordine: l’estate, l’inverno, la primavera e il tempo di merda.

Biografia

La nascita

Antonio “Luccio” Vivaldi nasce gracile e malaticcio a Venezia nel 1678 da madre pescivendola e padre marinaio. Partorito al mercato del pesce, venne subito spacciato dalla madre per un luccio adriatico fresco e rivenduto a 5 lire al chilo. Fortunatamente era così brutto e verdognolo che nessuno volle comprarlo, così che fu ributtato ancora tutto intero nel canale a fine giornata, insieme al resto del pesce invenduto. Da lì si lasciò trascinare dall’impetuosa corrente della laguna veneziana, per ritrovarsi il giorno dopo nello stesso identico punto in cui era stato gettato. Stava ancora galleggiando nelle torbide acque del canale, quando una possente gondola, avvicinandosi carica di turisti giapponesi, lo travolse. La stabilissima imbarcazione perse immediatamente il proprio baricentro, rovesciando tutto il proprio contenuto nelle melmose profondità sottostanti. Adirato per il brutto tiro, il gondoliere era sul punto di rimuovere a colpi di remo l’odioso ostacolo, quando si accorse che si trattava di un neonato. Lo raccolse quindi dall’acque per portarlo alla moglie, la quale, avendo avuto solamente sette figli - indegnamente pochi per l’epoca, certamente se ne sarebbe rallegrata. Lo depose nella prima culla non troppo piena di marmocchi e, maschiamente, proseguì verso la prima bettola, conscio di aver adempito al suo dovere di uomo e marito per quel giorno. La madre adottiva dal canto suo era così affaccendata tra gravidanze vecchie e nuove e lavori domestici, che si accorse del nuovo venuto soltanto quand’egli compì vent’anni. Volle cercare il marito per chiedergli spiegazioni, ma questi si trovava al bar, ormai da una settimana. Rassegnata, risolse perlomeno di spedire il figlio adottivo in convento, così da non doverlo avere tra i piedi.

L'incontro con la religione

Una rara immagine di Antonio Vivaldi senza la parrucca.

Il giovane Vivaldi non aveva mai imparato a scrivere, e nemmeno a parlare, dato che fino ad allora nessuno gli aveva mai rivolto la parola. Pur distinguendosi in classe per apatia e imbecillità, ricopriva le pagine dei suoi quaderni con una quantità di scarabocchi durante le lezioni. Uno dei monaci, non volendo arrendersi alla comune opinione che il ragazzo fosse semplicemente molto idiota, provò un giorno a trascrivere i curiosi geroglifici su carta pentagrammata; il caso o la miopia vollero che li scambiasse per note. Sfortunatamente il convento non era uno dei più ricchi, bensì uno dei più poveri, dimodoché fu possibile reperire solo un vecchio violino per avviare il giovane Luccio alla carriera musicale. Il destino volle che Vivaldi non conoscesse mai altro strumento all’infuori del violino e che morisse nella convinzione che non fosse possibile comporre qualcosa che non fosse un concerto per violino. Compose anche alcune opere con accompagnamento di violino, una messa per violino e svariate marce per violino.

L'inizio della carriera

Data la discreta abilità nel suonare l’unico strumento che gli fosse dato di conoscere, gli venne permesso di suonare alla messa la domenica. Con grande indignazione di tutti i canonici presenti il giovane violinista eseguì le lodi al Signore non solo con un brio e un’allegrezza del tutto fuori luogo, ma altresì con la spontanea aggiunta di un’infinità di note e rapidissime variazioni che nulla c’entravano con la sacra solennità dei pezzi. I confratelli tentarono quindi di convincerlo a suonare perlomeno più lentamente, dato che un’Ave Maria eseguita da lui durava meno di mezzo minuto, ma il virtuoso Vivaldi si rifiutava imperterrito di riconoscere l’autorità di nota alcuna al di fuori della superba semibiscroma. Venne quindi cacciato dal convento, con l’accusa di satanismo, complice il suo colore naturale di capelli, un rosso Tiziano che molto faceva pensare all’oscuro Signore degli Inferi. Gli fu inflitta altresì prima della dipartita la somma punizione di essere fatto prete, tanto per fargli passare la voglia di suonare così gagliardamente. Moderni studiosi sono tuttavia concordi nel ricondurre la straordinaria e indefessa rapidità esecutiva vivaldiana a una sindrome dalla quale era affetto sin da bambino: il morbo dell’anguilla pazza, peste che contagiò i voraci mangiatori di anguilla veneziani durante tutto il secolo XVI, tra cui lo stesso Vivaldi, rendendoli pazzi. L’ipotesi settecentesca della possessione demoniaca è altresì altrettanto plausibile.

Gli anni della maturità

Quello che Vivaldi vedeva...
...e quello che credeva di vedere.

Pur scoraggiato dal ripudio, Vivaldi continuò a comporre le sue merdaviglie per violino, cercando di combinare le poche nozioni linguistiche con le forse ancor meno spiccate doti componistiche. Il morbo che affliggeva il povero “Prete Rosso” si acuì però molto rapidamente: affetto da un tremore costante e trascinato da una spaventosa iperattività, Vivaldi si affannava a comporre e a suonare in ogni minuto libero - cioè tutto il santo giorno - contorcendosi nel mentre come un pesce fuor d’acqua. Si crede che ad un certo punto la malattia degenerò al punto di provocargli allucinazioni. Solo così infatti si spiegherebbero le vividissime scene di impetuose tempeste di mare e sanguinose battaglie descritte in molte delle sue opere: tali miraggi apparivano di frequente ad un Vivaldi intento perlopiù a rimirare l’acqua cheta. Di grande ispirazione fu per lui in quegli anni la lettura dell’Orlando Furioso, frutto della penna del maestro dell’epopea Federico Moccia. Riuscì a decifrarne solo il titolo, e tanto gli bastò per capire che l’Orlando, essendo pazzo, dimostrava non poche affinità con lui. Decise quindi di comporre subito un’opera per violino che lo avesse come protagonista, dal fantasioso titolo "L'Orlando furioso". La mancata comprensione di gran parte del testo fu causa tuttavia di diverse incongruenze tra il libro e l’opera: nella composizione di Vivaldi l’Orlando è infatti un gondoliere veneziano al servizio del Doge, che combatte quotidianamente contro le alghe e i cadaveri dei ratti che, affiorando a galla, mettono in pericolo la stabilità del suo fragile ma eroico naviglio.

Gli ultimi anni e la morte

Durante la seconda metà del secolo sedicesimo, una giovanissima Madonna era destinata a fare la sua entrata nella scena musicale veneziana. A bordo di una gondola la fanciulla approdò sui dolci lidi adriatici cantando il motivetto “Sicut virgo”, poi tradotto in inglese dal latino originario in “Like a virgin”. Il nuovo genere musicale, rinominato pop - contrazione di “perlomeno dura poco” - ebbe un successo immediato e soppiantò l’ormai fuori moda musica barocca, la cui annosa complessità poco piaceva alla nascente classe mercantilista, votata al guadagno e alla praticità. Ciò fu un duro colpo per Vivaldi, che passò improvvisamente dalla cresta dell’onda al riparo di un ponte. Il grande compositore cadde prima in dimenticanza, poi in povertà, quindi in malattia e poi più e più volte nel canale, si pensa a causa di scherzosi concittadini che poco apprezzavano la musica classica. Durante i suoi ultimi anni Vivaldi era solito cibarsi di alghe e anguille che riusciva a pescare dal suo precario rifugio. L’assunzione continua di carne infetta contribuì a peggiorare il suo stato di salute mentale, fino a causarne la precoce morte. Stremato dagli stenti e dalla cavalcante malattia, il 28 luglio 1741 il celebre compositore si lasciò cadere esangue nelle tranquille acque veneziane, fiducioso che i flutti avrebbero portato i suoi miseri resti fino al mare aperto. Tutt’oggi il suo cadavere, insieme ad una targhetta in sua memoria, si trova nello stesso identico punto in cui cadde allora.

Esecuzione di Vivaldi

Cantare Vivaldi

«  Mi spiace ma non ho il singhiozzo, non posso cantare Vivaldi! »
( Luciano Pavarotti su ammettere i propri limiti.)
«  Bazzecole! Canto Vivaldi anche senza singhiozzo... Io!!  »

I requisiti per cantare con successo un'opera di Vivaldi sono due:

  1. Avere il singhiozzo.
  2. Essere dei pazzi furiosi.

A mo' d'esempio, riportiamo sotto un'aria di Vivaldi (guarda caso per violino) interpretata dalla grande (e grossa) mezzosoprano Cecilia Bartoli. In un momento di folgorante isteria estatica, la cantante incarna perfettamente i requisiti psicofisici necessari al rendimento dei capolavori vivaldiani:


Suonare Vivaldi

Uno spartito manoscritto di Vivaldi. Anche gli scarabocchi neri sono delle note, della durata di un decimo di biscroma.
«  Finalmente qualcosa che possiamo suonare anche noi! »
( Gorgoroth su concerto di Vivaldi.)
«  Ma anche no! »
( Vivaldi su citazione dei Gorgoroth.)

Vivaldi fu il primo ad inventare il "tremolo picking", tecnica che consiste nell'accanirsi su una sola corda del proprio strumento, pizzicandola ferocemente ad immane velocità finché non si rompe. Un utilizzo sfacciatamente smodato di tale tecnica è riscontrabile nel moderno genere del Black Metal, ragion per cui si presuppone che un musicista di Black Metal sia facilitato nell’arduo compito di suonare Vivaldi. Oltre al tremolo picking è necessario però anche saper suonare bene il proprio strumento, il che crea uno sfortunato circolo vizioso che porta all'inevitabile conclusione che suonare Vivaldi sia impossibile.

Curiosità

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  • Per molti anni l’idioma in cui sono scritte molte delle opere di Vivaldi è stato erroneamente confuso con il latino. Al giorno d’oggi sappiamo che non sarebbe mai stato possibile per Vivaldi esprimersi correttamente in latino, lingua morta già molti anni prima della sua nascita. Moderni studi dimostrano che il compositore utilizzasse invece una lingua di sua invenzione, nota solo a lui e andata perduta dopo la sua morte. Molti dei titoli delle sue composizioni sono quindi da tradurre a piacere, come a seguito:
Armatae face et anguibus” (Alghe, feci ed anguille)
"Nisi dominus” (Il naso di Dio)
Ascende laeta” (Discende l’arietta) ...eccetera
  • Nel 1915 venne scoperto un imbarazzante segreto a proposito delle composizioni di Vivaldi. Pare che la sua intera produzione musicale, che ammonta a quasi 600 pezzi tra sonate, opere e concerti, sia in realtà sempre la stessa musica, ripetuta con l'aggiunta di sempre nuove variazioni. Durante molti secoli, nessuno se n'era accorto.
  • Da recenti ricerche, fatte ad opera del noto pianista e musicologo (o musicofago?) Alfredo Casella, pare che Le quattro stagioni siano stati scritti da Vivaldi nel 1725 con l'intento di fornire un'adeguata musica di sottofondo per le segreterie telefoniche. Ma l'editore dell'epoca, tal Michel-Charles Le Cène, gli fece notare che le segreterie telefoniche non sarebbero state inventate prima di due secoli e mezzo. L'autore rimase notevolmente contrariato. Pensando al tempo che aveva sprecato nel comporre un concerto del tutto inutile, ebbe un accesso d'ira e divenne tutto rosso in viso. A ciò si potrebbe ricondurre il nomignolo che gli venne affibbiato: “il Prete Rosso”.